martedì 10 agosto 2021

L’ANNIVERSARI0 DELLA VERGOGNA.

 L’ANNIVERSARI0 DELLA VERGOGNA.

Come ogni anno, da oramai quarant’anni a questa parte, il 2 di Agosto in Italia

suonano le campane a morto. Suonano per un eccidio senza nome, una strage

infinita che, contrariamente ai proclami della tronfia propaganda dei media

“embedded”, è, a tutt’oggi, rimasta impunita, senza che i suoi reali responsabili

siano stati identificati. Si urla, si strilla e “more italico”, si additano i soliti mostri da

sbattere in prima pagina, come al solito, identificati nei solitissimi cattivacci e bravi

del neo-nazi fascismo nostrano. Il tutto senza alcun dubbio, senza alcuna forma di

riflessione, che non osi collocarsi al di là dei ben collaudati e preordinati schemi,

della propaganda del regime italiota.

Volendo provare ad operare una riflessione più seria ed approfondita dell’intera

vicenda, se ne rileveranno subito incongruenze e “buchi neri”. Ma torniamo un

momento a quarantuno anni fa. Torniamo a qualche mese prima di quel fatidico 2

Agosto 1980, esattamente alle 20.59 del 27 Giugno, quando un Dc9 dell’Itavia, perso

il contatto radio con la torre di controllo, precipitava nel tratto di mare tra le isole di

Ponza ed Ustica. Quella sera, quel tratto di mare era stranamente affollato da

portaerei americane e francesi, con relativi velivoli al seguito. Si dice che volessero

“fare la posta” all’allora leader libico Muammar Gheddafi in volo verso chissà dove,

con relativa scorta aerea. Si parla di un conflitto aereo, scatenato senza tener alcun

conto dell’aereo-passeggeri che stava transitando di lì, e di una “missilata” sparata

da un caccia francese che, mancato l’obiettivo libico, avrebbe invece centrato

l’aviogetto con tutti i civili a bordo. Si racconta anche che, a riprova di queste

ipotesi, sarebbero stati ritrovati i resti di un Mig libico sulle pendici della Sila, in

Calabria...

Fatto sta che, immediatamente all’indomani del tragico evento, fatte fuori le ipotesi

di un cedimento strutturale, eccoti spuntare, come un coniglio dal polveroso cilindro

di un prestigiatore, quel Marco Affatigato, ex militante di Ordine Nuovo e già allora,

confidente delle nostre beneamate Autorità. E subito si parla di bomba “fascista”, di

strage nera ed altre delizie del genere, immediatamente, però, smentite dai risultati

di varie perizie balistiche, che invece non avrebbero trovato alcuna traccia di

esplosivo all’interno dell’aviogetto. Mentre pian piano, vengono fuori storie di

tracciati radar, di presenze di navi straniere e quant’altro, si fa timidamente avanti

anche l’ipotesi che, la nostra sovranità, sia stata bellamente violata da quelli che qui


da noi, con un indegno eufemismo linguistico, chiamiamo “alleati” (Nato and Co.) ed

invece tutt’altro sono...

Cosa quella notte sia accaduto, ad oggi non è dato ancora sapere. Una battaglia

aerea contro i libici o cos’altro? Fatto sta che, ad appena due mesi dalla strage, la

mattina del 2 Agosto, la città di Bologna viene risvegliata da un boato che colpisce la

sua Stazione Centrale. Anche qui, inizialmente, si paventa l’esplosione di una

caldaia, immediatamente smentita però dal ritrovamento di tracce di Semtex, un

esplosivo solitamente in dotazione ai militari. Ed anche qui, al solito, partono le

rivendicazioni. Voci anonime parlano di Nar e compagnia bella e, senza esitazione

alcuna, all’attentato stragista di Bologna, viene appiccicata la targhetta di “fascista”,

senza se e senza ma. Agli 85 morti ed ai 200 feriti, si aggiungeranno, quindi, anche le

vittime da “danno collaterale”, ovverosia tutti quei militanti appartenenti ai vari

gruppi della destra radicale italiana che, senza tante storie, verranno arrestati e

trattenuti in carcere per vario tempo, salvo poi esser rilasciati poiché estranei alla

vicenda.


Prassi questa, che non varrà per il gruppo Nar Fioravanti-Mambro-Cavallini-

Ciavardini, che si vedrà condannato per l’eccidio, che non sia altra che quella delle


dichiarazioni interessate rese dai vari “pentiti” di turno, non corredate da alcuna

prova concreta. La strage della stazione di Bologna, finisce così con il divenire la

scusa scatenante di una repressione che avrebbe, senza pietà, colpito chiunque si

professasse di fede politica non in linea con il pensiero dominante. Negli anni, quella

sulla strage di Bologna, si trasformerà in un’inchiesta-zibaldone che, in base a

teoremi troppo spesso frettolosi e precostituiti, accomunerà in un unico e

fantasmagorico disegno, tutti ed il loro contrario. Piduisti, affaristi, uomini dello

stato, neofascisti vari ed altri ancora.

