giovedì 28 febbraio 2019

La révolution inconnue Russie 1917 - 1921 Voline

BANCA SVIZZERA UBS CONDANNATA. RICICLAGGIO DI DENARO.

La nuova minaccia

Cosimo Massaro ospite su Canale Italia

Cosimo Massaro ospite su Canale Italia

SVELATA L'ORIGINE DEL COMPLOTTO

Un reddito per legittimare il sottosalario

Mentre le stanno espiantando gli organi lei si sveglia: «Scusate, ma io sono viva»

Mentre le stanno espiantando gli organi lei si sveglia: «Scusate, ma io sono viva»

Vent'anni di euro si stanno mangiando 50 anni di risparmi di duro lavoro del Popolo Italiano!

Vent'anni di euro si stanno mangiando 50 anni di risparmi di duro lavoro del Popolo Italiano!

OCCIDIT QUI NON SERVAT con G Vitali prima parte

LA QUESTIONE DEL LATTE, DISTRIBUTORI E COSTO DELLA VITA LEGATO AL COSTO ...

L' esercito dei 20.000

SVELATA L'ORIGINE DEL COMPLOTTO

Dimensioni invisibili

mercoledì 27 febbraio 2019

LA COMPETIZIONE (NEOLIBERISTA) E' ANTI-NATURALE... SOLO COOPERAZIONE

PERDITA DELLA SOVRANITA' MONETARIA E REDDITO DI CITTADINANZA

Jurak Rumi the mystery of Peru

Bunker di Sicilia..grazie ai gruppi di ricerca e salvaguardia

Andavo per bunker, fin da bambino (anni '1955-'60) tra Messina e Catania..poi nel siracusano ed altrove. Ma.. senza documentare,se non mnemonicamente.
Oggi, grazie ai gruppi di nuovi (e meno nuovi) appassionati, pure estremamente competenti, ritrovo postazioni "perdute nella memoria" e "spiegazioni tecniche e costruttive" delle casematte e delle fortificazioni antisbarco presenti in Sicilia nel 1943..con tantissime di queste del tutto sconosciute ma, oggi, pure "salvaguardate" storicamente dall'operato dei numerosi volontari.


Io mi sono ritrovato ad aver potuto utilizzare le mie visioni e testimonianze "sul campo" per la "rivalutazione" del "soldato italiano" (quello tedesco godeva da sempre della stima per lo "spirito guerresco") nella Difesa della Sicilia nel 1943. Gli amici delle "pagine" che trattano questa tematica fanno pure di più..spiegano e documentano, oggi per domani, la "memoria storica" pietra per pietra (con annesse coordinate), offrendo il tutto non solo agli appassionati ma pure a quelle istituzioni che, nel passato, se ne fregavano altamente di quanto io o (pochi) altri potessimo loro chiedere per la salvaguardia del patrimonio storico della II Guerra Mondiale.
Grazie, grazie a tutti voi😊😊😊

Vincenzo Mannello

Un nuovo ordine morale G P Pucciarelli e Giorgio Vitali

La Fabbrica del Consenso _ Parte 2 di 2 (Sottotitoli Italiano)

La Fabbrica del Consenso _ Parte 1 di 2 (Sottotitoli Italiano)

Ecco cos'abbiamo trovato nei vaccini: lo studio Corvelva - Loretta Bolga...

IL RITORNO DELLO GNOSTICISMO

Incontri con il maestro - P. D. Ouspensky

REPETITA IUVANT AVV MARCO MORI

martedì 26 febbraio 2019

An electric car that does not require conventional recharging

Egyptian Archaeologists Find Ancient Sphinx

L’ERRORE CRUCIALE DEL GOVERNO GRILLINO. Non ha ascoltato Sinn & Fuest

L’ERRORE CRUCIALE DEL GOVERNO GRILLINO. Non ha ascoltato Sinn & Fuest

“Salvare l’euro fino alla morte” dell’ultimo italiano.

“Salvare l’euro fino alla morte” dell’ultimo italiano.

Ars, dossier dei 5 stelle: “Il parlamento siciliano costa di più della Casa Bianca”

COME è COMPOSTA L'ATMOSFERA

  • Troposfera (0-20 km dal suolo)
  • Stratosfera (20-50 km dal suolo)
  • Mesosfera (50-80 km dal suolo)
  • Termosfera (80-600 km dal suolo)
  • Esosfera ( >600 km dal suolo)

Archaeology of Bolivia and Mexico

Georges Brassens - La Mauvaise Réputation

OGGI ALLA MANIFESTAZIONE "INCONTRA LE AZIENDE" "ITINERIS"

FOTO COL SANGUE/ SENZA E MACCHIE: ATTENTATO AL PAPA? SVEGLIA GENTE!?

Smart Voice - Emilio Del Giudice, Alberto Tedeschi

Morire di cure: gli errori medici sono la terza causa di morte negli Usa. E in Italia?

Morire di cure: gli errori medici sono la terza causa di morte negli Usa. E in Italia?

Farmaci: prima causa di morte al mondo

Farmaci: prima causa di morte al mondo?

Emilio Del Giudice - "Scienziato Rivoluzionario"

l’Italia è il Paese europeo che paga di più: 146 milioni di dollari al giorno, ovvero 2,4 dollari a testa.

l’Italia è il Paese europeo che paga di più: 146 milioni di dollari al giorno, ovvero 2,4 dollari a testa.

1 Mauro Scardovelli commenta il film documentario "Lo Sfidante"

La fuerza de nuestra mente por Prentice Mulford (1834–1891)

La fuerza de nuestra mente por Prentice Mulford (1834–1891) 

Del Cristo

Più si cerca il Gesù storico più questo sfugge
Più si cerca il Cristo interiore 
più lui si manifesta

ESTRATTI DAI SAGGI di Prentice Mulford

ESTRATTIDAISAGGIdiPrentice Mulford 

Chi controlla il mondo: Il veliero di Malvern

Chi controlla il mondo: Il veliero di Malvern

RICCHEZZE nascoste e povertà diffusa PRETI PEDOFILI Malaparte Omeopatia

L' INCOERENZA E INCOMPETENZA NON PAGA?

Che è successo ai 5 stelle?

lunedì 25 febbraio 2019

Baalbek - Enigmi Alieni?

