lunedì 31 maggio 2021

Belgio: proteste contro restrizioni Covid-19 a Bruxelles

Stefano Montanari, Mariano Amici, A. Gatti, S. De Mari in diretta TV SEN...

EVOLA CONTRA WAGNER

Quella su Wagner e sulla sua interpretazione dei miti germanici, è un’antica

polemica che, nel corso degli anni è stata periodicamente rintuzzata e riaccesa, a

seconda dell’obiettivo politico-ideologico e culturale, che si voleva raggiungere. Dai

tempi delle romantiche scazzottate dinnanzi ai teatri dell’Opera di mezza Italia a fine

Ottocento, tra verdiani e wagneriani, agli interventi a gamba tesa dello stesso

D’Annunzio, sino alle polemiche da parte dell’area culturale tradizionalista. E sarà

proprio su queste ultime che qui, ci si intende soffermare, proprio perchè, oltre da

ad esser le più recenti, cronologicamente parlando, sono forse le più “tranchant”,

emesse come sono, da quelli che, della koinè” tradizionalista sono tra gli autori

autori più rappresentativi, quali uno Julius Evola o un Renè Guenon. L’occasione per

una più approfondita riflessione al riguardo, è stata offerta da uno degli ultimi

incontri “on line”, a cura di “Ereticamente Sapienza”, incentrato proprio sul

commento al “Parsifal” di Wagner ed alle tematiche ad esso connesse, inclusa, per

l’appunto, quella dell’interpretazione di autori come Evola. Diciamocelo pure. Dal

punto di vista filologico, quella evoliana e tradizionalista in genere, è una critica che

ha un suo fondamento. Wagner dette un’ interpretazione del mito in chiave

romantica, animata da una forte carica di sensuale passione, rivestita di panteismo e

naturalismo che, alla fine, si risolve in una ritrovata fede nel cristianesimo. La qual

cosa, sicuramente non coincide e devia alquanto dall’originario spirito di quella

narrazione, collocato invece in una atemporale dimensione, le cui vicende e

personaggi, altri non sono che simboli teofanici che rimandano continuamente alla

presenza di una dimensione del sovrannaturale , ovunque presente. Una

dimensione che poco o nulla ha a che fare con quella forma di naturalistica

escatologia, che invece, in Wagner, alla morte degli Dei vede succedere l’era degli

uomini, stavolta animati da una nuova fede religiosa. E qui veniamo alla “nota

dolens” dell’intera questione. Una critica appropriata da un punto di vista formale,

ma totalmente inappropriata da uno più propriamente sostanziale. Wagner ebbe la

capacità e l’abilità di raccogliere i vari mitologemi dell’area culturale sud germanica

e di riunirli in un’unica raccolta all’insegna di un comun denominatore,

rappresentato dalla necessità di dare un’anima alle popolazioni germaniche, da poco

riunificate sotto un’unica bandiera nazionale, grazie all’opera di Bismarck.

Un’operazione questa, sicuramente, ben lontana dall’originaria ottica del mito, ma

sicuramente in linea con le istanze romantiche, che animavano i vari risorgimenti

nazionali nell’Europa del 19° secolo e di cui l’opera wagneriana, rappresentò una

delle più fulgide espressioni. Ferma restando la natura “deviante” dell’opera

wagneriana dall’originario contesto, mitico, non si può dire , in questo, che il grande

autore sia stato solo. Di re-interpretatori del mito o addirittura di creatori di nuovi,

la storia ne è piena a bizzeffe. Potremmo ricordarci di quanto fatto da Platone con il

mito di Er o da Virgilio con l’Eneide. Il raccogliere gli elementi mitici di una

precedente tradizione e poi rielaborarli al fine della propria narrazione non è

pertanto cosa nuova, ma non è da tutti. Virgilio ha dato una ulteriore base mitica

alle più lontane origini di Roma e dei Romani, creando un’opera letteraria

immortale. La medesima cosa ha fatto Wagner, conferendo un’identità nazionale ai

tedeschi e creando addirittura un mito nuovo, su una base musicale. Nel far questo,

il grande compositore tedesco ha ricevuto l’incondizionato sostegno e la più fervida

ammirazione di un Nietzsche che, in lui, vedeva una prima, concreta, realizzazione

del suo lungo e tormentato percorso elaborativo. Wagner avrebbe dato piena

concretezza ed anima a quel principio “dionisiaco”, dal Nietzsche tanto decantato,

simbolo di quell’anelito all’irrazionalità della potenza vitale, immersa in un continuo

e caotico divenire, così in contrasto con l’algida e solare armonia apollinea. Il grande

filosofo tedesco, sarà il primo a sparigliare le carte al marmoreo e quasi arcadico,

neoclassicismo dei Winkelmann e dei Canova. Sarà il primo, a dare un cappello di

sistematicità a quelle istanze di irrazionalità, provenienti dall’ambito vitalista e da

quello romantico, (tanto da finir con l’essere accusato, dallo stesso Heidegger, di

essere un “metafisico”, sic!). Dioniso è l’incessante scorrere della vita, è

l’irrefrenabile ciclo di alternanza tra quella stessa vita e la morte, è l’inebriamento e

l’offuscamento dell’apollinea “ratio”, nel nome di quella vertiginosa caduta nei

sensi, che tanto caratterizza la musica di Wagner. E così da iconica narrazione,

rivestita di significati archetipi, da totem spirituale, il mito in Wagner si fa vita,

divenire, incessante trasformazione. All’era degli Dei, succede quella degli uomini.

