lunedì 15 ottobre 2018

COSTANTINO NON FU MAI CRISTIANO


Costantino il Grande, imperatore pagano
      Oltre a Filippo l'Arabo, anche Costantino il Grande è oggi ricordato come imperatore cristiano ... stando ad un preconcetto generalizzato, basato su fonti apologetiche esclusivamente fideiste, delle quali Eusebio di Cesarea risulta il teste principale, ma riferite in codici scritti successivamente al X secolo. Tale Vescovo, come attestato in trattati tardo medievali dedicati alla sua opera "Vita di Costantino", avrebbe affermato che il grande imperatore era sempre stato cristiano, ma, stranamente ... chiese di essere battezzato solo in punto di morte "per il divino trapasso verso la vita ultraterrena" (op. cit. IV 60,5). Nella stessa biografia, infatti, Eusebio aveva prima affermato che la conversione dell'imperatore avvenne il 312 d.C., alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio, dopo un sogno in cui Cristo apparve personalmente a Costantino ordinandogli di adottare come proprio vessillo il segno prodigioso scritto accanto a una croce: "In hoc signo vinces" (op. cit. I 27,31).

Sempre Eusebio conferma la devozione di Costantino I al cristianesimo anche nella sua "Historia Ecclesiastica":

"Costantino ...  avendo invocato con preghiere quale alleato il Dio celeste e il suo Verbo, il Salvatore stesso di tutti, Gesù Cristo, avanzò con tutto l'esercito, aspirando a conquistare per i Romani la libertà dei loro antenati (op. cit. IX 9,2).
"Questo canto Costantino levò a Dio, Signore dell'universo ed autore della vittoria, ed entrò in Roma con canti trionfali ... Ma egli, che aveva una devozione quasi innata verso la divinità, per niente scosso dalle grida né esaltato dalle lodi, ben consapevole dell'aiuto di Dio, comandò subito di mettere nella mano della sua statua il trofeo della passione del Salvatore (la croce), e ordinò inoltre che, coloro che l'avevano onorato con l'erezione di questa statua nel luogo più frequentato di Roma (?) nell'atto di reggere nella mano destra il segno di salvezza (la croce), vi iscrivessero questa stessa proclamazione con queste precise parole in lingua latina:«Con questo segno di salvezza (in hoc signo vinces), prova veritiera del valore, ho liberato e salvato la vostra città dal giogo del tiranno (Massenzio)» (op. cit. IX 9,9/11).
"Costantino, ornato da tutte le virtù della devozione ..."
e "... coloro che prima erano mesti, con danze e canti, in città come nelle campagne, onoravano innanzi tutto Dio, poi il devoto imperatore" (op. cit. X 9,6-7).

Dunque, in base alle più tardive note biografiche inerenti Costantino I, secondo giudizi agiografici superficiali, costui è tutt'oggi considerato cristiano anche da molti storici laici opportunisti. Studiosi che, oltre a non informarsi sulla datazione dei codici, testimoni della vita di Costantino, fingono di ignorare i precisi riscontri, numismatici ed archeologi, che rendono impossibile dichiarare di fede cristiana il Grande Imperatore. Prova ne è il fatto che, fintanto rimase in vita, oltre alle numerose monete dedicate a divinità pagane, Costantino coniò anche stupendi "solidi aurei" che lo raffiguravano a fianco del
Sol Invictus, con la scritta "comes", quindi "compagno" di tale divinità; infatti molte altre lo effigiano come la personificazione in terra del Dio Sole.
Fra le molteplici monete coniate da Costantino il Grande ne risulta solo qualcuna dedicata al cristianesimo, rappresentato simbolicamente da un cristogramma su un labaro: un semplice richiamo da intendersi come minimo atto dovuto da parte di un Pontefice Massimo in quanto, sin dall'epoca di Giulio Cesare, investito della suprema carica religiosa dell'Impero, gerarchicamente prevalente a quella di qualsiasi Pontefice, Gran Sacerdote o Sommo Sacerdote, (gr.
ρχιερες) "Archiereus", di tutti i Credi professati nei terrritori sottomessi a Roma e da lui rappresentati anche senza esserne affiliato.
