di Maurizio Barozzi
La pubblicazione on Line del nostro
saggio “MSI IL GRANDE INGANNO”, la positiva recensione fattane da Vincenzo
Vinciguerra e il mio precedente articolo “ONORE A VINCENZO VINCIGUERRA”, mi
hanno fatto giungere molti apprezzamenti, ed anche richieste di chiarimenti.
Stiamo
parlando di Vinciguerra, una persona scomoda che tutto un “certo” ambiente,
anche, se non soprattutto, per cattiva
coscienza, ha esorcizzato.
A parte le sue ultime prese di posizione sui
guasti provocati dalla introduzione nel neofascismo, del pensiero di Evola
molti, ritenendosi in buona fede, si sono sentiti chiamati in causa e
accumunati nel calderone delle spie, degli infami e dei collusi con i Servizi.
Noi, e parlo
anche a nome della Federazione Nazionale Combattenti RSI che già negli anni
passati prese posizione in favore di Vinciguerra, riconosciamo il camerata e il
soldato politico che, per riscattare il Fascismo e portare un doveroso
contributo alla verità, si è letteralmente sacrificato tombandosi nelle galere
di Stato (sono già 34 anni, un vero record) riconoscendone
l’enorme importanza.
Ora però ulteriori
note e considerazioni, anche per venire incontro alle richieste di
chiarimento, sono necessarie.
Cominciamo
con il ripetere che la posizione di Vinciguerra in merito ai distinguo tra
fascismo e “neofascismo” e in merito ad un impegno verso la ricerca della
verità storica, è da condividere in pieno. Tanto sono evidenti le sue denunce e
le sue analisi, confermate da tutte le inchieste, i processi e le
documentazioni ultimamente prodotte, che
non si possono più avere dubbi in merito.
Premesso
che in ogni caso non abbiamo alcuna pretesa di attestare una ortodossia
fascista, rendendoci ben conto che nel fascismo hanno convissuto molte anime,
di destra e di sinistra, cattoliche e pagane, gentiliane ed evoliane e così via.
In questo senso il problema non si pone, e semmai pretendiamo che la principale
attestazione di un fascista e del
fascismo fosse quella di aver tutelato la sovranità e l’indipendenza
della Nazione, ed in questo devo storicamente constatare che le correnti,
diciamo così di destra, sono quelle che più hanno disatteso questo postulato,
ponendosi da sole fuori dal fascismo. Ma questa è una condanna storica, non
ideologica e né tantomeno ad personam.
E veniamo
a come la vede Vinciguerra e come la vediamo noi, su due aspetti particolari:
la denuncia dei “neofascisti” collusi e informatori di Caserme e Servizi, e il
cosiddetto “evolismo”.
IL GIUDIZIO SUI COLLUSI.
Su
questo aspetto, Vinciguerra, forte di esperienze personali, documentazioni,
atti processuali che ha avuto tempo e cura di leggersi con attenzione, ecc., oltre
a sue deduzioni, tende a fare di tutta
un erba un fascio, bollando quasi tutti i neofascisti di delazione, di collusioni,
quindi di tradimento verso l’idea e soprattutto verso gli interessi della
nazione (da notare però che Vinciguerra ha tenuto a precisare che di molti
camerati da lui conosciuti e ritenuti in buona fede, non ha mai fatto cenno
nome).
In
sostanza, per Vinciguerra quelle
collusioni comportavano di essere collusi o in servizio degli apparati di
questo Stato democratico antifascista, nato dalla resistenza, a sua volta
subordinato ai nostri colonizzatori atlantici.
Il risultato è stata la collaborazione di questi pseudo “neofascisti”
alla strategia della tensione, a quella guerra non ortodossa scatenata dagli
Atlantici nel nostro paese e quindi anche allo stragismo.
Noi
condividiamo molte analisi di Vinciguerra, con la sola riserva che sulla
delicata e infamante accusa di stragismo, ci andiamo con i piedi di piombo, e preferiamo
sempre parlare, tranne fatti acclarati, solo genericamente di “neofascisti”
collusi e coinvolti, mai personalmente, facendo dei nomi e questo perché, come
già lo ritenevamo a suo tempo nella FNCRSI, lo stragismo contro il popolo
italiano, per qualsivoglia motivo perpetrato, non ha scusanti e dovrebbe essere
passibile di fucilazione alla schiena.