All’antica fede, ne succede una nuova, all’insegna di un simbolo, il Santo Graal,

anch’egli qui a simboleggiare quel lavoro di “reinterpretatio” del mito, compiuto

nell’opera musicale. Ed anche qui, però bisognerebbe valutare con molta prudenza il

significato, la natura della conversione di Wagner al cristianesimo. Ben lungi

dall’assumere la valenza di un ripiegamento verso uno stantio e bigotto fideismo,

quella del grande compositore germanico ci sembra, piuttosto, essere un’altra sua

particolare “interpretatio” della fede cristiana, riletta in una chiave ariana e “solare”,

all’insegna di un simbolo di rinascita; quasi un anticipo dello steineriano

cristocentrismo. Questo grandioso affresco mitopoietico, fa da sfondo alla nascita

della coscienza del popolo germanico. Ne diviene il mito trascinante ed il regime

nazionalsocialista ne farà la punta di diamante, il leit motiv, della propria narrazione

ideologica, legando definitivamente a sé, il destino di sessanta milioni di tedeschi,

nell’ambito di una colossale operazione di indottrinamento metapolitico, mai vista

prima d’allora. Per questo, le critiche evoliane e guenoniane, corrette da un punto

di vista filologico, non colgono nel segno da un punto di vista più ampio, metastorico

e filosofico. Come abbiamo già avuto modo di vedere, quello della rielaborazione del

mito, è un lavorio che procede instancabile, coevo alla storia spirituale del genere

umano. Abbiamo detto Platone con la filosofia, ma anche Virgilio e Dante con la

poesia e sinanco Madame Blavatskji con l’esoterismo o Tolkien con la narrativa,

assieme a tanti altri, furono, ognuno a modo proprio, artefici di queste

reinterpretazioni. Una questione di ermeneutica in senso più ampio, questa, dalla

quale neanche lo stesso Evola è stato immune. Come nel caso delle scienze

ermetiche , di cui l’autore dà un’interpretazione tutta all’insegna del contrasto tra

una via fideistica e sacerdotale ed una più propriamente iniziatica e guerriera.

L’errore non sta però nella persona di Evola, quanto piuttosto nell’impostazione di

fondo di certo tradizionalismo, così come formulata da Renè Guenon e che finisce

con il trascinare, nella spirale dell’accademismo, proprio autori come Evola che in

precedenza, tanto l’avevano condannato, ravvisandolo sia nei protagonisti del

pensiero neoidealista, che in quello romantico. Quando il pensare la Tradizione si

irrigidisce nell’accademismo, nel regno dei puntigliosi “distinguo”, allora si fa

“tradizionalismo”, guscio marmoreo e rigido, in cui solo albergano parole e concetti

vuoti, senza più oramai attinenza alcuna con una realtà invece, viva, in continua

trasformazione. Nietzsche, padre putativo della Modernità, concepì un uomo in

grado di farsi mito di sé stesso, in un continuo anelito all’autosuperamento,

all’interno del perenne girare della ruota del Samsara. Wagner tradusse tutto

questo, in una musica divina. E l’Europa divenne il primo laboratorio per la nascita

del Superuomo...

UMBERTO BIANCHI

venerdì 28 maggio 2021

432 Hz - L'Inganno Sonoro - Edoardo Casini

CROLLO DI UN IDOLO

CROLLO DI UN IDOLO

Prodromi

Il mondo osservabile da marzo 2020 riconduce surrealmente ad un sonetto di G.G.Belli (1791-1863) del 1832. Apre così:[1]

C’era una volta un re, che dal palazzo

Inviò per tutto il mondo quest’editto:

Io son io e voi non siete un cazzo

Sori vassalli buggiaroni, e zitto.

Sua Maestà Tedros Adhanom Ghebreyesu, dall’alto del palazzo dell’ONU alla guida della OMS, senza fare uso di termini belliani, ha inviato lo stesso messaggio, e la stessa spiegazione del suo potere reale. Incalza Belli:

Io fo’ dritto lo storto e storto il dritto;

posso vendervi tutti a un tanto il mazzo.

Se io vi fo’ impiccar, non vi strapazzo,

ché la vita e la roba, io, ve l’affitto.

Sua Maestà ha decretato la pandemia, e voilà, eccola in tutto il mondo.  Non forche ma tamponi, statistiche truccate, arresti domicialiari per popolazioni intere, vaccini e quant’altro vengono improvvisamente promossi a strumenti di coercizione statale.  E chi osa ribellarsi?

Chi nasce a questo mondo senza il titolo

Di Papa, di Re o di Imperatore

Costui non ci può aver voce in capitolo.

Aggiornando: se non sei un Rockefeller, un Rothschild, un Soros o un Gates, i potenti a cui Tedroa fa da prestanome, obbedisci e non fare storie. E Belli chiude:

Con quest’editto inviò il boia sul destriero,

interrogando tutti sull’assunto.

E risposero tutti: è vero, è vero.

Sua Maestà Tedros non dispone di un boia alla Mastro Titta ma sì di una congerie di malchiamati mezzi di comunicazione di massa, o media, il cui potere ipnotico senza precedenti terrorizza e condiziona a comportamenti irrazionali. Dietro ad ogni maschera inutile e dannosa c’è un “sor vassallo buggiarone” che dice “è vero, è vero”. Ed è anche sorta una specie di guerra civile, finora senza spargimento di sangue, tra i vassalli buggiaroni che amano mascherarsi e gli sbugiardatori di questi aggeggi, che hanno arricchito però i loro fabbricanti.

L’idolo

L’alacrità con cui una democrazia dopo l’altra si è trasformata in Stato di polizia con tanto di mirmidoni (un tempo “forze dell’ordine”) che opprimono il popolo invece di proteggerlo, dovrebbe far capire a chi sa ancora pensare la falsa opposizione tra “dittatura” e “democrazia”.

Il termine “democrazia” fa abitualmente da foglia di fico sulla repubblica liberal-massonica messa su dalla Rivoluzione, la quale distrusse le istituzioni della Cristianità dopo averne sovvertito le fondamenta intellettuali con il Rinascimento e quelle morali con la Riforma.

Ed è stato riservato il titolo di “dittatore” a qualunque capo di governo riuscito a stare in carica per più di un “mandato popolare” cioè elezioni. Così sono passati alla storia caratteri così diversi come Porfirio Diaz (1830-1915), Benito Mussolini (1883-1945), Adolf Hitler (1889-1945), Francisco Franco (1890-1975) ed altri che sarebbe tedioso elencare.

Diaz pervenne al potere con un colpo di stato cruento, per mantenervisi facendosi eleggere presidente per ben sette volte. Governò con il solito miscuglio di successi e fallimenti, che mantennero il popolo messicano in un regime di salari infimi. I beneficiari del governo Diaz furono per lo più i soliti latifondisti e usurai sfruttatori del popolo.

Il colpo di stato di Mussolini fu incruento, ma da ex-maestro di scuola era più atto a governare un popolo che un ex-militare. Anche lui però prestò l’orecchio a usurai e latifondisti, che finirono col portarlo in guerra, l’ultima delle quali rovinosa per l’Italia ancora oggi.

