martedì 16 luglio 2019

PUTIN: IL SENSO DELL’INTERVISTA AL FINANCIAL TIMES.

La recente intervista del Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin,
rappresenta sicuramente un salto di qualità, rispetto alle dichiarazioni
improntate ad una grande prudenza mediatica a cui il Presidente Russo, uomo
che sicuramente preferisce l’azione sul campo, ci ha da tempo abituati. Parlare al
Financial Times di inattualità e crisi del liberalismo, significa solo una cosa: che
per questo modello stanno, oramai, suonando le campane a morto. D’altronde,
nonostante la fine del blocco sovietico avesse fatto sperare ai prezzolati fautori
del liberismo, l’avvento di una “Fine della Storia” ( per dirla tutta con
Fukuyama...) all’insegna di un omologante liberal-liberismo, connotato solo da
lievi oscillazioni di quando in quando a sinistra o a destra, le cose non sono
andate secondo i “desiderata” di Lor Signori. Difatti, una serie di crisi globali
economico-finanziarie in successione, intervallate a momenti di grande euforia
dei mercati, hanno messo e stanno ad oggi mettendo, sotto gli occhi di tutti, i
limiti e le grandi contraddizioni di questo sistema., la cui indiscriminata
espansione a livello globale, è stata solo capace di produrre sperequazione,
indebitamento, strangolamento economico di popoli e nazioni, degrado
ambientale e sociale, nel nome di un sistema che in nome di parole d’ordine
generiche e confuse, come libertà, democrazia, diritti, ha e sta invece
conducendo ad un mondo uniformato nello sfruttamento e nella miseria
generalizzati, a fronte di pochi fortunati super-abbienti, illuminati e
“progressisti”. E poi, diciamocela tutta, a settant’anni dalla fine dell’ultimo
conflitto mondiale, non è obiettivamente, ancora possibile continuare a
ragionare secondo i parametri geopolitici del dopoguerra. Gli Usa, oggi più che
mai, sotto la gestione Trump, hanno deciso di pensar di più ai propri interessi
nazionali, piuttosto che a quelli dei vari potentati economici multinazionali, più
propensi ad un liberal-progressismo da imporre al mondo intero. Per questo
l’Europa, ora più che mai, deve ripensare il proprio ruolo, iniziando proprio da
un cambiamento di marcia, che non può non passare attraverso lo
smantellamento del Circo Equestre di Bruxelles, a cui andrà giuocoforza
sostituito un modello più elastico e nel contempo, solidale, rappresentato da
un’idea confederativa di Comunità di Stati Indipendenti, legati da un patto di
mutua assistenza e solidarietà. La Federazione Russa di Putin, sta ricominciando
a rivalutare il proprio fondamentale ruolo di potenza-ponte tra Europa ed Asia,
tramite la graduale ricerca di un asse con la Cina, con un occhio all’Iran ed alla
Siria. E le dichiarazioni di Putin al Financial Times costituiscono, in questo senso,
un segnale chiaro e netto. Oggi esiste concretamente la possibilità di addivenire
alla creazione di un Asse geopolitico alternativo a quello atlantico. Un Asse
imperniato anche su una visione dello Stato e dell’economia ben diversa da
quella liberal-liberista, oramai sempre più in preda ad evidenti contraddizioni di
metodo e di sostanza. Occasione d’oro per assestare un colpo mortale al
carrozzone di Bruxelles e dei Poteri Forti, potrebbe esser rappresentato dalle
critiche “comunitarie” a proposito della vicenda “Sea Watch”. Ora, dopo che
Germania, Francia e Olanda si sono permesse di criticare il nostro Governo in
una maniera così arrogante ed ipocrita, c’è da chiedersi: ma cosa ci stiamo a fare
ancora in Europa? Per caso a pagare per poi subire affronti, umiliazioni e
reprimende d’ogni genere e tipo? Nuovi scenari e nuove opportunità vanno
aprendosi. La seconda potenza mondiale del pianeta si sta situando su posizioni
anti globaliste, anti buoniste e smaccatamente anti immigrazioniste, con buona
pace dei vari ferri vecchi e dei rottami progressisti, che oggi tanto cianciano di
ipocriti solidarismi d’accatto. Non cercare di approfittarne ora sarebbe un
grosso errore. In giuoco, ora come non mai, c’è il benessere e la libertà della
nostra e delle generazioni europee a venire. Senza se e senza ma.
UMBERTO BIANCHI