Di fronte
a questa drastica convinzione, non ci sentiamo di addossare pubblicamente colpe
di bombaroli a chicchessia, perché i nostri mezzi di indagine sono limitati.
Questo
però non toglie che la nostra esperienza politica, la facoltà di ragionare e
ponderare con attenzione, le conoscenze documentali che abbiamo
acquisito, ci fanno intuire, almeno in linea generale, chi sono i responsabili
di Piazza Fontana e di altre mascalzonate del genere, ma sono deduzioni che teniamo
per noi, non le esterniamo pubblicamente, mci i basta additare genericamente
l’ambiente “neofascista”, perché in qualche modo quell’ambiente ne fu coinvolto
(in questo senso non serve evidenziare che anche ambienti opposti, di sinistra,
o direttamente degli apparati dello Stato o extranazionali, hanno contribuito
alo stragismo, soprattutto dal 1974 in avanti, quando i “neofascisti” vennero
scaricati e le strategie del terrore ora non dovevano essere più false flag da
addebitare ai “rossi” e gli anarchici, ma bombe “nere”, atte a spostare il
paese su culture e standard sociali “progressisti”.
Torniamo però
alla generalizzazione delle accuse di “collusioni” elevate da Vinciguerra.
Qui
purtroppo coinvolgiamo quello che, volenti o nolenti, è il nostro album di
famiglia.
Io stesso
frequentai il Msi fin dai 13 anni, nel 1960, scappandone schifato, con altri ragazzi della sezione, nel
1966, poi la mia militanza politica è stata, per fortuna, tra i veri fascisti, quelli
della FNCRSI, ma ho anche conosciuto vari personaggi, con alcuni sono stato
amico, seppur con loro politicamente in dissidio, che erano militanti nel Msi,
in On o in AN.
Questo
per dire che le nostre origini non possono non aver subito le conseguenze
dell’epoca del dopoguerra, in virtù delle sporche operazioni che, fin dal 1945,
portarono un certo ambiente, monopolizzato dall’Oss di J. J. Angleton, a poco a
poco su sponde di destra. Con la nascita spuria del MSI si completò questa
sporca operazione e da quel momento in poi, purtroppo, il Msi assunse la veste,
infida e falsa, di partito neofascista, che a tutti faceva comodo, avversari
compresi* a cui non pareva vero avere, come riferimento di nemico “fascista”,
un partito conservatore, reazionario e per giunta prono agli interessi
atlantici. Con il passare degli anni, il
MSI cambiò sempre più la sua immagine neofascista, assumendo quella di un vero
e proprio partito di destra, tanto che, dalla fine degli anni ’60 in avanti,
nelle nuove generazioni che si avvicinavano a questo partito si era prodotta
una “mutazione genetica”: erano nati militanti squisitamente di destra, in
tutto e per tutto.
Ma
la politica vive e si perpetua su fatti concreti, su azioni e presenze e
quindi, essendo in massima parte proprio il MSI che, sia pure in malafede,
interpretava il neofascismo, era ovvio che tutti coloro che si sentivano
attratti dalla storia del fascismo o dal suo retaggio ideologico e politico,
trovassero disponibile proprio il Msi.
Fu
così che il Msi, partito “anomalo” nel panorama Istituzionale, finì per
assolvere ad un duplice compito, positivo e negativo allo stesso tempo: fare da
catalizzatore e centro di raccolta per le nuove generazioni di nuovi fascisti,
di cui almeno alcuni poi si sarebbero ben guardati dal rimanere in questa
latrina, e al contempo distorcere e allevare una nidiata di imbecilli e di farabutti di destra.
Attitudine negativa questa che, tanto più in un partito corrotto e corruttore,
superava abbondantemente i suddetti aspetti positivi.
