giovedì 28 marzo 2024

Il fascimo e l'anticomunismo

 In uno delle sue conversazioni con Ubaldo, Giorgio - citando un libro di Arrigo Petacco su Bombacci e Mussolini - ha affermato che "il fascismo non era anticomunista",

e che la lotta tra fascisti e comunisti nel "biennio rosso" era solo una lotta per la conquista del potere. Si potrebbe anche aggiungere, vista la scarsità organizzativa del Partito Comunista d'Italia (così si chiamava, s'indicava la residenza ma non l'appartenenza nazionale come avvenne quando divenne "italiano") che la lotta era rivolta maggiormente contro il Partito Socialista che controllava sedi, camere del lavoro, cooperative, giornali, amministrazioni locali. Qualcuno si è sorpreso di questa frase e l'ha criticata, ritenendo l'anticomunismo alla base dell'ideologia e della pratica del fascismo.
A mio parere, invece, Giorgio aveva ragione. Tra i due partiti, i cui dirigenti venivano dalla comune appartenenza al partito socialista e anche a quella regionale, c'è sempre stato un certo rispetto reciproco: basti ricordare che Gramsci, con i suoi, non partecipò alla secessione dell'Aventino e che il governo Mussolini fu il primo in Europa a fare il riconoscimento diplomatico alla Russia sovietica.
E poi tra i due Paesi i rapporti economici e culturali furono intensi negli anni successivi, come ad esempio ha documentato la studiosa di storia ROSARIA QUARTARARO in un
libro pressochè introvabile edito nel 1997 dalle "Edizioni Scientifiche Italiane"intitolato "ITALIA-URSS 1917-1941: I RAPPORTI POLITICI". In quest'ambito, ricordiamo anche
che l'URSS non aderì alle sanzioni della Società delle Nazioni contro l'Italia nel 1936 per la questione etiopica, e anzi intensificò il traffico commerciale.
Un altro elemento va preso in considerazione. Tutta la stampa che potremmo definire del "fascismo radicale", soprattutto nell'ambito giovanile (ma non solo, come diremo)
era rivolta contro l'Europa ("Antieuropa" di Asvero Gravelli), contro le potenze capitaliste quali Francia e Inghilterra, contro le degenrazioni culturali e morali create dai sistemi 
democratici, contro gli sfruttamenti del lavoro. Riviste come "L'Universale" di Berto Ricci, la stessa "Critica fascista" di Bottai (autore di un libro intitolato "Fascismo e Capitalismo" per indicare quale era il nemico) e tutte le pubblicazioni dei "GUF" seguivano chi più chi meno la stessa linea.
Non dimentichiamo che il Corporativismo, dai suoi teorici, era concepito come la forma più praticabile e concreta di "socializzazione" dello Stato, tant'è che Ugo Spirito, ad un convegno corporativista indetto da Bottai, parlò di "corporazione proprietaria" che fu subito assimilata ad una forma di comunismo (economico, certamente, non ideologico).
Queste tendenze erano tanto forti che Guido Cavallucci (che faceva parte degli ambienti culturali tradizionalisti romani) scrisse nel 1933 un "pamphlet" intitolato "Il fascismo è sulla via di Mosca?" critico di quelle tendenze.  E, infine, ricordiamo che la Repubblica di Mussolini si chiamò "sociale" anzichè solo fascista, o nazionale, o italiana.
La rottura anche personale con i comunisti avvenne all'epoca della guerra di Spagna, in cui ci si scontrò: ma questo derivò dalla politica dei "fronti popolari" avviata da Stalin per far partecipare in qualche modo i partiti comunisti ai governi di Spagna, Francia e qualche altro Paese. Evidentemente, ciò comportava sostenere l'antifascismo. E poi ci furono le stragi del 1945 che hanno segnato un solco sanguinoso, forse insuperabile: ci si potrebbe però chiedere se esse furono istigate dai comunisti, italiani o sovietici, oppure dagli intrighi degli agenti inglesi e americani per distruggere una classe dirigente italiana. E infatti i sopravissuti furono assai attivi e inseriti nelle strutture del nuovo Stato repubblicano.
Questo argomento è stato ripreso nel dopoguerra in molti libri, tra cui citiamo quello di DOMENICO SETTEMBRINI intitolato "Fascismo controrivoluzione imperfetta".
Una conclusione però si può trarre: a distanza di decenni, il fascismo è ancora presente nella letteratura, nella storia, nella concezione  e nella vita di tante persone. Invece, il comunismo è del tutto scomparso, nessuno ne parla più.

N.Mollicone