      Un Costantino Pontefice Massimo che, dopo aver equiparato il Cristianesimo alle altre religioni*, pur essendo allora un Credo con pochi seguaci, si obbligò ad indire il Concilio di Nicea nel 325 d.C. per sanare i conflitti dottrinali, riguardanti la "sostanza" della nuova divinità, sorti fra Vescovi, che proclamavano diversi Salvatori "Gesù" ideologicamente contrastanti: una incoerenza tale che, nella veste di Pontefice Massimo, Costantino non avrebbe potuto giustificare sin dall'inizio, se ne fosse stato consapevole ... da autentico "cristiano".
* L'Impero Romano non decretò mai illegale alcuna religione, neanche l'Ebraismo nazionalista, né perseguitò adepti di alcuna Fede in quanto tali. La repressione dei Governatori romani diveniva spietata soltanto avverso coloro che non intendevano sottomersi al dominio territoriale imperiale ... non contro chi professava dottrine diverse da quella capitolina. Chi afferma il contrario lo dimostri con precise citazioni storiche extracristiane, riferite dai numerosi cronisti di Roma che si sono susseguiti dal I al IV secolo; ma è essenziale ricordare la falsificazione della testimonianza di Tacito relativa all'eccidio di Cristiani perpetrato da Nerone nel 64 d.C. (vedi le prove nel XII studio).

Da quanto fin qui assodato, grazie alla archeologia ed alla storia, si evince che fu proprio la cognizione di un Costantino mai divenuto cristiano ad indurre, in epoca futura, l'alto clero a far sì che risultasse storicamente un seguace di Cristo. La popolarità conseguita, grazie alle gloriose imprese condotte dal valoroso imperatore, convinse i potenti ecclesiastici ad inglobarlo nel loro Credo ... ma anche con il malcelato fine di non far risultare la necessità storica che obbligò Costantino a convocare il Concilio di Nicea allo scopo di eliminare le contraddizioni teologiche presenti nella nuova fede, ormai già equiparata alle altre.
Pertanto dedichiamoci alla lettura comparata dell'intera documentazione ecclesiastica, relativa alla biografia di Costantino il Grande, per verificarne le attestazioni difformi sino a dimostrare che Costantino I non fu mai cristiano, convalidando, di conseguenza, le risultanze numismatiche che rappresentano l'Imperatore di esclusiva fede pagana.
      Infatti, la credibilità storica di "Costantino cristiano" viene rappresentata in codici attribuiti da amanuensi medievali ad Eusebio, ma, una volta preso visione dei loro contenuti, essa viene smentita dagli atti certificati nell'opera "De viris illustribus" (una disamina delle biografie dei più famosi cristiani, ad iniziare da san Pietro fino a tutto il IV secolo), scritta dallo storico Dottore della Chiesa, san Girolamo Sofronio.
Precisamente, scorrendo i profili dei più celebri personaggi cristiani elencati da Girolamo, risulta che lo storico ecclesiastico non considera tale imperatore degno di essere citato: fatto impossibile qualora l'uomo più "illustre" e potente dell'Impero Romano fosse stato veramente cristiano. Quindi lo storico Girolamo, pur essendo posteriore ad Eusebio di circa mezzo secolo ed aver descritto tale Vescovo fra gli "uomini illustri", elogiandone la sua opera "Historia Ecclesiastica", disconosce Costantino come cristiano. Ergo, nella "Historia Ecclesiastica" originale di Eusebio, letta da san Girolamo mezzo secolo dopo essere stata compilata, nei Libri VIII, IX e X non risultava alcuna apologia di "Costantino cristiano".
      Addirittura, Girolamo elenca l'insieme dei trattati svolti da Eusebio di Cesarea, ma non gli risulta quello già citato sopra "Vita di Costantino": un testo inventato da scribi cristiani secoli dopo ed accreditato al Vescovo Eusebio morto nel 339 d.C. Eppure questa pseudo biografia, inventata nel tardo medioevo, è considerata veritiera da tutti gli studiosi di Storia del Cristianesimo e da ogni mezzo di comunicazione, al fine di indottrinare le masse.
E non solo, Costantino il Grande non è contemplato credente in Cristo neanche da tutti gli amanuensi dei più antichi manoscritti
*, contenenti il "De viris illustribus", risalenti al IX secolo.
