martedì 16 dicembre 2014

Stop al South Stream, nove motivi che fanno male all’Europa






Dopo l’annuncio di Putin il 1 Dicembre scorso, quando il leader russo poneva una pietra (forse tombale) sul gasdotto South Stream, alcuni analisti e qualche politico interessato hanno dichiarato essere quella rinuncia, una vittoria dell’Europa e, di conseguenza, una pesante sconfitta della politica russa. Purtroppo, a noi sembra esattamente il contrario.

Indubbiamente, l’incalzante crisi economica russa, il crollo del rublo, la caduta del prezzo del petrolio e l’aumento dei costi stimati per il progetto da dieci a trenta miliardi di dollari (e forse più) hanno sicuramente avuto la loro parte ma la rinuncia al gasdotto che avrebbe portato il gas russo direttamente in Europa saltando l’Ucraina avrà delle ricadute molto più gravi per noi che per la Russia.
Non è un caso che Putin ne abbia fatto l’annuncio durante il suo incontro in Turchia con Erdogan perché questa circostanza rende il nostro problema più facilmente identificabile. Le sue parole non hanno formalmente chiuso del tutto all’ipotesi di riprendere il progetto qualora l’Unione Europea dovesse mostrare un atteggiamento meno ostativo e proprio l’otto dicembre il responsabile europeo per l’energia, il sig. Sefcovic, ha cercato di recuperare la situazione affermando che il progetto potrebbe essere salvato. Tuttavia questa possibilità resta, secondo noi, estremamente improbabile. Che cosa hanno concordato i due leader ad Ankara? Esattamente le decisioni che contribuiranno alla nostra ulteriore marginalizzazione.
Primo: il percorso del gas sotto il Mar Nero, invece che verso la Bulgaria, sarà dirottato sulla Turchia, pur mantenendo la stessa capacità di 63 miliardi di metri cubi di cui 15 miliardi destinati alla sola Turchia. Secondo: Ankara comincerà, da subito, a ricevere tre miliardi di metri cubi annui che si aggiungeranno ai quattordici miliardi già destinati attraverso l’esistente gasdotto Blue Stream. Terzo: il prezzo di questo gas subirà immediatamente uno sconto del 6% sui valori precedentemente in vigore. Quarto: i due Paesi hanno concordato di aumentare reciproco commercio e investimenti soprattutto nei settori agricolo, metallurgico, dell’industria leggera e dell’high-tech. E questo in barba a sanzioni e contro-sanzioni. Quinto: La Bulgaria perderà i 500 milioni di dollari annui previsti come fee per il transito sul suo territorio e, in più, l’indotto economico che ne sarebbe derivato. Sesto: anche Ungheria e Serbia, già convinte di godere di un simile ritorno, dovranno por fine al proprio sogno e cominciare a guardare verso fonti di rifornimento alternative. Inoltre l’Ungheria non diventerà il nuovo hub europeo che aveva immaginato poter essere. Settimo: la nostra Saipem ha annunciato che la cancellazione del progetto causerà alla società una perdita di 2 miliardi di dollari. Ottavo: dopo il fallimento del progetto Nabucco, l’Europa aveva ricominciato a corteggiare il gas turkmeno e, considerata la possibile fine di sanzioni verso l’Iran, contava anche sul gas iraniano, come alternativa a quello russo, per dare capacità sufficiente a un nuovo gasdotto trans-anatolico. La realizzazione del raddoppio di Blue Stream con la Turchia renderà meno allettante per quest’ultima valutare altre ipotesi che sarebbero, d’altronde, oramai superflue e inutilmente costose per i possibili finanziatori. Addio quindi al pensiero di poter contare sulla Turchia quale transito per altro gas non russo (oltre a quello azero già disponibile) destinato all’Europa. Nono: si ridimensiona il ruolo svolto dalla nostra Eni che, anche grazie a South Stream, era diventata un interlocutore centrale per la russa Gazprom e per il Governo di Mosca.
Fin qui le conseguenze più immediate. Se consideriamo però anche il futuro politico sul breve e medio temine, dovremo mettere in conto una crescente disaffezione di ungheresi e bulgari verso quell’Europa che ha loro imposto questa situazione. Infine, ciliegina sulla torta, una Turchia che sta già inseguendo da tempo una propria politica, sempre meno in linea con l’Europa e con l’Occidente in generale, diventerà sempre più autonoma e meno sensibile alle nostre lusinghe. Infatti, oltre a diventare un ulteriore soggetto in grado di ricattarci sulle nostre forniture energetiche, trasformerà la sua secolare ostilità verso la Russia in una mutua collaborazione che non potrà mancare di avere ripercussioni geopolitiche.
Adesso che hanno ottenuto questi eccezionali risultati, sono finalmente soddisfatti i soloni di Bruxelles e di oltreoceano?
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/2014_12_08/Stop-al-South-Stream-nove-motivi-che-fanno-male-all-Europa-5907/