martedì 30 ottobre 2018
LE GRANDI MANOVRE
Mai come stavolta, il Bel Paese si è trovato al centro delle attenzioni
mediatiche internazionali. Ma stavolta non per vicende mafiose o di corruttele
varie, né per strabilianti gesta calcistiche ma, guarda caso, per una certa
manovra economica che sta mettendo in agitazione i piani alti di Bruxelles ( e
non solo!). Appena si è parlato di fine dell’austerity, di politiche economiche
espansive, di differente ristrutturazione di aziende come Alitalia ( con un
aiutino pubblico attraverso la partnership con Ferrovie...), di freno
all’invasione migratoria, alto si è levato il coretto delle prefiche del politically
correct, stavolta supportato da un robusto apporto di coreuti, tutti, guarda un
po’, rappresentati dalle varie istituzioni economiche e finanziarie
internazionali.
A partire dalla scontata alzata di scudi della solita Commissione Europea con
i vari Juncker e Moscovici, passando attraverso alcune arcinote Agenzie di
rating, sino, manco a dirlo, al Fondo Monetario Internazionale e dalla sua
Lady di Ferro Christine Lagard, nessuno ha risparmiato serrate critiche e lazzi
all’italica manovra.
Il fatto è che, senza tante storie ed al di là delle varie sfumature ideologiche
dei protagonisti di questa nuova stagione di governo, questa è la prima
manovra economica “al rialzo”, almeno nelle intenzioni e nel suo presentarsi
alle Camere, dopo decenni di traballanti ammiccamenti, promesse non
mantenute e masochistici allineamenti alle disposizioni dei vari Poteri Forti. Il
tutto condito da, neanche tanto, velate minacce e pressioni psicologiche, per
cui il nostro governo vorrebbe portar fuori l’Italia dall’Euro e/o distruggere la
Comunità Europea (magari!), con tanto infinito nocumento e dolore per tutti i
poveri cittadini delle varie nazioni d’Europa. Se, da una parte, la cosa
dovrebbe esser interpretata quale comico e disperato tentativo di mantenere
in piedi una situazione che in piedi, oramai, non sta più, dall’altra, invece, è
sintomatica di uno stato di fatto molto più grave di quel che può sembrare e
su cui occorre, giuocoforza, appuntare la nostra riflessione.
Quello di democrazia, oggidì in Europa, sembra esser un concetto dotato di
una eccessiva elasticità. Si gode della patente di “democratico” o
“sinceramente” tale, solo a patto di condividere in toto i parametri ideologici
del “politically correct”. Non appena si professa qualcosa che esce dal
seminato, immediati scattano ostracismo ed interdizioni morali per coloro che
tanto hanno osato. Ostracismi ed interdizioni che, tanto per esser chiari, non
rimangono quasi mai confinati sul piano teorico, ma trovano, invece, concreta
attuazione in strategie volte a destabilizzare, sabotare ed isolare quei paesi
che in qualche modo,“sgarrano” dalle linee guida globaliste.
E, proprio tornando ai fatti di casa nostra, ecco che certe famigerate Agenzie
di “rating”, vengono a cianciare di “inaffidabilità” del debito italiano. Proprio
loro che, agli inizi della ultima, famigerata, crisi finanziaria globale,
garantivano ai quattro venti l’affidabilità di una J. P. Morgan, i cui dipendenti,
nel frattempo, si trovavano costretti a fare i bagagli a causa della crisi che
aveva investito la loro tanto decantata e blasonata azienda...Ricatti, minacce,
amplificazione mediatica di irrazionali paure ed insicurezze per mobilitare
l’opinione pubblica, in un crescendo che non esclude l’uso della forza, sia
tramite l’arma del ricatto giudiziario, sia arrivando a gesti eclatanti, come nell’
“affaire” Mattei.
Certo, l’attuale coalizione di governo, di sicuro non rappresenta la perfezione
in terra. Ancora si possono riscontrare posizioni ondivaghe, come la recente
vicenda della “manomissione” del testo sulla pace fiscale o le posizioni non
proprio collimanti su temi come l’immigrazione o i vaccini, ma, tant’è...In poco
tempo è già stato fatto moltissimo. In tema di economia decisivi segnali tutti in
controtendenza rispetto a quelle coordinate dettate dalla Ue ( e dai soliti,
immarcescenti, Poteri Forti, sic!) hanno gettato scompiglio e timore tra coloro
che hanno impunemente creduto di andare avanti con un andazzo, tutto a
detrimento dei cittadini italiani e della comunità europea.
Il fatto è che, sinora, nessuno sembra aver voluto prender atto di due decisivi
elementi,quasi sottaciuti nel nome di una forma di rancoroso e risentito
pudore. Il primo è l’innegabile constatazione del manifesto fallimento della
sinistra mondiale e dell’intero suo portato ideologico “progressista”, passato
da un codino asservimento al dogmatismo marxista-leninista, alla “doxa” di
un relativistico individualismo, tutto imperniato su quanto mai vaghi ed
aleatori “diritti”.
Dal pensiero “forte” al pensiero “debole” “liquido”, agganciato a tutto un
portato di scelte politiche che hanno via via, allontanato la sinistra dai reali
interessi della gente, tutte quelle istanze alla base della grande spinta
propulsiva del ’17, sono state contraddette, imbrigliate ed introiettate nel
paradosso ontologico della Modernità, andando a perdere di senso, con il
risultato di un clamoroso fallimento. In Italia in due decenni di di governi
“spot” a guida progressista (Prodi, D’alema, Prodi, Letta, Renzi, Gentiloni...)
la sinistra ha portato il nostro Paese sull’orlo della bancarotta economica e
morale. Fiscalismo, burocratismo, asservimento totale ai desiderata dell’Alta
Finanza, apertura senza limiti all’ingresso di turme di allogeni e di sradicati
provenienti da ogni parte del mondo, con un disastroso impatto sul benessere
e sicurezza degli italiani, costretti a pagare di tasca propria il mantenimento di
questo sistema.
La sinistra occidentale si è oramai fatta portabandiera di un’elitaria utopia,
che vede nella realizzazione di una società burocratica, turbocapitalista e
multirazziale, il cui perfetto paradigma ideologico è perfettamente
rappresentato da quel tanto auspicato “Impero” di negriana memoria, la
perfetta realizzazione di quella Gerusalemme in terra, la tappa finale di un
lungo percorso ideologico fatto di speranze, aspirazioni ed utopie che
andrebbero a coniugarsi ed integrarsi perfettamente con quel neoliberismo
conservatore che, della sinistra progressista rappresenta la logica e
funzionale controparte interlocutoria.
E qui veniamo al secondo assunto, rappresentato dal fallimento del liberismo.
Gli anni ’90, con la dissoluzione del blocco sovietico marxista, avevano
assistito al sorgere a quella vera e propria “distopia” rappresentata dagli scritti
di Francis Fukuyama. Fine della Storia, come fine della politica e del divenire
storico, sostituito dalle interazioni competitive tra blocchi economici,
realizzantisi al fine di soddisfare le materialistiche istanze di un individuo ed
una società sempre più atomizzati e, perciò stesso, condizionati da
un’economia volubile ed eterea come i desideri di quelle masse
individualizzate che ad essa aspirano...
Ma dietro a tale idilliaco quadretto sta l’incontrollato ed illimitato desiderio di
umana sopraffazione. Forti contro deboli. Grandi holding contro piccole
imprese. Finanza contro produzione. Banche contro consumatori. Valuta
virtuale contro umano manufatto. Pochi ricchi e molti, troppi poveri, sfruttati.
La reazione oligarchica e turbo capitalista che si incarna nella Sinistra
progressista e le aspirazioni alla difesa dei più deboli ed alla soddisfazione
delle esigenze materiali di una collettività che si incarnano nella Destra.
Ed ecco il Populismo. Una fase di transizione che, come la Storia ci ha
insegnato, precede o succede a grandi narrazioni ideologiche delle quali
raccoglie l’eredità o alle quali spiana la strada. Ma che sia giallo-verde o
rosso-bruna o di qualsiasi altra tipologia, quella di adesso, non è solamente
una fase di transizione fine a sé stessa, ma il chiaro, ineludibile segnale, che
qualcosa è cambiato e sta cambiando nelle menti degli italiani e degli
europei. Non capire o far finta di non capire, è stupido e dannoso. Sinistra e
Destra, utopia progressista e liberismo conservatore, hanno perduto la loro
grande scommessa. La loro tanto agognata Gerusalemme Celeste, la loro
Utopia in terra, è fallita. In Europa e nel mondo, è tutto un risorgere di istanze
(confuse ed ondivaghe quanto si vuole...sic!) volte a dar corpo al senso di
rivalsa delle genti contro le prepotenze e le sopraffazioni delle oligarchie
finanziarie e dei loro scherani. Inutile negarlo, inutile finger di nulla: stanno
perdendo terreno di fronte alla Storia ed ai popoli che si sono rimessi in moto,
con buona pace per chi vorrebbe, invece, dietro il dolciastro sapore del
solidarismo e dei “diritti”, propinarci una cimiteriale “fine della Storia”.