Ma
a tutto c’è un limite. Noi come accennato, non abbiamo alcuna intenzione di
dare patenti di “ortodossia fascista”, ma riteniamo che ci siano dei limiti
considerando anche che la RSI fu un evento epocale di rottura, da parte del
fascismo stesso, con il suo passato del ventennio, che non venne rinnegato
nella sua storia, essendo legato alle contingenze del tempo e alle necessità
della nazione, ma si diede un taglio netto con le componenti borghesi e
conservatrici del vecchio PNF miseramente collassato il 25 luglio 1943.
Non possiamo quindi accettare che poi, nel
dopoguerra, si presenti un neofascismo, di fatto reazionario, che per lo più si
rispecchia nel ventennio conservatore, apprezza, quasi come se fossero tutto il
compendio del fascismo, i “treni che andavano in orario”, l’ordine e la
disciplina e “gli operai che non scioperavano”, finendo quindi per accantonare,
se non tagliare, l’impronta repubblicana data dal fascismo alle Istituzioni e
la riforma socialista dell’economia che completa lo Stato corporativo (lo
stesso Mussolini riconobbe in repubblica che le Corporazioni, senza la
socializzazione, potevano essere facilmente piegate dal padronato per i suoi
interessi).
A questo si aggiunga la strumentale tattica di
praticare un anticomunismo viscerale, come se si fosse ancora agli inizi degli
anni ’20 quando in Italia ci fu il violento e velleitario tentativo socialcomunista
di realizzare la rivoluzione bolscevica. Nel secondo dopoguerra, invece, il
nostro paese aveva perso ogni sovranità nazionale ed era subordinato,
letteralmente colonizzato nel sistema Atlantico. Il pericolo rosso, quindi, non
poteva più rappresentare l’assillo, lo scopo principale di ogni strategia e
tattica politica. Anzi i fascisti o neofascisti che dir si voglia, avrebbero
dovuto scendere nelle piazze a contestare la
Nato, le guerre americane, ancor più delle sinistre che, a veder bene,
lo facevano in ossequio alla politica di Mosca.
E questo
anticomunismo viscerale, che entrati negli anni di piombo portò a morte o ad
anni di galera tantissimi militanti e decine di adolescenti, immolati per gli
interessi di sporchi politicanti, non nacque a caso, ma fu scientemente
precostituito, come ha confessato il massone missista e filo israeliano
Caradonna, quando disse che per portare i reduci fascisti su sponde di destra,
dato che di destra non erano di certo, il metodo [infame] migliore era stato quello
di farli continuamente scontrare con i rossi: “più si menavano”, ricordò il
desso, “e più si spostavano a destra”.
Proprio
tutto questo, la considerazione che molti camerati si trovarono a fare politica
in tale contesto, mi porta a essere doverosamente
molto accorto nello esprimere condanne e anatemi personali di qualunque tipo.
Dunque,
fermo restando che questo ambiente degenerato del neofascismo, è spesso passato
attraverso collusioni, derivanti anche da certe, mal indotte, “simpatie”
ideali, laddove i rappresentanti delle strutture di polizia e gli ufficiali
dell’esercito, venivano demenzialmente considerati “camerati in divisa”, in
virtù del loro anticomunismo, e del culto per l’ordine e la gerarchia, tuttavia per lo storico che deve analizzare e ricostruire
certi avvenimenti, il discorso è alquanto più complesso perchè nel particolare,
nell’esame delle singole posizioni, a volte, potrebbero anche trovarsi storie
personali diverse.
La politica infatti è una pratica, talvolta,
inevitabilmente, anche sporca, è movimento, azzardo, prassi fatta di azioni e
reazioni, cause e concause, contatti, conosce"nze, iniziative, ecc., ed è
anche condizionata dalle situazioni contingenti. Commetter errori e fare
“cazzate” è quasi inevitabile.
Può quindi accadere che, per esempio, soprattutto quando si
è giovani e inesperti, si commettano stupidaggini o leggerezze o ci si lasci
trascinare dalle emotività del momento, specialmente per chi, come era il caso
di tanti giovani neofascisti, viveva quotidianamente sotto il peso delle
violenze, della caccia al fascista, praticata dai “rossi”, forti nel numero,
alle quali rispondeva con altrettanta
violenza in una specie di guerra quotidiana, selvaggia e cruenta. (ovviamente
perpetuata da certi farabutti che avevano tutto l’interesse a tenere in vita
gli “opposti estremismi”).
