venerdì 22 maggio 2020

COVID 19: UN’INCHIESTA BOOMERANG.

Quando lo dicevamo noi, eravamo cattivi, complottisti, fomentatori di brutti
pensieri. Ora, invece, passata la fase più acuta della crisi pandemica, certi
pensieri cattivi e complottIsti non son più, anzi. La cosiddetta “comunità
internazionale”, ovverosia quel disordinato e caciaronesco assembramento di
nazioni dell’orbe intero, che stanno sotto l’egida di Onu, Oms, etc., hanno,
guarda un po’, perorato a gran voce, un’inchiesta sulla reale origine del
Coronavirus. La prima nazione a cui si vorrebbe chieder conto del disastro
pandemico è, logicamente, la Cina, in quanto nazione ospitante il famigerato
laboratorio di Wuhan dal quale, a detta dei sempre più insistenti “rumors”,
sarebbe partito il percorso del virus.
La risposta dell’immarcescente Xi Xin Ping non si è fatta attendere. In
ossequio alle regole del bon ton internazionale, la Cina ha dato la massima
disponibilità a collaborare all’inchiesta, ospitando, se il caso, osservatori
internazionali e quant’altro sul proprio stesso territorio, ponendo quale
“conditio sine qua non”, la fine della pandemia e del perdurante stato di
emergenza ad essa correlato. Al di là di ogni ragionevole dubbio, va detto
che la Cina ha, in questo caso, tenuto un comportamento quanto meno
dubbio.
A partire dall’iniziale messa in silenzio dei vari avvertimenti in tal senso,
pervenuti alle proprie autorità da parte dei vari medici e ricercatori locali, sino
alla lentezza nel comunicare alla comunità internazionale quanto stava
accadendo; il tutto accompagnato da un omissivo atteggiamento riguardo alla
reale portata della pandemia, il che sta lì ad indicarci un atteggiamento
quanto meno irresponsabile e superficiale da parte del gigante asiatico che,
però, non è solo in questa vicenda. E qui viene il bello. Contrariamente a
quanto si potrebbe pensare, il famigerato laboratorio di Wuhan, non è
un’istituzione a gestione esclusivamente cinese, bensì, un centro di ricerca
compartecipato da varie entità ed istituzioni.

In primis da quell’Oms, il cui approccio all’intera questione è stato, a dir poco,
caciaronesco. Non solamente la iniziale sottostima della pandemia, ma anche
una serie di indicazioni sbagliate riguardo all’approccio sanitario da condurre
nella vicenda. Si è passati dal dire che bisognava fare i tamponi unicamente
ai casi sospetti, al raccomandare invece una più generale monitorizzazione
sanitaria. L’attività all’aria aperta, inizialmente guardata con suspicione,
veniva poi rivalutata quale salutare pratica immunizzante dal virus. E così,via
discorrendo, accumulando gaffes su gaffes, riguardo a vaccini, cure, e
quant’altro, sino alle ultime feroci critiche di Donald Trump.

In tutta questa situazione, il Presidente Usa, sembra fregarsi le mani dalla
gioia. Con un piccione, avrebbe preso due fave. La prima è quella Cina con la
quale, troppi conti sono aperti. Il gigante asiatico è ad ora, il principale
“competitor” commerciale degli Usa sia a livello globale, che a livello geo
economico locale, con stretto riguardo a quella area del Pacifico, per gli Usa
di vitale importanza ed il cui dominio, fu la causa scatenante dell’ultimo,
tremendo, conflitto mondiale con il Giappone. La Cina esporta prodotti ad un
costo troppo basso, generando una concorrenza difficilmente fronteggiabile
ad armi pari ed oltretutto, detiene la maggior percentuale di debito pubblico
dei medesimi Usa.
Con i recenti incontri tra il Presidente cinese Xi Xin Ping e l’americano Trump,
i contrasti sui dazi sembravano momentaneamente accantonati, in favore di
un rimaneggiamento della bilancia commerciale vantaggioso per entrambi i
“competitors”. Ma così, evidentemente, non è stato, tant’ è che il Presidente
Usa ha colto al balzo la palla della pandemia, nel tentativo di mettere in
difficoltà ed azzoppare definitivamente lo scomodo gigante asiatico. Se è
vero che, la gestione Trump dell’affaire Covid a livello locale, è stata condotta
a dir poco, con disastrosa leggerezza, portando ai tragici risultati sotto gli
occhi di tutti, non si può dire che, per quanto attenga alle accuse alla Cina,
non si stia agendo con la medesima leggerezza e superficialità.