UMBERTO BIANCHI
lunedì 29 ottobre 2018
venerdì 26 ottobre 2018
Catania : scuola reclutamento per piccoli marines ?
Polemiche a #Catania per l'inno dei #Marines fatto cantare a scuola ai bambini..(vedi video) e,dopo,leggi lettera inviata a La Sicilia ed altre testate😐
Eh,no..la polemica sui marines a scuola e sulla "militarizzazione" (con liberatoria) dei piccoli alunni che cantano l'inno del più celebre corpo armato degli Stati Uniti,non può concludersi con la replica della dirigente dello istituto. E neppure mi può evitare di intervenire nella vicenda il fatto che ad aver scagliato il sasso nello stagno sia stato questa volta il Pci,da me lontano per ideologia e pure (non sempre) per valutazioni politiche. Abusando della pazienza del curatore e dei lettori della rubrica,ritengo sia necessario dare un'occhiata a quanto da me evidenziato nel 2014 sul nostro quotidiano e pure su testate telematiche differenti :
----
"Non sono certo un sostenitore della presenza Usa in Italia ed in Sicilia in particolare. Ritengo,a torto o ragione non importa in questa sede,sia la perpetua continuazione della invasione del luglio 1943. Devo però riconoscere che,perlomeno lontano dal Muos, a Catania ci sanno fare. Presenza discreta al chiuso della base di Sigonella oppure in villette dei paesi etnei. Non mi risultano eccessi di alcun genere,tutt'altro. Tra le iniziative costanti che ritrovo su La Sicilia spicca l'attività posta in essere,spesso e volentieri,da baldi marines relativa alla pulizia di strade,scuole e locali vari. Tutto ben reclamizzato e pubblicizzato da un efficace ufficio stampa. Buon per loro,di fatto si rendono utili in qualche cosa di interesse collettivo per i cittadini italiani,dobbiamo e possiamo solo ringraziare. Perplessità fondate mi solleva invece il comportamento delle "autorità" preposte alla tutela dei beni soggetti di cotanta attenzione a stelle e strisce.
Le ritrovo,altrettanto spesso e volentieri,pronte a farsi fotografare accanto ai marines, celebrandone la "buona volontà". Mi scusino gli amici lettori ma ogni centimetro di strada spazzata,ogni rovo estirpato,qualunque metro quadro di scuola o edificio pubblico messo a posto e ridipinto non dimostrano l'incapacità degli organi preposti a gestire la cosa pubblica ? Con,in più,la scarsa considerazione che noi siciliani dimostriamo per quanto non sia di proprietà strettamente "personale" ?
Credo proprio di si,dovremmo vergognarci noi (tutti) della "disponibilità" dei marinai Nas di Sigonella, altroché posare celebrativamente su La Sicilia.
Infatti,per quanto di mia conoscenza,non credo proprio lo stesso accada,a parti invertite,negli Stati Uniti".
La lettera di cui sopra è stata gentilmente pubblicata su La Sicilia del 4 giugno scorso. Apparentemente ritengo possa sembrare riguardare la sola provincia di Catania e,più in generale, la Sicilia (isola) ove insistono sia la base di Sigonella sia il Muos oltre istallazioni Usa di vario genere e mistero. Senza contare che,dato inoppugnabile,il degrado delle infrastrutture pubbliche e la sporcizia dilagante nella Trinacria ben si prestano al "volontariato" dei baldi giovani statunitensi.
Però,a ben pensarci,mi è passato per la testa che,vista la massiccia presenza di basi militari in Italia,"l'operazione pulizia" della Navy (i marines) possa essere un "esperimento" da esportare pure in altre regioni,magari limitandolo alle infrastrutture scolastiche,stradali o municipali delle altre regioni italiane ove la spazzatura non sia il problema piú importante.
Sapranno rispondere all'interrogativo le testate che vorranno riprendere l'argomento e gli eventuali lettori che lo ritengano di un qualche interesse.
Segnalo anche che,senza troppo mio stupore,dalla data di cui sopra ad oggi le iniziative di pulizia dei marines si sono moltiplicate esponenzialmente (a Catania non basterebbero 10 anni per ripulire tutto). E così pure le "foto ricordo" di sindaci,presidi ed altre autorità tutte in posa a celebrare l'evento.
-----
Ed ora cosa è accaduto di nuovo,dopo 4 e passa anni ? Un salto di qualità..come evidenziato da Luca Gangemi, responsabile del Pci : dalla raccolta dei rifiuti e dalle pennellate a muri e cancelli si è passati all'inno ed ai primi passi di marcia !! Questa la realtà,senza se e ma che possano giustificarla..fossero stati inno e sfilata di paracadutisti italiani sarebbe successo l'inferno mediatico e,sono certo,parecchi insegnanti, dirigenti e genitori,avrebbero gridato al "pericolo fascista" !! Visto invece che trattasi di americani (che "non hanno mostrato alcun segno di violenza e di guerra") tutto bene,si deve continuare !!
A far cosa ? Ad istillare l'idea che i marines siano un "corpo di pace" e non la più adeguata rappresentazione dello imperialismo statunitense ? Quello che interviene militarmente in tutto il mondo bombardando,occupando stati sovrani e rovesciando governi legittimi con corollario di centinaia di migliaia di civili ammazzati ? Esattamente come,non solo a mio giudizio,ha fatto in Italia ed in Sicilia dal 1943 piazzandosi financo a Sigonella,proprio dentro casa nostra !!
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"Non sono certo un sostenitore della presenza Usa in Italia ed in Sicilia in particolare. Ritengo,a torto o ragione non importa in questa sede,sia la perpetua continuazione della invasione del luglio 1943. Devo però riconoscere che,perlomeno lontano dal Muos, a Catania ci sanno fare. Presenza discreta al chiuso della base di Sigonella oppure in villette dei paesi etnei. Non mi risultano eccessi di alcun genere,tutt'altro. Tra le iniziative costanti che ritrovo su La Sicilia spicca l'attività posta in essere,spesso e volentieri,da baldi marines relativa alla pulizia di strade,scuole e locali vari. Tutto ben reclamizzato e pubblicizzato da un efficace ufficio stampa. Buon per loro,di fatto si rendono utili in qualche cosa di interesse collettivo per i cittadini italiani,dobbiamo e possiamo solo ringraziare. Perplessità fondate mi solleva invece il comportamento delle "autorità" preposte alla tutela dei beni soggetti di cotanta attenzione a stelle e strisce.
Le ritrovo,altrettanto spesso e volentieri,pronte a farsi fotografare accanto ai marines, celebrandone la "buona volontà". Mi scusino gli amici lettori ma ogni centimetro di strada spazzata,ogni rovo estirpato,qualunque metro quadro di scuola o edificio pubblico messo a posto e ridipinto non dimostrano l'incapacità degli organi preposti a gestire la cosa pubblica ? Con,in più,la scarsa considerazione che noi siciliani dimostriamo per quanto non sia di proprietà strettamente "personale" ?
Credo proprio di si,dovremmo vergognarci noi (tutti) della "disponibilità" dei marinai Nas di Sigonella, altroché posare celebrativamente su La Sicilia.
Infatti,per quanto di mia conoscenza,non credo proprio lo stesso accada,a parti invertite,negli Stati Uniti".
La lettera di cui sopra è stata gentilmente pubblicata su La Sicilia del 4 giugno scorso. Apparentemente ritengo possa sembrare riguardare la sola provincia di Catania e,più in generale, la Sicilia (isola) ove insistono sia la base di Sigonella sia il Muos oltre istallazioni Usa di vario genere e mistero. Senza contare che,dato inoppugnabile,il degrado delle infrastrutture pubbliche e la sporcizia dilagante nella Trinacria ben si prestano al "volontariato" dei baldi giovani statunitensi.
Però,a ben pensarci,mi è passato per la testa che,vista la massiccia presenza di basi militari in Italia,"l'operazione pulizia" della Navy (i marines) possa essere un "esperimento" da esportare pure in altre regioni,magari limitandolo alle infrastrutture scolastiche,stradali o municipali delle altre regioni italiane ove la spazzatura non sia il problema piú importante.
Sapranno rispondere all'interrogativo le testate che vorranno riprendere l'argomento e gli eventuali lettori che lo ritengano di un qualche interesse.
Segnalo anche che,senza troppo mio stupore,dalla data di cui sopra ad oggi le iniziative di pulizia dei marines si sono moltiplicate esponenzialmente (a Catania non basterebbero 10 anni per ripulire tutto). E così pure le "foto ricordo" di sindaci,presidi ed altre autorità tutte in posa a celebrare l'evento.
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Ed ora cosa è accaduto di nuovo,dopo 4 e passa anni ? Un salto di qualità..come evidenziato da Luca Gangemi, responsabile del Pci : dalla raccolta dei rifiuti e dalle pennellate a muri e cancelli si è passati all'inno ed ai primi passi di marcia !! Questa la realtà,senza se e ma che possano giustificarla..fossero stati inno e sfilata di paracadutisti italiani sarebbe successo l'inferno mediatico e,sono certo,parecchi insegnanti, dirigenti e genitori,avrebbero gridato al "pericolo fascista" !! Visto invece che trattasi di americani (che "non hanno mostrato alcun segno di violenza e di guerra") tutto bene,si deve continuare !!