Non possiamo quindi concordare con Vinciguerra, tanto per
fare un esempio emblematico, quando esprime certe definizioni verso un ragazzo
di allora, neppure ventenne, Maurizio Murelli, che si trovò al centro delle
violenze che il 12 aprile 1973, portarono alla morte dell’agente di PS Antonio Marino.
Noi non conosciamo esattamente i retroscena di
quell’episodio dove il MSI mostrò tutta la sua infamità, non sappiamo se
furono, come ricordano i ragazzi di allora, disordini scaturiti semplicemente
dalla volontà del MSI, cacciato via in
quegli anni dalle piazze, che voleva
tenere a tutti i costi un comizio e si rivolse agli ambienti San Babilini e
altre frange per avere un sostegno
fisico. Poi quando la questura gli vietò il comizio, cercò di smontare tutto l’apparato
attivistico che proprio lui aveva montato, con le note conseguenze e le
inevitabili delazioni. Oppure non sappiamo se, come dice Vinciguerra, “qualcuno”
aveva cercato di ripetere la stagione delle violenze cruente e delle stragi,
nel desiderio di arrivare alla proclamazione di uno stato di emergenza che
mettesse fuori legge le sinistre, e per far questo aveva organizzato quegli
incidenti, da accollare poi ai “rossi”, incidenti che avrebbero dovuto essere
preceduti da una bomba su un treno di cui
invece, il 7 aprile, ne scoppio l’innesto nelle mani di Nico Azzi, il
quale poco prima aveva passeggiato nei vagoni ostentando “Lotta Continua”. A
nostro avviso queste due versioni – ipotesi possono anche essere complementari,
nel senso che i ragazzi non sapevano di altri retroscena segreti, che poi
furono abbandonati.
Ma se anche fosse vera l’ipotesi di Vinciguerra, cosa
possiamo addebitare a Murelli, che viene mischiato in una cernita di nomi,
scrivendo di lui: <<un lanciatore
di bombe a mano della federazione del Msi di Milano, subalterno di Franco Maria
Servello e Ignazio La Russa>>, (Cfr.: “V. Vinciguerra “L’ultima fiaba”
4.7.2013 visibile in: http://www.archivioguerrapolitica.org/?p=4699), quando oltretutto dobbiamo prendere atto che il percorso
successivo di Murelli, uscito dopo anni di prigione, attesta una sua dirittura
umana e politica a cui si può essere o meno d’accordo, ma non si può obiettare, né imputare nulla.
Cosa centra quel Servello, che i fascisti della Fncrsi
riferendosi ad una sua presa di posizione filo Nato (lui che nel 1944 mentre i
fascisti morivano nella guerra del sangue contro l’oro, scriveva al sud su un
giornale autorizzato dagli Alleati), lo definirono “servello di nome e di
fatto”? Cosa centra dunque con Murelli, un ragazzo, ripetiamo neppure vent’enne
che viveva e si muoveva in quell’ambiente storico, quasi obbligato
Noi stesi che abbiamo vissuto alcuni anni in una sezione del
MSI che, al tempo, era un feudo dei Tuchi, padre Franz e figlio Luigi, potremmo
essere accusati di esserne stati i galoppini?
Per un altro aspetto, invece, e sempre riferendoci a quella che è la
natura umana e l’attività politica (delatori e spie di professione, dietro
mercede, a parte), può anche accadere che qualche militante, magari in un
momento di demenza mentale, abbia ritenuto utile “per la causa” (anche se
resterebbe da vedere “quale”), instaurare contatti con qualche “Servizio” o apparato di sistema e poi ci si sia trovato coinvolto.
Ovviamente bisognerebbe conoscere esattamente motivi, accordi e
situazioni, cosa difficilmente possibile, però, almeno in via teorica, non
possiamo generalizzare ed equiparare
questi eventuali “collusi” a tutti gli altri prezzolati.