LIBRO DELLA GUARIGIONE LE COSE DIVINE di Avicenna (Ibn Sı¯na¯)


“Muore giovane chi è caro agli dei” 
 Menandro

DELL'AMORE

"Un'unica Forzal'Amoreunisce e rende vivi infiniti mondi
Giordano Bruno (1548-1600)

CRONACHE VARIE DAL VIAGGIO ALLE FONTI DELL' OURIKA A MARRAKECH



Vittime delle debolezze linguistiche e degli acciacchi dell'età (un incipiente attacco di gotta stroncato con dieta ipoacida e ipoproteica e tanta acqua a Ph alcalino, e un dente capriccioso in trattamento canalare, che resiste alle terapie pesanti farmacologiche con antibiotici cortisonici e fans mirati) dopo la galoppata sui cammelli nel palmeto di Marrakech, partiamo con grande fretta e con grande ritardo per le fonti dell'Ourika dove piccole cascate scendono fino alla vallata trasformata in una enorme meta turistica e in grande Souk, ai piedi della catena montuosa innevata dell'Atlante.
Incontriamo nel viaggo due svizzero italiani con cui facciamo squadra aiutati dalle guide e da tutti i pellegrini delle fonti dell'Ourika. Ci si può domandare perchè tanta gente affronta una scalata densa di pericoli per le deboli articolazioni dei cittadini, tra cui quello di sfracellarsi in uno dei tanti dirupi che caraterizzano la salita. La bellezza c'è, ma è niente a fronte della cascate del Niagara o delle mille cascate che si trovano nella nostra via di sempre. Una qualche risposta potrebbe venire dal report del dente dolente che in alto, sotto la cascata dell'Ourika torna leggero, indolente, anche a fronte di un mega the alla menta caldo che di solito lo fa esplodere di dolore. Una climatoterapia del dolore di altitudine e dell'effetto ionico della cascata, si potrebbe ipotizzare sul modello della terapia del dolore cronico sulle colline di Pietracupa in Molise dove fu misurata una prevalenza di ioni negativi configurando una ionoterapia naturale del dolore da artrosi e da fibromialgie resistente alle comuni terapie del dolore a Roma.
Quando scendiamo a valle per il pranzo sul fiume, prima di ripartire per Marrakech, il dente riparte disturbando il pranzo e lo spirito della viandante. Si riprendono Augmentin, un aulin e un medrol e qualche alleggerimento si osserva. Al ritorno a Marrakech attraversando la Kasba per giungere al nostro Riad (l'albergo tipico della Kasba), ripenso a rifare un cuscino speciale WR con materiali che ho visto esposti nel mercato di strada (frammenti di lana di acciaio sufficienti per gli strati con delle buste di tessuto non tessuto che avevamo già usato con un cuscino rayan air).
Questo di fatto più che un cuscino e una piccola bag orgonica che si può produrre facilmente qui a Marrakech con meno di un euro ) e che nel dopo cena che il dente si risveglia anche perché qui si cena all'aperto si giunge all'ennesima assunzione di augmentin e brufen e cortisone con applicazioni locali di citozym. Che fanno molto, ma ancora una volta non bastano e quindi nella notte si passa all'uso dell'inedita applicazione orgonica con una piccola bag rosa che irradia non si sa cosa, ma con una certa efficienza e ben conosciuta da oltre 80 anni, cosicchè la mattina comincia con un dente in ordine e l'ultimo giorno di Marrakech libero da dolore e infezione per Alba.
Il Dispositivo speciale come si vede si può produrre con meno di un euro qui a Marrakech e in varie forme è usato da centinaia di persone di varie età per contrastare meteoropatie dolori cronici, ustioni e ricaricare le "batterie biologiche" come si è misurato con un EAV (Elettoragopuntura id Voll).
C'è molto da studiare sulla fisica dell'Atmosfera tra primo e secondo principio della termodinamica e sul fronte delle creazione dei Potenziali spontanei in Natura (quelli che tra l'altro danno vita alle formazioni temporalesche che si scaricano nei fulmini), sull'origine del magnetismo e del potenziale vettore che mi disse Renata è la fonte sorgente del campo elettromagnetico oltre a essere molte altre cose oltre ad un ente matematico come scoperto da Bohm Arhonov e da Josephson .
Se ne parla nel numero in edicola di Scienza e Conoscenza. Se ne scrisse a cinquantanni dalla morte in carcere negli USA per truffa del grande scienziato europeo allievo di Freud, Whilhelm Reich curato con De Marchi https://www.macrolibrarsi.it/autori/_luigi_de_marchi.php che fece il punto sulle ricerche dei principali protagonisti che negli ultimi decenni hanno studiato questa vicenda scientifica tanto rilevante in pratica quanto enigmaticamente trascurata e marginalizzata anche se da Novasibirsky a San Pietroburgo da Roma a molti altri centri di ricerche internazionali più meno vergognosamente la ricerca teorica e sperimentale procede non finanziata e bannata.
Noi dopo averle tentate tutte per sconfiggere il dolore acuto al dente (che non si augura al peggior nemico) abbiamo dovuto ricorrere all'estrema arma orgonica. Forse sarebbe il caso di smetterla di arricciare il naso e guardare che accade nei fenomeni della Natura a cielo aperto, e con poco.
Marrakech 25 Febbraio 2019 Vincenzo Valenzi 


Galleria foto video in costruzione

RaiNews - Intervista a Luc Montagnier (prima parte) 24 minuti

Ma quanto dobbiamo amarlo, ‘sto grafene? La domanda - Seconda parte

La mia TERRIBILE esperienza con youtube

Dr. F. A. Popp: “Le persone in salute emettono fotoni coerenti”

Dr. F. A. Popp: “Le persone in salute emettono fotoni coerenti”

Dominio di Coerenza (Emilio Del Giudice ed i metronomi)

Prof. Giuseppe Genovesi

Corridoio 5

HCT - Treno
Alta Capacità

Possibile ci sia nessuno pentastellato che possa avere un'idea semplice e risolutiva sulla HCT (High Capacity Train) Treno Alta Capacità per il trasporto delle merci?
Ormai il corridoio 5 Kiev-Lisbona ha perso la propaggine portoghese per gli alti costi che il Portogallo non intende più sostenere, per cui ci sarà il Kiev-Algesiras con il terminale nel Sud della Spagna.
Per corrispondere ai desiderata di chi ha concepito tale opera "in-dispensabile?", a detta degli europeisti, basterebbe permettere la sua costruzione senza ulteriori costi per le casse italiane con pagamento del pedaggio per il transito sul territorio italiano e qualora questo servizio fosse richiesto dal sistema produttivo italiano, fissarne i costi nella ricontrattazione dello stesso in sede europea.
Perciò è da ridiscutere il tutto alla luce di queste nuove condizioni.

Renzo Riva
Buja

SIAMO SOTTO RICATTO di Luigi Luccarini.

SIAMO SOTTO RICATTO di Luigi Luccarini.

Intervista a Silvana De Mari: "Vi racconto il mio processo e la mia dife...