A far cosa ? Ad istillare l'idea che i marines siano un "corpo di pace" e non la più adeguata rappresentazione dello imperialismo statunitense ? Quello che interviene militarmente in tutto il mondo bombardando,occupando stati sovrani e rovesciando governi legittimi con corollario di centinaia di migliaia di civili ammazzati ? Esattamente come,non solo a mio giudizio,ha fatto in Italia ed in Sicilia dal 1943 piazzandosi financo a Sigonella,proprio dentro casa nostra !!
Grazie per l'attenzione
Vincenzo Mannello
giovedì 25 ottobre 2018
mercoledì 24 ottobre 2018
martedì 23 ottobre 2018
lunedì 22 ottobre 2018
domenica 21 ottobre 2018
sabato 20 ottobre 2018
venerdì 19 ottobre 2018
giovedì 18 ottobre 2018
mercoledì 17 ottobre 2018
martedì 16 ottobre 2018
Spiritualità - Maestri - Scienze
"In relazione all’articolo “Libertà e forza della spiritualità laica”, riporto quanto ha affermato Paolo Franceschetti nel corso della trasmissione radiofonica Border Nights del 9 ottobre 2018 https://www.spreaker.com/user/ bordernights/border-nights283? utm_medium=widget&utm_source= user%3A5280360&utm_term= episode_title
“La via spirituale è l’unica via per salvarsi, non a caso i grandi Maestri spirituali, tutti, nessuno escluso, non hanno mai accennato a tematiche complottiste perchè quando si capiscono gli inganni del potere nella politica, nella medicina, nella storia, perchè hanno occultato di tutto - basta fare una qualunque ricerca su qualsiasi argomento e si scopre che la realtà che ci hanno raccontato è completamente falsa - poi approfondendo si scoprono delle cose interessantissime e affascinanti ma si scopre anche il livello di menzogna in cui viviamo e a quel punto uno si smarrisce, non crede più a nulla, non sa quali certezze avere. Per questo i grandi Maestri da Yogananda, Osho, Krishnamurti - giusto un po’ Rudolf Steiner ha parlato della storia in alcune conferenze - comunque il 99% dei grandi Maestri non ha mai fatto cenno a tematiche complottiste perchè si rischia di perdersi, si rischia di impazzire, di perdere il riferimento con la realtà, quindi bisogna prima acquisire una centratura e fare un percorso spirituale personale poi, quando si è acquisita una centratura e una consapevolezza spirituale, a quel punto si può cercare qualsiasi cosa e non si è più destabilizzati.”
e quanto scrisse nel 1971 l’antropologo-teosofo Bernardino del Boca “Finchè non sarà fatta una sintesi fra i vari rami della scienza e non si sottoporrà questa sintesi alla luce della spiritualità il fenomeno umano non potrà essere compreso nella sua finalità e nemmeno nella sua espressione individuale”
(La Dimensione Umana – La dimensione materiale – che cosa sappiamo del nostro corpo ) http://www.teosofia-
Un caro saluto. Paola Botta Beltramo"
lunedì 15 ottobre 2018
BREVI CONSIDERAZIONI SULL’ALCHIMIA
Tra le discipline esoteriche più o meno note, l’Alchimia è una tra quelle più
famose, che ha sempre attirato la curiosità dei più ma che, nonostante tutto,
rimane ai più, misteriosa o, quantomeno, inficiata da equivoci micidiali. Uno di
questi ne fa una specie di ridicola e rozza scienza pre illuminista, una
chimica ante litteram, il cui vero motivo d’interesse per un eventuale adepto
sarebbe quello costituito dalla possibilità di trasmutare il vil metallo in oro, in
tal modo scatenando materialistici ed ingordi appetiti...
Antica come l’umana civiltà, la pratica alchemica, strettamente connessa con
la possibilità dell’uomo di lavorare e trasformare la materia, metalli in primis,
si fa invece metafora e viatico per un percorso di perfezionamento e crescita
interiore del miste. Di essa troviamo numerose espressioni in molte tra le più
antiche civiltà del mondo India, Egitto e Cina, ma anche Africa nera, via via
passando per l’ecumene ellenistica, non vi è luogo dove non si trovi traccia di
essa o dove non se ne presentisca la sottile influenza. Con l’arrivo dell’Età di
Mezzo e con i rigori ecclesiastici, la sua presenza si fa sottile ed
evanescente; si pratica ma non se ne parla apertamente. In Europa, dopo il
deserto lasciato dalle invasioni barbariche e dalla tremenda guerra greco-
gotica, la soffusa eco dell’alchimia torna a fare la sua comparsa grazie agli
studi degli arabi Al Rhazi (Lat. Rhazes) e Geber (Lat. Geberus), mentre
ermetisti quali Alberto Magno e Ruggero Bacone, accompagnavano il proprio
percorso intellettuale con la pratica alchemica.
Ma è proprio a partire dalla Rinascenza e sino all’inizio inoltrato dell’Età
Moderna, che si assiste ad una vera e propria esplosione di questa pratica e
del suo correlato “ideologico” ermetico. Questo perché, con il suo porre
l’individuo al centro dell’Universo, la Rinascenza rappresenta l’ideale brodo di
coltura per la “rinascita” e lo sviluppo di pratiche e dottrine esoteriche, quale
quella alchemica, per l’appunto. E, ritornando a quanto avevamo poc’anzi
accennato, riguardante lo scopo ultimo dell’Alchimia, essa trova la propria via
di realizzazione attraverso quattro “vie” (umida, secca, mista e breve...) tutte
volte ad addivenire a quella Pietra Filosofale o Elixir della Vita, che funge da
propellente alla realizzazione interiore dell’individuo in un contesto “magico”.
Alla base di quel processo di trasformazione dal vile metallo ad uno stato
superiore sta un procedimento volto ricavare la materia prima per tale
trasformazione effettuare, ovverosia quell'Azoth (o Azoto),nel ruolo principe
di solvente, al pari di altre sostanze sottili come l'etere o l'alkahest,
unicamente reperibile attraverso lo scioglimento dello spirito vitale nascosto
nella materia grezza. Azoth è ciò che pertanto rende possibile la
cristallizzazione della pietra filosofale, al fine di operare ogni sorta di magica
trasmutazione dell’Essere.
Ma Azoth sta anche per “Mercurio” e, talvolta rappresentato dal caduceo,
finisce con l’esser designato quale indifferenziata sostanza-base di ogni
metallo (Paracelso), portandosi appresso il segreto di una formula occulta, in
grado di far fuoruscire questa sostanza dalle viscere dei metalli. Azoth non è
semplice ed inerte materia sub atomica o particellare, come qualche miope
accademico odierno sosterrebbe. Nel suo equivalersi al mercurio, Azoth
contiene in sé la potenzialità dell’Essere e pertanto, l'inizio e la fine del Tutto
,in quanto veicolo di collegamento fra cielo e terra, a sua volta assimilabile a
quell'etere filosofico, che una volta si riteneva permeasse l'Anima mundi .
Nella sua natura di vero e proprio ieronimo, Azoth è termine riscontrabile in
numerosi e differenti gruppi linguistici. A partire dall’ambito delle lingue
indoeuropee, in cui Azoth ricopre il significato di sinonimo stesso della pietra
«nascosta», in ispecial modo in alcuni idiomi latini come l'italiano ed il
francese, o nell’ambito delle lingue slave, finendo con il designare l'azoto
nella sua valenza di elemento chimico, risultante dalla composizione fonetica
tra alfa privativo greco “α + ζωή, senza-vita”, ad indicarne la natura di inerte
catalizzatore, dotato della capacità di attivarsi, al fine di animare la materia di
vita propria.
Sempre in ambito indoeuropeo, quale vocabolo riscontrabile nel latino
medioevale, esso dovrebbe derivare da un'alterazione di azoch, quale
deformazione fonetica dell'arabo al-zā'būq, «mercurio», oppure del
termine sufi el-dhat, o ez-zat, dal persiano az-zauth/«essenza», «quiddità», o
«realtà interiore». In ambito cabalistico, infine, al termine Ain
Soph, corrisponde il ruolo di sostanza generatrice delle dieci Sephirot.
Ritornando a quanto abbiamo visto sopra, Azoth in quanto, potenzialità
dell’Essere ci riporta a quella mercuriale sostanza a cui, giuocoforza,
corrisponde Mercurio/Hermes che, in quanto divinità psicopompa ed
animatrice della vita, dell’intelletto e della sagacia, nel suo aspetto di
Toth/Hermes sta a lì rammentarci la propria valenza di mistero, riguardante
proprio la scaturigine di questi aspetti, riconducibili ad una coincidenza tra lo
spirito individuale e quello divino, che farebbe di “un” uomo (non di tutti gli
uomini, pertanto...sic!), un vero e proprio nume, nel ruolo di semidio in terra.
