In caso richiesta di accesso agli atti ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 25, ai fini
della integrazione del delitto di omissione di atti d'ufficio,
è irrilevante il formarsi del silenzio-rifiuto entro la scadenza del termine di
trenta giorni dalla richiesta del privato.
Ne consegue che il "silenzio-rifiuto" deve considerarsi inadempimento e, quindi, come condotta omissiva richiesta per la configurazione della fattispecie incriminatrice :
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA
PENALE
ha pronunciato la seguente : sentenza sul
ricorso proposto da : Procuratore generale della
Repubblica presso la corte
d'appello di Messina; nel procedimento penale nei confronti di : G.S.E.,
nato a (OMISSIS) ;
contro la sentenza del Tribunale di Messina del 9/4/2013;
- letti il ricorso e il provvedimento impugnato;
- udita la relazione del cons. F. Ippolito;
- udita la
requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del
sostituto procuratore generale, Dott.
MAZZOTTA Gabriele, che ha concluso per l'annullamento con
rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe
indicata, il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Messina dichiarò
non luogo a procedere nei confronti di G.S.E. per omissione di atti d'ufficio
di cui all'art. 328 c.p., perchè il
fatto non sussiste.
2. Al G. era stato contestato il delitto di cui
all'art. 328 c.p., comma 2, perchè, in qualità di direttore generale
dell'A.S.P. di (OMISSIS), destinatario della richiesta di accesso agli atti,
avanzata da C.P. con nota del 21.1.2010, aveva omesso di rilasciare al C. gli
atti "relativi al conferimento dell'incarico di responsabile dell'U.O.S.
di Medicina e Chirurgia d'urgenza e accettazione del P.O. di (OMISSIS) e
all'eventuale conferma dello stesso", e nel riscontrare la predetta nota,
con comunicazione del 10 marzo 2010, non aveva fornito alcuna risposta alla
predetta richiesta di accesso.
3. Il giudice ha concluso ai sensi dell'art. 425
c.p.p., facendo applicazione di un risalente precedente di questa Corte,
secondo cui in materia di richiesta di accesso ai documenti amministrativi, ai
sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 25, coincidendo il termine di
trenta giorni dalla richiesta dell'interessato formulata ex art. 328 c.p.,
comma 2, con il termine per il maturarsi del silenzio rifiuto, deve escludersi
la configurabilità del reato di omissione di atti di ufficio se il pubblico
ufficiale non compie l'atto richiesto e non risponde al richiedente, perchè con
il silenzio-rifiuto, sia pure per una presunzione, si ha il compimento
dell'atto e viene comunque a determinarsi una situazione che è concettualmente
incompatibile con l'inerzia della pubblica amministrazione (Cass. sez. 6, n.
12977 del 06/10/1998, rv. 212311, Raimondi).
2. Ricorre per cassazione il Pubblico Ministero, che
deduce, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), erronea applicazione della
legge penale, con riferimento all'art. 328 c.p., comma 2, e alla L. 7
agosto 1990, n. 241, art. 25.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è FONDATO .
2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il
Collegio condivide, ai fini della integrazione del delitto di omissione di atti
d'ufficio, è irrilevante il formarsi del silenzio-rifiuto entro la scadenza del
termine di trenta giorni dalla richiesta del privato.
Ne consegue che il "silenzio-rifiuto" deve
considerarsi inadempimento e, quindi, come condotta omissiva richiesta per la
configurazione della fattispecie incriminatrice (Cass. Sez. 6, n. 7348 del
24/11/2009, dep. 2010, Di Venere, rv. 246025; Sez. 6, n. 5691 del 06/04/2000,
Scorsone, Rv. 217339).
3. L'unico contrario precedente, cui ha fatto
riferimento il giudice di merito, non può essere condiviso in quanto sovrappone
la questione del rimedio apprestato dall'ordinamento contro l'inerzia della
pubblica amministrazione, consentendo con la finzione del silenzio-rifiuto che
il cittadino possa procedere ad impugnazione, con la responsabilità penale del
pubblico funzionario.
Senza dire che, con l'esperibilità dei rimedi
giurisdizionali avverso il silenzio-rifiuto, non si soddisfano neppure
interamente le esigenze di tutela nei confronti della pubblica amministrazione
(basti pensare al vizio di merito dell'atto amministrativo).
4. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata
con rinvio al tribunale di Messina, che dovrà procedere a nuova deliberazione
sulla base del principio sopra enunciato.
PQM
la Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuova
deliberazione, al tribunale di Messina.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2013. Depositato
in Cancelleria il 13 novembre 2013
Legge 7/8/1990 n. 241- Estratto testo della norma
Art.25- Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi .
1. Il
diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei
documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente
legge. L'esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato
soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti
in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura.
2. La
richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata. Essa deve essere
rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene
stabilmente.
3. Il
rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso sono ammessi nei casi e
nei limiti stabiliti dall'art. 24 e debbono essere motivati.
4. Decorsi
inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso
di diniego dell'accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai
sensi dell' articolo 24 , comma 4, il richiedente può
presentare
ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5,
ovvero
chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni
comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito
territoriale, ove costituito,
che sia
riesaminata la suddetta determinazione.
Qualora
tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore
civico competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore.
Nei
confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato
tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l'accesso di cui
all'articolo 27 nonché presso l'amministrazione resistente.
Il
difensore civico o la Commissione per l'accesso si pronunciano entro trenta
giorni dalla presentazione dell'istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine,
il ricorso si intende respinto.
Se il
difensore civico o la Commissione per l'accesso ritengono illegittimo il
diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano
all'autorità disponente.
Se questa
non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal
ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione,
l'accesso è consentito.
Qualora il
richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il
termine di cui al comma 5 decorre dalla data di ricevimento, da parte del
richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico o alla
Commissione stessa.
Se
l'accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si
riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante per
la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di
dieci giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il parere si intende
reso.
Qualora un
procedimento di cui alla sezione III del capo I del titolo I della parte III
del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, o di cui agli articoli 154 ,
157 , 158 , 159 e 160 del medesimo decreto legislativo n. 196 del 2003,
relativo al trattamento pubblico di dati personali da parte di una pubblica
amministrazione, interessi l'accesso ai documenti amministrativi, il Garante
per la protezione dei dati personali chiede il parere, obbligatorio e non
vincolante, della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi.
La
richiesta di parere sospende il termine per la pronuncia del Garante sino
all'acquisizione del parere, e comunque per non oltre quindici giorni. Decorso
inutilmente detto termine, il Garante adotta la propria decisione.
5. Le
controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi sono disciplinate
dal codice del processo amministrativo.
5-bis. Nei
giudizi in materia di accesso, le parti possono stare in giudizio personalmente
senza l'assistenza del difensore. L'amministrazione può essere rappresentata e
difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di
dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell'ente.
6. Il
giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione dei
documenti richiesti.