MALAPARTE Robert Kaplan, Paul Kennedy Farmaci da buttare

IL PROBLEMA AFRICA IN UN MINUTO

SCIENZA DELLA MALORA[1]


SCIENZA DELLA MALORA[1]
Sapere, capire e ordinare sono i tre gradini della maturità filosofica, che cominciando con l’osservazione, continua percependo collegamenti tra le realtà osservate, per poi finire ordinandole secondo una gerarchia naturale che dalle cose si trasferisce alla mente. Ecco il significato di verità come adaequatio intellectus et rei.
In economia sono passati due secoli e mezzo dalla sua, diciamo, invenzione ad opera principalmente di Jean Baptiste Say (1767-1832) e Adam Smith (1723-1790), ma continuiamo a muoverci a tentoni nel buio più pesto per non salire quei gradini. Cosa lo impedisce?
Uno, la mancanza di osservazione. Le cosiddette “facoltà” di economia fanno leggere libri di testo e articoli eruditi di riviste di grido. Ma non insegnano a guardarsi attorno e osservare le baraccopoli ai piedi dei grattacieli, i mendicanti per le strade di città opulente, i senzatetto fatti sparire forzatamente dagli spazi pubblici, la disoccupazione imparabile tanto quanto la strapotenza bancaria, le tasse a tapis-roulant su chi lavora, l’assoluta impotenza della politica sulla crematistica, per non parlare di guerre pressoché eterne.
Due, l’incapacità di pensare. Quando die Professoren, come ironizzava Gesell, definiscono l’economia come “assegnazione di risorse scarseggianti”, nessuno alza una mano che contesti l’affermazione, chiedendo a) da quando data codesta definizione, b) un esempio di risorsa naturalmente scarseggiante, e c) chi ha la funzione assegnatrice.
A farlo, le risposte (vere) sarebbero rivelatrici. La prima è che quella definizione data dalla fine delle Seconda Guerra. Prima di essa, l’economia veniva definita come la creazione e distribuzione di ricchezza. La seconda è che non esistono risorse naturalmente scarseggianti. Se qualcuna lo è, sono interessi creati a farla scarseggiare. E la terza è che l’assegnazione è compito di onniscienti e onnipotenti burocrati del potere, esautorando così per principio un paterfamilias, un piccolo agricoltore, un libero artigiano ecc.
Qui viene a pennello un episodio di vita vissuta. Nel 2007-8 in Kenya, Africa Orientale, i disordini sanguinosi seguiti alle elezioni presidenziali causarono la perdita di un intero raccolto di patate, il cui prezzo schizzò alle stelle. La perdita  fu aggravata dall’appropriazione indebita del campo sperimentale di coltivazione e dal diminuito vigore del cultivar di patata di allora.
Mentre il Ministro dell’Agricoltura organizzava “task-forces” e burocrazzate del genere, un umile contadino di quel di Nyandarwa gironzolava nel mercato ortofrutticolo di Nairobi. Vide arrivarvi un camion carico di tuberi bellissimi, di color bianco sporco con germogli rossastri proveniente da chissà dove. Offrì di acquistarne, ma il carico era già venduto.
Non si diede per vinto. Aspettò che gli incaricati spazzassero il cassone, e tra l’immondizia erano dei tuberi. Li portò a casa in un sacchetto di plastica, li tagliò e piantò, e in 50 giorni ebbe il primo raccolto. Ritagliò, ripiantò, e in altri 50 giorni il raccolto gli permise di venderne ai vicini. Per farla breve, in meno di un anno la scarsezza era ridivenuta abbondanza grazie all’iniziativa di un solo contadino con gli occhi aperti. I burocrati stavano ancora formando “comitati” et similia.
Basterebbe tutto ciò per dare ragione a Carlyle? Cosa succederebbe ritornando alla definizione classica di economia? Tentiamo di salire l’ultimo gradino di maturità filosofica: ordinare.
La definizione classica di economia, quindi, era (e sarebbe opportuno che sia) la scienza della creazione e distribuzione di ricchezza. Bisogna pertanto cominciare con il definire quest’ultima, con l’aiuto di Frédéric Bastiat (1801-1850): la ricchezza non è che la sommatoria di servizi, o offerti da persona a persona (insegnante, medico, avvocato), per una somma detta onorario, oppure incorporati ad un bene per una somma detta prezzo[2].
Codesta definizione, però, nasconde una trappola, invisibile al pensiero debole. Le due operazioni: creazione e distribuzione, non ne fanno una scienza, ma due. Faceva notare Henry George (1839-1897) 125 anni fa, che creare ricchezza obbedisce a condizioni fisiche, cioè aver terra sotto i piedi e lavorare; distribuirla invece obbedisce a criteri morali di giustizia, senza la quale la ricchezza viene sì distribuita, ma da una tassazione perversa, da corruzione, malversazione, peculato, furto e tutta una serie di operazioni notissime ab immemorabili.
Nulla di tutto ciò viene offerto nelle prestigiose “facoltà”: la distribuzione di ricchezza la si fa dipendere da una “econometria” piena di equazioni, formule, modelli, grafici e astrazioni del tutto avulse, per esempio, da un’immagine che fece il giro del mondo: un piccolo risparmiatore greco che prono su un marciapiede singhiozzava disperato per aver perdutto tutto il suo in seguito a chissà che modello applicato da “esperti”.
La distribuzione di ricchezza viene favorita, o impedita secondo i casi, dal denaro, utilissima invenzione dello spirito umano che però soffre di una contraddizione secolare della quale ci occuperemo fra breve. Questo saggio tratterà quindi di terra e lavoro che creano ricchezza, e denaro che la distribuisce, secondo giustizia o no. I due argomenti principe saranno le Questioni Fondiaria e Monetaria.
La Questione Fondiaria
Gli economisti di Stato disattendono la suddetta questione. Alcuni la considerano risolta da decenni. Ma vedremo che a meno di affrontarla, l’economia non si capisce. Cominciamo, come sempre, dall’osservazione.
Sempre e dovunque, chi lavora crea rendita. Una volta si diceva che questa fosse il compenso della proprietà fondiaria; non è vero, per cui a dirlo non si farebbe altro che confondere le idee.
Affermano Harrison e Gaffney, autori di Beyond Brexit: the Blueprint, che nel Regno Unito la rendita da lavoro nel 2016  ammontava a una corposa somma di 493 miliardi di sterline.
Secondo giustizia, chi aveva prodotto quell’ingente somma dovrebbe goderne i frutti come servizi pubblici: elettricità, acqua, sanità, stipendi alle madri che scegliessero di accudire i figli, trasporto pubblico, eccetera.
Ma così non è: tutta quella somma è andata a finire nelle tasche dei landlords, i terratenenti britannici. Un excursus storico aiuterà a capire.
Prima degli anni fatidici 1536-1541, le terre che oggi convogliano le rendite ai landlords secolari le convogliavano a quelli clericali: vescovi e alto clero. Nonostante disordini morali, le rendite coprivano la previdenza sociale: scuole, ospedali, orfanotrofi, alberghi[3], ecc.
Ma le guerre di Re Enrico VIII avevano bisogno di soldi, e lui non capiva la relazione tra lavoro e rendita. Cosicché confiscò le terre ecclesiastiche, fece distruggere 900 monasteri dallo scagnozzo Thomas Cromwell e commise l’errore fatale di vendere le terre a nobili danarosi, i quali non persero tempo a luteranizzarsi per sfuggire a un benché minimo suggerimento di restituzione. Neanche Maria Tudor (Bloody Mary come viene “ossequiata” ancora oggi), durante il brevissimo quinquennio di restaurazione cattolica osò chiedere la restituzione di terre. I nuovi landlords chiesero, e ottennero, titoli di proprietà garantiti dalla Corona.
