sabato 27 febbraio 2016

Oltre destra e sinistra

Il titolo, ripreso dal saggio di Roberto Mancini "Oltre destra e sinistra: il socialismo fascista", è un messaggio chiaro a chi ancora oggi (stupidamente) si richiama a quelle inutili dicotomie "destra" e "sinistra". Roberto Mancini, ex professore di Storia e Filosofia di un prestigioso liceo romano, delinea chiaramente il messaggio sociale e rivoluzionario del fascismo e del suo capo fondatore, Benito Mussolini. Partendo dall'analisi della Repubblica di Platone, egli ha di fatto estrapolato le radici che hanno accomunato i Totalitarismi del XX secolo: comunismo, fascismo, nazionalsocialismo. Dal "comunismo platonico", si è poi passati, ai motivi dell'affermazione storica dei concetti destra/sinistra, risalenti a quell'evento epocale che fu la Rivoluzione Francese.
Mancini, durante tutto il percorso ideale tracciato nel corso della sua opera, ha chiaramente messo in luce le forti compenetrazioni tra quel nazionalismo aristocratico-spirituale, nemico dell'individualismo democratico che appiattisce gli esseri umani, immalinconisce e cancella lo spirito eroico e, quel socialismo rivoluzionario che ripudiando tanto il materialismo marxista, quanto il mito della lotta di classe realmente mai appreso dalle masse operaie e contadine, si colloca nel principio secondo il quale la rivoluzione, non può e non deve fare a meno della nazionalità. La seconda parte del saggio, inizia con l'evocazione, al sindacalismo italiano: il fascismo, o meglio ancora il socialismo mussoliniano, nacque proprio dalla sintesi tra il sindacalismo nazionale, a cui l'autore risale grazie all'episodio dello "sciopero creativo" di Dalmine del 20 marzo 1919 e, il sindacalismo rivoluzionario delle Riflessioni sulla violenza di George Sorel. Entrambi, unificati nel primo conflitto mondiale, dal fenomeno dell'interventismo
L' anarcofascismo, altro fenomeno di grande importanza nel contesto del "movimento fascista" , viene spiegato brillantemente attraverso la geniale figura politica di Berto Ricci. 
Il parallelismo tra la figura di Vladimir Ilic Uljanov detto Lenin e quella di Benito Mussolini, costituisce, invece, quel tocco di originalità che solo una mente libera ed acuta poteva sviluppare: i due rivoluzionari, di comuni radici socialiste, vengono descritti tenendo in considerazione gli episodi che maggiormente ne hanno segnato la vita. Il saggio si conclude con l'esperienza della Repubblica Sociale Italiana e il postfascismo.
Durante la RSI, fu emanato il decreto sulla socializzazione, il quale riducendo la secolare distanza tra datori di lavoro e lavoratori, non solo garantì a quest'ultimi la partecipazione agli utili e alla gestione delle imprese ma, in maniera inequivocabile tracciò la strada verso la conciliazione tra capitale e lavoro. Il decreto fu poi abolito il 25 aprile 1945 dal CLNAI.
Il postfascismo o neofascismo, incarnato nel Movimento Sociale Italiano, rappresentò la fine della spinta socializzatrice del fascismo repubblicano: Corporativismo e Socializzazione, furono ripresi solamente a parole, ma nei fatti e nei contenuti furono traditi con la "svolta a destra". 
Il MSI, diviso internamente da tre grandi anime (socializzatori, corporativisti, spiritualisti-evoliani), fece come suoi cavalli di battaglia il conservatorismo e l'anticomunismo più becero, a discapito di quella componente proletaria e rivoluzionaria che fin dalle sue origini ha contraddistinto il fascismo (Mancini, a tal proposito, accenna alla figura di Stanis Ruinas). Infine, l'autore ricorda anche il sacrificio di tanti giovani che persero la vita credendo di combattere per una nobile causa, essendo inconsapevoli del fatto che, la base dirigente facendo suo il motto "non rinnegare, non restaurare", mirava verso altri obiettivi.


Francesco Marrara