Ma Azoth è anche e, prima di tutto, il ponte, il punto di partenza per la grande
trasformazione che ci porta alla Pietra Filosofale. E qui entra in giuoco l’altro
elemento-cardine del processo alchemico: il Sole che, con i propri raggi,
favorisce quel processo di calcinazione e di trasmutazione, all’Alchimia tanto
caro. Sole, al pari di Luna, Zolfo, Mercurio ed altri elementi, costituisce una
delle impalcature del processo alchimico all’interno del quale però, assume
una valenza principiale, perché con i suoi raggi di luce feconda e dà vita a ciò
che, altrimenti, resterebbe inanimato.
Sua “magna” opera consiste nell’attrarre e condensare i propri raggi,
attraverso un corpo materiale appositamente preparato, che funge da
magnete, in veste di fluido proteiforme, conosciuto dai più come "spirito
universale" e nel “corporificarlo”, rendendo visibile e afferrabile questo novello
fluido, che altri non è poi che quel mercurio “filosofico”, di cui abbiamo
poc’anzi trattato. Questo, sottoposto a cottura, conduce alla famosa Pietra
Filosofale.
Sol Invictus/Helios Re è centrale nelle riflessioni di Platone, ma anche in
quelle posteriori dei filosofi neoplatonici come Plotino, Giamblico e Proclo,
ma anche di Aureliano e Giuliano Imperatore nella loro veste di restauratori e
rinnovatori di una Paganitas, tutta all’insegna di un deciso Enoteismo. Sol è
centrale e riunisce in sé tutti i molteplici aspetti del firmamento divino, quella
molteplicità di pianeti a cui corrispondono altrettanti Dèi ed altrettanti elementi
naturali. Proprio quell’universo elementale, quel Cosmos su cui intende
esercitare la propria sacra opera, l’arte alchemica.
Ed ecco allora la riconferma, se mai fosse servita, che quella spasmodica
ricerca che ha accomunato Ruggero Bacone, Nicolas Flamel, Arnaldo da
Villanova, Raimondo da Lullo, Cornelius Agrippa Von Nettesheim, Paracelso,
John Dee, Heinrich Khunrath, Basilio Valentino, Filalete ed altri ancora ma
anche personaggi non direttamente o esclusivamente riconducibili al mondo
dell’Alchimia, quali Botticelli, Marsilio Ficino, Leonardo da Vinci, Pico della
Mirandola, Lorenzo Dè Medici, l’abate Tritemio, Giordano Bruno e tanti altri,
non è e non potrà mai essere di natura meramente razionale e/o pre-
scientifica, bensì un veicolo per l’apertura dell’uomo alla ricerca dell’intima
sostanza di quell’Essere la cui mercuriale volatilità, ci riporta all’idea di una
realtà una e molteplice, a quell’ “ en kai pan/Uno e Tutto”, tanto caro ad un
pensatore del calibro di Hegel.
Nel suo soggiorno universitario in quel di Jena, Hegel, accanto a Schelling ed
Holderlin, in pieno clima romantico, non potè non sviluppare una riflessione
sulla polivalente natura dell’Essere, andando anche ad appuntare la sua
attenzione proprio sul problema della sua scaturigine da quell’indifferenziato
(o “etere”), che non può non riportarci al processo ermetico-alchimico ed alle
sue suggestioni. A ben vedere, lo stesso Cristianesimo, nel suo incentrarsi
sui momenti della vicenda cristologica rappresentati da nascita, morte e
risurrezione, (albedo, nigredo, rubedo...) altri potrebbe non essere che la
umana metafora di un processo alchimico, volto alla autorealizzazione ed al
riscatto dell’individuo, attraverso l’umano palesarsi della sostanza divina.
Il che ci lascia con la considerazione di un percorso, quello appunto
dell’Alchimia, probabilmente, privo di una fine escatologica. Andando a ben
vedere, difatti, le vie alla realizzazione della Grande Opera, vanno via via
palesandosi quali risultanti di una infinita combinazione tra elementi fisici, a
cui corrispondono altrettanti aspetti metafisici della realtà. A spalancarci la
porta all’idea dell’infinità della realtà è, oggidì, scendendo ad un livello più
basso, la Fisica Quantistica e la stessa Teoria della Relatività, assieme alle
Teorie della Complessità che, attraverso lo scardinamento ed il superamento
dei vecchi rigori dell’Illuminismo di matrice cartesiana e della vecchia fisica
meccanica, tutta incentrata sulla paradigmatica visione di Euclide, ci hanno
offerto la suggestione di una Realtà, la cui quintessenza mercuriale,
sfuggente ed indefinibile, ci fa approdare all’idea di una sua insita
molteplicità.
Arrivando al punto finale di questa mia breve disamina. Che non me ne
voglia, l’accorto lettore. Tanto e tanto altro di più e di più preciso, si sarebbe
potuto dire sull’Alchimia. Ma, a voler esser sinceri, questa non vuole né deve
esser una disamina settoriale e di nicchia su di essa, a guisa di un pamphlet
ad uso e consumo di iniziati, bensì l’inizio di un vero e proprio percorso
dialogico e dialettico, volto a ridefinire i paradigmi omologanti della realtà
odierna, all’insegna dell’idea di una politeistica molteplicità dei suoi aspetti,
partendo da alcuni spunti di riflessione, buttati giù, secondo la legge di quel
caso che, “dell’universo è il solo sovrano legittimo” (Honoré de Balzac).
UMBERTO BIANCHI
COSTANTINO NON FU MAI CRISTIANO
Costantino il Grande, imperatore pagano
Oltre a Filippo l'Arabo, anche Costantino il Grande è oggi ricordato
come imperatore cristiano ... stando ad un preconcetto generalizzato,
basato su fonti apologetiche esclusivamente fideiste, delle quali
Eusebio di Cesarea risulta il teste principale, ma riferite in codici
scritti successivamente al X secolo. Tale Vescovo, come attestato in
trattati tardo medievali dedicati alla sua opera "Vita di Costantino",
avrebbe affermato che il grande imperatore era sempre stato cristiano,
ma, stranamente ... chiese di essere battezzato solo in punto di morte "per il divino trapasso verso la vita
ultraterrena"
(op. cit. IV 60,5). Nella stessa biografia, infatti, Eusebio aveva prima
affermato che la conversione dell'imperatore avvenne il 312 d.C., alla
vigilia della battaglia di Ponte Milvio, dopo un sogno in cui Cristo apparve
personalmente a Costantino ordinandogli di adottare come proprio vessillo
il segno prodigioso scritto accanto a una croce: "In hoc signo vinces" (op. cit. I 27,31).
Sempre Eusebio conferma la devozione di Costantino I al cristianesimo anche nella sua "Historia Ecclesiastica":
"Costantino ... avendo invocato con preghiere quale alleato il Dio celeste e il suo Verbo, il Salvatore stesso di tutti, Gesù Cristo, avanzò con tutto l'esercito, aspirando a conquistare per i Romani la libertà dei loro antenati (op. cit. IX 9,2).
"Questo canto Costantino levò a Dio, Signore dell'universo ed autore della vittoria, ed entrò in Roma con canti trionfali ... Ma egli, che aveva una devozione quasi innata verso la divinità, per niente scosso dalle grida né esaltato dalle lodi, ben consapevole dell'aiuto di Dio, comandò subito di mettere nella mano della sua statua il trofeo della passione del Salvatore (la croce), e ordinò inoltre che, coloro che l'avevano onorato con l'erezione di questa statua nel luogo più frequentato di Roma (?) nell'atto di reggere nella mano destra il segno di salvezza (la croce), vi iscrivessero questa stessa proclamazione con queste precise parole in lingua latina:«Con questo segno di salvezza (in hoc signo vinces), prova veritiera del valore, ho liberato e salvato la vostra città dal giogo del tiranno (Massenzio)» (op. cit. IX 9,9/11).
"Costantino, ornato da tutte le virtù della devozione ..." e "... coloro che prima erano mesti, con danze e canti, in città come nelle campagne, onoravano innanzi tutto Dio, poi il devoto imperatore" (op. cit. X 9,6-7).
Dunque, in base alle più tardive note biografiche inerenti Costantino I, secondo giudizi agiografici superficiali, costui è tutt'oggi considerato cristiano anche da molti storici laici opportunisti. Studiosi che, oltre a non informarsi sulla datazione dei codici, testimoni della vita di Costantino, fingono di ignorare i precisi riscontri, numismatici ed archeologi, che rendono impossibile dichiarare di fede cristiana il Grande Imperatore. Prova ne è il fatto che, fintanto rimase in vita, oltre alle numerose monete dedicate a divinità pagane, Costantino coniò anche stupendi "solidi aurei" che lo raffiguravano a fianco del Sol Invictus, con la scritta "comes", quindi "compagno" di tale divinità; infatti molte altre lo effigiano come la personificazione in terra del Dio Sole.
