martedì 8 gennaio 2013

ANCORA SULLA STRATEGIA DELLA TENSIONE

Invito tutti alla lettura di questo nuovo Articolo recente Saggio di Vincenzo Vinciguerra il quale con una ricostruzione ci illustra quanto accadde in quel periodo transitorio dello stragismo, quello che va dalle bombe di Piazza Fontana, dicembre 1969, al treno Italicus dell’estate 1974.
--------------------------------------------------------------------------------
Qui non volgiamo entrare nello specifico della ricostruzione di Vinciguerra, ma constatando come l’analisi di Vinciguerra fa emergere chiaramente una “discrasia” tra il periodo stragista precedente che culmina con le bombe di Piazza Fontana e il Golpe Borghese (1970) e quello successivo che, a partire dal 1971 vede gradualmente la destra finire sul banco degli accusati e successivamente si inaugurano gli attentati che vengono fatti passare per “bombe nere”, una “differenziazione” da noi sempre sottolineata e analizzata, vogliamo qui fornire alcune considerazioni che cercano di spiegare, da un punto di vista generale, quanto, a suo tempo, è accaduto nella nostra disgraziata Italia.

Dunque, partiamo da un dato di fatto incontrovertibile: l’Italia dal 1945 e fino a tutt’oggi ha perso ogni sua sovranità e indipendenza ed è diventata un paese colonizzato dagli Stati Uniti d’America che in qualche modo, soprattutto in virtù di un accordo con il Vaticano, riuscirono in pochissimo tempo a sottrarlo alla atavica influenza britannica.

Subito dopo il nostro paese è stato inserito nell’Alleanza Atlantica e quindi le nostre strutture militari, compresi i Servizi segreti, ricostruiti sotto l’egida statunitense ed utilizzando in massima parte uomini del passato regime, sono stati subordinati agli alti comandi Nato.

Bisogna ora tenere presente che la divisione del mondo, in due sfere di influenza Est - Ovest, stabilita a Jalta, scaturiva da un accordo strategico e globale tra le due grandi potenze, perchè quella divisione garantiva la colonizzazione di tutto il continente e soprattutto la spartizione di Stati, governi, partiti, circoli culturali e quant’altro in due schieramenti politicamente e culturalmente contrapposti, ma segretamente cooperanti tra loro, in modo che non si verificasse, con il tempo, alcun impulso di indipendenza nazionale.

Era la segreta “coesistanza pacifica” il modus vivendi di Sovietici e Americani, i quali però sul piano tattico, come le dinamiche storiche insegnano, si facevano una spietata guerra tra loro.

La guerra fredda, infatti, era un diversivo tattico ed una necessità del momento atta a controllare le naturali spinte geopolitiche che potevano far divergere gli Usa o i Sovietici o le nazioni, così assoggettate, dagli accordi e dall’ inquadramento deciso a Jalta.

Per quanto sottilmente cruento, questo scontro tra “Mondo libero” e “Oltrecortina”, non presentava però alcuna volontà di sottrarre una nazione all’area di subordinazione in cui era stata destinata da Jalta, ed infatti in tutti i 40 anni in cui ha perdurato Jalta, mai una sola Nazione è passata nel campo avverso.

Questo per precisare che il confronto “Est - Ovest” con tutti i suoi “comitati civici”, comunismo – anticomunismo, ecc., era solo un confronto tattico e quindi quanti da noi, simpatizzando per gli Usa, credevano di voler salvare l’Italia dai cavalli dei Cosacchi che si sarebbero venuti ad abbeverare nella piazza di S. Pietro, erano degli illusi o in malafede.

Lo scopo della contrapposizione al comunismo, alquanto sensibile in Italia e istigato e foraggiato dagli occidentali, in un paese che vantava il più forte partito comunista d’Europa, non era tanto quello di impedire che i comunisti, arrivati al potere, potessero travasare l’Italia dalla Nato al Patto di Varsavia, cosa che non avrebbero mai fatto, intanto perchè la scelta dei Pci di una via democratica al potere sancita a Salerno nel 1944 era di carattere strategico con tutte le conseguenze per la loro struttura di partito, e poi anche perchè i Sovietici non avrebbero mai accettato questo “regalo” mettendo in crisi i loro rapporti essenziali con gli americani.