Altrimenti cosa dovremmo pensare di Mussolini che nel 1914 ritenne giusto
uscire dal partito socialista, dichiararsi interventista e creare un giornale, Il Popolo d’Italia, grazie a
finanziamenti massonici, del socialismo guerrafondaio francese e forse anche di
inglesi e francesi interessati, al pari della massoneria, di portare l’Italia
in guerra? In questi casi, anche se resta difficile applicarlo, resta sempre
valido l’ “omnia munda mundis”, tutto
è puro per i puri.
Questo non toglie che eventuali “collusi” che poi si sono trovati con le mani sporche di
sangue italiano e se non sono deficienti dovrebbero anche aver constato quanto
hanno contribuito nello sputtanare il fascismo, quanto hanno danneggiato gli
interessi nazionali, avrebbero come minimo dovuto avere il sacrosanto dovere di
farsi saltare le cervella, specialmente se erano dei cultori del Bushido.
Insomma, io non voglio salvare nessuno, ma mi riservo la facoltà di
assolvere o capire certe persone che magari possono aver commesso errori,
leggerezze o praticato iniziative sbagliate, ma delle quali e fino a prova
contraria, presumo la buona fede.
Sono pochi, ma ci sono, non si può generalizzare. Del resto c’è anche una
controprova che consentirebbe di dare un giudizio comprovato: la politica, le
attività espresse da questi personaggi, non occasionalmente, ma nel tempo: volenti
o nolenti denunciano sempre le vere motivazioni e interessi per cui si
muovevano.
Hanno voglia certuni, oggi, a rilasciare interviste, scrivere libri
autobiografici, cambiando le carte in tavola, dando versioni edulcorate o di
comodo: chi c’era e gli stessi loro atti, stanno li a ricordare e dimostrare
che le loro iniziative, la loro politica erano “a comando” di Servizi e forze
innominabili.
PREGI E DANNI
DELL’EVOLISMO
Vinciguerra,
ha recentemente preso a sparare a
zero contro certo “evolismo” ritenendolo il primo responsabile della
degenerazione di tutto un ambiente. In parte ha ragione, ma personalmente non siamo
del tutto d’accordo con lui, soprattutto dal punto di vista ideologico.
A prescindere dagli aspetti propriamente iniziatici
e di studi esoterici, Julius Evola ha avuto
due grandi meriti: quello di dimostrare e rendere palese che certi riti e
simbologie erano preesistenti al Cristianesimo ed alla stessa Massoneria e
quello di qualificare
il fascismo anche
su di un piano “metastorico” integrandone e
precisandone meglio i valori eroici e spirituali che
lo caratterizzavano,
attestandolo in tal modo in una dimensione che
trascendeva i
soli aspetti reducistici
e sociali.
Si può senz’altro dire che molti aspetti della
“sapienza antica” evidenziati e rielaborati da Evola, danno alla dottrina del
fascismo e agli studi della mistica fascista, dei punti di riferimento
importantissimi, come ad esempio i rilievi sulla dimensione spirituale e
trascendentale dell’uomo, l’elaborazione di un razzismo non puramente
biologico, la suddivisione delle attitudini umane, non in base alle distinzioni sociali o
ambientali, ma interiori, attitudinali che vanno dal “sacerdote”, al guerriero,
al mercante e tecnico fino al
lavoratore, e così come altre attitudini per la donna, ecc.
E’ qui che però si pone un grosso problema, perché
la visione di Evola, mutuata da una antica conoscenza sapienziale, doveva
costituire, più che altro, una
“indicazione di riferimento” a cui, in un certo senso, lo stesso fascismo si era
rifatto, potendo dirsi che il fenomeno fascista rientra in quelle affermazioni
storiche, tra l’altro diverse nel tempo per la loro manifestazione terrena,
della Tradizione.
Ma il fascismo, era anche una affermazione del XX
secolo, il secolo delle masse, e quindi certi prìncipi li aveva adattati ai
nostri tempi attingendo anche, seppur superandole, a quelle trasformazioni
storiche come la Rivoluzione francese e il Risorgimento, che pur sono state
manifestazioni sovversive rispetto al “mondo della Tradizione”.
I tempi di certe “Aristocrazie” erano oramai
finiti: ora i “nobili” sperperavano nei Casinò e nelle stazioni termali e le
nuove aristocrazie potevano riconoscersi solo nella rivoluzione e nelle
trincee.
