lunedì 15 giugno 2015

RUTILIO SERMONTI di Pantano Antonio


RUTILIO SERMONTI 
Il primo, dei quattro fratelli maschi, che conobbi, in tempi andati ma MAI dimenticati di oltre 60 anni fa’, quando annaspavo in guizzi adolescenziali per tentare di “fare politica”, a fianco di esempi familiari che la Storia avevano creato. Era vicina la fine della guerra, vissuta dai nostri Padri, e dal mio, sopravvissuto alle mattanze vili volute dai vincitori militari ed eseguite da triviali scherani usi ad usare le sacrestìe per eclissarsi. Quel dopoguerra che ricordo ancora nei miei prossimi 10 anni la sera del 16 di aprile 1948 illuminata da fiaccole sulla scalinata e nella romana piazza di Spagna, ove mio padre mi aveva condotto per “incontrare ” antichi camerati di vittorie e sorte, nella subìta sconfitta solo militare. Quattro anni dopo ero al secondo piano di via del Corso 12, e la sua voce ferma si stampò nella mente in una, e non sola, delle molte riunioni di studenti che, all’ombra dei ricordi vivi di chi aveva operato e combattuto, anelavano a crearsi una cosciente conoscenza storica, morale, politica. Mi colpì lui, Rutilio, con le Sue IDEE chiare e mai flessibili. Lui che poi incontrai altre volte, nelle luminose indicazioni di Dottrina, cui avrei voluto recare maggiore applicazione. Mentre altri suoi commilitoni si avvicendarono fornendomi guizzi, alcuni dei quali (come da parte del suo “storico sodale”) deludenti. 

Tipi tutti poi gratificati “concretamente” (ma quasi tutti di indubbio minor valore e scarsa qualità) dalle carriere partitiche, che Rutilio mai perseguì, avendo scelto di immergersi nello scrivere di MORALE e di Storia, come invece pochi altri seppero fare. E anche se la “Sua” STORIA DEL FASCISMO in tre volumi ebbe un co-autore ufficiale (che menò vanto immeritato, con l’apporto di modestie minori) capìi che quel testo era SUO nella essenza, nel criterio e nella totalità. Poi i casi della vita, che mi tennero – mia idiosincrasìa, identica alla Sua, alle beghe elettoralistiche – lontano dai dettagli e dalle derive di una politichetta spiccia. Mi resi conto (impegnato ed obbligato in libere attività per la sopravvivenza) avere in Rutilio un parallelismo : scrivevo anch’io, assai meno di Lui in maniera organica, ma come Lui. Lui saldo sul Fascismo conosciuto e vissuto e su Mussolini, del quale aveva colto l’essenza del “mito” oltre la contingenza. Io altrettanto saldo, ma teso a mescolare ampie indagini protese nel mondo e nelle frequentazioni oltre i confini, anche con “altro”, che fu tracciato nell’arte senza limiti indicatomi dalla TOTALE innovazione rivoluzionaria creata da Ezra Pound. Tralascio decenni. Mi riaccostai intensamente a Rutilio nel 1995, nella Idea (fatta naufragare ad arte dallo imbonitore/guida che si vendette al regime) “Tricolore” durata un paio di anni. E saldammo poi contatti in conferenze e lectiones tenute insieme nelle quali l’unico elemento di impercettibile disagio fu recato dalla Sua sordità incombente. E, nel frattempo, mi era accaduto di imbattermi nei fratelli. Giuseppe, genetista di qualità e scienza mondiale, che fu assiduo tra i Seniores da me diretti per oltre 10 anni. Vittorio, assurto a chiara fama per le alte letture delle tre cantiche della Commedia dantesca e le incomparabili pubblicazioni relative (a naufragio perenne per il guitto chianino che propala sguaiatezze da bettola, deridendo Dante). Ed il più giovane Enrico, agronomo di ruolo nazionale, mio confidente in 3 lustri con incontri quasi quotidiani presso il mio studio romano adiacente casa sua. MAI discordai da Lui, – me lo confessò in “faticose” conversioni telefoniche – sulle basi IDEALI. MAI. Coerente col Suo “NIEMALS” ribadito con fermezza. Mai nemmeno sulle “Sue” linee dello Stato Organico. Che – nella sostanza – ricade sotto i criteri additati proprio da Ezra Pound. Lo ritengo uno degli ultimi veri dieci FASCISTI degni di questo epiteto elogiativo. 
Il ciclo terreno ha chiuso la sua lunga fase dei tormenti fisici e delle difficoltà concrete. Mai gli diede peso. Raccolgo con entusiasmo, per Rutilio nato a Roma, lo appropriato commento musicale della chiusa de I PINI DI ROMA di Respighi diretti da Von Karajan. Così accompagno il mio riconoscente pensiero sommerso dal contenuto rimpianto di non sapere ANCORA pulsante il Suo grande Cuore.