Nè i Sovietici, infatti, sostennero la guerriglia comunista in Grecia o si opposero al Golpe nei colonnelli sempre in Grecia, area Atlantica, così come gli americani non mossero un dito per l’Ungheria e la Cecoslovacchia. Gli accordi di Jalta erano sacri e di reciproco interesse.

Da questo si deduce, come è stato fatto notare da validi politologi, che le strategie Stay behind che in Europa, nell’area occidentale, avevano portato anche alla costituzione di cellule paramilitari segrete (per esempio Gladio), solo superficialmente o ad uso propagandistico interno erano finalizzate a difendere il paese da una eventuale, ed improbabile invasione Sovietica, perchè in realtà quelle “strutture segrete” erano in essere per tenere soggiogate agli statunitensi le nazioni assoggettate con tutte le loro strutture militari e anche con apparati civili all’uopo strumentalizzati (in Italia è il caso di Ordine Nuovo, una organizzazione, che all’insaputa dei propri seguaci in buona fede e anche alla maggioranza dei suoi dirigenti, era nata come un “diversivo strategico” del nostro Stato Maggiore, al fine di utilizzare propagandisticamente e, all’occorrenza, in senso paramilitare, personale civile).

Al momento opportuno, le cellule Galdio, vennero anche utilizzate per collaborare a quella “guerra non ortodossa”, di basso profilo, ma alquanto cruenta, che tanto sangue ha finito per spargere nel nostro paese.

Dovremo così parlare di un lungo periodo stragista, perdurato oltre 15 anni che, come vedremo, dobbiamo però suddividere in DUE FASI, solo apparentemente diverse, due fasi in cui gli stessi burattinai fecero deflagrare bombe, ma non con gli stessi scopi di fondo.

La “guerra non ortodossa”.

Cosicchè noi sappiamo che gli statunitensi, per garantirsi la loro egemonia nelle nazioni assoggettate, avevano progettato anche una specie di guerra di basso profilo, segreta, con il compito di assassinare quando il caso, personalità di rango, portatori di politiche o iniziative “autonomiste”, e in generale di destabilizzare, quando opportuno, il quadro politico e sociale e dell’ordine pubblico di queste nazioni, con il fine di controllarle senza troppa fatica.

Da sempre, infatti, quando il caso, si è proceduto ad operazioni criminali nel nostro paese: un esempio ne è Portella della Ginestra, 1947 in Sicilia, dove si giocavano le strategie future di dominio americano per il controllo del nostro paese in sostituzione di quello britannico, ed un altro esempio è l’omicidio di Enrico Mattei nel 1962, un uomo che con le sue iniziative destabilizzava il quadro internazionale e metteva in crisi gli interessi del cartello petrolifero delle “sette sorelle”. Aldo Moro, alcuni anni dopo (1978) sarà un altro esempio di queste “esecuzioni” mirate.

Ma se gli scopi della strategia della tensione, non erano tanto quelli o soprattutto quelli di boicottare il Pci, quale erano allora i suoi oscuri fini?

La risposta è semplice: la prassi più consueta della “guerra non ortodossa” era quella di destabilizzare l’ordine pubblico, attraverso le situazioni politiche e sociali violente e un crescendo di bombe. Questa strategia aveva come tattica quella delle “strategie Chaos”, un altra perla statunitense, già sperimentata sul suolo americano, e che consisteva nel truccare le violenze e gli attentati con delle false flag (questa strategia contemplava anche la diffusione delle droghe pesanti nella gioventù).

