giovedì 30 luglio 2020

MENO MANZONI, PIU’ ISLAM


MENO MANZONI, PIU’ ISLAM


Lettera aperta al Ministro della Pubblica Istruzione Sig.ra Russo Jervolino

Articolo pubblicato nella rivista Studi Cattolici n.386, giugno 1993
Note a piè di pagina giugno 2001



Signor Ministro,
quando ho letto che Lei aveva decretato che nelle scuole italiane si dovesse studiare “meno Manzoni e più Islam”, ne ho positivamente gioito, dato che da lungo tempo sono dell’opinione che occorra ampliare gli orizzonti culturali italiani. E se c’è un’area in cui ciò è urgente penso sia proprio l’Islam.
            Ho paura però che i burocrati del Suo ministero, attenendosi scrupolosamente alla Sue direttive, si contentino di sostituire un certo numero di versi del nostro don Alessandro con uno equivalente, diciamo, di Omar Khayyam.
            Sarebbe come dare un tocco cosmetico alla foglia di fico sotto la quale si nascondono realtà di tutt’altro genere che, una volta scoperte, riducono la storia della Monaca di Monza - che tanto scandalizzava Don Bosco (!) - al rango di telenovela.
            Se permette dei suggerimenti da parte di chi tra questa gente ha vissuto per più di trent’anni, comincerei con l’illuminare gli studenti italiani sull’ammirevole logica islamica, da studiare evidentemente in sede filosofica e non letteraria. Sarebbe come “meno Aristotele e più Islam”.
            Nel Kenya vivono un mezzo milione di musulmani, che su un totale di 25 milioni costituiscono circa il 2% della popolazione. Ebbene, costoro affermano instancabilmente di essere il 25%, cioè dodici volte e mezzo di quel che dicono i numeri. Come fanno? Semplicemente passando dalla categoria territorio alla categoria popolazione con una disinvoltura degna del Barone di Münchhausen: Viviamo nel 25% del territorio, ergo siamo il 25% della popolazione. E il censimento? Oh, quello lo si addomestica forzando il governo e eliminare la voce “religione” dal modulo, proprio come è avvenuto nel 1989.
            L’acrobazia mentale da una categoria all’altra Lei potrebbe costatarla di persona all’aeroporto di Jeddah, se mai un giorno si recasse nell’Arabia Saudita. Non pensi neppure di portar con sé una bottiglietta di alcool denaturato: se i doganieri glie la scoprono, la frantumano al suolo senza pensarci due volte. Che l’alcool sia per uso esterno e non da bere, non importa: è anti-islamico e basta. E non Le ripeto gli epiteti usati dal mio amico Domenico S. a cui ciò accadde davvero.
            Potrei dilungarmi ad nauseam, ma non lo faccio per roba così poco importante.


In Attesa del Gran Giorno

            Passo invece alla cosmovisione islamica, molto più importante e avvincente. Nell’ipotesi che Lei un giorno si trovi in quella che un giorno fu l’Arabia Felix, lasci pure la patente di guida a casa: in quel paese una donna al volante commette reato. E se un saudita La citasse in giudizio, si ricordi di portare con sé un’altra donna: ce ne vogliono due per equivalere la testimonianza di un uomo. “Le tue donne sono per te il tuo orto”, dice la seconda Sura del Corano; “Vieni a godere del tuo orto quando ti pare”. Non crede Lei che le femministe in erba delle nostre scuole non debbano più a lungo rimanere ignoranti di questa citazione?[1]
            Immagino, signor Ministro, che Lei vada a Messa la domenica, ma in Arabia Saudita non ci tenti neppure: celebrare la Messa è reato, anche in privato. Il sacerdote che osasse farlo sarebbe deportato la sera stessa. Che poi lavorino nell’Arabia Saudita circa mezzo milione di cattolici non importa: gli infedeli non hanno diritti, meno di tutti quello di commettere il peccato di idolatria sul suolo santificato dalle orme del Profeta (che la pace sia con lui).
            E il venerdì, se non avesse di meglio da fare, potrebbe visitare il bazaar di Jeddah, dove al grido unanime di “Allah akbar” Lei vedrebbe saltare teste di decapitati, mani mozzate, e scorrere il sangue a fiotti dalle schiene dei fustigati per ubriachezza. A esservi stata nel gennaio del 1978, in quel bazaar, Lei avrebbe “goduto” di presenziare all’esecuzione capitale nientemeno che della principessa reale Misha, fucilata davanti al marito, e costui decapitato immediatamente dopo. Il reato? La famiglia reale non aveva approvato il matrimonio di una principessa con un borghese. La povera Misha forse non sapeva (o forse sì, non ho modo di accertarlo), in vita, di essere stata preceduta dalle vittime della ferrea “legge del fratricidio” secondo la quale i sultani ottomani, immediatamente dopo la loro elezione, si sbarazzavano di tutti i fratelli maschi figli delle varie concubine dell’harem imperiale. Il carnefice li raggiungeva dovunque fossero e li strangolava senza complimenti con un arco dalla corda di seta.
            Sarebbe bene che lo studente italiano conoscesse la cultura islamica perché è parte di essa che un bel giorno, “Il Gran Giorno”, il giorno che coronerà il trionfo dell’Islam tutti noi, da cafri infedeli, verremo fatti morire tra le torture più atroci. A meno, naturalmente, di non esserci guadagnati le “simpatie” di alcuni di loro. Ecco infatti che cosa diceva un giardiniere musulmano alla sua datrice di lavoro, una signora francese della Costa Azzurra che lo aveva trattato così bene da attrarsene le “simpatie”: “Quando verrà il Gran Giorno io non ti torturerò; ti taglierò la gola senza farti soffrire.”[2]
            E non ho mostrato che la punta dell’iceberg. Converrà con me che queste informazioncine darebbero a conoscere l’Islam più della quartine scelte del Rubayiat di Omar Khayyam. Io proporrei di insegnarle nell’ora di religione, scommettendo che riuscirebbero ad attrarre il 100% degli studenti anche se questa non fosse obbligatoria.