Hitler fu eletto democraticamente con l’aiuto tecnico-amministrativo del partito Nazional-Socialista fondato da Tomas Masaryk nel 1887. Rilevò quel partito con l’aiuto finanziario del banchiere von Schröder, agente dei Rothschilds per la Germania, per poi liberarsene a rivoltellate la notte del 30 giugno 1934. Paradossalmente Hitler, dittator dei dittatori, rimane il prodotto storico più notevole dell’idolo demo-liberal massonico.

Franco pervenne al potere con una vittoria militare sugli attori del golpe che aveva diroccato la monarchia e instaurato la repubblica liberal-massonica nel 1931. Era un militare, come Diaz. Non riuscì a unificare il popolo attorno a sè, cosicché il suo retaggio finì per concedere la vittoria finale alla Rivoluzione con la rimozione dei suoi resti dal Valle de los Caídos nel 2021.

Ecco invece che Franklin Delano Roosevelt, eletto democraticamente nel 1932 e rieletto per ben quattro “mandati popolari”, non viene bollato come “dittatore”, nonostante le sue politiche guerrafondaie catapultassero il popolo americano in una guerra che non voleva.

Ce ne è abbastanza per fare il punto: la dittatura non è forma di governo come vuole il pensiero debole; è un grado del medesimo, che può autoconferirsi poteri tali da intrufolarsi  in affari non suoi anche in regime democratico, come stiamo verificando sulla nostra pelle.

Però una cosa è ricevere batoste e un’altra sapere chi te le dà. E qui viene il bello: la dittatura democratica multiforme, proteica, non permette di identificare il “dittatore”. E il popolo abbozza fino a lasciarsi mettere agli arresti domiciliari del tutto antiscientifici.

Cosa sta crollando

Esistono due maniere di governare: nella prima, il governo protegge il popolo dalle vessazioni dei poteri finanziario e latifondista: nella seconda il governo, in combutta con gli stessi poteri, opprime il popolo, che rincoglionito da una “educazione di Stato” non si accorge né del danno né della beffa.

Per “governo” intendo le cinque inalienabili funzioni di a) amministrazione della giustizia, b) emissione di un mezzo che permetta di distribuire la ricchezza prodotta dal lavoro, c) mantenimento dell’ordine pubblico, d) difesa da aggressione esterna e e) rappresentanza diplomatica presso altri governi. Lo strumento di cui si serve il governo per questi fini è lo Stato, entrato nella vita politica con Westphalia (1648) e prepotentemente assurto alla sommità di essa fino a gestire la Rivoluzione, che iniziata in Francia nel 1789 finì per ipnotizzare il mondo intero con l’idolo oggetto di questo saggio: la democrazia.

Chi è costei? A parte la battuta “democrasorella di democrapapà”, nessuno può dirlo: una definizione univoca del termine non c’è. Ma il termine lo ha coniato la repubblica liberal-massonica summenzionata, che mostra una certa continuità dal 1789 ad oggi.

Una continuità, però, di orpelli che suonano più a slogan/mantra che a realtà verificabili: Costituzione, elezioni rappresentative, stato di diritto, divisione dei poteri, maggioranza, uguaglianza, partitocrazia, istruzione obbligatoria e gratuita, ecc. Analizzando a fondo si nota quanto Frédéric Bastiat (1801-1850) avesse fiutato giusto quando scriveva: “Lo Stato è quella gran finzione attraverso la quale tutti si sforzano per vivere a spese altrui”. Rifaceva quello che Agostino aveva affermato secoli prima “Togli la giustizia, e che rimane dei regni se non grandi bande di ladri”?[2].

Ne son passati di anni, ma in continuità con il succitato si può affermare oggi che

-          Tutti gli uomini politici mentono;

-          I più rubano

-          Alcuni assassinano

-          Nessuno è affidabile.

L’andazzo generale dell’assetto repubblicano liberal-massonico fu magistralmente riassunto dal politico-filosofo spagnolo Juan Vazquez de Mella (1861-1928): “Che incoerenza, che incoerenza! Erigono troni ai principi e forche alle conseguenze”!

Chi penetrò fino al nucleo della questione fu Lord Acton nel 1875, quando copriva la carica di Chief Justice (capo della Corte Suprema) del Regno Unito:  “La questione che si trascina da secoli, e per la quale prima o poi bisognerà combattere, è quella del popolo contro le banche”.

Come faceva a saperlo? La risposta vale un buon excursus.

Una guerra sconosciuta

La famosissima affermazione di Amscher Meyer Rothschild (1744-1812): “Datemi il controllo della moneta, e non m’importa di chi fa le leggi” è oggi ben conosciuta, ma generalmente ritenuta come l’inizio dell’usurpazione bancaria di emetter moneta a spese del potere politico. Qui mantengo che il buon A.M.R. non facesse che riaffermare una verità secolare, la cui storia non si trova nei libri di testo, ma che è possibile rappezzare anche se non ricostruire nei dettagli.

Un mistero avvolge la storia monetaria dell’Occidente. Marco Polo si era imbattuto nella moneta cartacea di Kublai Khan a fine XIII secolo. Non era stato Kublai ad inventarla: la Cina la conosceva da cinque secoli,  per cui non monetizzò mai metalli preziosi. Il mistero è: perchè ci vollero ben sei secoli perchè questa possibilità fosse accettata in Occidente, e perchè con tanta riluttanza? Silvio Gesell (1862-1930) dedicò un capitolo del suo Ordine Economico Naturale al problema, intitolato Perchè la moneta si può fare di carta. È un testo magistrale, che parte dall’allora definizione del marco tedesco in termini di un certo peso in oro per mostrarne l’assurdità e condurre, un passo dopo l’altro, a quello che i governi di fine XIX secolo praticavano alla chetichella, quasi vergognandosi di emettere moneta senza “riserva di valore”. Ancora oggi le note della Banca di Inghilterra non dicono “Questo biglietto vale tot Pounds’, ma “questo biglietto promette di pagare tot Pounds (non dice di che) alla presentazione”.

Si può solo speculare che quando Marco Polo rientrò in patria, l’usurocrazia veneziana avesse intravisto il pericolo di perdere potere con la cartamoneta, e che avesse cassato ogni tentativo di farlo con i noti mezzi a sua disposizione.