Lo scopo evidente era quello di “ingessare” i governi, le iniziative politiche governative, di qualunque colore potessero essere, se erano portatrici di impusli autonomistici.3

Ora si da il caso che in Italia si renderà necessario il dispiegamento della “guerra non ortodossa” in prossimità della preventivata “guerra dei sei giorni” (giugno 1967), laddove la violenta espansione di Israele avrebbe provocato una grave crisi internazionale e soprattutto posto l’area mediterranea in pericolo.

I Sovietici infatti, sarebbero stati chiamati a recitare un loro ruolo, seppur non totalmente avverso all’occidente, ma comunque sia preposto militarmente a tenere in piedi gli Stati arabi aggrediti ed ovviamente inviarono mezzi e uomini in medioriente e navi nel mediterraneo.

Tutta l’Europa del Sud sarebbe entrata in subbuglio, in uno stato di delicatissima crisi militare e soprattutto nel mediterraneo, crisi che sarebbe perdurata per alcuni anni.

Il problema impellente per gli Usa era quindi quello di tenere fermamente stabili e fedeli alcuni paesi, specialmente la Grecia e l’Italia, paesi a rischio, nel sistema Nato.

E questo soprattutto dopo che lo “strappo” di De Gaulle che aveva fatto uscire la Francia dal comando militare integrato dell’Alleanza Atlantica (1966) avrebbe potuto portare a sviluppi e novità devastanti per questa Alleanza.

In Grecia dove le imminenti elezioni di primavera potevano portare ad una vittoria delle sinistre accentuando le spinte anti atlantiche, fu necessario un Golpe, eseguito dai “colonnelli” dietro le direttive della Cia, in Italia invece, paese più evoluto, questo non era necessario, così come in Francia, paesi dove, in alternativa, si diede il via appunto alla “guerra non ortodossa” (emblematico è in questo senso il ruolo giocato da quel Yves Guillou, alias Yves Guerin Serac e la Aginter Press, manovrata dalla CIA).

Il crescendo di violenze e soprattutto gli attentati bombaroli, tutti dietro false flag (strategia della tensione) avrebbero destabilizzato il quadro politico e sociale e impedito ai governi dell’epoca di centro sinistra, oltretutto in perenne crisi (anche queste crisi erano provocate a suon di dollari) di compiere qualche “scherzetto”, qualche iniziativa autonomista, tipo quella a suo tempo messa in atto da Mattei.

Non a caso l’Italia, nel 1969 /’70, nel tentativo di procacciarsi un minimo di indipendenza energetica, sotto banco, aveva appoggiato il golpe di Gheddafi in Libia, cosa questa che non era sfuggita ai britannici i quali ci giurarono di renderci la pariglia.

Insomma, attraverso violenze e bombe si destabilizzava il quadro politico e ci si garantiva l’immobilismo dei nostri governi, il “contenimento” di un Pci ancora non occidentalizzato (lo sarò progressivamente, a partire dal 1972 in avanti, grazie al clan dei Berlinguer, facoltosa famiglia sarda, legata a interessi giganteschi e alle intelligence occidentali), in pratica si assicurava la stabilità della nostra collocazione atlantica in un momento di particolare e grave crisi internazionale.

Questo lo scopo principale della “guerra non ortodossa” in quel periodo.

Il “neofascismo” destrista.

Il mezzo più immediato e diretto con cui gli americani, attraverso le loro strutture stay behind potevano mettere in atto strategie destabilizzanti, era quello di utilizzare certi ambienti “neofascisti” (uso in appropriatamente e tra virgolette questo termine, perchè sappiamo bene che il “neofascismo” post bellico era tutto meno che fascismo), alcuni dei cui dirigenti erano sotto il loro controllo fin dai tempi di J. J. Angleton, ovvero precedenti alla costituzione del Msi.