      * Le fonti attendibili del "De viris illustribus", convalidate dagli esperti, sono costituite da 84 mss. suddivisi nei seguenti otto gruppi: A. Parisinus (Corbeiensis o Sangermanensisis 7° sec.); T. Vaticanus Reg. Lat., 7° sec.; Veronensis, 8° sec.; Vercellensis 8° sec.; Monspessalanensis 9° sec.; Monacensis 8° sec.; Vindobonensis 9° sec.; H. Parisinus 9° sec. Cui si aggiungono: un codice del 9° secolo, ora a Vienna, e due mss del 9° secolo: uno conservato a Montpellier "Codex Ms H. 406", mentre il secondo è conservato a Monaco. Un altro manoscritto antico, il "Codex Ms Lat. 2 Q Neoeboracensis", risalente al 9° secolo, conservato al General Theological Seminary in New York.
      Tuttavia è doveroso evidenziare che delle stime paleografiche indicate, riguardanti le datazioni dei manoscritti appena citati, si dimostrano palesemente errate quelle antecedenti al 9° secolo; queste ultime in contrasto alle valutazioni dei periti.
Per giungere a questa conclusione ci siamo avvalsi del paragone fra tre antichi manoscritti diversi che ci ha consentito di fissare con precisione storica la datazione di tutti i codici contenenti il "De viris illustribus".
La prova è costituita dal fatto che il primo e più antico manoscritto, dedicato al famoso Padre apologista Tertulliano, è il "Codex Agobardinus Parisinus Lat. 1622" (prima di questo trattato Tertulliano è ignorato in tutti i codici); sebbene, a questo punto, è necessario ricordare ai lettori che la successiva "Tradizione cristiana" considera il Padre "Q. Settimio Fiorente Tertulliano", un importante testimone del Salvatore Universale, collocato fra il II e III secolo ma, in realtà, è sconosciuto da tutti i Padri e Vescovi cristiani, assidui scrittori ecclesiastici, dalla fine del II secolo sino ad Eusebio di Cesarea (IV secolo), il primo a citarlo secondo la "Tradizione". Viceversa, smentendo le apparenze, i primi codici che narrano la Historia Ecclesiastica di questo Vescovo risalgono al X secolo, inoltre, sempre secondo la "Tradizione", Tertulliano è richiamato anche nel "De viris illustribus" di Girolamo.

Ciò premesso, contrariamente alle attestazioni della artificiosa "saga fideista cristiana", considerato che il documento iniziale tertullianeo fu stilato in epoca carolingia dall'Arcivescovo Agobardo di Lione, questo particolare ci permette di fissarne la stesura entro l'840 d.C. (anno della morte di Agobardo: IX secolo). Ne consegue che tutti i manoscritti riguardanti le gesta e le opere di Q. S. Fiorente Tertulliano, inevitabilmente, furono redatti dalla seconda metà del 9° secolo in poi, esattamente come avvenuto per i più antichi codici del "De viris illustribus".
Il successivo manoscritto che tratta l'opera più famosa di Tertulliano è il "Codex Latinus Parisinus 1623" contenente "Apologeticum" e risale al X secolo (questo trattato è ignorato nel testo di Agobardo di Lione, non essendo ancora stato inventato dagli scribi di Dio). 
      Stesso esito vale anche per la "Historia Ecclesiastica" di Eusebio di Cesarea, il quale cita Tertulliano (ricordiamo che questo Padre è ignorato da tutti i Padri apologisti a lui coevi), ma anche i manoscritti di questo lavoro iniziarono ad essere compilati a partire dal X secolo. Pertanto, stabilito che i primi codici, attinenti l'opera di Eusebio, sono successivi di un secolo e mezzo ai codici del "De viris illustribus" di Girolamo, ed entrambi susseguenti al "Codex Agobardinus Parisinus Lat. 1622", si dimostra che la leggenda di Costantino il Grande "cristiano" è stata ideata, sette secoli dopo la sua morte, da amanuensi impostori. Mentre, la contemporaneità della redazione dei codici della "Historia Ecclesiastica" di Eusebio, e del codice inerente "Apologeticum" accreditato a Tertulliano, dimostrano un "pio" coordinamento nella loro stesura dettato dalle eminenze grigie dell'alto clero.
Per definire compiutamente questa indagine invitiamo i lettori a leggere la intera documentazione che dimostra l'irrealtà di Tertulliano nel V studio al cap. "
Le sviste degli scribi tertullianei". In tale ricerca si analizza il contesto delle deposizioni relative alle biografie dei primi Padri apologisti, coevi a Tertulliano, al fine di evidenziarne le rispettive contraddizioni grazie alla comparazione con la storia e la archeologia.
