Centro studi Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 98/21 del 24 dicembre 2021, Vigilia di Natale
Natale a Betlemme (1937)
BETLEMME, la casa del pane, la cittadina di David ! Efrata, la fertile, il paese delle ridenti colline! Ecco i nomi soavi che in questi giorni di esultanza salgono spontanei alle labbra dal cuore per inneggiare al Salvatore del mondo, nato Bambino. Come in quella notte fortunata, nella quale Egli venne alla luce di questo mondo, gli Angeli cantarono: « Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà »; così oggi, dopo venti secoli, grazie ai Francescani di Terra Santa e a essi soli, quel canto si ripete nella stessa Betlemme e nella stessa Grotta, dove si svolgono i più bei festeggiamenti che la liturgia ha riserbato al Natale, dove rivivono le più caratteristiche tradizioni del paese, e dove il fantasioso ingresso del Patriarca di Gerusalemme nel pomeriggio della vigilia segna l'inizio di quelle sacre funzioni che ripetono a Dio l' inno dell' amore e dell' adorazione, e al-l' umanità la strofa più alata della poesia cristiana con l'annunzio e il dono della pace.
A Betlemme dunque la grande solennità incomincia la vigilia. L'alba affacciandosi all'orizzonte mette un'insolita gioia nei cuori, il sole lentamente levandosi dai monti di Moab sembra che voglia versare sulla terra la festa dei cieli, e l'eco ininterrotta delle campane maestosamente spandentesi per le valli verdeggianti di ulivi mette il colmo all'esultanza.
Alle ore 13 il piazzale della Basilica Costantiniana è già stipato da una calca varia e numerosa. I tetti, le finestre, le terrazze, i rialzi tutti sono affollati; i ragazzi arrampicati e aggrappati sui muri e sulle colonne si entusiasmano allo spettacolo di quella fiumana sempre crescente che aspetta impaziente l'arrivo del Patriarca, e numerose automobili riversano ogni momento, negli sbocchi delle vie, nuove ondate di forestieri che accorrono da Gerusalemme e da tutti i luoghi vicini.
A un tratto fra la moltitudine chiassosa corre un bisbiglio, un vocio, un susurro, al quale succede, come per incanto, il più solenne silenzio. Sua Beatitudine il Patriarca di Gerusalemme, preceduto dal diacono a cavallo — fantastica figura medioevale — che reca la croce astile, è arrivato.
All'apparire del Presule che s'avanza sorridente e benedicente, stipato e seguito dal popolo, la folla applaude, le autorità salutano, le fanfare suonano inni e marce festose, squillano i sacri bronzi. Lentamente avanzando al canto del « Benedictus », il lungo corteo dei Religiosi in cotta e dei Sacerdoti vestiti dei sacri paludamenti, attraversa la Basilica, entra nella chiesa di S. Caterina e canta, in rito pontificale, i vespri, che la Schola cantorum di S. Salvatore eseguisce in ottima musica liturgica.
Alla mezzanotte si canta col medesimo rito e con la medesima solennità il Mattutino cui tien dietro la Messa pontificale; e immediatamente dopo, tra lo scintillio delle lampadine elettriche e dei ceri, l'ondeggiamento della moltitudine dei fedeli e — perché non dirlo? — degl'infedeli stessi, e il ritmo armonioso dell'inno « Jesu, Redemptor omnium », si snoda la caratteristica processione, nella quale il Presule porta elevato fra le mani il Bambinello Divino, seguito dai Consoli cattolici che recano anch' essi ceri accesi, dai pellegrini e dal popolo, raggianti tutti dal volto l'estatico raccoglimento del cuore.
Sceso, il solenne corteo, nella sacra Grotta, il diacono canta quel tratto dell'Evangelo di S. Luca nel quale è ricordata la scena della Natività avvenuta appunto in quel luogo fortunato venti secoli or sono. Lo stesso sacro ministro, sospendendo il canto, avvolge in panni preziosi quel benedetto simulacro, come la Vergine Santissima avvolse il suo Figliuolo Divino, e divotamente lo depone nel presepio, dove Maria adagiò, in quella stessa notte il suo Portato Santo; e riprende quindi il canto del sacro testo sino alle parole: « Gloria in altissimis Deo », che, eseguite dal coro, rapiscono l'animo a quell'eco che in una simile notte lontana, su quella stessa fortunata stalla e sulle vicine alture della cittadina addormentata, fu fatta risuonare dalle festose schiere degli Angeli; mentre palpitano e fremono, di un fremito e di un palpito d'inenarrabile gioia e di gaudio supremo, i cuori.
Terminata la cerimonia, la processione rientra, attraverso la Basilica, nella Chiesa di S. Caterina, al canto del « Te Deum ». Mentre il Piccolo, il Bambinello Gesù, con le manine giunte, con gli occhiuzzi tutti luce e tenerezza che incantano, con le labbra dischiuse in un sorriso che affascina, col capo dai biondi riccioli adagiato su serico guancialetto, rimane nel presepio rischiarato dalla tenue luce delle lampade i cui riflessi Gli baciano carezzevolmente il viso, benedicente, come un tempo i pastori e i Magi, gli umili e i grandi, i poveri e i ricchi che vi si fermano o vi ritornano per saziare la loro divozione, per adorare in Lui il Re del cielo in panni avvolto, per contemplarlo con l'amore che redime, per assistere alle sante Messe che vi si celebrano ininterrottamente sino a vespro inoltrato, per depositare in quella grotta il cuore. E ciò finché, ritornata la notte, al canto e alle adorazioni degli uomini succederanno i canti perennemente armoniosi delle stelle del firmamento, delle colline coronate di ulivi, dei colli dagli addormentati vigneti della bella Noemi, dei campi nei quali Ruth la moabita spigolava dietro i mietitori di Booz, e delle valli dai pingui pascoli, dove l'adolescente figlio d' Isaia conduceva gli armenti.
Come si riesce a pregare, effondendo tutti i sentimenti dell' animo e dimenticando il mondo, nella Grotta di Betlemme, accanto alla culla del Bambino Gesù, la Notte di Natale ! tendendo l'orecchio al tenero vagito di quel Neonato e assistendo con celeste invidia alle delicate premure con le quali la Vergine-Madre Gli prodiga le prime cure materne ! (Voci d' Oriente).
Tratto da: Almanacco di Terra Santa pel 1937, Tipografia dei PP. Francescani, Gerusalemme, pagg. 35-37