Anche i personaggi portanti delle strutture di intelligence e di polizia del nostro paese erano stati nel 1945, in buona parte prelevati dagli Alleati nel 1945 dai precedenti organismi del regime, essendo persone che garantivano una certa affidabilità ed efficienza, cosa che non poteva di certo fornire la “polizia partigiana” notoriamente inesistente (chi conosce la Storia sa benissimo che tutta la cosiddetta Resistenza è più che altro una invenzione a posteriori o al massimo un “agitarsi di intenti”), mentre quella partigiana, nata a cose fatte, era per lo più composta da elementi comunsiti inaffidabili, per gli americani.

Tra queste strutture, nate nell’Italia post Badogliana, oltre ai dirigenti dei commissariati, questori, funzionari di polizia, ecc., con una certa mentalità reazionaria o comunque rivolta all’ordine borghese, oggi sappiamo che vi erano in piedi anche Servizi segretissimi, non costituzionalmente inquadrati, ma tuttavia neppure clandestini, come il famoso “noto servizio”, detto “Anello”, preposto ad operazioni anche di natura criminale, creato a Roma da Mario Roatta dietro le direttive di un alto ufficiale Alleato ebreo polacco a cui furono chiamati anche alcuni ex ufficiali della RSI.

E’ ovvio che tutte queste strutture preposte alla sicurezza del paese, in buona parte in mano a dirigenti e personale con una certa mentalità e predisposizione “anticomunista”, tornavano utili per coprire e depistare quanto poi sarebbe accaduto in Italia.

In ogni caso, oggi sappiamo che, attraverso il servizio segreto militare (Sifar e poi Sid) e quello civile (AA.RR.) venivano controllate personaggi e organizzazioni della destra “neofascista” che già erano stati chiamati a raccolta nel famoso convegno presso l’Ist. Pollio all’Hotel Parco dei Principi, sponsorizzato dallo Stato Maggiore, nel maggio 1965.

Nel Triveneto poi, sappiamo anche che, dietro la base Fatse di Verona, questo controllo veniva esercitato direttamente anche dalla Cia. Le recenti gravi confessioni del Generale Maletti, già numero due del Sid, ci dicono che l’esplosivo utilizzato per Piazza Fontana, arrivò in Italia da basi Nato in Germania e venne consegnato a elementi non precisati di Ordine Nuovo.

Del Msi inutile parlare visto che era un partito con una funzione totalmente antinazionale, ovvero al servizio dei nostri colonizzatori per i quali difendeva a spada tratta l’Alleanza Atlantica e interveniva, sempre e comunque, contro ogni iniziativa autonomista nei delicati campi energetici, come attestavano l’esperienza di Mattei, il Caso Ippolito nel settore nucleare, ecc.

Considerando che il nostro Stato Maggiore era subordinato al sistema atlantico, ne consegue che “chi di dovere” aveva il modo per influenzare e controllare la situazione come voleva. Altro che “servizi deviati” come si è poi, per comodità, voluto far credere. Certo, forse non deposero direttamente le bombe, non ne avevano bisogno, ma non si limitarono solo a depistare e coprire certe responsabilità, ma nessuno a voluto far luce su questo importante aspetto.

La prima fase stragista, quella “autoritaria”.

Fu così che in Italia, a partire grosso modo dal 1967 prese il via una prima fase stragista, che possiamo definire, sia pure incorrettamente “autoritaria”.

A che titolo, come e in che modo, le organizzazioni “neofasciste” di destra, parteciparono alla strategia della tensione non lo sappiamo, anche perchè, a causa di interessati giochi politici, la magistratura negli anni successivi ha proceduto a portare avanti indagini e impiantare processi con intenti più che di far luce piena sui tanti misteri, di “sbattere mostri in prima pagina”, elaborando teoremi che non hanno portato a nulla e ancora oggi di tante stragi non conosciamo i nomi dei mandanti e quelli degli esecutori. Non si creda poi che le organizzazioni antagoniste di sinistra, in particolare quelle anarchiche furono del tutto “innocenti” perchè come sappiamo il controllo delle Intelligence occidentali arrivava anche nel loro ambito, a cominciare da quella struttura detta “Superclan” a quanto pare responsabile anche della morte di un paio di “compagni” durante la deposizione di una bomba contro edifici americani in Grecia.