L’inizio storico del conflitto banche-popolo può datarsi con la fine della Guerra delle Rose in Inghilterra, nel 1485. Favorite dalla nuova dinastia dei Tudor, le banche vi trovarono un temibile concorrente nei tally sticks, cambiali di legno emesse dai grandi centri di produzione come abbazie e manors, circolanti come mezzo di scambio tra il popolo, e accettate dallo Scacchiere in pagamento di tasse.

Mossero loro guerra con intento preciso di debellarle, ma ce ne volle. Solo nel 1836 il Parlamento mise i tallies fuori legge e sottomise il potere regale di batter moneta all’istituto del credito imposto dalle banche e sul quale ci soffermiamo sotto.

Qui entra in gioco la politica. La moneta cartacea contante, anche se non suonante, garantisce libertà agli usuari. Codesta libertà è invisa, e fortemente, tanto allo Stato moderno quanto alle banche, che invece di sostenerlo si fanno sostenere da esso. Questa inimicizia, in odio alle libertà personali, fa da motore di tutte le politiche che nel corso degli ultimi due secoli hanno annientato il lavoro indipendente, le piccole imprese, l’agricoltura di sussistenza, strappato alle famiglie i mezzi di produzione e bolscevizzato questa con enormi imprese produttrici di cibo spazzatura, di mode grottesche e di costruzioni disfunzionali.

E si è arrivati al capolinea con la guerra a viso aperto al contante. La ragione più assurda è che la carta o plastica diffonde il coronavirus. Potrebbe, se la si mangiasse. Ma il contagio personale è un mito esploso con il conferimento del Nobel per la medicina al Dott. Charles Nicolle nel 1928. Si tratta in realtà di una batosta ulteriore all’idolo democratico, demolito coscientemente e sapientemente dai mirmidoni dei poteri forti, O.N.U. in testa.

 Il cosiddetto credito non è che stregoneria, che con incantesimi ben ideati e meglio gestiti irretisce miliardi di persone a comportarsi del tutto irrazionalmente. Vediamolo.

Il denaro,  come ben sa chi ne ha bisogno, scarseggia. Il contante raccoglie pulviscolo atmosferico nei sotterranei delle banche, le quali assegnano credito non secondo i bisogni dell’economia reale (produzione e scambio), ma di fini inconfessati e spesso inconfessabili che solo lo stregone (pardon, il banchiere) conosce.

Chi quindi ha bisogno di mezzi di pagamento va da una banca, ben condizionato a confondere il credito con il prestito.

C’è prestito, come dichiara qualsiasi dizionario, quando chi presta si disfa di quello che presta per farlo usare ad un altro temporaneamente, dietro un compenso pattuito.

Orbene, emettendo credito la banca non si disfa di un bel nulla. Registra nei suoi computer il nome del richiedente e due cifre, una sotto la voce “prestiti” e l’altra sotto “depositi”. Poi consegna al “prestatario” un libretto di assegni con il quale lo autorizza a lanciare incantesimi su ogni foglio, che misteriosamente riceve potere di acquisto per somme non eccedenti quelle pattuite. Ma per questo permesso lo stregone richiede “interesse” su una somma mai prestata. E non autorizza il malcapitato prestatario a stampare “interesse”: questo lo deve estrarre da ricchezza reale prodotta da lavoro che un ulteriore incantesimo chiama “collaterale”. Lo fa o lavorando di più, o distogliendolo a un altro prestatario, o indebitandosi ulteriormente per pagare “interesse” su un prestito che non c’è. Se dieci prestatari autorizzati ad emettere 100, si compromettono a “restituire” 110, è matematicamente certo che uno di loro andrà prima o poi in bancarotta.

Mentendo, il banchiere dichiara spudoratamente che egli “presta il denaro dei depositanti”, cosa che non si sogna di fare ma utilissima per obnubilare la mente di chi è condizionato a credere che “una società moderna non può fare a meno delle banche” e che “sono degni di credito” solo i guerrafondai, i proprietari di imprese mastodontiche, i grandi questo e grandi quello, ma non gli artigiani, i piccoli imprenditori, le famiglie, gli agricoltori di sussistenza, insomma le forze del lavoro vero, le sole che fanno crescere la rendita del paese solo esistendo ma condannate ad una povertà secolare per asfissia di denaro contante..

Quanto le banche, e gli stati, odiino gli uomini liberi, si è visto con i decreti draconiani che in barba alle Costituzioni, ne hanno conculcato articolo su articolo, impoverendo popolazioni intere e terrorizzandole per farsi iniettare non si sa bene che intrugli, chiamati vaccini ma che tali non sono, e causanti effetti noti solo a chi vuole a tutti i costi “punturare” la gente per mangiarci (e lautamente) sopra.

Insieme al lavoro è sparito lo stato di diritto, fantasma incapace di tener in riga partiti, parlamenti e altri orpelli democratici; la divisione dei poteri, che elude i faticosi iter parlamentari con decreti-lampo emessi dal governo, dall’esecutivo, o anche dal potere giudiziario; un termine come “maggioranza” ha perduto ogni significato, così come lo hanno perduto uguaglianza e vita privata (oggi inglesizzata a privacy); l’istruzione obbligatoria e gratuita si è trasformata in lavaggio di Stato del cervello dei malcapitati che fanno da cavie solo “andando a scuola”; la libertà di movimento, di insegnamento, di associazione, di culto, insomma le “garanzie costituzionali” di una volta si sono rivelate come gli specchietti per allodole che sono sempre stati.

È apparso, invece, il distanziamento sociale, che il Dott. Vernon Coleman bolla, con tutta la fuffa, “presa in giro del secolo”. Sembra di assistere al crollo della Baliverna di Buzzati nei termini geopolitici profetizzati da Lord Acton. Chi vincerà?

I guerrafondai stringono i tempi, ma la crescente consapevolezza del popolo sta cominciando a invertire la posizione dei piatti della bilancia. Posso solo augurarmi che questo saggio faccia da leva di Archimede per contribuire alla vittoria del popolo.

Silvano Borruso

27 maggio 2021

 

 

 



[1] Italianizzo il testo per chi ha difficoltà a leggere il romanesco di Belli.

[2] De Civitate Dei, 4:4.


