giovedì 5 marzo 2015

DON CAMILLO E PEPPONE

Bei tempi.
Nostalgia del “mondo piccolo” di Guareschi, ove tutto era chiaro, al suo posto, preciso.
Ed in più era pulito, aveva coscienza, non accettava compromessi né morali, né sociali.
Guareschi dipingeva un mondo uscito dalla Guerra, non ricco di cose, ma miliardario di sentimenti. E vi era una netta distinzione fra chi stava con l’occidente e chi invece guardava a Stalin, credendolo un messia.
In compenso volavano sberle da far fischiare l’aria.
Giusto ed istruttivo.
Sono cresciuto in quel periodo, grazie a dio.
E ho assistito allo sgretolarsi di quel mondo. Per gli immemori ricordo che già dal principio, negli anni ’50, si cominciò a parlare di scandali: se ben ricordo il primo fu quello cosiddetto delle “zolle d’oro”, lo scandalo dell’INGIC (mi sembra così si chiamasse il carrozzone statale); poi seguì a ruota lo scandalo Giuffrè, il “banchiere di dio”. E furono le due palle di neve che crearono la valanga di schifo, di guano (ci sono le signore!), di liquame che ci ha sommerso.
C’erano, allora, la DC ed il PCI. Che non aveva capito che, dopo Yalta, mai avrebbe mai potuto prendere il potere e far cambiare campo allo Stivale.
La DC governò con bizantina abilità per mezzo secolo. E nel frattempo i trinariciuti avevano assistito allo sfacimento del loro “paradiso rosso”, crollato sotto la ribellione del pur paziente popolo Slavo. Il comunismo fallì, chiuse baracca e burattini e si avviò verso la discarica della Storia. Cloaca maxima.
Ma in Italia le cose non sono mai serie. Tragiche sì. Ma serie mai, o quasi mai.
I trinariciuti (un genio il Guareschi! Si inventò la terza narice per i rossi, onde permettere la fuoriuscita dei fumi che riempivano la loro testa. Un genio!) avevano stabilito una sorta di alleanza con i “baciapile”. Cultura, spettacolo e giustizia, nonché alcune banche erano appalto dei rossi.
“Il potere logora chi non ce l’ha”, chiosò Andreotti.
La commistione della gestione del potere infatti ha portato ad un marasma sociale e politico che la gente non riesce a capire. E questo è l’inizio del tracollo.
Oggi abbiamo un PD che ha emarginato al suo interno gli ultimi irriducibili trinariciuti, aggrappati ai rottami dell’affondamento della loro nave storica. Oggi abbiamo un PD che di fatto si è trasformato in novella D C, visto che la vecchia Democrazia Cristiana è stata annichilita da scandali, magistrati, patrie galere e schifo generale.
La DC è tornata, sotto veste piddina. Ma lo spirito, l’animus è lo stesso. Infatti essere democristiano non è una tessera ma una forma mentale. Da curare, se fossimo uno stato serio, dato che è una malattia della coscienza. Ma ci vorrebbe un esercito di psichiatri.
La Dc è tornata. Sotto mentite spoglie, ma sempre ferocemente pronta ad ubbidire in cambio della possibilità di gestire il potere a proprio uso ed interesse.
Sono bravi, hanno imparato a menadito la lezione del “Gattopardo”: si sono dati una mano di vernice, hanno cambiato simboli e liturgie, hanno scelto persone che possono sembrare (solo sembrare, badate bene) una specie di rottura col passato, e trionfanti si sono incamminati sulla strada della conservazione più becera, dell’ovvio lapalissiano, della servile sottomissione a voleri altrui. Esattamente come accade da settanta e più anni.
Che voglia, puerile, se volete, di poter godere ancora della chiarezza di Don Camillo che cava un palo dall’orto, giustificandosi col Cristo dell’altar maggiore: “non è rovere, è pioppo, elastico…”. Che desiderio del meccanico Peppone sindaco, con mani grosse come badili, ma con coscienza e generosità da uomo vero.
Oggi vediamo invece, nell’inevitabile marasma di posizioni partitiche, nella confusione di finte sceneggiate utili solo a gettare manciate di sabbia negli occhi dei creduloni, tele dipendenti, l’annuncio della fine di un sistema sociale, politico (anche se questa parola è un’iperbole al giorno d’oggi), civile.
Il sistema è finito.
Tentare di cambiare od illudersi (qualcuno anche in buona fede, forse. Ma in questo caso vi è una carenza di neuroni) che questo sistema possa redimere se stesso e tornare a livelli “umani” è una posizione dettata da conformismo, da paura, da indifferenza.
Conformismo, perché da settanta anni ci dicono che democrazia è bello.
Paura, perché ammettere che tutto è finito provoca la paura dell’ignoto.
Indifferenza, perché il fallimento “democratico”, ha provocato un richiudersi sul proprio particolare, l’accartocciarsi sull’interesse privato, a difesa -con istinto di conservazione- di quanto serve solo a me. “La politica è tutta sporca”, ci auto giustifichiamo.
Tutto vero. Ma queste posizioni, prima ancora che politiche, morali, non portano da nessuna parte, anzi non fanno che peggiorare lo stato della società italiana (ed anche europea).  
L’unica soluzione, quando un sistema statuale è oggettivamente incapace di dare risposte decenti a legittime richieste dei suoi componenti, dei cittadini, è cambiare il sistema.
Oggi non c’è lavoro.
Né sicurezza.
Neppure investimenti ed innovazione.
Non si può intraprendere.
La scuola è allo sbando, con la speranza che i soffitti non cadano in testa agli alunni.
La sanità costringe a migrazioni regionali alla ricerca di speranza.
Le aziende italiane sono preda di mani forti straniere, e, per resistere ai becchini –avvoltoi statali si vedono costrette a …. “delocalizzare” (eufemismo che significa fuggire. Nuova emigrazione del terzo millennio).
Le rapine costringono e costringeranno sempre di più a sparare.
Un furto in casa ogni due minuti.
La malavita internazionale è calata  “come i lurchi dall’Engadina”. Solo che questa volta arriva dal Nord Est o dai barconi.
La magistratura annulla, seguendo le farraginosi leggi contraddittorie, l’eroico lavoro compiuto con abnegazione dalle Forze dell’Ordine.
E non parliamo di corruzione, concussione, sprechi, clandestini, malavita organizzata…
Onestamente: pensate che uno stato così combinato,in queste condizioni possa durare?
Questo stato, questo sistema non può essere migliorato, né cambiato
Può solo essere sostituito.
Ed in mancanza di Don Camillo e di Peppone, l’unica via di salvezza è la rivolta. Armata o no.
L’insensibilità, la lontananza e l’indifferenza della casta induce, obbliga la gente alla rivolta.
E ricordiamoci: quando un Popolo, soprattutto se di fondo buono e paziente, si ribella, diventa più feroce e più spietato di altri.
Speriamo accada presto.
Fabrizio Belloni

Giovedì 5 marzo 2015.