lunedì 15 ottobre 2018

BREVI CONSIDERAZIONI SULL’ALCHIMIA


Tra le discipline esoteriche più o meno note, l’Alchimia è una tra quelle più
famose, che ha sempre attirato la curiosità dei più ma che, nonostante tutto,
rimane ai più, misteriosa o, quantomeno, inficiata da equivoci micidiali. Uno di
questi ne fa una specie di ridicola e rozza scienza pre illuminista, una
chimica ante litteram, il cui vero motivo d’interesse per un eventuale adepto
sarebbe quello costituito dalla possibilità di trasmutare il vil metallo in oro, in
tal modo scatenando materialistici ed ingordi appetiti...
Antica come l’umana civiltà, la pratica alchemica, strettamente connessa con
la possibilità dell’uomo di lavorare e trasformare la materia, metalli in primis,
si fa invece metafora e viatico per un percorso di perfezionamento e crescita
interiore del miste. Di essa troviamo numerose espressioni in molte tra le più
antiche civiltà del mondo India, Egitto e Cina, ma anche Africa nera, via via
passando per l’ecumene ellenistica, non vi è luogo dove non si trovi traccia di
essa o dove non se ne presentisca la sottile influenza. Con l’arrivo dell’Età di
Mezzo e con i rigori ecclesiastici, la sua presenza si fa sottile ed
evanescente; si pratica ma non se ne parla apertamente. In Europa, dopo il

deserto lasciato dalle invasioni barbariche e dalla tremenda guerra greco-
gotica, la soffusa eco dell’alchimia torna a fare la sua comparsa grazie agli

studi degli arabi Al Rhazi (Lat. Rhazes) e Geber (Lat. Geberus), mentre
ermetisti quali Alberto Magno e Ruggero Bacone, accompagnavano il proprio
percorso intellettuale con la pratica alchemica.
Ma è proprio a partire dalla Rinascenza e sino all’inizio inoltrato dell’Età
Moderna, che si assiste ad una vera e propria esplosione di questa pratica e
del suo correlato “ideologico” ermetico. Questo perché, con il suo porre
l’individuo al centro dell’Universo, la Rinascenza rappresenta l’ideale brodo di
coltura per la “rinascita” e lo sviluppo di pratiche e dottrine esoteriche, quale
quella alchemica, per l’appunto. E, ritornando a quanto avevamo poc’anzi
accennato, riguardante lo scopo ultimo dell’Alchimia, essa trova la propria via
di realizzazione attraverso quattro “vie” (umida, secca, mista e breve...) tutte
volte ad addivenire a quella Pietra Filosofale o Elixir della Vita, che funge da
propellente alla realizzazione interiore dell’individuo in un contesto “magico”.
Alla base di quel processo di trasformazione dal vile metallo ad uno stato
superiore sta un procedimento volto ricavare la materia prima per tale
trasformazione effettuare, ovverosia quell'Azoth (o Azoto),nel ruolo principe
di solvente, al pari di altre sostanze sottili come l'etere o l'alkahest,
unicamente reperibile attraverso lo scioglimento dello spirito vitale nascosto
nella materia grezza. Azoth è ciò che pertanto rende possibile la
cristallizzazione della pietra filosofale, al fine di operare ogni sorta di magica
trasmutazione dell’Essere.

Ma Azoth sta anche per “Mercurio” e, talvolta rappresentato dal caduceo,
finisce con l’esser designato quale indifferenziata sostanza-base di ogni
metallo (Paracelso), portandosi appresso il segreto di una formula occulta, in
grado di far fuoruscire questa sostanza dalle viscere dei metalli. Azoth non è
semplice ed inerte materia sub atomica o particellare, come qualche miope
accademico odierno sosterrebbe. Nel suo equivalersi al mercurio, Azoth
contiene in sé la potenzialità dell’Essere e pertanto, l'inizio e la fine del Tutto
,in quanto veicolo di collegamento fra cielo e terra, a sua volta assimilabile a
quell'etere filosofico, che una volta si riteneva permeasse l'Anima mundi .
Nella sua natura di vero e proprio ieronimo, Azoth è termine riscontrabile in
numerosi e differenti gruppi linguistici. A partire dall’ambito delle lingue
indoeuropee, in cui Azoth ricopre il significato di sinonimo stesso della pietra
«nascosta», in ispecial modo in alcuni idiomi latini come l'italiano ed il
francese, o nell’ambito delle lingue slave, finendo con il designare l'azoto
nella sua valenza di elemento chimico, risultante dalla composizione fonetica
tra alfa privativo greco “α + ζωή, senza-vita”, ad indicarne la natura di inerte
catalizzatore, dotato della capacità di attivarsi, al fine di animare la materia di
vita propria.
Sempre in ambito indoeuropeo, quale vocabolo riscontrabile nel latino
medioevale, esso dovrebbe derivare da un'alterazione di azoch, quale
deformazione fonetica dell'arabo al-zā'būq, «mercurio», oppure del
termine sufi el-dhat, o ez-zat, dal persiano az-zauth/«essenza», «quiddità», o
«realtà interiore». In ambito cabalistico, infine, al termine Ain
Soph, corrisponde il ruolo di sostanza generatrice delle dieci Sephirot.
Ritornando a quanto abbiamo visto sopra, Azoth in quanto, potenzialità
dell’Essere ci riporta a quella mercuriale sostanza a cui, giuocoforza,
corrisponde Mercurio/Hermes che, in quanto divinità psicopompa ed
animatrice della vita, dell’intelletto e della sagacia, nel suo aspetto di
Toth/Hermes sta a lì rammentarci la propria valenza di mistero, riguardante
proprio la scaturigine di questi aspetti, riconducibili ad una coincidenza tra lo
spirito individuale e quello divino, che farebbe di “un” uomo (non di tutti gli
uomini, pertanto...sic!), un vero e proprio nume, nel ruolo di semidio in terra.
Ma Azoth è anche e, prima di tutto, il ponte, il punto di partenza per la grande
trasformazione che ci porta alla Pietra Filosofale. E qui entra in giuoco l’altro
elemento-cardine del processo alchemico: il Sole che, con i propri raggi,
favorisce quel processo di calcinazione e di trasmutazione, all’Alchimia tanto
caro. Sole, al pari di Luna, Zolfo, Mercurio ed altri elementi, costituisce una
delle impalcature del processo alchimico all’interno del quale però, assume
una valenza principiale, perché con i suoi raggi di luce feconda e dà vita a ciò
che, altrimenti, resterebbe inanimato.