Fra le molteplici monete coniate da Costantino il Grande ne risulta solo qualcuna dedicata al cristianesimo, rappresentato simbolicamente da un cristogramma su un labaro: un semplice richiamo da intendersi come minimo atto dovuto da parte di un Pontefice Massimo in quanto, sin dall'epoca di Giulio Cesare, investito della suprema carica religiosa dell'Impero, gerarchicamente prevalente a quella di qualsiasi Pontefice, Gran Sacerdote o Sommo Sacerdote, (gr. ἀρχιερεύς) "Archiereus", di tutti i Credi professati nei terrritori sottomessi a Roma e da lui rappresentati anche senza esserne affiliato.
Sempre Eusebio conferma la devozione di Costantino I al cristianesimo anche nella sua "Historia Ecclesiastica":
"Costantino ... avendo invocato con preghiere quale alleato il Dio celeste e il suo Verbo, il Salvatore stesso di tutti, Gesù Cristo, avanzò con tutto l'esercito, aspirando a conquistare per i Romani la libertà dei loro antenati (op. cit. IX 9,2).
"Questo canto Costantino levò a Dio, Signore dell'universo ed autore della vittoria, ed entrò in Roma con canti trionfali ... Ma egli, che aveva una devozione quasi innata verso la divinità, per niente scosso dalle grida né esaltato dalle lodi, ben consapevole dell'aiuto di Dio, comandò subito di mettere nella mano della sua statua il trofeo della passione del Salvatore (la croce), e ordinò inoltre che, coloro che l'avevano onorato con l'erezione di questa statua nel luogo più frequentato di Roma (?) nell'atto di reggere nella mano destra il segno di salvezza (la croce), vi iscrivessero questa stessa proclamazione con queste precise parole in lingua latina:«Con questo segno di salvezza (in hoc signo vinces), prova veritiera del valore, ho liberato e salvato la vostra città dal giogo del tiranno (Massenzio)» (op. cit. IX 9,9/11).
"Costantino, ornato da tutte le virtù della devozione ..." e "... coloro che prima erano mesti, con danze e canti, in città come nelle campagne, onoravano innanzi tutto Dio, poi il devoto imperatore" (op. cit. X 9,6-7).
Dunque, in base alle più tardive note biografiche inerenti Costantino I, secondo giudizi agiografici superficiali, costui è tutt'oggi considerato cristiano anche da molti storici laici opportunisti. Studiosi che, oltre a non informarsi sulla datazione dei codici, testimoni della vita di Costantino, fingono di ignorare i precisi riscontri, numismatici ed archeologi, che rendono impossibile dichiarare di fede cristiana il Grande Imperatore. Prova ne è il fatto che, fintanto rimase in vita, oltre alle numerose monete dedicate a divinità pagane, Costantino coniò anche stupendi "solidi aurei" che lo raffiguravano a fianco del Sol Invictus, con la scritta "comes", quindi "compagno" di tale divinità; infatti molte altre lo effigiano come la personificazione in terra del Dio Sole.
Fra le molteplici monete coniate da Costantino il Grande ne risulta solo qualcuna dedicata al cristianesimo, rappresentato simbolicamente da un cristogramma su un labaro: un semplice richiamo da intendersi come minimo atto dovuto da parte di un Pontefice Massimo in quanto, sin dall'epoca di Giulio Cesare, investito della suprema carica religiosa dell'Impero, gerarchicamente prevalente a quella di qualsiasi Pontefice, Gran Sacerdote o Sommo Sacerdote, (gr. ἀρχιερεύς) "Archiereus", di tutti i Credi professati nei terrritori sottomessi a Roma e da lui rappresentati anche senza esserne affiliato.
Un Costantino Pontefice Massimo che, dopo aver equiparato il
Cristianesimo alle altre religioni*,
pur essendo allora un Credo con pochi seguaci, si obbligò ad indire il Concilio
di Nicea nel 325 d.C. per sanare i conflitti dottrinali,
riguardanti la "sostanza" della nuova divinità, sorti fra Vescovi,
che proclamavano diversi Salvatori "Gesù"
ideologicamente contrastanti: una incoerenza tale che, nella veste di
Pontefice Massimo, Costantino non avrebbe potuto giustificare sin dall'inizio,
se ne fosse stato consapevole ... da autentico "cristiano".
* L'Impero Romano non decretò mai illegale alcuna religione, neanche l'Ebraismo nazionalista, né perseguitò adepti di alcuna Fede in quanto tali. La repressione dei Governatori romani diveniva spietata soltanto avverso coloro che non intendevano sottomersi al dominio territoriale imperiale ... non contro chi professava dottrine diverse da quella capitolina. Chi afferma il contrario lo dimostri con precise citazioni storiche extracristiane, riferite dai numerosi cronisti di Roma che si sono susseguiti dal I al IV secolo; ma è essenziale ricordare la falsificazione della testimonianza di Tacito relativa all'eccidio di Cristiani perpetrato da Nerone nel 64 d.C. (vedi le prove nel XII studio).
Da quanto fin qui assodato, grazie alla archeologia ed alla storia, si evince che fu proprio la cognizione di un Costantino mai divenuto cristiano ad indurre, in epoca futura, l'alto clero a far sì che risultasse storicamente un seguace di Cristo. La popolarità conseguita, grazie alle gloriose imprese condotte dal valoroso imperatore, convinse i potenti ecclesiastici ad inglobarlo nel loro Credo ... ma anche con il malcelato fine di non far risultare la necessità storica che obbligò Costantino a convocare il Concilio di Nicea allo scopo di eliminare le contraddizioni teologiche presenti nella nuova fede, ormai già equiparata alle altre.
Pertanto dedichiamoci alla lettura comparata dell'intera documentazione ecclesiastica, relativa alla biografia di Costantino il Grande, per verificarne le attestazioni difformi sino a dimostrare che Costantino I non fu mai cristiano, convalidando, di conseguenza, le risultanze numismatiche che rappresentano l'Imperatore di esclusiva fede pagana.
* L'Impero Romano non decretò mai illegale alcuna religione, neanche l'Ebraismo nazionalista, né perseguitò adepti di alcuna Fede in quanto tali. La repressione dei Governatori romani diveniva spietata soltanto avverso coloro che non intendevano sottomersi al dominio territoriale imperiale ... non contro chi professava dottrine diverse da quella capitolina. Chi afferma il contrario lo dimostri con precise citazioni storiche extracristiane, riferite dai numerosi cronisti di Roma che si sono susseguiti dal I al IV secolo; ma è essenziale ricordare la falsificazione della testimonianza di Tacito relativa all'eccidio di Cristiani perpetrato da Nerone nel 64 d.C. (vedi le prove nel XII studio).
Da quanto fin qui assodato, grazie alla archeologia ed alla storia, si evince che fu proprio la cognizione di un Costantino mai divenuto cristiano ad indurre, in epoca futura, l'alto clero a far sì che risultasse storicamente un seguace di Cristo. La popolarità conseguita, grazie alle gloriose imprese condotte dal valoroso imperatore, convinse i potenti ecclesiastici ad inglobarlo nel loro Credo ... ma anche con il malcelato fine di non far risultare la necessità storica che obbligò Costantino a convocare il Concilio di Nicea allo scopo di eliminare le contraddizioni teologiche presenti nella nuova fede, ormai già equiparata alle altre.
Pertanto dedichiamoci alla lettura comparata dell'intera documentazione ecclesiastica, relativa alla biografia di Costantino il Grande, per verificarne le attestazioni difformi sino a dimostrare che Costantino I non fu mai cristiano, convalidando, di conseguenza, le risultanze numismatiche che rappresentano l'Imperatore di esclusiva fede pagana.
Infatti, la credibilità storica di "Costantino cristiano"
viene rappresentata in codici attribuiti da amanuensi medievali
ad Eusebio, ma, una volta preso visione dei loro contenuti, essa
viene smentita dagli atti certificati nell'opera "De viris
illustribus" (una disamina delle biografie dei più famosi cristiani,
ad iniziare da san Pietro fino a tutto il IV secolo), scritta dallo storico
Dottore della Chiesa, san Girolamo Sofronio.
Precisamente, scorrendo i profili dei più celebri personaggi cristiani elencati da Girolamo, risulta che lo storico ecclesiastico non considera tale imperatore degno di essere citato: fatto impossibile qualora l'uomo più "illustre" e potente dell'Impero Romano fosse stato veramente cristiano. Quindi lo storico Girolamo, pur essendo posteriore ad Eusebio di circa mezzo secolo ed aver descritto tale Vescovo fra gli "uomini illustri", elogiandone la sua opera "Historia Ecclesiastica", disconosce Costantino come cristiano. Ergo, nella "Historia Ecclesiastica" originale di Eusebio, letta da san Girolamo mezzo secolo dopo essere stata compilata, nei Libri VIII, IX e X non risultava alcuna apologia di "Costantino cristiano".
Precisamente, scorrendo i profili dei più celebri personaggi cristiani elencati da Girolamo, risulta che lo storico ecclesiastico non considera tale imperatore degno di essere citato: fatto impossibile qualora l'uomo più "illustre" e potente dell'Impero Romano fosse stato veramente cristiano. Quindi lo storico Girolamo, pur essendo posteriore ad Eusebio di circa mezzo secolo ed aver descritto tale Vescovo fra gli "uomini illustri", elogiandone la sua opera "Historia Ecclesiastica", disconosce Costantino come cristiano. Ergo, nella "Historia Ecclesiastica" originale di Eusebio, letta da san Girolamo mezzo secolo dopo essere stata compilata, nei Libri VIII, IX e X non risultava alcuna apologia di "Costantino cristiano".