Così apparvero in Inghilterra i poveri, per non andarsene più. Per disfarsi dell’odiosa imposta sulla rendita, e fregandosene altamente della previdenza sociale, nel secolo XVII i discendenti dei landlords del XVI inventarono le imposte indirette, che ancora oggi impediscono alle classi meno abbienti acquisti di ogni genere. Il sistema bicamerale completa il quadro: The House of Lords esiste, si sappia o no, per impedire alla House of Commons di legislare contro i loro interessi fondiari.[4]
Ed ecco apparire la disoccupazione, completata dalla Rivoluzione industriale prima e politica dopo, che derubarono le famiglie dell’uso della terra e della proprietà dei mezzi di produzione. Nel frattempo i commons, le terre demaniali, venivano anch’esse accorpate alle proprietà degli eredi dei landlords del XVI secolo. La Rivoluzione Industriale restituì un’infima parte del furto sotto forma di salari da fame (Legge Ferrea di David Ricardo [1772-1823]).
I poveri non morirono di inanizione. Ma nel 1864 il professore Edwin Thorold Rogers (1823-1890) di Oxford pubblicava una Storia Economica d’Inghilterra dove dimostrava, cifre alla mano, che ogni sovrano da Enrico VIII in poi aveva lasciato il popolo più povero alla sua morte di quanto lo aveva trovato all’accessione al trono. In pieno secolo XIX i poveri non potevano permettersi neanche un piatto di carne all’anno. Il Prof. Rogers venne radiato da Oxford.
Nel 1896 Vilfredo Pareto (1848-1923) formulava il suo “principio”: il 20% di una popolazione era in grado di fornire tutti i bisogni al rimanente 80%.
La scoperta di Pareto però non è un “principio” cioè un punto di partenza. È una constatazione, cioè un punto di arrivo. Egli aveva quantificato il fenomeno della disoccupazione, Bisogna chiedersi: “e il resto”?
Si è tentato di tutto: sindacati, Stato Provvidenza, carrozzoni, ONG, eserciti smisurati, prigioni strapiene, pensioni, case dei poveri, orfanotrofi, “posti di lavoro”, “certificati” di chissà che abilità arcane, et similia. Il montaggio non ha fatto che turlupinare il pubblico, facendo credere che lavoro = posto fisso con stipendio mensile assicurato. Si continua ad avere una paura matta del “precariato”, considerato come ripiego nell’assenza sempre più evidente di “posti fissi”.
Eppure, prima del gran furto storico ventilato sopra tutti erano precari. Il piccolo agricoltore, la domina che confezionava squisiti manicaretti, conserve e capi di vestiario per uso proprio e altrui, il calzolaio (non ciabattino) che disegnava ed eseguiva calzature originali, il piccolo costruttore conoscitore di antichi segreti, l’esecutore di arti e mestieri perdentesi nella notte dei tempi, erano uomini e donne liberi, non oppressi da “padroni” e trattati come cani.
Il precariato diffuso è sintomo non solo di libertà, ma anche e sopratutto di sviluppo economico, inteso come incremento del numero di lavoratori. La proprietà industriale degli essenziali: cibo, vestiario e tetto, ha spostato l’equilibrio economico verso la crescita, cioè l’incremento di dimensioni dell’unità produttrice di ricchezza. Macchinismo e posto fisso hanno instituzionalizzato disoccupazione e povertà: chi lavora non è che “costo di produzione.[5]
Quel che è peggio è la sparizione della memoria storica di tutto ciò, e con essa ogni idea che una legge morale dovesse reggere l’attività economica dall’alto[6]. Si è istituzionalizzato quello che un tempo la Chiesa bollava come il quarto dei peccati che gridano vendetta al Cielo: “negare la mercede a chi lavora”.  
Il secolo XX ha introdotto l’imposta sul reddito e l’IVA, che completano quelle che Harrison e Gaffney chiamano treadmill taxes, il tapis-roulant che costringe chi lavora a correre sempre più veloce e con maggiore sforzo per stare dov’è.
Se Enrico VIII avesse trattenuto quelle terre per la Corona, oggi le entrate nello Scacchiere di Madame May sarebbero sufficienti per sostenere il grosso, se non il tutto, della spesa pubblica. Il referendum del 2016 le ha conferito il mandato; lo eseguirà, o troverà scuse per continuare a tartassare chi lavora con treadmill taxes?
Che non sono innocue. Harrison e Gaffney mostrano, cifre alla mano, che chi nasce oggi in un quartiere povero di una città britannica ha una aspettativa di vita fino a 17 anni meno di chi nasce in un quartiere benestante.
La controprova del suddetto argomento è osservabile in Zambia, Africa centro-meridionale. Nel 1975 l’allora presidente Kenneth Kaunda (1924- ) abolì i titoli di proprietà e proibì per legge la compravendita di terreni, soggiacenti a costruzioni o no. Chi ha bisogno di terra in Zambia ne contratta l’affitto con l’ufficio del Presidente per un tempo e prezzo convenuti.
I risultati parlano da sé. Per cominciare, vivono e lavorano in Zambia circa 120 coloni bianchi espulsi da Zimbabwe, che coltivano tabacco e granturco come prima, ma contribuendo all’economia del paese di accoglienza. Chi visita Lusaka non può fare a meno di notare un traffico senza ingorghi, numerose strade a doppia carreggiata, piste ciclabili, parcheggi ampi e gratis anche in centro, edifici a più di due piani solo se pubblici, e un senso diffuso di tranquillità. Ma quel che più conta, non una goccia di sangue è stata sparsa in più di 40 anni di regime fondiario collettivo. Il contrasto con Kenya non potrebbe essere più vistoso.
Kaunda mise in pratica nel 1975 quello che aveva capito benissimo Re Afonso Mvemba Nzinga (m. 1543) del Kongo, soprannominato Costantino d’Africa dai Portoghesi. Si era sempre rifiutato di vendere terre. Apostrofava l’ambasciatore di quel paese: “Castro, quale è il castigo per chi mette i piedi a terra”?
La stessa controprova si poteva (l’imperfetto è d’obbligo) constatare nella Libia di Gaddafi (1942-2011). La stampa occidentale ne ha sempre detto peste e corna, ma la realtà era che elettricità, scuola e sanità erano gratis. Alle coppie contraenti matrimonio la Banca di Stato concedeva un prestito ad interesse 0% di 50mila dollari; lo Stato pagava le rette degli studenti all’estero, la benzina costava 14 centesimi di euro al litro; chi voleva dedicarsi all’agricoltura riceveva terra, sementi e bestiame iniziale gratis, e in 25 anni la Libia aveva costruito –senza indebitarsi- il Gran Fiume Artificiale, un acquedotto che aveva appena finito di convogliare acqua dolce dalle profondità freatiche di Kufra alla costa, in 6mila kilometri di tubatura da 4m di diametro. I bombardieri NATO si fecero un dovere di distruggerlo.[7]
Questo il succo della Questione Fondiaria. In Italia, per non aver risolto quella Questione, Mussolini dovette muover guerra all’Etiopia per “un posto al sole”, che c’era ampio a casa ma occupato da latifondisti nostrani.
Perchè il latifondo, non dimentichiamolo, è causa di guerra, intestina prima e straniera poi. Diceva Plinio: Latifundia perdidere Italiam. Si legga Tito Livio per confermarlo. Si aggiunga che nessuna conclamata “riforma agraria” basata sulla proprietà allodiale abbia mai avuto successo. La ragione è che i meno abili all’uso di terre preferiscono venderle piuttosto che lavorarle. E il carosello ricomincia.
I partiti politici disattendono la questione dal tempo dell’Unità, e continuano a disattenderla. Cosa dovrebbe fare un governo che veramente governi?
Una sola cosa: spostare l’imponibile fiscale dal valore aggiunto dallo sforzo di chi lavora al valore sottratto all’uso comune dalla proprietà fondiaria. Il che suppone consapevolezza della doppia rendita di ogni proprietà: una da lavoro, che appartiene al 100% a chi ha costruito, coltivato o fatto uso del terreno in qualunque maniera; e una da ubicazione, che appartiene al 100% a chi l’ha creata, cioè a chi lavora attorno alla proprietà, a cominciare dalle donne che fanno figli e li accudiscono.