Le eccezioni di Maometto

            E’ nella sua storia, però, dove l’Islam ridurrebbe al rango di raccolta di pie favole quello che passa per “storia” nelle scuole italiane.
            Cominciamo con Maometto il suo fondatore. Parassita del lavoro altrui da quando sposò la ricca vedova Khadija, fu ridotto alla miseria dalla morte di costei, e non trovò maniera migliore di rifarsi un capitale che quella di razziare carovane durante il mese di Ramadhan, già sacro nell’Arabia pre-islamica e durante il quale le razzie erano convenzionalmente proibite. Da allora in poi tutta una serie di successi manu militari lo confermarono come capo del nuovo movimento, risultato di un sincretismo analfabeta tra il giudaismo talmudista e un cristianesimo apocrifo ed eretico. “Ero ammalato e non veniste a visitarmi, disse Dio a Mosè”: questo gioiello lo si può leggere oggi nei foglietti che costoro distribuiscono per accattivarsi le simpatie cristiane.
            “Sedusse la gente con promesse di piaceri carnali”, nota San Tommaso d’Aquino nella Summa Contra Gentes, “e non è da sorprendersi che lo seguissero uomini brutali e nomadi del deserto, completamente ignoranti di ogni insegnamento divino, e con i quali Maometto forzò altri a seguirlo con la forza delle armi (I, 6, 4). Guadagnerei a scommettere che questa citazione è sconosciuta al 100% degli studenti italiani e a un 99% dei loro maestri? E sanno, questi scolari italiani “come storpiato è Macometto” nella Commedia?

Tra le gambe pendevan le minugia;
la corata pareva, e ‘l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia
(Inf. 28,25).

            Lo sanno però i nostri fratelli islamici, che bisogna pur comprendere e perdonare, ma che nel frattempo hanno già promesso di far saltare in aria la tomba di Dante, e si può star sicuri che per lo meno lo tenteranno.[3]
            La legge di Maometto ammette fino a quattro mogli; ma non per lui, il fondatore, che ne ebbe nove[4] e che morì con la testa che scoppiava di emicrania nel grembo della favorita, Aisha, della quale era così geloso da farla velare (ecco l’origine del chador).
            I quattro califfi, successori del Profeta fino al colpo di stato di Muawiya, morirono tutti assassinati; e da lì in poi è tutta una storia di guerre, di massacri, di distruzioni vandaliche (come quella di Edessa nel 1144, che il nostro mondo post-cristiano non ricorda, figuriamoci poi se la rimpiange), e anche, perchè non ammetterlo, di letteratura, filosofia, architettura, matematica, ingegneria e urbanistica che completano la complessità del quadro.
            Ma la storia continua: domenica 9 luglio 1989 un musulmano abbattè con un solo colpo al cuore l’arcivescovo di Mogadiscio Mons. Salvatore Colombo, che aveva conosciuto solo poche ore prima; la giustizia somala non lo ha mai raggiunto, e non parliamo dell’interesse mostrato dal governo italiano.
            E buon per Mons.Colombo che non sia stata una turba ad aggredirlo, come quella che nel 1480 mise le mani su Mons Stefano Pendinelli vescovo di Otranto, e lo segò in due.
            Quindi, signor Ministro, siamo d’accordo: meno Manzoni e più Islam, e per soprammercato diciamo meno storielle e più verità. Ma dove fermarsi? I nostri scolari, male istruiti, non sanno che i successi politici, militari, tecnologici, amministrativi, finanziari, ecc. islamici, furono dovuti in maniera preponderante a rinnegati cristiani di tutte le nazioni.