La Dottrina del Fascismo a questo
proposito è esplicita: <<Le
negazione del Socialismo, della Democrazia, del Liberalismo, non devono
tuttavia far credere che il fascismo voglia respingere il mondo a quello che
era prima del 1789,… Non si torna indietro. La Dottrina fascista non ha eletto
a suo profeta De
Maistre, L’assolutismo monarchico, fù e così pure ogni ecclesia. Così furono i
privilegi feudali, e la divisione in caste impenetrabili, e non comunicabili
tra di loro>>.
Oltretutto il fascismo, facendosi Stato, e Stato
nazional popolare non poteva che avere i suoi parametri di giustizia, anche
sociale, di mutualità, dovendo occuparsi di tutto un popolo e non solo di
particolari èlite. Non riteniamo quindi, come faceva Evola, errata e non
fascista, la visione repubblicana delle Istituzioni e socialista della
economia.
Si dà il caso, invece, che
il pensiero di Evola, sconfinando sul piano politico,
non solo era chiaramente reazionario, ma come
molti avevano fatto notare era rimasto a
Donoso Cortes e Metternich. Evola, che oltretutto non aveva aderito alla RSI, ritenendone
il suo portato repubblicano e socialista, contrario
alle sue idee, praticamente, aveva come riferimento ideale i tempi delle caste.
Ma l’aspetto peggiore di questa visione reazionaria
lo si riscontra nelle sue conseguenze. Nonostante che dottrinalmente Evola
avesse ben inquadrato gli aspetti negativi e nefasti sia del bolscevismo che
dell’americanismo, politicamente finì per
elaborare una specie di graduazione del “male
minore” che finiva per indurre a parteggiare
per il cosiddetto “mondo libero” onde
contrastare il comunismo.
A parte il fatto che
questo “mondo libero” tutto era meno che preferibile ad alcunché (anzi la sua azione devastante su l’uomo e su le
cultore dei popoli era affatto peggio del comunismo), si creava anche un alibi per
giustificare connubi
e collusioni con
l’Occidente
che invece era proprio il principale
”nemico dell’uomo” e del fascismo, distruttore della dimensione spirituale
dell’esistenza, essendo il comunismo, nella sua attuazione pratica, una utopia
irrealizzabile nella condizione umana e quindi una “nomenklatura” per quanto
criminale, del tutto fittizia e transitoria (non è un caso che in Russia,
collassato il comunismo, sparita la nomenklatura, come una brutta nottata, si è
notato che buona del popolo, delle sue culture e peculiarità erano rimaste
integre. Cosa che non si può dire dove invece è arrivato il vizio, la
corruzione, l’edonismo, la coca cola e la democrazia dell’Occidente).
Cosicché gli
“Orientamenti” di Evola, il suo “Uomini e le Rovine” (non a caso con
prefazione del conservatore Valerio Borghese), presi alla lettera e trasposti
in politica, furono anche funzionali alla reazione e un alibi per chi operava,
sotto dettatura Atlantica, in senso antinazionale (oltretutto veniva anche
emarginato il concetto di “nazione” con l’assunto che “la mia Patria è dove c’è la mia idea”, anche questa una presunzione
che può valere per singole ed eccezionali personalità, non per un movimento o
un partito legato, nel bene e nel male, al suo territorio).
Ma c’è ancora un altro aspetto nell’evolismo, che presenta
inquietanti problemi: quello di certe indicazioni esoteriche che non dovrebbero
essere per tutti, ma solo per chi ha determinate qualifiche per percorrerle.
Diversamente queste indicazioni portano a infatuazioni da
“figli del sole” e pericolose devianze. Non
è un caso che la sapienza antica veniva tenuta “segreta” attraverso la
comunicazione ermetica e simbolica. Ma oggi che non ci sono più iniziazioni
regolari, “maestri”, che l’età ultima ha reso necessario veicolare questa
“sapienza” anche per via intellettuale, si pagano grossi rischi. Il fenomeno
delle “sette sataniche”, congreghe di invasati gestite da furbi e profittatori, è uno di questi, ma ci sono anche i casi di
infatuazioni incredibili, se non corto circuiti mentali. Plagi e infatuazione
che poi, hanno sempre i loro approfittatori e sfruttatori di altre persone.