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giovedì 27 maggio 2021

Riaperture ed "aria di festa"

Riaperture ed "aria di festa" (guastata dalla tragedia della funivia del Mottarone, probabile esito delle "manutenzioni alla italiana") per gli zombie che neppure sanno di esserlo. "Loro" stanno vincendo, chi si illude che possano essere sconfitti da balli in piazza e ricorsi ai tribunali, credo non abbia capito niente della forza del Nuovo Ordine Mondiale. "Vaccinare l'intera popolazione della Terra", oramai è la parola d'ordine che, supervisionati da un Gates in affanno solo con la moglie, ripetono in coro i gestori della Dittatura Sanitaria : i Fauci, i Draghi, le von der Leyen, la Merkel e compagnia bella (si fa per dire) di capi di stato, politici, banchieri, economisti, sindacalisti, medici, scienziati, infermieri benedetti persino da Bergoglio. Tutto previsto nell' ottobre 2020 (quando si tentò una minima "reazione a caldo contro il lockdown) .. https://youtu.be/5RAGGY46zWA INFATTI ORA SONO I BAMBINI sotto attacco di Fauci e soci .. Ovvio che, per aumentare gli enormi profitti delle case farmaceutiche, occorra VACCINARE I TERRESTRI TUTTI, neonati compresi. Peccato che la incidenza del Covid sui piccoli sia assolutamente insignificante, ancor meno la mortalità, come dimostrato da qualunque statistica. Ma questo non basta, occorre pure inventare strumenti coercitivi per costringere i recalcitranti a farsi inoculare .. ed ecco il Green Pass ! Presentato come la panacea per "tornare a vivere, socializzare e viaggiare" .. In realtà trattasi di uno strumento di segregazione, non previsto da nessun trattato internazionale dei diritti dell'uomo e neppure dalla costituzione italiana. Discrimina, per la prima volta nella storia della umanità, togliendo la possibilità ai cittadini SANI di muoversi liberamente nei paesi della UE ed altrove. Assoggettandoli, per scegliere il male minore, a notevoli spese per sottoporsi ad esami invasivi quali i tamponi. Mettendo a rischio "gli altri" perché, come accertato, ora sono i vaccinati a poter diffondere il virus .. Nel contempo in Italia, in Europa e nel mondo ci sono avvenimenti preoccupanti da esaminare ma, per oggi, li risparmio ai gentili lettori che hanno avuto la pazienza di seguirmi fin qui .. Grazie per l'attenzione Vincenzo Mannello

IN CAMMINO VERSO SE STESSI con SILVANO AGOSTI - Puntata 138

Elisabetta Frezza: "L'alunno è la cavia preferita dal sistema dominante"

Alfredo Belluco

martedì 25 maggio 2021

Protesta Ad Oltranza Dinanzi Procure Aggiornamento 25/05/21. Associazion...

Riaperture ed "aria di festa"

Riaperture ed "aria di festa" (guastata dalla tragedia della funivia del Mottarone, probabile esito delle "manutenzioni alla italiana") per gli zombie che neppure sanno di esserlo. "Loro" stanno vincendo, chi si illude che possano essere sconfitti da balli in piazza e ricorsi ai tribunali, credo non abbia capito niente della forza del Nuovo Ordine Mondiale. "Vaccinare l'intera popolazione della Terra", oramai è la parola d'ordine che, supervisionati da un Gates in affanno solo con la moglie, ripetono in coro i gestori della Dittatura Sanitaria : i Fauci, i Draghi, le von der Leyen, la Merkel e compagnia bella (si fa per dire) di capi di stato, politici, banchieri, economisti, sindacalisti, medici, scienziati, infermieri benedetti persino da Bergoglio. Tutto previsto nell' ottobre 2020 (quando si tentò una minima "reazione a caldo contro il lockdown) .. https://youtu.be/5RAGGY46zWA INFATTI ORA SONO I BAMBINI sotto attacco di Fauci e soci .. Ovvio che, per aumentare gli enormi profitti delle case farmaceutiche, occorra VACCINARE I TERRESTRI TUTTI, neonati compresi. Peccato che la incidenza del Covid sui piccoli sia assolutamente insignificante, ancor meno la mortalità, come dimostrato da qualunque statistica. Ma questo non basta, occorre pure inventare strumenti coercitivi per costringere i recalcitranti a farsi inoculare .. ed ecco il Green Pass ! Presentato come la panacea per "tornare a vivere, socializzare e viaggiare" .. In realtà trattasi di uno strumento di segregazione, non previsto da nessun trattato internazionale dei diritti dell'uomo e neppure dalla costituzione italiana. Discrimina, per la prima volta nella storia della umanità, togliendo la possibilità ai cittadini SANI di muoversi liberamente nei paesi della UE ed altrove. Assoggettandoli, per scegliere il male minore, a notevoli spese per sottoporsi ad esami invasivi quali i tamponi. Mettendo a rischio "gli altri" perché, come accertato, ora sono i vaccinati a poter diffondere il virus .. Nel contempo in Italia, in Europa e nel mondo ci sono avvenimenti preoccupanti da esaminare ma, per oggi, li risparmio ai gentili lettori che hanno avuto la pazienza di seguirmi fin qui .. Grazie per l'attenzione Vincenzo Mannello

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lunedì 24 maggio 2021

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COVID-19 vaccine efficacy and effectiveness—the elephant (not) in the room

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“Prima di Israele” di Piero Sella – Recensione

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giovedì 20 maggio 2021

124 fra generali e ammiragli in congedo lanciano l’allarme marxismo

iscriviti e diffondi

Diretta con Silver Nervuti e Valentina Fusco

VIGANO - DICE COME STANNO LE COSE!

 

 

Documento Ufficiale Pfizer’s!

Il popolo in piazza contro i nuovi dittatori

ERA TUTTO SCRITTO

 

DIFFONDI DIFFONDI DIFFONDI DIFFONDI DIFFONDI DIFFONDI DIFFONDI DIFFONDI


 

DA LIQUAME ORGANICO A FAMIGLIA REALE A INGANNO PLANETARIO

 DA LIQUAME ORGANICO A FAMIGLIA REALE A INGANNO PLANETARIO

DI

 SILVANO BORRUSO


Un liquame velenoso

Per chi consultasse ancora dizionari latini, il termine virus connota una sostanza tossica, un liquame, trasudante da un tessuto infermo. Il Cassel (1944) aggiunge “veleno” citando Virgilio e Lucrezio. Ma il trasformismo semantico moderno ha stravolto quel significato. Il Concise Oxford Dictionary lo relega alla categoria di “arcaico o figurato”, promovendolo invece virus a quella di essere vivente: “uno dei tanti tipi di organismi estremamente semplici, più piccoli dei batteri, fatti principalmente da acido nucleico avvolto da una proteina, esistenti solo in cellule viventi e capaci di causare malattie”. Il Dictionarium Recentis Latinitatis, della Libreria Editoriale Vaticana, modernizza con microbium quod virus vocatur. Curiosamente, nel dizionario Glossa di Internet manca la voce VIRUS.

