venerdì 15 novembre 2013

Huerta de Soto e il liberalismo (di Silvano Borruso)

La posizione di Huerta de Soto è contraria a quella di Keynes & Co, però non contraddittoria. Il che vuol dire che se una è vera, l’altra deve essere necessariamente falsa, però non viceversa: possono essere false entrambe.
La scuola austriaca sconcerta per la mancanza di coerenza: sostiene a spada tratta la privatizzazione dell’emissione monetaria, senza accorgersi che questa viene praticata dal 1694 con la Banca d’Inghilterra, e dal 1913 con il Federal Reserve System.
Keynes & Co. sostengono l’intervento statale nell’economia, ma senza i limiti naturali imposti dal principio di sussidiarietà.
Quando HdS critica il “socialismo” non definisce il termine. Storicamente vi sono stati tre socialismi:
1.       Proudhon, secondo cui terratenenti e usurai rubano i frutti del lavoro di chi produce ricchezza reale, convogliandoli alle loro tasche.
2.       Marx, secondo cui chi ruba sono i datori di lavoro. Menzogna spudorata con la quale protesse il culo dei veri malfattori istaurando una lotta di classe ‘false flag’ ante litteram. Ecco perchè si azzuffò con Proudhon.
3.       Intervento statale nell’economia, che si può dividere in
a.       Zero, cioè il laissez faire del liberalismo più sfrenato;
b.      Sussidiario, delle encicliche da Leone XIII a JP II, secondo cui lo Stato interviene se e solo quando l’iniziativa privata non ce la fa;
c.       Totalitario, quello dello Stato moderno fuori da ogni controllo e pertanto liberticida.