Addirittura, Girolamo elenca l'insieme dei trattati svolti da
Eusebio di Cesarea, ma non gli risulta quello già citato sopra
"Vita di Costantino": un testo inventato da scribi
cristiani secoli dopo ed accreditato al Vescovo Eusebio morto nel 339 d.C.
Eppure questa pseudo biografia, inventata nel tardo medioevo, è considerata
veritiera da tutti gli studiosi di Storia del Cristianesimo e da ogni mezzo di
comunicazione, al fine di indottrinare le masse.
E non solo, Costantino il Grande non è contemplato credente in Cristo neanche da tutti gli amanuensi dei più antichi manoscritti*, contenenti il "De viris illustribus", risalenti al IX secolo.
E non solo, Costantino il Grande non è contemplato credente in Cristo neanche da tutti gli amanuensi dei più antichi manoscritti*, contenenti il "De viris illustribus", risalenti al IX secolo.
* Le fonti attendibili del "De viris
illustribus", convalidate dagli esperti, sono costituite da 84 mss.
suddivisi nei seguenti otto gruppi: A. Parisinus (Corbeiensis o
Sangermanensisis 7° sec.); T. Vaticanus Reg. Lat., 7° sec.; Veronensis, 8°
sec.; Vercellensis 8° sec.; Monspessalanensis 9° sec.; Monacensis 8° sec.;
Vindobonensis 9° sec.; H. Parisinus 9° sec. Cui si aggiungono: un codice del 9°
secolo, ora a Vienna, e due mss del 9° secolo: uno conservato a Montpellier
"Codex Ms H. 406", mentre il secondo è conservato a Monaco. Un altro
manoscritto antico, il "Codex Ms Lat. 2 Q Neoeboracensis", risalente
al 9° secolo, conservato al General Theological Seminary in New York.
Tuttavia è doveroso evidenziare che delle
stime paleografiche indicate, riguardanti le datazioni dei manoscritti
appena citati, si dimostrano palesemente errate quelle antecedenti al 9°
secolo; queste ultime in contrasto alle valutazioni dei periti.
Per giungere a questa conclusione ci siamo avvalsi del paragone fra tre antichi manoscritti diversi che ci ha consentito di fissare con precisione storica la datazione di tutti i codici contenenti il "De viris illustribus".
La prova è costituita dal fatto che il primo e più antico manoscritto, dedicato al famoso Padre apologista Tertulliano, è il "Codex Agobardinus Parisinus Lat. 1622" (prima di questo trattato Tertulliano è ignorato in tutti i codici); sebbene, a questo punto, è necessario ricordare ai lettori che la successiva "Tradizione cristiana" considera il Padre "Q. Settimio Fiorente Tertulliano", un importante testimone del Salvatore Universale, collocato fra il II e III secolo ma, in realtà, è sconosciuto da tutti i Padri e Vescovi cristiani, assidui scrittori ecclesiastici, dalla fine del II secolo sino ad Eusebio di Cesarea (IV secolo), il primo a citarlo secondo la "Tradizione". Viceversa, smentendo le apparenze, i primi codici che narrano la Historia Ecclesiastica di questo Vescovo risalgono al X secolo, inoltre, sempre secondo la "Tradizione", Tertulliano è richiamato anche nel "De viris illustribus" di Girolamo.
Ciò premesso, contrariamente alle attestazioni della artificiosa "saga fideista cristiana", considerato che il documento iniziale tertullianeo fu stilato in epoca carolingia dall'Arcivescovo Agobardo di Lione, questo particolare ci permette di fissarne la stesura entro l'840 d.C. (anno della morte di Agobardo: IX secolo). Ne consegue che tutti i manoscritti riguardanti le gesta e le opere di Q. S. Fiorente Tertulliano, inevitabilmente, furono redatti dalla seconda metà del 9° secolo in poi, esattamente come avvenuto per i più antichi codici del "De viris illustribus".
Il successivo manoscritto che tratta l'opera più famosa di Tertulliano è il "Codex Latinus Parisinus 1623" contenente "Apologeticum" e risale al X secolo (questo trattato è ignorato nel testo di Agobardo di Lione, non essendo ancora stato inventato dagli scribi di Dio).
Per giungere a questa conclusione ci siamo avvalsi del paragone fra tre antichi manoscritti diversi che ci ha consentito di fissare con precisione storica la datazione di tutti i codici contenenti il "De viris illustribus".
La prova è costituita dal fatto che il primo e più antico manoscritto, dedicato al famoso Padre apologista Tertulliano, è il "Codex Agobardinus Parisinus Lat. 1622" (prima di questo trattato Tertulliano è ignorato in tutti i codici); sebbene, a questo punto, è necessario ricordare ai lettori che la successiva "Tradizione cristiana" considera il Padre "Q. Settimio Fiorente Tertulliano", un importante testimone del Salvatore Universale, collocato fra il II e III secolo ma, in realtà, è sconosciuto da tutti i Padri e Vescovi cristiani, assidui scrittori ecclesiastici, dalla fine del II secolo sino ad Eusebio di Cesarea (IV secolo), il primo a citarlo secondo la "Tradizione". Viceversa, smentendo le apparenze, i primi codici che narrano la Historia Ecclesiastica di questo Vescovo risalgono al X secolo, inoltre, sempre secondo la "Tradizione", Tertulliano è richiamato anche nel "De viris illustribus" di Girolamo.
Ciò premesso, contrariamente alle attestazioni della artificiosa "saga fideista cristiana", considerato che il documento iniziale tertullianeo fu stilato in epoca carolingia dall'Arcivescovo Agobardo di Lione, questo particolare ci permette di fissarne la stesura entro l'840 d.C. (anno della morte di Agobardo: IX secolo). Ne consegue che tutti i manoscritti riguardanti le gesta e le opere di Q. S. Fiorente Tertulliano, inevitabilmente, furono redatti dalla seconda metà del 9° secolo in poi, esattamente come avvenuto per i più antichi codici del "De viris illustribus".
Il successivo manoscritto che tratta l'opera più famosa di Tertulliano è il "Codex Latinus Parisinus 1623" contenente "Apologeticum" e risale al X secolo (questo trattato è ignorato nel testo di Agobardo di Lione, non essendo ancora stato inventato dagli scribi di Dio).
Stesso esito vale anche per la "Historia Ecclesiastica"
di Eusebio di Cesarea, il quale cita Tertulliano (ricordiamo che
questo Padre è ignorato da tutti i Padri apologisti a lui coevi), ma
anche i manoscritti di questo lavoro iniziarono ad essere compilati a partire
dal X secolo. Pertanto, stabilito che i primi codici, attinenti
l'opera di Eusebio, sono successivi di un secolo e mezzo ai codici del
"De viris illustribus" di Girolamo, ed entrambi
susseguenti al "Codex Agobardinus Parisinus Lat. 1622",
si dimostra che la leggenda di Costantino il Grande "cristiano"
è stata ideata, sette secoli dopo la sua morte, da amanuensi
impostori. Mentre, la contemporaneità della redazione dei codici della
"Historia Ecclesiastica" di Eusebio, e del codice inerente
"Apologeticum" accreditato a Tertulliano, dimostrano un
"pio" coordinamento nella loro stesura dettato dalle eminenze grigie
dell'alto clero.
Per definire compiutamente questa indagine invitiamo i lettori a leggere la intera documentazione che dimostra l'irrealtà di Tertulliano nel V studio al cap. "Le sviste degli scribi tertullianei". In tale ricerca si analizza il contesto delle deposizioni relative alle biografie dei primi Padri apologisti, coevi a Tertulliano, al fine di evidenziarne le rispettive contraddizioni grazie alla comparazione con la storia e la archeologia.
Per definire compiutamente questa indagine invitiamo i lettori a leggere la intera documentazione che dimostra l'irrealtà di Tertulliano nel V studio al cap. "Le sviste degli scribi tertullianei". In tale ricerca si analizza il contesto delle deposizioni relative alle biografie dei primi Padri apologisti, coevi a Tertulliano, al fine di evidenziarne le rispettive contraddizioni grazie alla comparazione con la storia e la archeologia.
Anche in questo caso abbiamo adottato l'identico metodo di ricerca
(appena descritto sopra, utile a dimostrare l'invenzione di san Babila), per
avere la conferma che lo stesso Eusebio di Cesarea non riferì mai di un
Costantino cristiano, sia nella "Historia Ecclesiastica",
che nella "Vita di Costantino" ... contrariamente a quanto
viene fatto apparire oggi da studiosi superficiali che sottovalutano le
cronologie delle testimonianze manoscritte.
In dettaglio, tale riscontro lo ricaviamo dalla comparazione delle epoche in cui risultano trascritti i codici più antichi relativi agli storici cristiani del IV secolo: quelli dedicati al "De viris illustribus" di Girolamo, risalgono alla seconda metà del IX secolo, mentre i manoscritti iniziali, contenenti la "Historia Ecclesiastica" di Eusebio, risalgono al X secolo (per i particolari di questi ultimi codici vedi III studio).