      Anche in questo caso abbiamo adottato l'identico metodo di ricerca (appena descritto sopra, utile a dimostrare l'invenzione di san Babila), per avere la conferma che lo stesso Eusebio di Cesarea non riferì mai di un Costantino cristiano, sia nella "Historia Ecclesiastica", che nella "Vita di Costantino" ... contrariamente a quanto viene fatto apparire oggi da studiosi superficiali che sottovalutano le cronologie delle testimonianze manoscritte.
In dettaglio, tale riscontro lo ricaviamo dalla comparazione delle epoche in cui risultano trascritti i codici più antichi relativi agli storici cristiani del IV secolo: quelli dedicati al "De viris illustribus" di Girolamo, risalgono alla seconda metà del IX secolo, mentre i manoscritti iniziali, contenenti la "Historia Ecclesiastica" di Eusebio, risalgono al X secolo (per i particolari di questi ultimi codici vedi III studio).
Tali risultanze dimostrano che, per gli scribi del IX secolo, che attestarono le biografie di Girolamo, Costantino non era cristiano, mentre per i posteriori amanuensi di Eusebio, viceversa, era seguace di Cristo. Con ciò si prova che Costantino è stato "cristianizzato" dal X secolo in poi.
      E non può essere una fatalità che pure il "Codex Vat. Lat. 1873" sia stato copiato nello stesso X secolo, quando l'alto clero decise la "canonizzazione" di Costantino il Grande. Questo manoscritto contiene le "Res Gestae", redatte dallo storico più importante del IV secolo, Ammiano Marcellino (Antiochia 330 - Roma 397), il cui lavoro originale era contenuto in trentuno libri, ciononostante gli amanuensi del X secolo ne trascrissero solo gli ultimi diciotto (XIV-XXXI) concernenti il periodo compreso tra gli anni 353 e 378 d.C. Viceversa Ammiano scrisse di aver iniziato l’opera "a principatu Caesaris Nervae" (XXXI 16,9), ossia dal 96 d.C., sotto il principato di Cocceio Nerva, dal punto in cui si era interrotta la narrazione di "Historiae" (cfr. Hist. 1,1) dello storiografo latino, Cornelio Tacito.

L'epoca censurata dai copisti del X secolo, nelle "Res Gestae" di A. Marcellino,  conteneva le cronache, riferite nei primi tredici libri, che riguardavano le imprese di tutti gli Imperatori romani a partire da Marco Cocceio Nerva sino ai figli successori di Costantino I.
Vale a dire l'intera epopea delle "grandi persecuzioni cristiane" perpetrate da una sequela di Imperatori ad iniziare da Ulpio Traiano (stando alla pseudo "storiografia ecclesiastica") fino a poco prima dell'avvento di Costantino il Grande. Ovviamente, come dimostrato negli studi precedenti con precise inchieste extracristiane, nessun Imperatore romano ha mai decretato persecuzioni avverso una cristianità inesistente, oltre al primo, anche nei seguenti due secoli.
Orbene se, ammesso che dalla relazione storica di Ammiano Marcellino, riguardante le imprese di Costantino I, tale Imperatore fosse risultato "cristiano", possiamo essere certi che i copisti delle "Res Gestae" dello storico imperiale, nel X secolo non avrebbero escluso il libro che trattava la biografia del grande Cesare. Conseguentemente, la prova decisiva di un Costantino il Grande "seguace di Gesù" sarebbe stata evidenziata subito dagli storici cristiani, quindi oggi nessuno starebbe a discutere su un dato di fatto acquisito storicamente.
      Al contrario, nella cronaca di Ammiano Marcellino risultava un Costantino I pagano, esattamente come provato dalla sua numismatica imperiale, perciò questo fu il movente che impose ai copisti delle "Res Gestae" di eliminare sia la cronaca di Costantino il Grande, sia quelle di tutti gli Imperatori che lo avevano preceduto, e, primo fra questi, Filippo l'Arabo, il quale, come appena indagato sopra, fu spacciato per "cristiano" dal Vescovo Eusebio di Cesarea, quando, in realtà, A. Marcellino sicuramente non lo definì come tale, altrimenti sarebbe stato citato come testimone da tutti gli storici credenti. Invece, alla pari di Costantino I, Filippo, grazie a storia ed archeologia numismatica oltre che da numerosi Diplomi Militari Romani (prima citati), viene accertato come pagano.