Una tale misura implicherebbe sfidare un potere capace di aver sottomesso la politica per secoli. Ma questo è proprio il punto. Totò direbbe: siamo statisti o caporali?
La Questione Monetaria
Se l’ignoranza della Questione Fondiaria non permette né di capirla né di ordinarne i contenuti, quella Monetaria al contrario la si conosce sempre meglio, ma si capisce poco, e meno ancora se ne ordinano i contenuti.
Vengo immediatamente al punto: se esistono due scienze economiche, rispondenti a criteri diversi ma complementari, esistono anche due realtà monetarie, questa volta non complemetari ma contraddittorie.
Il punto è di importanza capitale. Chi manca di un minimo di formazione filosofica per capire la differenza tra idee/proposizioni contraddittorie, contrarie o subcontrarie non legga oltre. Ciò vale specialmente per gli hegeliani: per Georg Frederick non esiste la contraddizione, ma un cauto confronto tra tesi e antitesi, sintetizzate ad nutum philosophantis.
Però chi si basa sulla filosofia dell’essere sa che due idee o proposizioni contraddittorie non possono coesistere nella medesima realtà. Se una è vera l’altra è falsa e viceversa: se una è falsa l’altra è necessariamente vera. Una delle due deve cedere il posto.
Ecco il punctum dolens della questione monetaria. Da due millenni e mezzo ci trasciniamo un tipo di moneta con due funzioni contraddittorie forzate a coesistere nello stesso pezzo di qualsivoglia materiale: metallo prezioso, vile, carta, vetro, cuoio, conchiglie, manufatturati e chi più ne ha più ne metta. Questa contraddizione è all’origine di tre problemi ancora oggi incompresi e pertanto irrisolti: 1) la confusione dell’economia con la crematistica, 2) la riduzione dell’usura al prestito con interesse e 3) la guerra del credito al contante.
Le funzioni contraddittorie sono mezzo di scambio e riserva di valore.
Ecco perchè si confonde l’economia con la crematistica. Quest’ultima disattende la produzione e distribuzione di ricchezza, ma promuove la superstizione che essere ricco equivale a possedere denaro. Paperon de’ Paperoni di Walt Disney è un esempio classico: i mucchi di monete d’oro che costui contempla nei suoi forzieri sono economicamente sterili, ma condizionano i lettori a farsi venire l’acquolina in bocca nel vedere “ricchi” che prendono un bagno in una vasca piena di biglietti di banca.[8]
La cosa non è divertente: è tragica. Chi afferma che l’unica moneta valida è quella sostenuta da oro non ha idea di stare affermando esattamente il contrario della verità. Potrebbe provarlo a sé stesso, chiedendosi: se avessi una moneta d’oro, la spenderei o la risparmierei? Più alla portata, estragga dal portafoglio due biglietti di taglio uguale, uno nuovo di tipografia e l’altro sporco e puzzolente. Quale dei due spenderebbe per primo? Il secondo, che di “valore intrinseco” di gran lunga inferiore al primo, farebbe muovere beni e servizi in quantità di gran lunga superiore. Solo la superstizione di Creso[9] impedisce di percepirlo.
C’è di più. La contraddizione impedisce persino di definire il termine “moneta”. I libri di testo portano fino a quattro descrizioni di funzioni, ma non una sola definizione. La ragione è che si può definire solo ciò che è uno. Se non c’è accordo per definire il termine “economia”, con due realtà complementari, non ve ne può essere assolutamente per definire il termine “moneta” con due realtà contraddittorie. O si definisce il mezzo di scambio, o la riserva di valore, mai i due insieme. Sarebbe come definire un cerchio quadrato.
Qui si comincia a capire perchè l’economia di produzione e scambio fa a pugni con l’economia di speculazione e manipolazione di denaro. Solo la pigrizia mentale affibia a quest’ultima il nome di “economia”, che in realtà è crematistica, o superstizione di Creso che dir si voglia[10].
Lo stesso discorso vale a livello politico. Una misura monetaria non può che favorire i possessori di riserva di valore danneggiando gli utenti di mezzo di scambio, o vice versa; mai favorirli entrambi. Consultiamo la storia.
Nei “secoli bui” medievali a Firenze si producevano ed esportavano magnifici indumenti di lana. La materia prima era di importazione inglese, ma veniva cardata, tinta, filata e tessuta da una gran quantità e diversità di corporazioni che controllavano l’industria laniera fiorentina.
Dante aveva collocato sodomiti e usurai nella stessa bolgia infernale: i primi per sterilizzare l’atto sessuale di natura sua fecondo, e i secondi per rendere fecondo il denaro, di natura sua sterile. Era un avvertimento oculato, ma i Medici al potere lo disattesero, cominciando a praticare il prestito a usura. E divennero banchieri, arricchendosi (crematisticamente parlando) e ostentando ricchezza a livelli fino allora sconosciuti. Lo stesso avveniva in tutta la Cristianità.
Chi pagò? I salari dei Ciompi (1378), i cardatori di lana al livello più basso della filiera di produzione. Era inevitabile: l’usura di Stato a spese di chi lavora, oggi ribattezzata capitalismo sferrò un colpo durissimo all’ordine sociale cristiano. In  tutta la Cristianità esplosero rivolte sociali. In quella di John Ball e Wat Tyler, in  Inghilterra (1381), l’Arcivescovo di Westminster Simone di Sudbury perdette la vita linciato dalla folla per aver preso le parti del potere contro il popolo; 200 anni prima l’aveva perduta Thomas Becket ucciso da quattro cavalieri del re per aver preso le parti del popolo.
I princìpî perdurano, sia qual sia il secolo o paese osservato. Il 30 marzo 1925 l’allora Ministro dell’Economia Alberto De Stefani (1879-1969) fece appiccare il fuoco a 320 milioni di lire, “per combattere l’inflazione” come gli avevano insegnato in chissà che facoltà di economia. Sono d’obbligo due domande: 1) Chi ne trasse vantaggio? 2) Chi ne pagò le conseguenze?
Le risposte sono anch’esse due. Gli avvantaggiati del falò furono i manipolatori di riserva di valore, usurai e non. E chi pagò furono i lavoratori, vedendosi sparire dalle mani ben 320 milioni di mezzo di scambio.
Agli usurai non bastò. L’anno dopo quattro di essi: Springher, Paratore, Beneduce e Volpi incantarono Mussolini “con la gran fregnaccia” (come la bollava Giacinto Auriti [1923-2006]) che “il prestigio della nazione” dipendesse dal tasso di scambio tra lira e sterlina. Questo era salito (per gli usurai) o sceso (per i lavoratori) da 90:1 a 154:1 in quattro anni. E il Duce pronunziò a Pesaro “Quota Novanta.” La beffa si aggiungeva al danno: migliaia di piccole imprese chiusero per asfissia di contante, ossigeno dell’economia di piccolo cabotaggio.
I fenomeni appena descritti sono fenomeni usurari. È venuto il momento di tuffarsi nel profondo della questione. Cosè l’usura? Dove nasce? È possibile definirla? E liberarsene?
Se l’usura si definisce rigorosamente, e se ne individua con esattezza l’origine, le risposte alle due ultime domande saranno affermative. Bisogna però ammettere che prima del XX secolo ciò non era mai stato fatto, come vedremo subito.
Ab immemorabili, cioè da 4000 anni circa, l’usura era stata sempre vista come prestito con interesse. Dall’antichità più remota, prestare una somma di denaro e richiederne una superiore al prestato è stata una pratica sempre mal vista, e condannata in teoria e in pratica da filosofi, politici, benpensanti, uomini di Chiesa, di Moschea (ma non di Sinagoga eccetto che per correligionari) ecc. Furono i prestiti ad interesse a causare la maggior parte delle persecuzioni anti-giudaiche, nella Cristianità e altrove.