Tali risultanze dimostrano che, per gli scribi del IX secolo, che attestarono le biografie di Girolamo, Costantino non era cristiano, mentre per i posteriori amanuensi di Eusebio, viceversa, era seguace di Cristo. Con ciò si prova che Costantino è stato "cristianizzato" dal X secolo in poi.
In dettaglio, tale riscontro lo ricaviamo dalla comparazione delle epoche in cui risultano trascritti i codici più antichi relativi agli storici cristiani del IV secolo: quelli dedicati al "De viris illustribus" di Girolamo, risalgono alla seconda metà del IX secolo, mentre i manoscritti iniziali, contenenti la "Historia Ecclesiastica" di Eusebio, risalgono al X secolo (per i particolari di questi ultimi codici vedi III studio).
Tali risultanze dimostrano che, per gli scribi del IX secolo, che attestarono le biografie di Girolamo, Costantino non era cristiano, mentre per i posteriori amanuensi di Eusebio, viceversa, era seguace di Cristo. Con ciò si prova che Costantino è stato "cristianizzato" dal X secolo in poi.
E non può essere una fatalità che pure il "Codex Vat. Lat.
1873" sia stato copiato nello stesso X secolo, quando l'alto clero
decise la "canonizzazione" di Costantino il Grande. Questo
manoscritto contiene le "Res Gestae", redatte dallo storico
più importante del IV secolo, Ammiano Marcellino (Antiochia 330 - Roma
397), il cui lavoro originale era contenuto in trentuno libri, ciononostante
gli amanuensi del X secolo ne trascrissero solo gli ultimi diciotto (XIV-XXXI)
concernenti il periodo compreso tra gli anni 353 e 378 d.C. Viceversa
Ammiano scrisse di aver iniziato l’opera "a principatu Caesaris Nervae" (XXXI 16,9), ossia dal 96 d.C., sotto il principato
di Cocceio Nerva, dal punto in cui si era interrotta la narrazione di
"Historiae" (cfr. Hist. 1,1) dello storiografo latino, Cornelio
Tacito.
L'epoca censurata dai copisti del X secolo, nelle "Res Gestae" di A. Marcellino, conteneva le cronache, riferite nei primi tredici libri, che riguardavano le imprese di tutti gli Imperatori romani a partire da Marco Cocceio Nerva sino ai figli successori di Costantino I.
Vale a dire l'intera epopea delle "grandi persecuzioni cristiane" perpetrate da una sequela di Imperatori ad iniziare da Ulpio Traiano (stando alla pseudo "storiografia ecclesiastica") fino a poco prima dell'avvento di Costantino il Grande. Ovviamente, come dimostrato negli studi precedenti con precise inchieste extracristiane, nessun Imperatore romano ha mai decretato persecuzioni avverso una cristianità inesistente, oltre al primo, anche nei seguenti due secoli.
Orbene se, ammesso che dalla relazione storica di Ammiano Marcellino, riguardante le imprese di Costantino I, tale Imperatore fosse risultato "cristiano", possiamo essere certi che i copisti delle "Res Gestae" dello storico imperiale, nel X secolo non avrebbero escluso il libro che trattava la biografia del grande Cesare. Conseguentemente, la prova decisiva di un Costantino il Grande "seguace di Gesù" sarebbe stata evidenziata subito dagli storici cristiani, quindi oggi nessuno starebbe a discutere su un dato di fatto acquisito storicamente.
L'epoca censurata dai copisti del X secolo, nelle "Res Gestae" di A. Marcellino, conteneva le cronache, riferite nei primi tredici libri, che riguardavano le imprese di tutti gli Imperatori romani a partire da Marco Cocceio Nerva sino ai figli successori di Costantino I.
Vale a dire l'intera epopea delle "grandi persecuzioni cristiane" perpetrate da una sequela di Imperatori ad iniziare da Ulpio Traiano (stando alla pseudo "storiografia ecclesiastica") fino a poco prima dell'avvento di Costantino il Grande. Ovviamente, come dimostrato negli studi precedenti con precise inchieste extracristiane, nessun Imperatore romano ha mai decretato persecuzioni avverso una cristianità inesistente, oltre al primo, anche nei seguenti due secoli.
Orbene se, ammesso che dalla relazione storica di Ammiano Marcellino, riguardante le imprese di Costantino I, tale Imperatore fosse risultato "cristiano", possiamo essere certi che i copisti delle "Res Gestae" dello storico imperiale, nel X secolo non avrebbero escluso il libro che trattava la biografia del grande Cesare. Conseguentemente, la prova decisiva di un Costantino il Grande "seguace di Gesù" sarebbe stata evidenziata subito dagli storici cristiani, quindi oggi nessuno starebbe a discutere su un dato di fatto acquisito storicamente.
Al contrario, nella cronaca di Ammiano Marcellino risultava un
Costantino I pagano, esattamente come provato dalla sua numismatica
imperiale, perciò questo fu il movente che impose ai copisti delle
"Res Gestae" di eliminare sia la cronaca di Costantino il Grande, sia
quelle di tutti gli Imperatori che lo avevano preceduto, e, primo fra questi, Filippo
l'Arabo, il quale, come appena indagato sopra, fu spacciato per "cristiano"
dal Vescovo Eusebio di Cesarea, quando, in realtà, A. Marcellino
sicuramente non lo definì come tale, altrimenti sarebbe stato citato
come testimone da tutti gli storici credenti. Invece, alla pari di
Costantino I, Filippo, grazie a storia ed archeologia numismatica oltre
che da numerosi Diplomi Militari Romani (prima citati), viene
accertato come pagano.
In ultima analisi, poiché le relazioni storiche dei cronisti imperiali del III secolo sconfessavano l'esistenza di martiri cristiani ed i loro capi Vescovi, gli esegeti del clero - anziché conservare almeno una copia dei numerosi codici originali, redatti a Roma da Ammiano Marcellino (il cui lavoro fu destinato alla aristocrazia dell'Urbe e delle Province) - decisero di eliminare i primi tredici libri delle sue "Res Gestae", limitandosi a copiare gli ultimi diciotto, relativi al IV secolo, ma escludendo la cronaca riguardante Costantino il Grande ... decisamente "pagano".
In ultima analisi, poiché le relazioni storiche dei cronisti imperiali del III secolo sconfessavano l'esistenza di martiri cristiani ed i loro capi Vescovi, gli esegeti del clero - anziché conservare almeno una copia dei numerosi codici originali, redatti a Roma da Ammiano Marcellino (il cui lavoro fu destinato alla aristocrazia dell'Urbe e delle Province) - decisero di eliminare i primi tredici libri delle sue "Res Gestae", limitandosi a copiare gli ultimi diciotto, relativi al IV secolo, ma escludendo la cronaca riguardante Costantino il Grande ... decisamente "pagano".
Dopo questi numerosi riscontri storici ed archeologici, inevitabilmente,
decade anche la testimonianza dello scrittore cristiano Firmiano Lattanzio,
anch'egli chiamato a "deporre" sulla conversione al
cristianesimo di Costantino I. Il nuovo personaggio "Lattanzio"
fu inventato ad iniziare da scribi mentitori tardo medievali per convalidare
una conversione facilmente smentibile.
Infatti la documentazione relativa a Lattanzio lo descrive come una famosa autorità, scrittore credente e collocato in epoca di poco anteriore a Girolamo. Ma gli scribi non si resero conto che un protagonista così illustre avrebbe poi obbligato lo storico Dottore della Chiesa a qualificare, felicemente, Costantino come imperatore adepto di Cristo. Resoconto che, come accertato, san Girolamo non ha mai fatto.
Addirittura allo storico Dottore della Chiesa non risulta neanche esistito il "famoso" Lattanzio, tanto meno la sua corposa opera apologetica e teologica cristiana, inventata molti secoli secoli dopo da scribi falsari.
Infatti la documentazione relativa a Lattanzio lo descrive come una famosa autorità, scrittore credente e collocato in epoca di poco anteriore a Girolamo. Ma gli scribi non si resero conto che un protagonista così illustre avrebbe poi obbligato lo storico Dottore della Chiesa a qualificare, felicemente, Costantino come imperatore adepto di Cristo. Resoconto che, come accertato, san Girolamo non ha mai fatto.
Addirittura allo storico Dottore della Chiesa non risulta neanche esistito il "famoso" Lattanzio, tanto meno la sua corposa opera apologetica e teologica cristiana, inventata molti secoli secoli dopo da scribi falsari.