Se tutto questo è vero resta però il fatto che queste indagini, sia pure monche e strumentali, aggiunte ai tanti processi, alle testimonianze di pentiti e dissociati e alla valutazioni di vari episodi criminali, hanno attestato senza ombra di dubbio alcuno che nell’ambito della destra “neofascista” vi erano innumerevoli collusioni, che vanno dagli informatori occasionali del Commissario di quartiere, del maresciallo dei CC, o ai Servizi, fino alle collusi totali con i Servizi, tanto da arrivare ad elementi che nella loro doppia veste di “camerati” e “stipendiati dai Servizi” avevano un loro acronimo di riconoscimento.

Dunque, all’incirca a partire dal 1967 fino al 1970, in Italia si dispiegò una prima fase che possiamo denominare “autoritaria” di una strategia della tensione a cui gli ambienti di destra non furono estranei. Politicamente questi ambienti furono indotti a collaborare a questa strategia dietro le su accennate collusioni, ma politicamente in genere anche dietro una specie di promessa che, in seguito alla destabilizzazione dell’ordine pubblico, il disagio dei disordini sociali, la paura delle “bombe sovversive”, sarebbe stato proclamato uno “stato di emergenza” se non addirittura un Golpe ed in entrambi i casi il Pci sarebbe finito al bando.

Una ghiotta prospettiva per questi ascari di destra, personaggi falliti che mai avevano contato nulla nel panorama politico nazionale.

Ma una prospettiva oltretutto inesistente, fatta di false promesse, perchè già era difficile e problematico attuare uno “stato di emergenza” in Italia, figuriamoci un Golpe, tutte soluzioni che avrebbero creato agli atlantici più disagi e problemi di quanti se ne volevano risolvere. Ai burattinai stragisti, bastava e avanzava destabilizzare l’ordine pubblico e il quadro sociale, per stabilizzare il paese per tutto il tempo della grave crisi internazionale e tenerlo fermamente ancorato nella sua collocazione occidentale atlantica.

E’ cosi andata a finire che, a partire dal 1971, come qui il Saggio di Vinciguerra ben ricostruisce, in pratica attenuatosi il momento di crisi internazionale nel mediterraneo, queste “truppe cammellate” del “neofascismo”, nella migliore tradizioneUsa & getta , sono state letteralmente abbandonate a sè stesse, finendo per trasformarsi in schegge impazzite.

Si sono così messi in piedi e come vedremo con una altra ben precisa strategia, i primi procedimenti giudiziari, i primi mandati di arresto, mentre tutto il castello delle false flag, che avevano tinto di “rosso” e di anarchico le bombe, in particolare quelle di Piazza Fontana, è venuto a cadere.

La seconda fase stragista, quella “progressista”.

Ma c’è di più: quando la situazione militare in medio oriente si è andata risolvendo, nel senso che dopo la morte di Nasser e quella “strana” guerra del Kippur (1973), lo stato israeliano non correva più gravi rischi militari e al contempo in America, a seguito del Watergate determinate lobby si impossessarono totalmente del potere, cambiarono tutti i dirigenti delle Intelligence e si inaugurò una nuova politica internazionale, in Europa era anche morto De Gaulle, i riflessi di tutto questo ribaltone arrivarono anche in Italia.

Da questo momento in poi, quindi, in Italia si riprese, con più vigore, un vecchio progetto “mondialista”, momentaneamente interrotto dalla crisi dell’area mediterranea: quello di accelerare la trasformazione della nostra società in senso progressista e modernista, liquidando ogni traccia della vecchia cultura borghese e cattolica, del resto da tempo in evidente crisi. Era quindi il momento del dispiegarsi delle ideologie neoradicali, della occidentalizzazione del Pci, della liquidazione di tutto il personale reazionario e borghese presente nelle nostre istituzioni. Un processo che si è concluso con la Seconda Repubblica nel 1992,

A questo fine, ritornò opportuna la liquidazione del destrismo, degli ascari che avevano collaborato alla precedente fase della strategia della tensione e presero il via in ogni campo, compresa la filmografia, svariate iniziative tese a criminalizzare e gettare nel ridicolo gli ambienti “neofascisti”.