Chi rifiuta il passo così disinvolto da effetto a causa, e per di più da un livello di essere ad un altro, ne ha abbastanza per condurre una sia pur modesta indagine su come diamine sia avvenuto un fenomeno metafisico di salto analogico di tale portata. Come ci si è arrivati?

Nel lontanissimo 1882 l’Impero Britannico, alla guida di Sir W.E. Gladstone spalleggiato dai potenti Rothschild, aveva sottratto  il controllo del Canale di Suez alla Francia, che avendo perduto la talassocrazia alla perfida Albione 77 anni prima a Trafalgar, non era in grado di far più che protestare. Parigi chiese all’eminente scienziato Louis Pasteur (1822-1895), la cui teoria del microbo come causa di malattie infettive era stata approvata da un Congresso nel 30 aprile 1878, un testo “scientifico” come arma intellettuale contro il potere militare britannico.

E se  ne uscì, il Pasteur, con la bufala che i britannici potevano adesso importare “il virus mortale della Peste Nera” dall’India. Ma cosa intendeva Pasteur per virus?

Secondo i virologi, i “virus patogeni” hanno dimensioni di 30-450 nanometri, cioè due-tre ordini di grandezza inferiori a quelle dei batteri. Solo per vederlo, un tale virus, ci vuole un microscopio elettronico, o uno capace di risolvere codeste dimensioni otticamente.[1] Per cui nel 1882 Pasteur non poteva che dare a quel termine il significato “arcaico o figurato” di veleno.

Vediamo ora le basi su cui si poggia la definizione odierna di virus.

Nei 16 anni tra il 1854 e il 1870 due studiosi francesi, Louis Pasteur (1822-1895) e Antoine Béchamp (1816-1908) avevano fatto scoperte importanti di laboratorio sulle malattie infettive. Negli stessi anni confermava le loro scoperte l’infermiera inglese Florence Nightingale (1820-1910), sgobbando nell’ospedale da campo di Scutari durante la Guerra di Crimea (1853-1856). Diamole la parola:

Le malattie non sono individui classificabili come cani e gatti, ma condizioni che nascono l’una dall’altra. Stiamo errando continuando a guardarle separatamente come se fossero cani e gatti, invece di condizioni dovute a pulizia e sporcizia, del tutto controllabili, o meglio come reazioni di natura benigna, invece  di come le consideriamo?

E aggiungeva:

La dottrina delle malattie specifiche è il rifugio di menti deboli, senza cultura, instabili, ma che imperversano nella professione medica. Non esistono malattie specifiche; esistono condizioni specifiche di malattia.

In laboratorio, Pasteur e Béchamp avevano notato lo stesso fenomeno, manifestantesi però come strutture morfologiche variamente chiamate microbi, spore, cocchi, e altro che apparivano durante una malattia per sparire al tornare la salute.

Da queste osservazioni Béchamp formulò una teoria di malattia infettiva del tutto opposta a quella di Pasteur: i “patogeni” osservati da entrambi -sempre in tessuti malati e mai liberi nell’aria, acque o suolo-, sarebbero i prodotti di un terzo elemento del sangue, da lui denominato “microzyma”. Non li vedeva come esseri viventi di diritto proprio, ma come forme “pleomorfe” emergenti in un tessuto infermo, e la cui funzione ad hoc di “spazzini citologici” era quella di convogliare gli elementi tossici dai tessuti affetti agli emuntori naturali: intestino, reni, polmoni e pelle, per poi risparire nel sangue a missione compiuta.

La divergenza tra le due visioni è completa e tale rimane, ma le scuole di medicina occultano le ultime parole di Pasteur sul letto di morte: “Le microbe n’est rien; le terrain est tout.” Béchamp lo aveva convinto, ma il dado era tratto. Il fattore determinante del suo successo furono (e rimangono) i lauti  proventi da lotta alla malattia, molto più lucrativi dei magri guadagni del medico che cura l’infermo.

Da allora Béchamp e la sua teoria sono stati inviati in dimenticatoio. Ma di tanto in tanto qualche medico curioso vi si imbatte e ne vuole sapere di più, sotto minaccia però di espulsione dall’albo solo a riproporne la visione. Limitiamoci a constatare che lo spettro del dott. Antoine, come quello di Banquo[2], non se ne va. Prestiamo attenzione al teatro di guerra.

In una visione di vero insieme, il problema sale a livello metafisico: se codesti microorganismi fossero esseri viventi di diritto proprio, e classificati come tali da generazioni di ricercatori del calibro di Robert Koch (1843-1910) in ordini, famiglie, generi e specie di Invertebrati, tali esseri, perfetti morfologicamente e fisiologicamente dovrebbero causare malattie, che per definizione sono disordini.

Il che è metafisicamente erroneo. Ma la metafisica non essendo il forte degli scienziati, men che meno se prodotti della sQuola obbligatoria e gratuita, limitiamoci alle forche caudine dell’esperimento, provenienti dai bollettini di guerra rilasciati da loro stessi.

Il doppio fronte

Da circa 160 anni, non una ma due guerre infuriano tra due schieramenti.

La prima ha carattere difensivo. Un esercito agguerritissimo con una panoplia di disinfettanti, antibiotici, cerotti, bende, vaccini e quant’altro, milita per difendere esseri umani e i loro animali domestici da un numerosissimo esercito di germi, microbi, batteri, virus ecc., presunte cause di epidemie mortali. La medicina ufficiale elenca decine di migliaia di “malattie”, etichettate coi nomi altisonanti dei loro “scopritori” : Alzheimer, Parkinson, Hodgkins. Crohn ecc.

La seconda guerra ha carattere offensivo. Lo stesso agguerritissimo esercito fa uso, dichiarato a tamburo battente della grancassa mediatica, delle stesse presunte cause di malattie mortali, ma non per “eradicarle” cioè farle sparire dalla faccia della Terra. Quelle stesse cause fanno ora da panoplia atta a sconfiggere un altro nemico, cioè specie animali in perfetto stato di salute che però danno fastidio agli esseri umani. Mi riferisco al tentativo australiano di eliminare il coniglio europeo dalla sua fauna, nella quale venne introdotto con la malaugurata idea di farne piccola selvaggina.