Amanuensi che commisero la dabbenaggine di fare apparire il cristiano Lattanzio
come "precettore di Crispo"*, un figlio di Costantino il Grande destinato a
succedergli come Imperatore: una assurdità contraria alla logica perché, in tal
caso, il vero testimone, ovviamente, sarebbe stato Eusebio di Cesarea
(morto nel 339) che, come cronista imperiale di Costantino I, avrebbe avuto l'obbligo
di riferire la rilevante interazione, avvenuta fra il "precettore"
Lattanzio e Crispo, figlio dell'imperatore, nella sua "Historia
Ecclesiastica": fatto che non risulta. Infatti, l'inesistenza di
Lattanzio si riscontra proprio da parte di Eusebio di Cesarea,
il quale non lo menziona nella sua "Historia Ecclesiastica",
ne consegue che, come nel caso di Girolamo, nemmeno gli amanuensi redattori dei
manoscritti di questo trattato eusebiano avevano mai sentito parlare di
Lattanzio, codici che, i più tardivi,
risalgono al XII secolo (vedi III studio).
* Flavio Giulio Crispo, nato il 302, Console nel 318, divenne Imperatore unico nel 324 e governò sino al 326, anno della sua morte.
* Flavio Giulio Crispo, nato il 302, Console nel 318, divenne Imperatore unico nel 324 e governò sino al 326, anno della sua morte.
Pur di far apparire cristiano Costantino il Grande, (come sopra già
dimostrato dal X secolo in poi) le eminenze grigie dell'alto clero
chiamarono in causa addirittura un eccellente storico bizantino pagano, di
lingua greca, Zosimo di Panopoli (antica città egiziana), vissuto a
cavallo fra il IV e V secolo, autore di "Historia Nova" in sei
Libri; opera che venne trascritta nel "Codex Vaticanus Graecus 156",
datato fra il X e l'XI secolo, oggi conservato nella Biblioteca Apostolica
Vaticana.
Nel II libro del testo risulta che, dopo aver ordinato l'esecuzione del figlio Crispo e l'uccisione della moglie Fausta (sospettati di avere una relazione), l'Imperatore Costantino chiese la assoluzione ai sacerdoti pagani "Flamini Maggiori" (Flamines Maiores) che gliela negarono.
Dopo tale rifiuto, Costantino fu contattato da un potente cristiano, definito in modo generico e non individuabile "Egiziano dell'Iberia", che gli avrebbe garantito l'espiazione dei peccati attraverso i riti della sua religione. Tale impegno indusse Costantino ad affiliarsi al cristianesimo ... stando a questa conclusione.
Il finale "pro cristianizzazione costantiniana", aggiunto ad una cronaca inizialmente vera - nell'intenzione degli amanuensi che lo attribuirono falsamente a Zosimo - avrebbe allargato il ventaglio dei "testimoni" fino a comprendere, addirittura, anche uno storico pagano, avverso al Cristianesimo, allo scopo di rendere più veritiera la conversione di Costantino I. Tuttavia, secondo l'adagio popolare "il diavolo fa le pentole ma non i coperchi", anche in questo caso, come nei molteplici precedenti, la conoscenza e il razionalismo storico finiscono per "scoperchiare" le pie sciocchezze.
Infatti, se la cristianizzazione del Grande Cesare fosse realmente avvenuta grazie all'intervento di un tizio chiamato "Egiziano dell'Iberia", il primo a riferirlo in dettaglio, da testimone oculare diretto e a lui coevo, sarebbe stato il cronista imperiale di Costantino, Eusebio di Cesarea, il quale non ha mai sentito nominare siffatto personaggio. Peraltro, l'altro esimio storico cristiano, Girolamo Sofronio, come già accertato avanti, mezzo secolo dopo Eusebio, ancora non riconosceva Costantino I come cristiano. Conclusione: anche gli scrivani di Dio, che copiarono "Historia Nova" di Zosimo, mentirono impudentemente falsificando il suo resoconto terminale, di conseguenza, per garantirsi che nessuno lo scoprisse, distrussero tutti i codici originali di Zosimo, sei secoli dopo la loro redazione da parte dello storico bizantino.
Nel II libro del testo risulta che, dopo aver ordinato l'esecuzione del figlio Crispo e l'uccisione della moglie Fausta (sospettati di avere una relazione), l'Imperatore Costantino chiese la assoluzione ai sacerdoti pagani "Flamini Maggiori" (Flamines Maiores) che gliela negarono.
Dopo tale rifiuto, Costantino fu contattato da un potente cristiano, definito in modo generico e non individuabile "Egiziano dell'Iberia", che gli avrebbe garantito l'espiazione dei peccati attraverso i riti della sua religione. Tale impegno indusse Costantino ad affiliarsi al cristianesimo ... stando a questa conclusione.
Il finale "pro cristianizzazione costantiniana", aggiunto ad una cronaca inizialmente vera - nell'intenzione degli amanuensi che lo attribuirono falsamente a Zosimo - avrebbe allargato il ventaglio dei "testimoni" fino a comprendere, addirittura, anche uno storico pagano, avverso al Cristianesimo, allo scopo di rendere più veritiera la conversione di Costantino I. Tuttavia, secondo l'adagio popolare "il diavolo fa le pentole ma non i coperchi", anche in questo caso, come nei molteplici precedenti, la conoscenza e il razionalismo storico finiscono per "scoperchiare" le pie sciocchezze.
Infatti, se la cristianizzazione del Grande Cesare fosse realmente avvenuta grazie all'intervento di un tizio chiamato "Egiziano dell'Iberia", il primo a riferirlo in dettaglio, da testimone oculare diretto e a lui coevo, sarebbe stato il cronista imperiale di Costantino, Eusebio di Cesarea, il quale non ha mai sentito nominare siffatto personaggio. Peraltro, l'altro esimio storico cristiano, Girolamo Sofronio, come già accertato avanti, mezzo secolo dopo Eusebio, ancora non riconosceva Costantino I come cristiano. Conclusione: anche gli scrivani di Dio, che copiarono "Historia Nova" di Zosimo, mentirono impudentemente falsificando il suo resoconto terminale, di conseguenza, per garantirsi che nessuno lo scoprisse, distrussero tutti i codici originali di Zosimo, sei secoli dopo la loro redazione da parte dello storico bizantino.
Prima di concludere l'indagine finalizzata a comparare le testimonianze,
inerenti Costantino il Grande, rilasciate dai clericali nel corso dei secoli
... in merito a san Girolamo Sofronio, risulta che successivi scribi
falsari - consapevoli della contraddizione derivata dalla mancata
testimonianza dell'insigne Dottore della Chiesa, relativa ad un
Costantino cristianizzato - in epoca posteriore alla stesura dei codici
del "De viris illustribus" di Girolamo trascrissero, nel tardo
Medioevo, il "Chronicon" (una lista dei personaggi più
famosi a partire da Abramo), attribuendolo a Girolamo Sofronio. Scopo
dei calligrafi fu di far apparire cristiano Costantino I, ma, essendo
la originale documentazione di Girolamo più antica del Chronicon, testo
in cui emerge una testimonianza opposta alla loro, pure
questi ultimi amanuensi hanno sottoscritto un trattato menzognero.
Dopo aver esposto numerose prove
avverso un Costantino il Grande definito
“cristiano”, registriamo che, ad oggi, per
la Chiesa Ortodossa questo imperatore è
considerato santo, mentre la Chiesa cattolica non lo riconosce tale. In
merito a ciò, l'epilogo della nostra indagine chiarisce facilmente questa
divergenza teologica: tutti i
manoscritti inerenti il raggiro della biografia di Costantino I, come
dimostrato sopra, furono redatti da
scribi cattolici all'insaputa dei Bizantini ortodossi. Questi ultimi
credenti, una volta postulato l’imperatore Costantino come cristiano, "in
buona fede" lo hanno beatificato; ma i
cattolici, al contrario, essendone stati gli autori, conoscono
perfettamente la montatura biografica
del Grande Cesare perciò non si azzardano a santificarlo, anche in
considerazione di future eventuali scoperte archeologiche ad ulteriore prova
contro Costantino I cristiano.
In realtà, come già riferito
avanti, rimarchiamo ulteriormente che l'Imperatore Costantino si limitò ad equiparare
il Cristianesimo a tutte le altre religioni, in coerenza con la storica
prassi imperiale di Roma che non dichiarò mai "fuori legge" i Credi
degli altri popoli; come la stessa religione ebraica, malgrado questa Fede si
fosse dimostrata la più nazionalista anti romana (causa di cruenti guerre,
contro la dominazione pagana) al punto di determinare la distruzione di
Gerusalemme e del Tempio. Ciononostante, anche dopo la definitiva disfatta
sciovinista ebraica del 135 d.C., sotto il Cesare Elio Adriano Augusto,
l'Impero Romano concesse agli Ebrei di costruire molte Sinagoghe nelle
Province, consentendo loro di professare liberamente la ancestrale confessione
… fino all'avvento dell'Impero Cattolico Romano sancito con "l'Editto
di Tessalonica" del 380 d.C.
Quell'antico Proclama fu solo l'inizio di un processo teologale che, per la prima volta nella storia di Roma, vedrà trionfare la religione unica di Stato: il Cattolicesimo Universale, ovvero l'illusione della vita eterna.
Quell'antico Proclama fu solo l'inizio di un processo teologale che, per la prima volta nella storia di Roma, vedrà trionfare la religione unica di Stato: il Cattolicesimo Universale, ovvero l'illusione della vita eterna.
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