mercoledì 30 gennaio 2019

Lettera aperta per una Economia Umanistica – Rimettere l’Uomo al posto del mercato

Serve una rivoluzione culturale che attraverso un’economia umanistica possa rimettere “l’uomo al posto del mercato, il lavoro al posto del capitale, la produzione reale in luogo dei pezzi carta”.
 Valerio Malvezzi ha pubblicato su Byoblu, il videoblog di Claudio Messora, le parole accorate del suo manifesto “Lettera aperta per una Economia Umanistica”, indirizzata a quei potenti della Terra che, comandando sui capitali e sulla finanza, tutto controllano. Egli descrive la terribile realtà a cui i popoli oggi sono sottomessi. Il Mercato detta legge e i cittadini patiscono manovre finanziarie “lacrime e sangue”. I fondi speculativi privati possono vigilare sul loro stesso operato ma governi democraticamente eletti non possono decidere le loro politiche economiche. Il privilegio e l’arricchimento dei pochi si regge sul sacrificio e sulla povertà dei molti.
Qui di seguito il testo integrale della lettera, e il link per la raccolta firme.
Lettera aperta per una Economia Umanistica
Spero che esista al mondo un’autorità inquirente, un magistrato, che abbia titolo, ma ancora prima il coraggio, di verificare ciò che sto per dire. Se cioè corrisponde a verità ciò che ho letto in alcuni organi di stampa, in articoli presto derubricati a notizie di secondo piano per addetti ai lavori, perché saremmo di fronte al più grande inganno finanziario della seconda decade del XXI secolo.
La Banca Centrale Europea, il massimo organo di regolazione e credibilità del sistema monetario e la sua vigilanza – che avrebbe il compito di vigilare sulla stabilità del sistema bancario – da anni sta guidando con norme e regolamenti le aggregazioni a fusioni bancarie mediante stress-test volti a decidere chi debba essere fuso e sparire dal mercato. Se fosse vero che, dal 2014, tali analisi non siano state fatte dalla Banca Centrale Europea o dai suoi uffici, ma appaltate – peraltro con modalità non trasparenti – a soggetti privati, investitori esteri, sarebbe un fatto di gravità inaudita e senza precedenti. Affidare a un operatore privato e speculativo – BlackRock – un compito di vigilanza appare un atto inpalese conflitto d’interessi.
Fuori dai tecnicismi giuridici questo significa che tutto quanto avvenuto in questi anni nel mio Paese, l’Italia, in ordine ai riassetti proprietari del sistema bancario si baserebbe su atti dettati da ragioni di necessità e di urgenza basati su fondamenti tecnici non solo inesistenti, ma potenzialmente distorsivi del mercato. Milioni di risparmiatori e imprese hanno versato lacrime e sangue, letteralmente, per le conseguenze sia delle restrizioni del credito, sia per la distruzione del risparmio garantito dalla Costituzione italiana.
Signori ignoti, che da Paesi lontani movimentate la finanza mondiale, voi fate scrivere di agire per la stabilità del sistema bancario, ma nei fatti voi rubate la vita e il futuro della povera gente costringendo le imprese a chiudere, imprenditori a impiccarsi, darsi fuoco, anziani a vedere bruciare i risparmi di una vita – fregati da tecnicismi giuridici incomprensibili -, giovani a emigrare perché avete gettato la liquidità sui tavoli delle Borse, nei derivati, nei fondi speculativi, togliendola a chi sostiene posti di lavoro. Voi fate sproloquiare astutamente di andare avanti, di fare riforme, di progresso, e raccontate che questo sarebbe l’Unione Bancaria Europea! In realtà non fate sapere al popolo le cose come stanno e cioè che l’unico modo di procedere sarebbe quello di fermare tutto, fermare l’ingiustizia e tornare a un mondo giusto, ad un’economia umanistica, nella quale sia l’uomo e non il mercato il cuore del nostro agire. Questa sarebbe la cosa giusta da fare, perché ciò che voi chiamate “mercato” altro non è che un sistema prevaricatore di pochi che, mediante informazioni assunte in un sistema di relazioni sleali, si arricchiscono a dismisura ai danni di molti: i poveri, i semplici, le persone comuni, gli ultimi.
Signori politici, Senatori, sembra che vi stiate occupando di questioni tecniche tralasciando l’attacco al tema strategico. Scopo di una Banca Centrale è creare e gestire i soldi di un popolo: per questo la Banca Centrale dev’essere detenuta dal popolo. Se invece, come accade ora, lo Stato – che quel popolo rappresenta – prende a prestito del denaro da un sistema di banche private, che a loro volta lo moltiplicano come i pani e i pesci, allora il Governo sarà costretto a vessare il popolo di tasse e balzelli per ripagare il profitto indebito privato. Il cuore del problema politico è che non siamo più in un’economia a regia pubblica, ma privata. Così stando le cose, siamo anche in una democrazia apparente, ma non di fatto. Al punto che diventa perfettamente inutile e financo illusorio il diritto e l’esercizio del voto, poiché nessun Governo (servo del potere bancario privato) sarà mai in grado di esercitare il mandato del popolo sovrano.