Più o meno dalle bombe di Brescia (1974) si inaugurò una seconda fase stragista: a quella “autoritaria” infatti, succedeva quella “progressista”, altro termine improprio, ma nel senso che da questo momento in poi le bombe non dovevano essere più “rosse” o anarchiche, ma “nere”, di “terrorismo fascista”. Una fase che ebbe il suo culmine dopo la strage dell’Italicus, agosto 1974, quando trecento mila persone manifestarono in strada, persino nelle località balneari dell’Emilia Romagna, contro il“terrorismo fascista”.

Non ci vuole molto a capire che a partire da Brescia quegli attentati avevano lo scopo di criminalizzare le destre per contribuire nello spronare quella “modernizzazione progressista” del paese.

A prescindere, infatti, da chi l’abbia posta materialmente in atto, chi ideò di porre una bomba a Brescia il 24 maggio 1974 ad un comizio sindacale antifascista, era ben conscio che morti e feriti sarebbero stati addebitati alla destra “neofascista”, visto che oramai da tempo erano in corso tutta una serie di inchieste, procedimenti giudiziari, arresti e così via nell’ambito dell’estremismo di destra da più parti ritenuto responsabile per Piazza Fontana, e soprattutto dopo che pochi giorni prima un ragazzo della destra “neofascista” Silvio Ferrari era saltato per aria a causa dell’esplosivo che trasportava.

Le collusioni e i depistaggi, in tanti episodi del genere, operati dai nostri Servizi, Servizi lungi dall’essere “deviati” (al più potevano avere rivalità tra loro o dissidi per diversi referenti politici), ma invece perfettamente controllati dal sistema Atlantico a cui erano subordinati, dimostrano altresì che i burattinai di oltre oceano che tenevano le fila dello stragismo erano sempre gli stessi, ma ora con una diversa strategia.

Anche per questa seconda fase stragista, quella “progressista”, non possiamo sapere che ruolo esattamente ebbero gli ambienti del destrismo “neofascista” che ora appaiono per lo più come schegge impazzite abbandonate da chi di dovere.

Viene però inequivocabile una considerazione:

se durante la precedente strategia della tensione “autoritaria” ogni loro eventuale collaborazione, dietro promesse di uno “stato di emergenza”, era servita unicamente agli interessi atlantici, quindi era stata data “a gratis” perchè nessuno li avrebbe ripagati consentendogli di giocare un vero ruolo politico in Italia, ora ogni loro eventuale partecipazione a questa seconda fase della strategia della tensione, portava acqua proprio a quegli ambienti di sinistra che tanto osteggiavano.

Certamente non erano esponenti del Pci che mettevano le bombe, ma è innegabile che proprio il Pci nel periodo 1974 /’76, fu il massimo beneficiario della seconda fase della strategia della tensione, partito che chiuse un occhio nel denunciare i veri fini di quelle stragi, di cui ben sapeva cosa c’era dietro, e in cambio ne beneficiò anche in termini elettorali. Tranne il fatto che, non erano ancora maturi i tempi per una sua entrata nell’area di governo e quindi non solo dovette aspettare fino agli anni ’80, ma si crearono anche tutta una serie di contraddizioni e ripercussioni, compreso il terrorismo brigatista, che complicarono lo scenario nazionale.

Questo è il quadro generale del periodo stragista, senza la pretesa di voler per forza “etichettare” ogni evento criminale. E’ indubbio infatti che a lato e in conseguenza di queste strategie si innescarono anche tutta una serie di imprevedibilità, cause e concause, che non sono facilmente decifrabili.

Ma comunque sia, almeno questo quadro di insieme possiamo dire di conoscerlo con sufficienza.


Maurizio Barozzi