San Tommaso d’Aquino fa il seguente ragionamento[11]: quando ci si disfa di un bene duraturo per prestarlo, come un immobile, un veicolo, ecc. è naturalmente possibile chiedere per l’uso un compenso distinto (affitto, locazione ecc.) dalla proprietà. Ma quando si presta un bene fungibile, come farina o denaro, il prestato viene consumato: la separazione tra proprietà e uso è illegittima e quindi immorale. Ecco l’origine del termine usura, dispregiativo di usus.
Il ragionamento non fa una grinza, ma neanche definisce rigorosamente la pratica né identifica la sua origine. L’Aquinate presumeva questa essere il prestito, come avevano presunto tutti i suoi predecessori dall’antichità pagana in poi. Ma limitarla ai prestiti è un errore filosofico di riduzione.
La condanna ecclesiastica del prestito ad interesse e la sconfitta di quella condanna, dal tardo Medioevo al rifiuto di Papa Gregorio XVI di pronunciarsi su di essa nel 1830, è allo stesso tempo istruttiva e fuorviante: istruttiva per far capire come i manipolatori di denaro, usurai e non, gioiscano ancora oggi davanti a una loro conclamata vittoria, ma fuorviante per non capire come gli uomini di Chiesa prendessero di mira il bersaglio sbagliato. In altre parole, né definirono l’usura rigorosamente, né ne identificarono l’origine.
Nei secoli vi furono numerosi tentativi di aggirare la proibizione ecclesiastica. Nel 1630 ne usciva una difesa del neo-calvinista Claude de la Soumaise (1588-1653) lodato ancora oggi da membri dell’Istituto Von Mises come “quegli che sferrò l’ultima pedata alla dottrina medievale contro l’usura”. Il che non è vero, dacché Jeremy Bentham (1748-1832) ne sferrava un’altra sulla stessa linea: l’usura è un interesse “eccessivo” o “irragionevole” richiesto per un prestito. Il pensiero debole, comune ai due, non permise loro di riflettere che è logicamente impossibile stabilire dove comincia l’eccesso o dove finisce la “ragionevolezza”, che poi è lo stesso. Sarebbe come decidere quando un certo numero di peli sul mento di un uomo possano venir chiamati “barba”.
Chi definì rigorosamente, e identificò l’origine, dell’usura fu, nei primi del XX secolo, Silvio Gesell (1862-1930) mercante germanico che fece fortuna in Argentina nella seconda metà del XIX secolo, e scrittore acuto di economia senza essere un accademico. Vediamole subito:
1.      L’usura è il tributo che chi tesoreggia riserva di valore impone a chi ha bisogno di mezzo di scambio;
2.      L’usura nasce agli scambi; solo secondariamente appare ai prestiti.
Le due proposizioni permettono di identificare l’origine dell’usura nella contraddizione già ampiamente trattata. Ogni esempio che segue lo corrobora.
Ritorniamo ai Ciompi della Firenze medicea del 1378. I Medici non prestavano ai Ciompi, né questi ai Medici. I primi prestavano ai re d’Inghilterra, e questi pagavano loro usura. Quando uno Stato incorpora nelle sue leggi il principio della fecondità del denaro, prima o poi tutti i cittadini saranno in debito, seguiti dallo Stato stesso, e un bel giorno non vi sarà denaro sufficiente per estinguerlo. È quel che stiamo osservando oggi. Prima o poi l’interesse avrebbe colpito i salari dei lavoratori di base, i Ciompi.
Continuiamo con un esempio recente. Dei campeggiatori arrivano di buon mattino al mercato del pesce di Genova, con un preventivo di 200 euro. E vi trovano una magnifica ricciola, pescata la notte prima. Il pescivendolo chiede 300 euro, loro ne offrono 200, tutto quello che hanno. E che fa lui? Accetta. A malincuore, ma accetta. L’alternativa era scommettere su un eventuale compratore prima di sera, con la ricciola non più vendibile. I campeggiatori imposero al pescivendolo un tributo, un’usura, del 33% sul reddito.
Diamo un’occhiata al cosiddetto “mercato” dei diamanti. Dieci volte all’anno, in date prestabilite, i gioiellieri delle grandi città ricevono un mandato di comparizione (camuffato da invito) di recarsi a Londra da De Beers a Charterhouse Street. Di buon mattino ognuno viene fatto sedere davanti a una finestra esposta a nord (per evitare riflessi ingannevoli) e riceve una scatola piena di diamanti grezzi e il prezzo. Ha tutto il giorno per decidere. Ma decidere cosa? Solo quanto guadagno può cavare da un miscuglio di poche pietre di prima e un certo numero di seconda e terza scelta. Può scegliere di non comprare? Può, ma, non riceverebbe più il mandato di comparizione, pardon l’invito. Può contrattare? No. Può tirare sul prezzo? No. Quanta usura deve pagare per continuare a fare il gioielliere? La calcoli il lettore se può, ma di usura si tratta, non di prestito.
Nei sotterranei londinesi di De Beers giacciono tonnellate su tonnellate di diamanti grezzi, classificati secondo dimensioni e purezza. Un cercatore di diamanti che avesse la sfortuna di trovarne e tentasse di venderli fuori dal circuito De Beers, vedrebbe il mercato improvvisamente inondarsi di grandi quantità di diamanti della stessa qualità ma di prezzo considerevolmente inferiore. Un bel giorno un rappresentante di De Beers gli proporrebbe di vendere (in contanti), a prezzi stracciati. È il tributo imposto da chi ha riserva di valore su chi ne ha bisogno come mezzo di scambio: usura ancora una volta. Anche chi vuole diamanti industriali deve pagare usura a De Beers sotto forma di prezzi esorbitanti.
È la stessa tecnica di John D. Rockefeller dopo la scoperta del petrolio negli anni Cinquanta del secolo XIX. I suoi scagnozzi forzavano i concorrenti o a vendere a basso prezzo, o a soffrire l’incendio, non raramente l’assassinio.
In Rete l’usura viene nascosta, se deliberatamente o no è irrilevante; i suoi effetti (ostentazione di ricchezza, disprezzo per chi lavora ecc.) vengono offerti come cause delle rivolte sociali tardo-medioevali.
Nella stessa Rete però si ammirano (!) personaggi seduti davanti a un imponente schieramento di computers con i quali speculano tutto il giorno al rialzo/ribasso di tassi di scambio, prezzi di derrate ecc. Nessuno fa notare che un guadagno da manipolazione di denaro aumenta il potere d’acquisto dello speculatore, oggi rinominato “investitore”, su beni e servizi prodotti da altri, inevitabilmente costretti a lavorare senza essere pagati.
Quando i multischermi non c’erano, il buon J.M.Keynes (1883-1946) faceva lo stesso prima di colazione con uno o due colpi di telefono ai suoi agenti di cambio. Ma nessuno neanche oggi gli dà dell’usuraio.
La banca islamica nasconde l’usura spostando il prezzo del denaro a un pizzo sull’impiego del prestito, al quale essa rinuncia se le cose non vanno come progettato. Ma si tratta sempre di tributo imposto da chi ha riserva di valore a chi ha bisogno di mezzo di scambio. L’usura, viene rinominata mudarabah invece di ribah.
Chi ama l’arte non può fare a meno di notare come da allora la bellezza diminuisca, per dar luogo a orrori che oggi decorano (se è la parola giusta) luoghi pubblici un po’ dappertutto. Ezra Pound (1885-1972) aveva ragione: con usura non si costruisce né solido né bello.
Profetava Lord Acton (1834-1902), nel lontanissimo 1875, che “la questione che si trascina da secoli, e che prima o poi va risolta, è quella del popolo contro le banche”. Lo stiamo vedendo.
Ma il decennio 2007-2018 ha segnato una vittoria duratura di chi lavora su l’usura, e in Africa per giunta. Vale la pena descriverla con una certa dovizia di particolari.
Nel 2007 una compagnia telefonica di Nairobi lanciava MPESA[12]. Lo scopo era di iniettare contante nelle campagne, giacché la politica bancaria basata sul credito lo faceva scarseggiare, quando non sparire, proprio dalle zone di produzione per concentrarlo in quelle finanziarie delle grandi città.