Collaborazionisti cristiani

            Cominciamo con Eufemio da Messina, che consegnò la Sicilia agli Aglabiti, venendone ricompensato con la dedica di Calatafimi (Castello Eufemio, degno precedente della moschea di Monte Antenne); nel secolo seguente, ecco Jawahar Al Siqilli (il Siciliano), fondatore di Città del Cairo, che compie quest’anno il 1050o anniversario[5] (lo hanno ricordato i francobolli italiani?); re Giovanni d’Inghilterra (sì, proprio quello della Magna Charta), che pensava di farsi musulmano per sottrarsi alla giurisdizione di Innocenzo III. Che ne sarebbe di quella nazione, per non dire dell’Europa, se lo avesse fatto?; “lo secondo Federico”, come lo chiama Dante, che da musulmano viveva, con ben due harem, in barba al Papa e alle scomuniche; i maestri d’ascia genovesi che insegnarono ai turchi, tradizionalmente caprai, a costruire galere da guerra con le quali attaccare la cristianità; Urbano il valacco di Adrianopoli, che fuse per Maometto II il mostruoso basilisco usato all’assedio di Costantinopoli nel 1453; Francesco I re di Francia, che permise a Khair-ed-din Barbarossa, il rinnegato greco ammiraglio della flotta ottomana, di proibire il tocco delle campane di Tolone dove la flotta svernava all’ancora; il fiammingo Simon Danser, che insegnò loro l’uso della vela, al quale non erano arrivati da soli in tre secoli; il calabrese Luca Galeni, ex frate domenicano, che forse neanche Lei sospetta esser stato lo stesso Ulug Ali comandante l’ala sinistra della flotta ottomana a Lepanto; il croata Piali Pasha, comandante delle forze di mare contro i cavalieri di San Giovanni durante il Grande Assedio di Malta nel 1565 (a proposito: perchè i programmi ministeriali italiani hanno sempre omesso il Grande Assedio?); e, per non dilungarmi troppo, finisco con il britannico Abdullah Philby, passato alle file dell’Islam negli anni Trenta e degno padre del figlio Kim, passato all’Unione Sovietica dopo aver tradito il suo Paese nel 1963.
            Ripeto che non scherzo nell’affermare che questo genere di informazioni farebbe del bene enorme alla salute intellettuale della gioventù italiana, aiutandola a uscire dal buco in cui l’ha sprofondata un’educazione di Stato povera e livellante. Finisco con l’augurarLe, Signor Ministro, di essere l’antesignana di un rinascimento culturale  che faccia risalire i nostri giovani ai livelli che meritano, e che una politica miope e asservita a ideologie dissolventi ha loro negato per troppo tempo.

          
            Silvano Borruso



[1] E’ del gennaio 2001 la notizia che una giovane nigeriana, incinta per stupro, ricevette 100 sferzate. Il colpevole non fu neanche ricercato.
[2] Non è molto che otto religiosi cattolici di un convento algerino fecero proprio quella fine. E’ possibile che sia stata loro risparmiata la tortura per essersi accattivati le “simpatie” dei locali.
[3] Al tempo della stesura non ero al corrente della donazione che il Cardinale Pappalardo aveva fatto di una chiesa (sconsacrata?) di Palermo agli immigrati islamici per convertirla in moschea. Secondo il prelato, evidentemente si trattave di grandi valori come Fratellanza/Distensione/Dialogo/Ecumenismo e chi più ne ha più ne metta. Non secondo i giornali tunisini, che il giorno dopo gongolavano: “Vittoria dell’Islam sul cristianesimo. Cardinale di Palermo costretto a cedere una chiesa”.
[4] Secondo altre fonti, 13
[5] Il lapsus memoriae è mio: la fondazione risale al 969, non al 943