Siamo ancora oggi avvolti da una visione della vita, materialista ed utilitaristica dovuta anche al neoliberismo che è stato imposto come "unica cultura" e "mono pensiero" dopo l'avvento della politiche di Regan e Tacher, poi prese ad esempio da tutto il mondo occidentale e come un virus non si riesce più a debellare. La stessa medicina ufficiale che pur conoscendo l'unità psicofisica indissolubile del corpo della mente e dello spirito di fatto affronta ancora le malattie e non le persone malate, che non sono la stessa cosa. La malattia viene classificata in maniera meccanicistica e va a finire direttamente su un protocollo con una corrispondente terapia deresponsabilizzando di fatto il medico da una propria visione su un paziente che non è uguale a nessun altro. La malattia è un prodotto del capitalismo e ancor più del neoliberismo. Se non ci sono malati l'industria farmaceutica si ferma e poiché il neoliberismo prevede manager con impiantato nel cervello di fatturare sempre di più è chiaro che bisogna aumentare i malati in tutte le maniere, truccando dati e statistiche, alzando o abbassando livelli minimi o massimi di parametrizzazione delle diagnosi e molte altre cose. In una logica di mercato e di profitto non serve la salute pubblica ma la malattia pubblica, non serve promuovere la cultura della prevenzione ma la cultura della diagnosi precoce, ossia non ci interessa il cittadino sano ma ci interessa sapere il più presto possibile se sei malato e quindi potenziale cliente. In tutto questo si è abbandonata l'idea che la mente governa il corpo e quindi anche lo stato di malattia e come ci auto-carichiamo per prepararci ad un esame cosi potremmo fare per affrontare una malattia educando la mente a guarirci. Naturalmente una frase di questo tipo è soggetta alla peggiori critiche del "materialismo medico capitalistico" che vuole a se il diritto di salute o malattia e di vita o morte sulle persone. I medici spesso brancolano nel buio, proprio perché la iper-specializzazione in una disciplina gli fa perdere la visione olistica dell'unità indissolubile che è quella meraviglia della irripetibilità umana "spirito/mente/corpo". Ogni persona è un mondo unico ed è diverso da ogni altro, ma loro forti della "scienza medica ufficiale" che li protegge e dei protocolli "meccanicistici" che trattano i pazienti come numeri seriali, di fatto si de-responsabilizzano ma arrogandosi, nella loro visione miope, il diritto monopolistico di dare la salute. Non si comprende come mai, nonostante è risaputo che la mente governa tutto il corpo e oltre, non si vuole, ancora oggi dopo molti studi di riscontro positivo ed oggettivo, investire attività di formazione ed informazione, sia alla popolazione che a tutto il personale sanitario, su come la mente possa essere di grandissimo aiuto, se non addirittura la parte predominante, nella guarigione dell'uomo malato.
Giuseppe Turrisi