Ma, in tutto questo elaborare, cercare, ipotizzare, manca sempre una cosa: le prove.

Si cercano allora, riscontri anche per responsabilità dell’ “altra parte”. Si parla del

super terrorista rosso Carlos, dell’Fplp di George Habbas, di una ripicca per l’arresto

ad Ortona di Pifano, Nieri e Baumgartner ed il sequestro del loro carico di lancia

missili destinati ai palestinesi. Ma, ripetiamo, di prove vere, anche qui non ce ne

sono. Un fatto, invece, fa risalto su tutto: la strage di Ustica ed il suo reale motivo,

pian piano, finiscono nel dimenticatoio. Tra omissis, morti di testimoni e rinvii,

l’inchiesta finisce nei porti delle nebbie della giustizia italiota, ammantata di “forse”,


“chissà” o, ancor peggio, con il classico “tutti sanno, ma nessuno parla”, tanto non si

può.

Una specie di muro di gomma, impedisce che si vada oltre nella ricerca della verità e


questo vale sia per Ustica, che per Bologna. Anche qui il mantra sull’asse fascio-

affaristico, ha preso il sopravvento e nessuno osa dire l’inosabile. La strage è stata


un atto che, sempre più, sembra riportarci alla Nato o, comunque, ad ambienti ad

essa vicini. Troppe strane coincidenze, troppi strani tempismi, ci portano a credere

che, quella notte del 27 Giugno 1980, nei cieli di Ustica accadde qualcosa di molto

compromettente, per la democraticissima alleanza atlantica. Al fine di coprire una

verità lurida, si preferì far saltare una stazione e sacrificare vite innocenti alla ragion

di stato. E per questo, a quarant’anni e passa di distanza, le desecretazioni di Draghi

risuonano come una beffa alla verità, visto che, là dove si dovrebbe far luce, ancora

vige la più totale oscurità. Le stragi erano e sono la scusa per terrorizzare,

ammutolire, pietrificare un popolo e la sua volontà di verità e di vita.

Quella di Bologna è una vicenda in sé, emblematica. Servì, da una parte, ai poteri

forti a conduzione atlantica a coprire verità scomode, che da’altro canto, a

reprimere manu militari, tutte quelle realtà politiche che, in ambito antagonista,

(pur con tutti i macroscopici errori di prassi strategica, da queste portati avanti, sic!)

si facevano portatrici di idee non conformi, con lo status quo stabilito da Yalta in poi.

Quella di Bologna, come di tutte le altre stragi indiscriminate del secondo

dopoguerra, è divenuta una vera e propria prassi di “stabilizzazione” socio-politica.

Ecco perché a quarant’anni di distanza, essa si ammanta di una stretta attualità, che

ben si lega con quanto sta accadendo ora a livello globale, con il tentativo di

instaurare una dittatura planetaria, usando l’emergenza sanitaria, quale

amplificatore socio-politico.

E l’unica risposta che, a tutto questo si può dare, sta in una assidua ricerca della

verità, che non può non passare che attraverso una presa di coscienza collettiva, il

primo passo della quale, sarà rappresentato dalla richiesta di rimozione di tutte le

pratiche di secretazione e di tutti gli omissis. Il popolo ha diritto a sapere e ad essere

informato e consultato, su qualunque cosa lo riguardi direttamente, che sia la

propria sicurezza, la salute, la vita economica e via discorrendo. Secondo poi, per

quanto riguarda i cosiddetti “anni di piombo”, non è possibile né giusto, continuare

con l’assurda pratica del perseguimento della giustizia a tutti i costi, anche a

distanza di molto tempo, unicamente rivolta a coloro che di quegli anni, furono i


protagonisti in veste di esecutori, mentre coloro che ne furono i mandanti materiali

e morali, ovverosia la maggior parte dei rappresentanti della nostra classe politica,

sono rimasti pressoché impuniti.

Il tramare nell’ombra, il sobillare alla violenza, il prestarsi ai doppi ed ai tripli giochi

delle potenze straniere del momento, condotti alla bella faccia della nostra sovranità

e della pelle dei cittadini, tutto questo, è invece rimasto e tuttora rimane,

sostanzialmente impunito. Per costoro non esistono processi di sorta, né giudiziari

né mediatici, ma solo onorificenze e “pensioni d’oro” a iosa. Per gli anni di piombo,

forse, ben si potrebbe attagliare una soluzione politica ricalcata sul modello

sudafricano e mandeliano del “confessing day” ma, ahimè, siamo in Italia e la via alla

desecretazione delle carte e degli animi, è ancora lunga. Lo stesso esempio della

vicenda pandemica, ce la dice lunga sulla capacità reattiva dei cittadini tutti, di

fronte a certe ingiustizie. In chi scrive, pertanto, ferme restando queste

considerazioni, rimane la speranza di una maggiore e più incisiva presa di coscienza

dell’intera collettività, di fronte a certi fatti.

UMBERTO BIANCHI