Di Ordine
Nuovo, forse il gruppo più impregnato di “evolismo”, che pur ha visto passare per
le sue fila ottimi e preparatissimi camerati, scrive il giudice Guido Salvini,
forte di testimonianze e prove: <<Ordine
Nuovo ha compiuto molti attentati prima e dopo il 12 dicembre (Pz. Fontana)>>.
E non sono
questi teoremi del magistrato, ma ci sono sentenze definitive, ammissioni e reo
confessi, se non personaggi colti in flagrante.
Bisognerebbe
ora chiedersi: ma come hanno potuto persone che si definivano fasciste uccidere
e mutilare altri italiani?
E’
difficile dare una risposta che vada al di là
del macchiavellico “il fine scusa il mezzo”, per il quale certi farabutti si sono auto
assegnati il compito di “correggere” e “migliorare” il mondo secondo la loro
propria ideologia. Ma lo stesso giudice Salvini dà anche una risposta significativa, egli
scrive:
<<Nei discorsi che si tenevano nella libreria
padovana di Freda e nel sentire dei suoi militanti, si parlava infatti
dell’uomo “indifferenziato” e quindi dei comuni civili, come semplici bipedi
che potevano essere sacrificati per realizzare il Nuovo Ordine europeo” appunto>>.
Noi non
possiamo sapere se questo risponde al vero, quando si verificava e se gli
stessi che facevano questi discorsi, sono gli stessi che facevano anche i
bombaroli, dobbiamo allora aggiungere che il pensiero di Evola, ma non solo
lui, frammisto a superomismo, azzismo darwinista quale selezione dei migliori, oltre
all’anticomunismo viscerale e filo atlantico, hanno anche prodotto
“mostri” a dir poco ripugnanti.
Ci sarebbe altro da dire, ma ci fermiamo qui.
In ogni caso le affermazioni e le considerazioni di
Vinciguerra hanno aperto un campo che andrebbe ben sviscerato, perché non
possiamo considerare tutti “fascisti” solo per la loro adorazione di Hitler o
Mussolini. Anche l’agente Z del Sid,
lo “spione” Guido Giannettini che lavorava, stipendiato, per lo Stato antifascista, cioè per un Servizio interno al sistema atlantico nostro colonizzatore, si
definiva “fascista”, anzi “nazionalsocialista”, e fascista si è definito
persino il massone Licio Gelli. Un
fascismo tutto loro , fatto di Ordine e Gerarchie chissà come immaginate e
magari instaurate da colpi di Stato militari, treni in orario e operai che non
scioperano. Quel fascismo bigotto e borghese, legato a compromessi e necessità
nazionali, poi miseramente naufragato e
di cui la RSI e il fascismo repubblicano ne erano stati l’antitesi.
Anche l’agente Z
del Sid, lo “spione” Guido Giannettini che lavorava, stipendiato, per lo Stato antifascista, cioè per un Servizio interno al sistema atlantico nostro colonizzatore, si
definiva “fascista”, anzi “nazionalsocialista”, e fascista si è definito
persino il massone Licio Gelli ricordando la sua partecipaione alla guerra di
Spagna e alla RSI, ma dimenticando, a parte in non indifferente particolare che
era un massone, cioè uno dei peggiori nemici del fascismo, che negli ultimi
mesi di guerra aveva cooperato con gli Alleati e i partigiani. Un fascismo tutto loro , fatto di Ordine e
Gerarchie chissà come immaginate e magari instaurate da colpi di Stato
militari, treni in orario e operai che non scioperano. Quel fascismo bigotto e
borghese, legato a compromessi e necessità nazionali, poi miseramente
naufragato e di cui la RSI e il fascismo
repubblicano ne erano stati l’antitesi.
E qui terminiamo, rimarcando che il riscatto della
testimonianza del fascismo e la ricerca di una sacrosanta verità sul nostro
recente periodo storico, passano sicuramente anche attraverso l’opera altamente
meritoria di Vincenza Vinciguerra.