Signori politici, Senatori, se noi non decidiamo di fare – finalmente – ciò che è giusto, costi quello che costi, invece di ciò che è ragionevole politicamente, allora non ci sarà mai speranza per la povera gente. Dobbiamo concentrarci su soluzioni alle ingiustizie e se il nostro sistema regolatorio – caro avvocato – non consente di trovare soluzione, allora – ebbene – se ne deve convenire che si debba radere a zero questo sistema di regole ingiuste e crearne altre più eque. Lo dobbiamo fare perché non è più tollerabile, sull’altare della presunta efficienza, il sacrificio di tanti per il privilegio ingiusto di pochi. So bene a quali rischi mi stia esponendo, anche per la credibilità della mia professione, nella quale quasi tutti recitano una diversa litania per convenienza o interesse. Non m’interessa essere deriso: m’interessa essere vero! Ed è vero che se la sofferenza di tanti è tollerata per il privilegio di pochi, allora questo sistema economico è semplicemente sbagliato.
Signori privati, voi oscuri demiurghi di sventura, voi Dioscuri della povertà, voi saccenti e profeti di tristezza, voi avete ignorato per il vostro tornaconto il pianto di un popolo per anni e lo ignorerete ancora. Ma io sono qui ad annunciarvi, a dirvi – come ultimo dei cittadini – che il popolo sta cominciando a capire e che, quando il popolo si muove, le cose cambiano e per questo semplice fatto cambieranno: che a voi piaccia oppure no! Succederà perché, al di là di ciò che pensano i neoliberisti, che ci raccontano da decenni come il pianeta sia guidato dai mercati, al contrario il mondo è guidato dalla libera mente dell’uomo. Quella mente – per secoli – ha sempre condotto l’umanità su binari da cui siamo usciti: binari diritti che non consentono una deroga di viaggio. Si chiama morale.
Signori politici, cari Senatori, siete degli illusi a pensare di potere risolvere i problemi del nostro Paese con gli accordi, le deroghe, le riforme con l’Europa. È finito il tempo del politico: è giunto il tempo dello statista. Qui serve qualcuno che si alzi in piedi e dica semplicemente che l’Italia, erede di un pensiero millenario che parte dalla Grecia e attraversa il nazionalismo occidentale, è portatrice di una rivoluzione culturale. Qui l’uomo dovrà dire al mondo che il sistema di pensiero, che è alla base del modello economico degli ultimi quarant’anni, non va riformato o migliorato con una mediazione o una negoziazione: esso va semplicemente raso a zero. Ci sono momenti, nella storia, nei quali per procedere bisogna distruggere fino alle fondamenta per poi ricostruire su basi diverse. Io penso che fino a che il mondo politico non affronterà questa, che è la principale delle questioni, saremo sempre qui a vivacchiare da una elezione fintamente democratica a quella successiva. Solo che, nei lustri, le generazioni italiane invecchiano; le donne incinte con gravidanza a rischio sono mandate a casa perché gli ospedali devono risparmiare. Gli anziani devono rivolgersi alla Sanità privata per non fare code insopportabili, milioni di poveri rovistano nei cassonetti, migliaia di imprenditori italiani si sono dati fuoco o impiccati per motivi economici, centinaia di migliaia di italiani giovani e perlopiù acculturati fuggono a cercare lavoro all’estero, mentre i nostri telegiornali ci parlano solo di barconi.
Il sistema economico comporta una lotta tra poveri di diversi colori che si ripete da decenni, mentre noi siamo qui a dibattere di sciocchezze, di percentuali di PIL tra poltrone di velluto. Ma non capite che occorre alzarsi e dire semplicemente: basta? Abbiamo un mondo in cui la gente crede davvero che non ci siano i soldi per fare le cose, quando la verità è che i soldi si creano premendo un bottone. Il problema è chi ha in mano quel bottone! Non è più tollerabile che il bottone della moneta sia in mani private! Noi vogliamo che la mano che prema quel bottone sia pubblica. Abbiamo un mondo in cui la gente pensa che il problema sia il debito pubblico. E nessuno ha compreso che il debito pubblico è l’altro lato della medaglia che si chiama “ricchezza privata”. Il problema è chi detiene quel debito! Noi vogliamo tornare ad avere quel debito nelle case italiane, come cittadini italiani. Perché quel debito è contratto per la nostra casa, per la nostra Patria e non siamo disposti a vendere il Colosseo o gli Uffizi a banche estere private perché i sonetti di Dante e le opere di Cicerone non sono in vendita, perché non è in vendita la nostra memoria.