Il metodo era semplice: in chioschi muniti di cellulare, oltre a comprarvi le solite derrate si potevano depositare somme anche infime e telefonare a un altro chiosco dove dietro identificazione si riscuoteva la somma.
Nessuno notò al principio che il contante nei chioschi aveva lasciato le banche, e non vi sarebbe tornato più. Ma quando i chioschi schizzarono da 700 a oltre 1000, 10mila, 100mila, le banche si accorsero di essere state prese in contropiede, e tentarono di fermare MPESA con tutti i mezzi a loro disposizione, incluse le vie legali.
Dovevano dimostrare al giudice che MPESA usurpava il loro modus operandi; ma non vi riuscirono: nessuna banca offriva lo stesso servizio, neanche l’ufficio postale.
Nel 2007 i cellulari erano costosi ma non più rari. Scendendo il loro prezzo, la situazione si ribaltava drammaticamente: Nel 2001 vi erano in Kenya 250mila linee telefoniche fisse e un milione di cellulari. Oggi questi sorpassano i 20 milioni e continuano ad aumentare. La telefonia mobile migliora anche l’economia di produzione: un agricoltore può stare al tanto dei prezzi di mercato in tempo reale, impossibile per il coltivatore di patate di pochi paragrafi fa.
La vera rivoluzione avvenne quando il contante cominciò a trasferirsi da un cellulare all’altro. L’importanza dei chioschi diminuì e la velocità di circolazione di contante come impulsi elettronici accelerò. Le transazioni hanno raggiunto la rispettabilissima cifra di 7 miliardi di scellini al giorno, così sorpassando il bilancio statale ma senza aumentare la quantità di moneta. La bufala dell’inflazione causata “da troppo denaro che insegue troppo poche merci” è stata consegnata al dimenticatoio.
Chi ha pagato? Le banche, che ancora tentano di imitare, inglobare, o difendersi dal fenomeno MPESA come possono. Sono riuscite a fermarlo in altri paesi, Italia inclusa. Chi però fa un giro in zone del Kenya che fino a pochi anni fa erano savana incolta, percepisce come l’abbondanza di contante fuori dal sistema bancario sia basilare per una economia di produzione e di scambi.
Occupiamoci adesso del credito bancario. Il 1 novembre 1745 Papa Benedetto XIV (Lambertini) emise la primissima enciclica: Vix Pervenit, dedicata all’usura. In un documento di 14 punti, appena una pagina, il papa si limitava a distinguere usura da interesse. Riprendendo la dottrina tomistica, la prima era il prezzo del denaro come mercanzia; il secondo, invece, era l’onorario  richiesto per riunirne la quantità necessaria, quindi compenso legittimo da lavoro.
Ma l’enciclica era nata morta. Dal 1609, fondazione della Banca di Amsterdam, le banche non prestavano più denaro fisico; permettevano ai clienti di crearlo firmando assegni.
La differenza tra un prestito, dove il prestatore rinuncia alla proprietà, e un permesso di creare una certa somma dal nulla senza rinunciare a niente, quindi a rischio nullo, è (o dovrebbe essere) lampante. Ma no: una specie di incantesimo grava sugli occhi e la mente del prestatario, che non contesta minimamente la pretesa bancaria di un interesse sulla somma convenuta (non “prestata”, perchè un vero prestito non esiste). E da dove vengono gli interessi? Lo si vede: o da un’aumentata attività lavorativa del prestatario, o dalla bancarotta di uno o più concorrenti, o da un ulteriore prestito per pagare gli interessi del debito precedente.
Ciò vale anche per il cosiddetto “debito pubblico”. Nessuno si domanda: cosa si è “prestato”? La risposta è: “niente”. Per cui niente è dovuto a nessuno. Ma governi impotenti tassano e tartassano i cittadini per pagare un “interesse” crescente che non fa altro che impoverirli.
In tutti gli esempi precedenti si avverte la presenza dell’usura sotto mentite spoglie. Cosa impedisce alle sue vittime di avvertirla, condannarla, evitarla e soprattutto liberarsene? Solo quello che abbiamo notato al principio: abbinarla ai prestiti senza vederla negli scambi. Chi riesce a spostare il paradigma mentale, finirà per vederla venire a galla dovunque: la distruzione dei trasporti pubblici ad opera del monopolio dell’induatria automobilistica, l’introduzione dell’agricoltura estensiva a spese di quella intensiva, la cultura usa-e-getta invece della manutenzione, l’auge del trasporto su gomma a spese di quello marittimo e via aggiungendo disoccupati su disoccupati in tutte le occupazioni summenzionate. Il tributo usuraio è così proteiforme da sfuggire ad analisi dettagliate: solo una visione d’insieme sarebbe capace di romperne l’incantesimo.
Rimane da trattare il solo esempio storico di una sconfitta di questa pratica millenaria ad opera di due uomini di visione e di azione: Herr Hebecker proprietario di una miniera di carbone a Schwanenkirchen, Baviera nel 1930 e Herr Unterguggenberger, borgomastro di Wörgl, Tirolo Settentrionale nel 1932-33.
Il primo emise buoni Wära per pagare i dipendenti, che li spendevano nel piccolo centro di 500 abitanti; i negozianti redimevano i buoni in carbone prodotto dai dipendenti di Hebecker. Il secondo emise Certificati di Lavoro con i quali pagava i dipendenti e le fatture del municipio; chi li riceveva acquistava tutto (tranne biglietti ferroviari e servizi postali) e pagava le tasse locali, con le quali il municipio costruì un ponte sul fiume Inn (ancora esistente) asfaltò sette strade, estese le fognature ad altre due, migliorò i giardini pubblici e si permise perfino di costruire un trampolino di salto con sci (Wörgl è stazione alpina).
Il tratto comune dei due esperimenti fu la funzione di puro mezzo di scambio delle due monete complementari. La funzione di riserva di valore la esercitavano il marco tedesco e lo scellino austriaco rispettivamente. In parole povere le due località godevano di una doppia moneta: una per le transazioni domestiche e l’altra per quelle esterne.
I due pionieri monetari si inspirarono a Silvio Gesell per la funzione univoca del Wära e dei Certificati di Lavoro, ma la doppia moneta era già esistita, con successo cinquantennale, con l’Unione Monetaria Latina tra Francia, Italia, Belgio, Svizzera e Grecia tra il 1865 e il 1915.
I cinque paesi mantenevano la moneta nazionale per transazioni domestiche, ma un pezzo da 5 franchi d’argento circolava liberamente insieme a franchi (francesi, belgi e svizzeri), lire e drachme. La massa monetaria del pezzo da 5 franchi arrivava più o meno al 40%. Se oltrepassava codesto limite, lo sbilancio commerciale verso le esportazioni si correggeva abbassando i prezzi; se scendeva troppo, lo si correggeva alzandoli.
Ad applicare lo stesso principio e metodo nel 2001, nessuno griderebbe oggi “Usciamo dall’Euro!” Non ce ne sarebbe bisogno. Ogni paese che commercia con altri ha bisogno di due divise: una nazionale, inconvertibile e puro mezzo di scambio e una internazionale, convertibile ma usata liberamente, non imposta dall’usura.
Cosa impedisce una tale misura? Lasciando al lettore ogni giudizio morale, un governo che veramente governi riporterebbe alla ribalta politica il Glass-Steagall Act di Roosevelt (1933) dissennatamente abrogato da Clinton nel 1999: separazione totale delle banche di affari da quelle commerciali. In più istituirebbe una banca pubblica come nel North Dakota, che riesce a difendersi dalla finanza predatoria dal 1919. Ritengo di aver fornito sufficienti ragioni economiche verso una strada battibile da chi è dotato di prudenza politica e di buona volontà.

