Premesso che ci sarebbe da scrivere una tesi su questo
brano, provo a mettere insieme alcune brevi sensazioni.
Un brano musicale trasformato per forza in canzone per
mostrare le abilità canore e musicali della band ed in questo caso anche delle
cantanti che si sono cimentati nell’esperimento, nel caso specifico Antonella
Rugero e Paola Folli.
Il brano nella sua confezione finale è certamente un
capolavoro uscito dal genio di Rocco Tanica. A mio avviso c’è stato tanto
lavoro di “costruzione tecnica” fatta a tavolino in studio copiando bene. Mi
spiego il brano è certamente unico ed “originale”, ma agli orecchi più raffinati,
non possono sfuggire “ritrattazioni di genere” da Emerson Like e Palmer ai PFM
fino ai Toto. Personalmente quando l’ho ascoltato per la prima volta la parte
musicale iniziale mi ha subito richiamato l’intermezzo di “Rossana” dei Toto. C’era
il sintetizzatore iniziale, con legatura del flauto e ripresa del tema con
variante con l’assolo di chitarra elettrica. Ovviamente il pezzo di Eelst è
molto più articolato sia nell’armonia che nella melodia. Si nota un certo
sforzo “barocco” di elaborazione dovuto anche al fatto che in questo caso il frame
non fa da intermezzo ma da lunga overtur. Sulle armonizzazioni nulla da
eccepire perfette anche su cambi di scala e tono. La linea melodica
meravigliosa soprattutto all’inizio dove su accordi apparentemente maggiori
confermati dalla posizione del basso sulle toniche, si muove su gradi di 5
aumentata e quarta e seconda/nona, che
danno un meraviglioso senso di attesa fino a chiudersi armonicamente sul cambio
di tonalità. La mano di Rocco Tanica è decisamente forte come impronta sul
brano, non a caso il sint è abbondantemente presente, se posso fare un appunto avrei sviluppato
diversamente la parte del raddoppio dopo la chitarra ed avrei messo una
variante sul finale con più tappeti poiché la chiusura con la nota basso di
Elio (che mostra la sua bravura) non si addice come chiusura per un brano del
genere.2 Meravigliosa la legatura della parte tastiere con la chitarra fatta
con il flauto e la genialità del raddoppio della linea melodica fatta con il
basso. Il basso di Faso è qualcosa di che rasenta la perfezione, sempre sulle
toniche negli accenti forti soprattutto nella parte cantata, dinamico nelle
legature nei cambi ritmo, presente dove
serve mai eccessivo, sempre essenziale. La parte della chitarra pulita lineare,
risulta un po’ troppo attaccata sia alla linea del sint sia alla voglia che ha ogni chitarrista di sbizzarrirsi,
forse Elio lo ha vietato (si scherza), di solito il frame si ripete una volta
replicando la stessa linea del sint, la seconda liberandosi in assolo improvvisato,
in questo caso invece il risultato tutto molto “preparato” per una band che
vive sulla improvvisazione mi è sembrato cosi un po’ “costretta” ad una parte
minore. Sembra invece seguire il costrutto dell’intermezzo di “impressioni di
settembre dove la chitarra raddoppia la lina melodica del sint. In ogni caso il
risultato è meraviglioso. La batteria ineccepibile dello svizzero, con
contrappunti e riempitivi anche dove la chiusura tonale non era delle migliori
per legare con l’apertura della parte cantata. La linea melodica della parte
vocale è stata semplificata per ovvie ragioni perché mal si presta ad
acciaccature armoniche ricercate, nonostante ciò è di grande difficoltà se non
altro per l’estensione di tre ottave e più oltre che per la ripresa del fiato. Bravissimi
sia Elio che la Rugero. Alla folli va
data una medaglia perché eseguire quel brano dal vivo non è assolutamente
facile e lei lo ha fatto con una apparente semplicità disarmante (ovviamente
dietro c’è uno studio e controllo della voce spaventoso).Unica nota negativa a
mio avviso, un capolavoro musicale ricercato di questo tipo doveva avere un
testo un po’ più impegnato e magari avrebbe avuto un maggior target anche nel
pubblico. La voce della Ruggero è una leggenda e le legende non si possono che
amare e raccontare. Una delle migliori band del mondo peccato che non abbiano
avuto l’idea di fare una scuola tutti insieme per trasmettere il patrimonio
artistico che hanno fatto che purtroppo nonostante la grandiosità essendo “particolare”
sarà facilmente dimenticato dalla grande massa. In ogni caso un grandioso
grazie.
Giuseppe Turrisi