Non entrerò, quindi, nel tecnicismo delle scelte economiche necessarie per liberarsi dalla schiavitù dello spread, ma dico chiaramente a voi politici che per risollevare l’Italia servirebbe un piano di espansione di spesa pubblica che le attuali regole europee non consentono. Ergo, siete degli illusi o dei pusillanimi a pensare di potere trattare con una tigre: la tigre si doma con la forza. La nostra forza è quella della ragione e della giustizia. Voi dovete fare una ed una sola cosa: chiedere a gran voce che l’economia torni sotto la morale perché per millenni, da Aristotele ad Adam Smith, tutti i grandi economisti erano filosofi morali. Questo è il tema cruciale della rivoluzione intellettuale del XXI secolo. Oggi ciò che domina il mondo è la finanza, che condiziona l’economia, che ricatta la politica al di fuori della morale. In questo schema le vostre tattiche sulle pensioni a quota 100 o sul reddito di cittadinanza sono solo visioni di breve termine, collocate nel battito di ciglia tra un sondaggio e il successivo.
So bene cosa state pensando: «Parlare di morale come struttura sovra-economica non porta voti perché la gente non capisce». Fregatevene dei sondaggi se avete a cuore il vostro Paese! E sappiate che la gente, se voi parlerete il linguaggio delle persone e non della burocrazia, capisce benissimo. La rivoluzione culturale alla base di qualsiasi speranza di salvezza non può che passare da un manifesto per l’economia umanistica. L’economia umanistica è la sfida di questo secolo che seppellirà, come un incidente storico, quella capitalistica. L’economia umanistica è un’ancella della filosofia morale, ma la comanda e comanda la finanza perché la moneta è solo il prezzo delle cose, ma l’anima dell’uomo non è in vendita. Io sogno un manifesto per l’economia umanistica che partendo da qui, da poche persone, dall’Italia, venga sottoscritto da tanti cittadini italiani e poi magari europei e forse, un giorno, del mondo.
Il cuore del marcio degli ultimi quarant’anni, almeno, è il fatto che abbiamo costruito un’economia a favore di alcune persone e non delle persone. Il cuore del documento di questo manifesto per l’economia umanistica dev’essere l’uomo al posto del mercato e il lavoro al posto del capitale, la produzione reale in luogo dei pezzi di carta. Se avremo il coraggio di mettere nell’agenda politica al primo posto un manifesto per l’economia umanistica saremo allora sicuri di non fare più scrivere che il Botswana ha un rating superiore all’Italia perché ha le miniere dei diamanti. Dobbiamo spiegare al mondo che l’Italia vuole tornare a investire bruciando le attuali regole del gioco sull’altare della giustizia nelle proprie campagne, nei propri campi. Perché i nostri poeti rispondono all’ignoranza dei diamanti del Botswana. “Dai diamanti non nasce niente”, cantava un italiano, “dal letame nascono i fior”.
Io sogno che sufficienti persone sottoscrivano idealmente questa lettera aperta affinché il mondo politico italiano sappia che non è più il tempo di vivacchiare, ma il tempo di tornare a vivere. Troppe persone stanno cominciando nel mondo a intuire la verità sotto al velo dell’inganno. Prima o poi, da qualche parte, un manifesto per l’economia umanistica nascerà. E nascerà perché il cuore di un popolo, per decenni ingannato e oppresso, non può che rinascere dalle proprie ceneri. Quando sul braciere di un manifesto per l’economia dell’uomo saranno incenerite le carte che ci tengono in catene sotto quelle del capitale sarà un giorno di giubilo. Io sogno che quel giorno nasca qui, da un piccolo Paese che tanto ha dato, nei millenni, al pensiero dell’uomo. Io non so se vedrò da vivo quel giorno. So, però che quello sarà un giorno radioso e non soltanto per gli italiani che avranno insegnato al mondo ad alzarsi in piedi: quello sarà un attimo indelebile nella storia eterna dell’umanità.

Valerio Malvezzi: già Deputato al Parlamento Italiano, è stato membro della Commissione Finanze con delega di gruppo in materia bancaria. E’ Professore a contratto di Comunicazione Finanziaria presso il Collegio Universitario Griziotti, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università degli Studi di Pavia. Insegna inoltre al Master Universitario di I livello Must, Università degli Studi di Pavia, dove è anche membro dell’Advisory Board.
La sua principale attività professionale è in Win The Bank, di cui è co-fondatore, dove tiene anche il Corso di specializzazione annuale per commercialisti e consulenti: Master Bank. Cura la rubrica “Convinci la Banca” su Panorama nonché la rubrica di Win The Bank su Panorama Economy, rivista mensile.
E’ presente in numerose trasmissioni nazionali, radio e televisive.