Silvano Borruso
24 febbraio 2018


[1] L’epiteto è di Thomas Carlyle (1795-1881), che bollò l’economia come “dismal science”. Dismal è inglese, ma l’etimologia è latina: dies mala.
[2] Il valore e “teorie” derivate non merita più di una nota a pié di pagina. Il valore, puramente soggettivo, di un bene o servizio, è quel che uno è disposto a cedere per farlo suo. Un bene/servizio che non interessa ha valore nullo, e pertanto esula da un argomento scientifico, che per definizione usa idee universali.
[3] Un pellegrino poteva alloggiare gratis in qualunque albergo lungo la via per due giorni.
[4] È facile indovinare l’origine del lascito di otto miliardi di sterline del fu Duca di Westminster (1951-2016).
[5] È visionabile in YouTube il documentario Luce Nulla si Distrugge (1939), che mostra il riciclaggio dei rifiuti a Milano. L’operazione occupava torme di lavoratori, ma la finanza la considera “inefficiente”
[6] Ricordo ancora la prima lezione di economia politica alla Facoltà di Agraria. Il professore affermava con sicumera che homo oeconomicus non è né morale né immorale, ma solo “amorale”. Da ventenne ingenuo e ignorante la bevvi, ma non per molto
[7] In The Green Book, scaricabile, Gaddafi espone le sue teorie politiche in 33 pagine. Legga chi vuol capire.
[8] L’immagine si può vedere in Rete.
[9] Re di Lidia m.546 a.C.
[10] In greco, “economia” vuol dire “legge del focolare domestico”, idea del tutto aliena al pensiero debole.
[11] 2-2- Q. 78
[12] M = mobile, cioè il cellulare; PESA è Swahili per denaro.