Dopo
il grande plebiscito in Crimea, discuterne se legittimo o illegittimo
in base al diritto internazionale può, forse, essere uno di quegli
argomenti che mandano in solluchero i giuristi tenendoli occupati per
mesi, ma non ha più alcun significato dal punto di vista politico.
E la prevalenza
degli aspetti politici su quelli formali è ciò che sempre è avvenuto
nella politica internazionale. La dimostrazione? Basta guardare qualche
esempio, a partire proprio dall’ONU: il suo nome, Organizzazione delle
Nazioni Unite, fa riferimento a “nazioni” e non a “stati” eppure si
tratta solo di un’associazione tra Stati e molte “nazioni” nemmeno vi
sono rappresentate. Questa stessa organizzazione, quella che se non
fosse stato per il veto russo avrebbe condannato come illegittimo il
referendum crimeano, è la stessa che non usò gli stessi criteri quando,
seppur solo a posteriori, dichiarò invece legittimo un intervento
bellico contro uno dei suoi Stati membri, la Serbia, fino a far ottenere
un’indipendenza alla regione kossovara (e senza alcun referendum!).
Referendum che impose, piuttosto per l’indipendenza di Aceh, nonostante
la riottosità indonesiana.
Che si tratti
sempre di valutazioni politiche e non puramente giuridiche si vede anche
dall’atteggiamento che si sta tenendo nei confronti della Spagna. Come
mai tutto questo silenzio a proposito del referendum che la Catalogna
terrà il nove novembre prossimo contro la volontà di Madrid? Ma poi, non
è tutta la comunità internazionale che si pronuncia continuamente a
favore del principio dell’autodeterminazione dei popoli? E perché,
quando questa volontà si manifesta si suscitano, a volte sì a volte no,
forti ostilità? Nel Quebec francofono si tenne il referendum per la
separazione dal Canada e nessuno fece obiezioni. Il risultato, in quel
caso, fu a favore del mantenimento dell’unita’, ma sarà lo stesso in
Scozia il diciotto settembre prossimo? E se la maggioranza degli
scozzesi scegliesse l’indipendenza, quale sarà l’atteggiamento degli
altri britannici?
La sola costante è
che, soprattutto noi occidentali, siamo abituati ad applicare l’ormai
famoso “doppio standard” secondo la nostra convenienza. Per i nostri
governi fu ”legittimo” quando gli Stati Uniti inviarono loro truppe in
qualche Paese centro-americano per difendere i loro interessi in loco ma
non lo sembra altrettanto l’interesse che la Russia mostra per le
evoluzioni ucraine e per la tutela dei cittadini etnicamente russi che
vi risiedono. Erano “illegittimi “ i cubani in Angola ma non lo sono i
francesi nel Mali. Abbiamo considerato “legittime” le primavere arabe
ovunque, ma non in Bahrein. Fu una rivoluzione “democratica” quella
contro Mubarak, ma abbiamo ancora dei dubbi su quella contro Morsi.
Il minimo che si può dire è che, in politica, la coerenza non sembra di questa terra.
Nel
frattempo, tra tutti coloro che seguono con attenzione il futuro della
Crimea e quali attitudini assumeranno le parti in causa, qualcuno è più
vigile di altri. Di certo lo sono i catalani e, ancora più di loro, i
fiamminghi del Belgio. Ma i tifosi più accesi dalla parte del popolo
crimeano sono i curdi, popolo/nazione, ancora senza stato e divisi tra
Turchia, Siria, Iran e Iraq. In quest’ultimo stato godono di una loro
organizzazione amministrativa sotto forma di Regione Autonoma eppure da
Baghdad le spinte centralizzatrici mirano a ridurre la loro autonomia,
obbligando il Governo Regionale a minacciare la scissione se la
Costituzione Federale continuerà a non essere rispettata.
Indubbiamente, ogni singola situazione fa caso a sé a causa di differenze spesso anche sostanziali, ma la realtà è che, anche se sarebbe bello poter avere certezze su cosa dica veramente il diritto internazionale, oggi, questo viene stiracchiato secondo le convenienze e, certamente, nessuno è in grado di dare lezioni ad altri “scagliando la prima pietra”.
Fonte: La voce della Russia