Il giudice di Salerno con la sentenza n. 3688 del 2012 ha ristabilito un equilibrio.
Non si può essere debitori a vita, e questo principio è valido anche nel caso in cui si tratti di debiti tributari.
Equitalia, dunque, deve rispettare il codice del contribuente ma non solo. Deve anche rispettare il codice civile. Infatti quando Equitalia insiste a esigere pagamenti di cartelle dopo la scadenza del debito ciò significa che sta aggredendo il contribuente ed il suo patrimonio senza averne più alcun titolo.
Il giudice di Salerno, in quella storica sentenza, ha infatti stabilito che il concessionario della riscossione (Equitalia) non può notificare pretese esattoriali per le quali è intervenuta la decadenza e se lo fa scatta la sua responsabilità al risarcimento del danno, perché così facendo crea un pregiudizio al contribuente.
I termini entro cui è possibile notificare le cartelle di pagamento, sono stati chiariti dalla nota legge 106 del 2005, e in tutti i casi in cui la notifica non avviene entro i termini dettati da questa legge, l’ufficio perde definitivamente il diritto a richiedere il pagamento dei tributi dovuti.
I termini sono entro il 31/12 del:
- secondo anno successivo all’accertamento definitivo;
- terzo anno successivo alla presentazione della dichiarazione, in caso di liquidazione delle dichiarazioni (art. 36 bis);
- quarto anno successivo alla presentazione della dichiarazione, in caso di controllo formale (art. 36 ter);
- secondo anno successivo alla scadenza della rata non pagata, in caso di dilazione;
- quarto anno successivo alla presentazione del mod. 770, in caso di indennità di fine rapporto.
Nel caso in cui invece Equitalia continua ad esigere il pagamento di cartelle dopo tali scadenze, ciò significa che sta danneggiando indebitamente e irragionevolmente il cittadino-contribuente debitore senza pero averne più alcun titolo.
La conseguenza? Dovrà risarcire i danni. Anche lo Statuto del Contribuente, prevede espressamente che i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria siano improntati al principio della collaborazione e della buona fede.
Già la Corte Costituzionale nel 2005 con la sentenza n. 280 si era espressa in merito ai termini decadenziali del diritto ad esigere qualsivoglia tributo, ed infatti aveva sancito la illegittimità costituzionale dell'articolo 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nella parte in cui non fissava appunto alcun termine per la notifica al contribuente della cartella per le imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi. In questa maniera ad essere compromesso era “il diritto del contribuente all'effettiva conoscenza dell'iscrizione a ruolo, procrastinandola a tempo indeterminato e ledendo, in tal modo, il diritto di difesa del contribuente”.
Il giudice di Salerno ha ben ritenuto che Equitalia non solo deve ritenersi equiparata a qualsiasi creditore, ma soprattutto che in virtù di tale status a Equitalia si applica l’art 10 dello statuto del contribuente (legge 27.7.2000 n 212) dove vi è l’espressa previsione che i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati alla buona fede, e quindi nel caso in cui Equitalia violi tale principio è tenuta a risarcire i danni.
Articolo a cura dell’avv. FLORIANA BALDINO del foro di Trani (BT)