Sua “magna” opera consiste nell’attrarre e condensare i propri raggi,
attraverso un corpo materiale appositamente preparato, che funge da
magnete, in veste di fluido proteiforme, conosciuto dai più come "spirito
universale" e nel “corporificarlo”, rendendo visibile e afferrabile questo novello
fluido, che altri non è poi che quel mercurio “filosofico”, di cui abbiamo
poc’anzi trattato. Questo, sottoposto a cottura, conduce alla famosa Pietra
Filosofale.
Sol Invictus/Helios Re è centrale nelle riflessioni di Platone, ma anche in
quelle posteriori dei filosofi neoplatonici come Plotino, Giamblico e Proclo,
ma anche di Aureliano e Giuliano Imperatore nella loro veste di restauratori e
rinnovatori di una Paganitas, tutta all’insegna di un deciso Enoteismo. Sol è
centrale e riunisce in sé tutti i molteplici aspetti del firmamento divino, quella
molteplicità di pianeti a cui corrispondono altrettanti Dèi ed altrettanti elementi
naturali. Proprio quell’universo elementale, quel Cosmos su cui intende
esercitare la propria sacra opera, l’arte alchemica.
Ed ecco allora la riconferma, se mai fosse servita, che quella spasmodica
ricerca che ha accomunato Ruggero Bacone, Nicolas Flamel, Arnaldo da
Villanova, Raimondo da Lullo, Cornelius Agrippa Von Nettesheim, Paracelso,
John Dee, Heinrich Khunrath, Basilio Valentino, Filalete ed altri ancora ma
anche personaggi non direttamente o esclusivamente riconducibili al mondo
dell’Alchimia, quali Botticelli, Marsilio Ficino, Leonardo da Vinci, Pico della
Mirandola, Lorenzo Dè Medici, l’abate Tritemio, Giordano Bruno e tanti altri,

non è e non potrà mai essere di natura meramente razionale e/o pre-
scientifica, bensì un veicolo per l’apertura dell’uomo alla ricerca dell’intima

sostanza di quell’Essere la cui mercuriale volatilità, ci riporta all’idea di una
realtà una e molteplice, a quell’ “ en kai pan/Uno e Tutto”, tanto caro ad un
pensatore del calibro di Hegel.
Nel suo soggiorno universitario in quel di Jena, Hegel, accanto a Schelling ed
Holderlin, in pieno clima romantico, non potè non sviluppare una riflessione
sulla polivalente natura dell’Essere, andando anche ad appuntare la sua
attenzione proprio sul problema della sua scaturigine da quell’indifferenziato
(o “etere”), che non può non riportarci al processo ermetico-alchimico ed alle
sue suggestioni. A ben vedere, lo stesso Cristianesimo, nel suo incentrarsi
sui momenti della vicenda cristologica rappresentati da nascita, morte e
risurrezione, (albedo, nigredo, rubedo...) altri potrebbe non essere che la
umana metafora di un processo alchimico, volto alla autorealizzazione ed al
riscatto dell’individuo, attraverso l’umano palesarsi della sostanza divina.
Il che ci lascia con la considerazione di un percorso, quello appunto
dell’Alchimia, probabilmente, privo di una fine escatologica. Andando a ben
vedere, difatti, le vie alla realizzazione della Grande Opera, vanno via via

palesandosi quali risultanti di una infinita combinazione tra elementi fisici, a
cui corrispondono altrettanti aspetti metafisici della realtà. A spalancarci la
porta all’idea dell’infinità della realtà è, oggidì, scendendo ad un livello più
basso, la Fisica Quantistica e la stessa Teoria della Relatività, assieme alle
Teorie della Complessità che, attraverso lo scardinamento ed il superamento
dei vecchi rigori dell’Illuminismo di matrice cartesiana e della vecchia fisica
meccanica, tutta incentrata sulla paradigmatica visione di Euclide, ci hanno
offerto la suggestione di una Realtà, la cui quintessenza mercuriale,
sfuggente ed indefinibile, ci fa approdare all’idea di una sua insita
molteplicità.
Arrivando al punto finale di questa mia breve disamina. Che non me ne
voglia, l’accorto lettore. Tanto e tanto altro di più e di più preciso, si sarebbe
potuto dire sull’Alchimia. Ma, a voler esser sinceri, questa non vuole né deve
esser una disamina settoriale e di nicchia su di essa, a guisa di un pamphlet
ad uso e consumo di iniziati, bensì l’inizio di un vero e proprio percorso
dialogico e dialettico, volto a ridefinire i paradigmi omologanti della realtà
odierna, all’insegna dell’idea di una politeistica molteplicità dei suoi aspetti,
partendo da alcuni spunti di riflessione, buttati giù, secondo la legge di quel
caso che, “dell’universo è il solo sovrano legittimo” (Honoré de Balzac).
UMBERTO BIANCHI