Ci volle tempo; ma i conigli, a dieci figliate annue, ognuna di due-dieci coniglietti, finirono per conquistare il nuovo continente, resistendo vittoriosamente a operazioni manu militari inclusa una guerra batteriologica senza quartiere sin dagli anni Cinquanta, senza però risultati tangibili sui (si dice) 200 milioni di Oryctolagus cuniculus, che continuano a saltellare (e irreverentemente a pisciare in faccia) a burocrati, virologi e mirmidoni di convinzione monomorfico-monogenetica pasteuriano-kochiana di malattie infettive.

Tralasciando particolari eccessivi, concentriamoci sui modi operandi delle due visioni.

Con rigore scientifico, la prima guerra “identifica gli effetti di un virus prodotto involontariamente in esseri umani infetti”. La seconda “provoca gli stessi, o peggiori, effetti, inoculandolo volontariamente in esseri non-umani ritenuti nocivi e pertanto  da annientare.

Seguiamo le due ipotesi. Per Pasteur e seguaci i virus, come causa di malattie infettive, vanno fermati da una pletora di farmaci; come potenziali sterminatori di conigli, essi vanno potenziati così da infettarli mortalmente e sterminarli. Per Béchamp e seguaci, le drastiche misure summenzionate sono inutili; prima o poi i “patogeni”, rivelandosi nella loro natura di spazzini intracellulari, liberano quell’ambiente dalle tossine e ristabiliscono ordine, cioè salute.

Gli stessi criteri sono applicabili a casi famosi di “infezione”: Il dott John Snow (1813-1854) aveva scoperto che il colera era dovuto ad avvelenamento da materia fecale casualmente inquinante l’acqua potabile. Staccò una pompa sospetta e il colera terminò. 40 anni dopo il batteriologo Robert Koch (1843-1910), che pensava alla Pasteur, scopriva il Vibrio cholerae, interpretandolo come patogeno causa dell’infezione. Ma il dott. Max Pettenkofer (1818-1901) che pensava alla Béchamp, interpretò Vibrio come effetto del colera, e provò il punto bevendo fino all’ultima goccia, in pubblico, la fiala contenente il coltivo di Vibrio inviatagli da Koch, senza riportarne effetto alcuno.

I bollettini di guerra continuano a confermare Béchamp a spese di Pasteur. I tanto decantati successi pasteuriani suonano come altrettante vittorie di Pirro che slittano inesorabilmente verso sconfitte umilianti[3]. È evidente che qualcosa non va.

Cosa realmente fanno i patogeni?[4] Il modus operandi appena descritto li vede entrare in azione all’apparire stesso delle tossine formantisi nei tessuti umani malati; se lasciati in pace, o meglio assistiti da misure igieniche come suggeriva la Nightnigale, convogliano le tossine ai grandi emuntori così ristorando la salute.

Lo stesso valga per i conigli. Si tenta di “infettarli” non con un coltivo di virus puro, ma con un intruglio contenente tossine potentissime, che inevitabilmente appaiono insieme a forme pleomorfiche chiamate virus. Passa il tempo, e l’immunità cuniculare ritorna e si afferma.

Nel 1951 il governo australiano cantava vittoria per aver sterminato mezzo milione di quella “peste” con il virus di mixomatosi, ma dopo il primo shock i piccoli mammiferi si riebbero, i virus continuarono la loro opera indefessa di “operatori ecologici” cellulari e così sono riusciti a beffarsi di ben 38 tentativi di “infezione” con ceppi diversi di “virus”.

Cittadinanza nel mondo dei viventi

La ebbe vinta Pasteur con l’arrivo sulla scena dell’olandese Martinus Willem Beijering (1851-1931) che nel 1898 chiamò il virus contagium vivum fluidum, da li promosso a essere vivente e classificato, catalogato, linneanizzato da eserciti di virologi che hanno prodotto liste prodigiose di famiglie di virus oggi consultabili (per chi ne ha il bisogno) in Rete.

Ma il progresso è inarrestabile come ben noto. Nel 1968 si scopri un gruppo di virus che mostrava una vaga apparenza di corona solare. Ecco perchè il nome coronavirus.

Nel 2019 l’apparenza fisica venne promossa a potere politico, e voilà, ecco la famiglia reale di coronavirus instillare terrore planetario alla guida di “governi” di mentecatti. Sembra ascoltare un H.L.Mencken[5] redivivo:

Il solo scopo della pratica politica è di mantenere il volgo in stato di allarme, e pertanto reclamante salvezza, minacciandolo con una serie di spauracchi, tutti immaginari.

Pensare l’inganno [e la beffa]

Prendendo per scontato che chi legge sia già al tanto di essere in guerra e pertanto conscio della natura e strategia del nemico, mi soffermerò, nella seguente analisi, sul distanziamento sociale, la maschera, l’igienizzazione e il rilevamento di temperatura. Presumo che chi legge sia già conscio della loro inutilità, per cui mi fermerò agli effetti reali che ciascuna di esse ha su chi la subisce.

Si deve il distanziamento sociale alla superstizione del contagio. Dico “superstizione” perchè nelle medicine indiana e cinese il contagio non esiste. Ma vi sono ragioni storiche dietro la sua autorità di spauracchio in Occidente.

 La paura di rimanere colpito da malattia infettiva per contatto personale è retaggio della Peste Nera, che negli anni 1347-50 colpì la Cristianità per mezzo di rifugiati dall’assedio mongolo a una piazzaforte genovese in Crimea. Chi ha letto I Promessi Sposi sa che la stessa superstizione vigeva, viva e vegeta, nella Milano del Seicento.

Fu solo nel 1894 che Alexandre Yersin (1863-1943), di persuasione pasteuriana  addebitò la malattia ad un batterio, da lui battezzato Pasteurella pestis, in suo onore ribattezzato Yersinia pestis. Allo stesso tempo si scoprì il ciclo batterio-roditore-pulce che mostra come siano le iniezioni sottocutanee di potenti tossine da parte di pulci rese fameliche dal blocco batteriale del loro sistema a comunicare la malattia.