In ultima analisi, poiché le relazioni storiche dei cronisti imperiali del III secolo sconfessavano l'esistenza di martiri cristiani ed i loro capi Vescovi, gli esegeti del clero - anziché conservare almeno una copia dei numerosi codici originali, redatti a Roma da Ammiano Marcellino (il cui lavoro fu destinato alla aristocrazia dell'Urbe e delle Province) - decisero di eliminare i primi tredici libri delle sue "Res Gestae", limitandosi a copiare gli ultimi diciotto, relativi al IV secolo, ma escludendo la cronaca riguardante Costantino il Grande ... decisamente "pagano".  
      Dopo questi numerosi riscontri storici ed archeologici, inevitabilmente, decade anche la testimonianza dello scrittore cristiano Firmiano Lattanzio, anch'egli chiamato a "deporre" sulla conversione al cristianesimo di Costantino I. Il nuovo personaggio "Lattanzio" fu inventato ad iniziare da scribi mentitori tardo medievali per convalidare una conversione facilmente smentibile.
Infatti la documentazione relativa a Lattanzio lo descrive come una famosa autorità, scrittore credente e collocato in epoca di poco anteriore a Girolamo. Ma gli scribi non si resero conto che un protagonista così illustre avrebbe poi obbligato lo storico Dottore della Chiesa a qualificare, felicemente, Costantino come imperatore adepto di Cristo. Resoconto che, come accertato, san Girolamo non ha mai fatto.
Addirittura allo storico Dottore della Chiesa non risulta neanche esistito il "famoso" Lattanzio, tanto meno la sua corposa opera apologetica e teologica cristiana, inventata molti secoli secoli dopo da scribi falsari.
      Amanuensi che commisero la dabbenaggine di fare apparire il cristiano Lattanzio come "precettore di Crispo"*, un figlio di Costantino il Grande destinato a succedergli come Imperatore: una assurdità contraria alla logica perché, in tal caso, il vero testimone, ovviamente, sarebbe stato Eusebio di Cesarea (morto nel 339) che, come cronista imperiale di Costantino I, avrebbe avuto l'obbligo di riferire la rilevante interazione, avvenuta fra il "precettore" Lattanzio e Crispo, figlio dell'imperatore, nella sua "Historia Ecclesiastica": fatto che non risulta. Infatti, l'inesistenza di Lattanzio si riscontra proprio da parte di Eusebio di Cesarea, il quale non lo menziona nella sua "Historia Ecclesiastica", ne consegue che, come nel caso di Girolamo, nemmeno gli amanuensi redattori dei manoscritti di questo trattato eusebiano avevano mai sentito parlare di Lattanzio, codici che, i più tardivi, risalgono al XII secolo (vedi III studio).
* Flavio Giulio Crispo, nato il 302, Console nel 318, divenne Imperatore unico nel 324 e governò sino al 326, anno della sua morte.
      Pur di far apparire cristiano Costantino il Grande, (come sopra già dimostrato dal X secolo in poi) le eminenze grigie dell'alto clero chiamarono in causa addirittura un eccellente storico bizantino pagano, di lingua greca, Zosimo di Panopoli (antica città egiziana), vissuto a cavallo fra il IV e V secolo, autore di "Historia Nova" in sei Libri; opera che venne trascritta nel "Codex Vaticanus Graecus 156", datato fra il X e l'XI secolo, oggi conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
Nel II libro del testo risulta che, dopo aver ordinato l'esecuzione del figlio Crispo e l'uccisione della moglie Fausta (sospettati di avere una relazione), l'Imperatore Costantino chiese la assoluzione ai sacerdoti pagani "Flamini Maggiori" (Flamines Maiores) che gliela negarono.
Dopo tale rifiuto, Costantino fu contattato da un potente cristiano, definito in modo generico e non individuabile
"Egiziano dell'Iberia", che gli avrebbe garantito l'espiazione dei peccati attraverso i riti della sua religione. Tale impegno indusse Costantino ad affiliarsi al cristianesimo ... stando a questa conclusione.