Come abbiamo già avuto modo di affermare, il laboratorio di Wuhan non è a
gestione unicamente cinese, né Oms. O quantomeno, a partecipare alla
gestione Oms, vi sarebbero la “Bill and Melissa Gates Foundation” ed altre
multinazionali del farmaco legate alla Francia.Passiamo ad un’ulteriore
strana, coincidenza. Il 18 Ottobre del 2019, a New York si è tenuta una
simulazione di pandemia globale: guarda caso da Coronavirus. Ad
organizzare “l’Evento 201”, tre nomi blasonati dell’american system: la
‘Fondazione Bill & Melissa Gates’, il ‘Johns Hopkins for Health Security’ e il
‘World Economic Forum’.

Il tutto, mentre le più importanti case farmaceutiche hanno iniziato a
raccogliere le prime, colossali cifre. E, guarda un po’, tra queste, una casa
farmaceutica di medie dimensioni, si distingue per la sua eccezionale
capacità di attrarre e raccogliere milioni e milioni di dollari: si tratta di quella
Moderna Inc., nata dieci anni fa a Cambridge e che collabora anche, quale
strana coincidenza, con la Fondazione di Bill e Melinda Gates. Con la stessa
rapidità con la quale, i cinesi hanno realizzato a Wuhan un ospedale da mille
posti in quindici giorni, gli americani hanno creato una vera e propria
Coalizione in grado di dichiarare guerra all’invasione virale.

Si tratta della “Coalition for Innovations in Preparation for Epidemics”, della
quale portabandiera è il solito Bill Gates...Con un tempismo altrettanto
fantascientifico, la grande Coalition stanzia ben 11 miliardi di dollari a favore
di due grossi nomi della farmaceutica globale, quelle Inovio e Moderna,
talmente quotate da lasciare dietro a loro tutti quei gruppi come Merck & Co,
Sanofi, GlaxoSmitheKline e Pfizer, che stanno raccogliendo una marea di
dollari. Inovio e Moderna, assieme alla Novavax, si stanno dando un bel po’
da fare, per riuscire a brevettare un vaccino, il più rapidamente possibile.

Tutto questo sta spianando la strada ad un consistente aumento di valore di
tutti quei listini di borsa legati alle case frarmaceutiche, alla bella faccia di
quelli legati invece al comparto industriale e commerciale, travolti dalla crisi
recessiva ingenerata dalla pandemia.
E tanto per mettere la classica “ciliegina” sulla torta, la succitata Moderna Inc.
costituita solo nel 2010, è cresciuta molto in fretta, grazie alla sua stretta
collaborazione con la solita Fondazione Gates, oltrechè con lagià citata
Merck e con un’altra azienda del settore, la Astrazeneca. Ma la Moderna ci
riserva una ulteriore sorpresa: essa collabora attivamente con la
DARPA/ Defense Advanced Research Projects Agency, ovverosia l’Agenzia
del Dipartimento americano della Difesa, che si occupa di ricerche
scientifiche a scopo militare.
Ora, proviamoci ad immaginare cosa potrebbe accadere se tutto questo
venisse fuori, se la Cina stanca delle continue “pizzicate” di Trump, ne
ricambiasse le cortesie, facendo uscire allo scoperto tutte queste belle
notiziole. Sicuramente Donald Trump, nell’estremo e goffo tentativo di dare
più smalto alla sua aspirazione di capo popolo, direbbe che la sua
amministrazione con certi strani inghippi nulla ha a che vedere. I più che
evidenti intrecci degli interessi delle Big Pharma con i vari centri di ricerca
pubblici Usa, dietro ai quali vi sono Cia, Forze Armate e compagnia bella,
però, smentirebbero sul nascere questi tentativi.
In tutto questo bailamme di ipotesi, notizie ed informazioni, una cosa è certa:
nel chiedere (in ritardo...) una inchiesta internazionale sulla pandemia da
Covid, le nazioni occidentali, Usa in testa, non hanno fatto e continuano a
non voler fare i conti con la realtà di una marea di fango che, gonfiatasi a
dismisura e fattasi ingestibile, potrebbe travolgere gli attuali equilibri del
mondo globalizzato. Un auspicio questo, più che una certezza, viste le ancor
troppo timide e sparute reazioni dei popoli d’ Europa e del resto del mondo...
UMBERTO BIANCHI