La visione pasteuriana rimane, però la tralasceremo per concentrarci sul contagio. Questa ricevette un colpo, purtroppo non mortale con il conferimento del Nobel per la medicina al Dott. Charles Nicolle (1866-1936) nel 1928. Cosa scoprì Nicolle?

Gestiva costui un ospedale a Tunisi, dove era scoppiata una epidemia di tifo. I colpiti affollavano le corsie dell’ospedale, però stranamente non vi erano contagi. Un colpito da tifo poteva tranquillamente stare accanto a un non colpito senza che avvenisse nulla.

Nicolle sapeva pensare. Ragionò: o c’è qualcosa qui dentro che non c’è fuori, o al contrario c’è qualcosa fuori che non c’è qui dentro. E l’azzeccò: era un pidocchio, che non entrava in ospedale dopo la sterilizzazione degli indumenti dei colpiti da tifo.

Il Nobel non gli fu dato per questo motivo, ma la constatazione della non esistenza del contagio dovrebbe campeggiare oggi come dato acquisito di scienza medica.

Non lo fa. Quia è abbastanza aver provato la sua natura di puro spauracchio. Chi legge prenda le sue decisioni.

Per capire la maschera bisogna rifarsi alle scoperte di un altro medico, questa volta un tedesco, dott. Otto Heinrich Warburg (1883-1970). Scoprì costui che la combinazione di iper acidosi (pH <7) e ipossia (basso livello di ossigeno) non causano il cancro, ma ne preparano l’avvento in tempi e luoghi diversi da individuo a individuo. Per questa scoperta ricevette il Nobel nel 1931.

Cosa fa la maschera? Causa iperacidosi e ipossia. Quanti mascherati saranno vittime di cancro nel futuro prossimo e remoto? Non sono profeta, ma non è difficile prevederne un buon numero. Chi legge agisca.

Circa l’igienizzazione, sterilizzazione, disinfezione ecc. citiamo per primo un aforisma agostiniano (secondo alcuni; altri lo addebitano a S Bernardo di Chiaravalle: “Inter faeces et urinam nascimur, et ridemus”[6]

Così vuole la natura che acquistiamo la prima immunità. Ricorrendo al parto cesareo, quella immunità si nega al neonato, come la si nega insistendo con ossessione su una igiene eccessiva. È ben noto, o dovrebbe esserlo, che gli schizzinosi, superigienici statunitensi che viaggiano in Messico per la prima volta, si beccano ogni tipo di disordini minori, mentre invece i disprezzati copti cristiani del Cairo, costretti a vivere di e tra montagne di immondizia grazie alle politiche islamiche, sviluppano un sistema immunitario a prova di bomba.

Dulcis in fundo, la temperatura. A che serve rilevarla? A niente. Ma così hanno deciso i guru dell’OMS.

I quali hanno anche deciso di far uso coercitivo del vaccino come rimedio principe della pandemia. Consideriamo la base per una tale decisione.

Questa è che l’intera teoria della vaccinazione si regge o cade sulle verità o falsità della teoria pasteuriana del “patogeno” come causa di malattie. Se Béchamp dovesse aver ragione, i vaccini di ogni tipo e contenuto sarebbero dannosi per definizione, perchè inoculando qualsiasi sostanza estranea sotto la pelle si elude tutto il sistema di difese immunitarie.

C’è di più. Solo chi ha letto una biografia di Pasteur sa che il Nostro odiava aprire la posta mattutina, che gli avvelenava gli ultimi anni di vita con notizie di fallimenti su fallimenti di vaccinazioni che invece di “proteggere” avevano ucciso armenti e greggi di animali domestici, i cui proprietari richiedevano risarcimento.

Ulteriori eventi corroborano. Si dovrebbe dire, ma non si dice, che i 50 milioni di morti dell’influenza “spagnola”[7] del 1918 furono tutti e solo i vaccinati, i più nelle forze armate. Successe quello che aveva osservato Florence Nightingale 60 anni prima: un tifo, che un vaccino non aveva fermato, si trasformò in paratifo A, poi paratifo B. Ad ogni cambio si iniettava un vaccino diverso. Dopo il terzo, il paratifo B esplose nell’influenza micidiale che tiene ancora oggi il record mondiale di pandemia mortale.

Ce ne sarebbe stato abbastanza per bandire vaccini e vaccinazione come terapie, ma si è preferito occultare, mistificare, e continuare ad impinguare le casse delle case farmaceutiche. Non sorprende che ad aprile 2020 una folla inferocita ad Abidjan, Costa d’Avorio, abbia attaccato e distrutto un deposito di vaccini.

Chiudo con la bufala di tutte le bufale, la sovrapopolazione mondiale. Lettore, sei anaritmeta, cioè incapace di far di conto? Se no, non é difficile verificare.

Comincia dalle aule scolastiche frequentate in vita tua. Ogni studente (prima della follia odierna) ha a sua disposizione circa due metri quadrati. Estrapolando un’aula scolastica media ha una densità di popolazione di 500 000/km2. Per accomodare sette miliardi di alunni ci vorrebbe un’aula di 14mila km2. Orbene, la Sicilia ha una superficie di 25mila km2. Giudica tu se sia sensato affermare che la Terra soffre di eccesso di popolazione.

Non sarebbe ora di liberarsi da incubi e riacquistare le libertà in pericolo?

20 maggio 2021

 

 

 

 

 

 



[1] Solo i microscopisti Royal Raymond Rife (1888-1971) e Gaston Naessens (1924-) sono riusciti a tanto.

[2] Carattere di Macbeth, Shakespeare

[3] Il virus presumibile causa di morbillo non è stato mai osservato: nel 2020 il Dr Stefan Lanka, tedesco, ha offerto un compenso di 100mila euro al primo ricercatore che riuscisse nell’intento (la “scoperta” risale a una singola pubblicazione del 1953).

[4] Il consenso non ha mai fatto parte del metodo scientifico. L’argomento di autorità in scienza ha valore nullo

[5] 1880-1956. Giornalista mordace, diceva: “La relazione corretta di un giornalista nei riguardi di un uomo politico è quella di un cane nei riguardi di un lampione”.

[6] Nasciamo tra pipì e popò, e ce la ridiamo

[7] La prima segnalazione dell’epidemia venne dalla Spagna, rimasta neutrale durante la prima guerra mondiale. La censura aveva occultato la vera origine negli USA.

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