martedì 18 giugno 2019

MINIBOT AND CO.

Correva l’anno di grazia 2011, “Monti regnans” ed al Ministro dello Sviluppo
Economico, Corrado Passera, venne in mente l’idea di saldare i debiti delle
Pubbliche Amministrazioni con le Imprese, attraverso una emissione di Titoli di
Stato. Immediata e corale fu l’opposizione a questa proposta ed a farsi portavoce
dei mal di pancia dell’establishment, fu l’allora Ministro per l’Economia, Vittorio
Grilli, che addusse a motivazione del proprio atteggiamento, il fatto che una roba
del genere avrebbe solo fatto aumentare il disavanzo pubblico e per tanto non se
ne parlava proprio. Tra un tira e molla e l’altro, visto che il problema dei debiti
con le imprese sussisteva eccome, alla fine con il decreto-legge n. 35 dell’8 aprile
2013, si optò per una soluzione all’italiana che non risolveva un bel niente. In
sostanza, il decreto nell’art. 7, co. 9, introdusse la possibilità di pagare con titoli
di Stato i debiti della Pa ceduti dalle imprese alle banche. In questo modo, gli
istituti finanziari ( e chiaramente non gli imprenditori, sic!) potevano veder
rimborsati i propri crediti verso la Pubblica Amministrazione, acquisiti
attraverso il pagamento in titoli da parte dello Stato. Dulcis in fundo, l’articolo
12, per trovare le risorse necessarie a quanto detto sopra, autorizzava
l’emissione di titoli di Stato per un importo massimo di 40 miliardi di euro, per il
biennio 2013-2014....Inutile dirlo ma, agli occhi di un qualunque osservatore
dotato di un minimo di attenzione e senso di discernimento, un provvedimento
del genere ha il sapore di un’ulteriore beffa ai danni di chi lavora. Dietro
l’apparente volontà di risolvere un problema, si è finito con il favorire, more
solito, i grandi cartelli e le concentrazioni del potere finanziario. Alla bella faccia
di chi lavora. Ora il caso si è nuovamente aperto.
Il 28 maggio, la Camera dei deputati ha fatto passare all’unanimità una mozione
presentata dal deputato di Forza Italia Simone Baldelli che, pur non avendo
valore vincolante, ha insufflato nelle menti dell’Esecutivo l’idea che lo Stato
potesse pagare i debiti della Pubblica amministrazione con le imprese, non tanto
con titoli ordinari ma quanto, con strumenti quali “titoli di Stato di piccolo
taglio". Un’idea questa, ben presente nel contratto di Governo e di cui il
presidente leghista della Commissione Bilancio della Camera Claudio Borghi, si è
fatto strenuo fautore. Lo Stato emetterebbe obbligazioni di basso valore, per
ripagare i propri debiti con le imprese. Questi “minibot” , a causa della propria
funzione, indirizzata all’esclusivo scopo di cui sopra, sarebbero strutturati in
modo differente dai normali Buoni ordinari del Tesoro (Bot), non avendo, per
esempio, alcuna scadenza, contrariamente a quel che accade con quei titoli
periodicamente emessi dallo Stato italiano, per finanziare il proprio debito.
Neanche a dirlo, una serie di pareri discordi, lanciati trasversalmente, dal coro
delle ochette del “politically correct”, ha messo, per ora, la cosa a tacere. Si urla e
si strilla che i “minibot” costituirebbero una palese violazione dell’articolo 128,
dei Trattati sul funzionamento del Circo Equestre di Bruxelles, un vero e proprio
antefatto per l’emissione di una nuova moneta, alternativa all’Euro e che, in tal
modo, l’Italia andrebbe a preparare la propria totale uscita dalla Euro-Moneta. A
farsi forte di questa opinione, è stato, in primis, il governatore della Banca
Centrale Europea, Mario Draghi, seguito dalla solita corte di nani e nanerottoli,
analisti, economisti opinionisti e quant’altro, nel ruolo di portavoce di quei
cartelli finanziari che, in una proposta simile, hanno subito identificato la
possibilità di un “vulnus” ai propri interessi. Per l’occasione, qualcuno ha
addirittura, ipotizzato l’esistenza di una “terza forza” politica, una sorta di
fronte trasversale, che va dal Premier Conte al ministro Tria, dal Presidente
Mattarella a Draghi...Al di là di congetture e congetturine varie, quanto qui
illustrato ci mostra come, al solo minimo prospettarsi di ipotesi “tecniche” non
gradite a Lor Signori, come costoro diano luogo all’istante e senza esitazione
alcuna, a vere e proprie levate di scudi, in difesa dei propri lobbistici inrteressi.
La qual cosa, ci mostra come costoro siano sensibili a quella sovranità monetaria
che, sicuramente, spariglierebbe le loro carte in tavola. Per chi come noi, invece,
è fermo fautore di un pieno ritorno alla sovranità monetaria, quanto accaduto ci
fa edotti del fatto che, anche se quella dei “minibot”, nell’intenzione dei
proponenti, sia probabilmente stata solamente un’ipotesi “contabile”, ovverosia
unicamente indirizzata alla risoluzione del problema dei crediti delle imprese,
potrebbe invece rappresentare un primo importante passo in direzione di un
graduale recupero di quella sovranità perduta, attraverso un graduale processo
di distacco dall’Euro e dalla gabbia comunitaria. Pertanto gli urli e gli strilli di
Lor Signori non possono che farci piacere ed indicarci che la risoluzione dei
problemi del nostro Paese, non può non passare attraverso il recupero di una
piena ed integrale sovranità, di cui l’aspetto economico e finanziario, legato alla
monetazione, rappresenta un tassello fondamentale. D’altronde, quello del
recupero della sovranità, non può essere il frutto di un improvviso e quanto mai
dannoso cambio di rotta, bensì dovrebbe essere il risultato di un graduale, ma
deciso processo di dismissione ed abbandono di tutti quegli accordi
internazionali che, per il nostro paese hanno comportato una perdita di
sovranità, cominciando dal Gatt, passando per tutti gli accordi comunitari, da
Lisbona a Maastricht. Quello della creazione di una monetazione nazionale
parallela all’Euro, da mantenersi nel ruolo di valuta “ufficiale”, per le relazioni
inter europee, rappresenterebbe una soluzione che ridarebbe fiato ad economie
schiacciate da decenni di lacci e lacciuoli, da parte dei burocrati di Bruxelles. La
valuta di un popolo, ne rappresenta la mentalità, la capacità, l’anima. Omologare
un intero continente ad una unica monetazione, ha significato la compressione,
l’appiattimento e l’immiserimento delle singole economie nazionali,
determinando una recessione infinita. E tanto per fare un esempio di storia
economica, quando nella loro prima grande fase di sviluppo, nel 19° secolo i vari
Stati della Confederazione Usa, adottarono un regime di monetazioni autonome,
all’interno dei singoli Stati, il risultato fu quello di una impetuosa crescita
economica. Questa ultima vicenda dei “minibot” ci indica la via da seguire e su
cui battere, attraverso proposte, dibattiti e quant’altro. Una via sicuramente
scomoda, che lascerà qualche faccetta un po’ più scura, alimenterà una bella
levata di cori e coretti ma che, Draghi o non Draghi, nel medio termine non potrà
non iniziare a portare a dei risultati, stavolta tutti a vantaggio e beneficio di un
popolo e non dei pochi “soliti noti”. Sempre che da parte di chi, ad oggi,
rappresenta il malcontento del Paese, vi sia la ferma volontà di perseguire questo scopo.

UMBERTO BIANCHI