mercoledì 19 giugno 2019

Il padre, l’assente inaccettabile

Il padre, l’assente inaccettabile Da Il Timone, luglio/agosto 2003 - A cura di Jacopo Alberti - www.iltimone.org 

Opera di un affermato psicologo di formazione laica, convertitosi al Cattolicesimo nel corso delle sue ricerche, il libro ripercorre la crisi della figura paterna in Occidente. Il principio della crisi viene indicato dal Risé nell’istituzione protestante del divorzio che, non contemplando più Dio come vero attore della dinamica familiare, enfatizza e sbilancia il ruolo della madre progenitrice a scapito del padre educatore. Si racconta come nella modernità europea l’eclissi educativa nella vita dei figli sia coincisa con la progressiva specializzazione del “padre” in serbatoio finanziario del nucleo familiare, ruolo che l’ha sempre più coinvolto nel lavoro. Gradatamente l’imprinting emotivo materno, che corrisponde all’esperienza della realtà di cui il bimbo dispone in principio, risulta sempre meno integrato dalla formazione progettuale maschile, che insegnava al figlio ad ordinare le pulsioni emotive in un progetto creativo di vita. Si tratta di un processo secolare, con momenti di straordinaria accelerazione: le rivoluzioni francese e industriale, e le due guerre mondiali, che lasciano sul campo milioni di capifamiglia. Vi si intravede tuttavia anche un progetto legato a ben definiti motori culturali della modernità europea, che rinchiudono progressivamente i padri in posti di lavoro lontani da casa, dalle fabbriche sino ai grandi uffici delle multinazionali, e per tempi sempre più lunghi del giorno, mentre ne dividono il tempo libero tra amicizie di club e tentazioni consumistiche. In questo modo scompaiono dal mondo occidentale alcuni riti originari dell’uomo, di svezzamento del figlio e di passaggio attraverso le età, e alla visione paterna del progetto creativo della persona sopravvive la sola etica materna di soddisfazione dei bisogni immediati. Ulteriore spinta viene data nel ‘900 dalla sviluppo tecnologico e lavorativo che, aprendo le porte alla manodopera femminile, ne enfatizza il riscatto sociale: raggiunta l’autonomia economica della madre, attraverso la liberalizzazione di divorzio ed aborto ed ecco arrivare all’emarginazione del padre come pilastro familiare, in un quadro di crisi già profonda del suo ruolo e di radicato assenteismo. All’interno di un disegno culturale che ha portato la madre a decidere del destino familiare del padre come di quello dei figli, prospera oggi una burocrazia di professionisti e di addetti ai meccanismi del divorzio e dell’aborto di massa, che opera ormai attraverso gruppi di pressione per il mantenimento di sé stessa, con il tacito accordo dell’industria consumista. A pochi passi dal disastro sociale in Occidente, in una società che non genera figli ma consumi, troppo attenta alla soddisfazione dell’edonismo personale per poter generare un cambiamento corale, si notano però lievi segnali in controtendenza, bisogni remoti mai del tutto sopiti che tornano alla superficie della vita umana: è il ritorno del padre.