Il finale "pro cristianizzazione costantiniana", aggiunto ad una cronaca inizialmente vera - nell'intenzione degli amanuensi che lo attribuirono falsamente a Zosimo - avrebbe allargato il ventaglio dei "testimoni" fino a comprendere, addirittura, anche uno storico pagano, avverso al Cristianesimo, allo scopo di rendere più veritiera la conversione di Costantino I. Tuttavia, secondo l'adagio popolare "il diavolo fa le pentole ma non i coperchi", anche in questo caso, come nei molteplici precedenti, la conoscenza e il razionalismo storico finiscono per "scoperchiare" le pie sciocchezze.
Infatti, se la cristianizzazione del Grande Cesare fosse realmente avvenuta grazie all'intervento di un tizio chiamato
"Egiziano dell'Iberia", il primo a riferirlo in dettaglio, da testimone oculare diretto e a lui coevo, sarebbe stato il cronista imperiale di Costantino, Eusebio di Cesarea, il quale non ha mai sentito nominare siffatto personaggio. Peraltro, l'altro esimio storico cristiano, Girolamo Sofronio, come già accertato avanti, mezzo secolo dopo Eusebio, ancora non riconosceva Costantino I come cristiano. Conclusione: anche gli scrivani di Dio, che copiarono "Historia Nova" di Zosimo, mentirono impudentemente falsificando il suo resoconto terminale, di conseguenza, per garantirsi che nessuno lo scoprisse, distrussero tutti i codici originali di Zosimo, sei secoli dopo la loro redazione da parte dello storico bizantino.  
      Prima di concludere l'indagine finalizzata a comparare le testimonianze, inerenti Costantino il Grande, rilasciate dai clericali nel corso dei secoli ... in merito a san Girolamo Sofronio, risulta che successivi scribi falsari - consapevoli della contraddizione derivata dalla mancata testimonianza dell'insigne Dottore della Chiesa, relativa ad un Costantino cristianizzato - in epoca posteriore alla stesura dei codici del "De viris illustribus" di Girolamo trascrissero, nel tardo Medioevo, il "Chronicon" (una lista dei personaggi più famosi a partire da Abramo), attribuendolo a Girolamo Sofronio. Scopo dei calligrafi fu di far apparire cristiano Costantino I, ma, essendo la originale documentazione di Girolamo più antica del Chronicon, testo in cui emerge una testimonianza opposta alla loro, pure questi ultimi amanuensi hanno sottoscritto un trattato menzognero.
Dopo aver esposto numerose prove avverso un Costantino il Grande definito “cristiano”, registriamo che, ad oggi, per la Chiesa Ortodossa questo imperatore è considerato santo, mentre la Chiesa cattolica non lo riconosce tale. In merito a ciò, l'epilogo della nostra indagine chiarisce facilmente questa divergenza teologica: tutti i manoscritti inerenti il raggiro della biografia di Costantino I, come dimostrato sopra, furono redatti da scribi cattolici all'insaputa dei Bizantini ortodossi. Questi ultimi credenti, una volta postulato l’imperatore Costantino come cristiano, "in buona fede" lo hanno beatificato; ma i cattolici, al contrario, essendone stati gli autori, conoscono perfettamente la montatura biografica del Grande Cesare perciò non si azzardano a santificarlo, anche in considerazione di future eventuali scoperte archeologiche ad ulteriore prova contro Costantino I cristiano.      
In realtà, come già riferito avanti, rimarchiamo ulteriormente che l'Imperatore Costantino si limitò ad equiparare il Cristianesimo a tutte le altre religioni, in coerenza con la storica prassi imperiale di Roma che non dichiarò mai "fuori legge" i Credi degli altri popoli; come la stessa religione ebraica, malgrado questa Fede si fosse dimostrata la più nazionalista anti romana (causa di cruenti guerre, contro la dominazione pagana) al punto di determinare la distruzione di Gerusalemme e del Tempio. Ciononostante, anche dopo la definitiva disfatta sciovinista ebraica del 135 d.C., sotto il Cesare Elio Adriano Augusto, l'Impero Romano concesse agli Ebrei di costruire molte Sinagoghe nelle Province, consentendo loro di professare liberamente la ancestrale confessione … fino all'avvento dell'Impero Cattolico Romano sancito con "l'Editto di Tessalonica" del 380 d.C.
Quell'antico Proclama fu solo l'inizio di un processo teologale che, per la prima volta nella storia di Roma, vedrà trionfare la religione unica di Stato: il Cattolicesimo Universale, ovvero l'illusione della vita eterna.


E.S.