venerdì 11 gennaio 2019

TRA ESOTERISMO E FILOSOFIA: RUDOLF STEINER.


Mi sono appena finito di legger tutto d’un fiato “La Scienza Occulta” di Rudolf
Steiner ma, contrariamente alle generiche aspettative di chi vorrebbe sentirsi
dare sul testo e sul personaggio Steiner un giudizio “tranchant”, estremamente
positivo, entusiasta, sino al fanatismo, da una parte, o estremamente negativo,
ipercritico, deluso e stroncatorio, dall’altra, il giudizio di chi scrive, non
propende né per l’una, né per l’altra opzione, bensì ad un composito sguardo
d’insieme, costituito da un insieme di chiaroscuri tale che, alle volte, diviene
concretamente difficile arrivare ad una visione d’insieme completa ed obiettiva.
Ad onor del vero, va anzitutto detto che, quello steineriano, è un testo risultante
da un pensiero visionario e come tale andrebbe, pertanto, preso ed interpretato.
La ricerca di una coerente definizione ed esplicazione di una “Scienza Occulta”,
conosce in Steiner, vari momenti. L’autore con il nitore ed il linguaggio
semplificato di chi ben naviga con una certa collaudata maestria nella materia,
mette il lettore scettico e dubbioso dinnanzi ad una primaria e ben mirata
considerazione: è perfettamente inutile cercare di interpretare con criteri
razionali, ciò che tale non è...lo sforzo sarebbe inutile e dannoso; è necessario,
invece, cercare di porre la propria mente su un piano superiore e differente a
quello della semplice e lineare cartesiana razionalità. Solo in questo modo si
potranno recepire appieno le istanze di un sapere, altrettanto “scientifico”,
quanto distante e non comprensibile e perciò stesso “occulto”, rispetto a quello
usuale.
Una distinzione questa, salutare e necessaria alla continuazione di questa, ma
anche di qualsiasi altra narrazione, che voglia frantumare e superare i parametri
culturali della modernità illuminista, permettendo così, alla obnubilata mente di
chi muove i primi passi in questa direzione, di poter spaziare ed arrivare a
percepire dimensioni spirituali, altrimenti precluse. Diciamo che Steiner
raccoglie e rielabora quelli che, delle scienze occulte, rappresentano i motivi più
salienti. Nel rifarsi un po’ alla narrazione platonica, Steiner ci parla dei vari stadi
della natura umana, partendo da un corpo meramente “fisico”, per passare via
via ad uno stadio “eterico”, “astrale” e così via discorrendo, sino quasi ad
arrivare a far coincidere l’animo umano con lo Spirito Assoluto, ricalcando, in
questo, come in altri motivi, le elaborate indicazioni della metafisica Hindu che, a
tal riguardo, ci parla di Atman, come manifestazione ultima di quanto poc’anzi
accennato. La stessa metempiscosi delle anime, con tutto il processo di morte e
rinascita, la teoria sull’accesso alle dimensioni superiori dell’Essere attraverso i

vari stadi della meditazione e del pensiero (razionale, intuitivo, etc....), sembrano
in qualche modo ripetere, attraverso l’interpretatio steineriana, i più classici
motivi delle varie tradizioni esoteriche.
Laddove, invece, varrebbe la pena soffermarsi, al fine di estrapolare degli
elementi non esenti da una certa originalità, è proprio la parte riguardante la
genesi dell’uomo contestualizzata in una originale cosmologia, a detta della
quale, ad ogni pianeta corrisponde uno stato dell’essere umano che, inizialmente
presente solo ad uno stato gassoso, andrà via via condensandosi, partendo da
Saturno sino ad arrivare alla Terra, attraverso vari pianeti (Giove,Luna, Venere),
rappresentanti altrettanti stati dell’essere. La stessa umana civiltà è vista come
una prosecuzione di questo processo di “condensazione”. Ad una fase
“Atlantidea”, caratterizzata da una superiore conoscenza iniziatica, succederà
una spiritualizzata e contemplativa civiltà Hindu, passando per tutta una serie
di fasi (“persiana”, greco-latina, etc.), tutte caratterizzate da una graduale
perdita di quella superiore carica di spiritualità che, retaggio dei precedenti
stadi ontologici, vanno però consolidandosi verso un nuovo modello umano, in
cui la figura del Cristo, assume un ruolo centrale, in quanto simbolo della nascita
della pienezza di coscienza razionale, in Occidente e nel mondo intero.
Quella stessa presa di coscienza, genererà una civiltà i cui effetti sono tutt’oggi
ravvisabili ed i cui sviluppi sono forieri di nuovi ed ulteriori stadi di evoluzione
dell’umanità intera. Qui, la visione steineriana sembra attraversata da
suggestioni tutte provenienti dall’emanazionismo gnostico, caratterizzato da un
peculiare atteggiamento “negativo”, verso la materia, a sua volta vista come
prodotto di una graduale ma irrimediabile caduta dello Spirito verso il basso.
Tutto questo se non fosse che, il buon Steiner, ci parla di “evoluzione” della
specie umana verso differenti e peculiari forme di spiritualità, per ogni epoca da
questa attraversata.
Quale che sia la risposta certa, in grado dipanare il bandolo della matassa
antroposofica, quello di Steiner rappresenta sicuramente uno di quei tentativi
destinati a lasciare un segno, nella lunga scia di pensiero vitalista ed
irrazionalista che ha caratterizzato il 19° ed il 20°secolo, in quanto la Scienza
dello Spirito, qui sembra offrire un modello alternativo all’evoluzionismo
darwiniano, non rappresentato dai soliti richiami chiesastici e fideistici. Al pari
di altri autori a lui più o meno contemporanei, (basti pensare al Kremmerz o al
precedente Eliphas Levi, sic!) anche lo Steiner cerca di dare una veste

“scientifica” al sapere occulto, commettendo, a detta di chi scrive, un madornale
errore.
Nel riprendere le varie suggestioni offerte dal Platonismo, dalla Gnosi, dalla
cultura Hindi, dallo stesso Hegel (per quanto riguarda la figura cristologica...),
guardando anche a Dilthey ed a Nietzsche, il nostro nell’intento di edificare una
“Nova Scientia”, si fa prender troppo la mano ed arzigogola all’eccesso.
Ampollose e pesanti le sue visioni sulla natura umana e sul suo rapporto con la
morte. Altrettanto ampollose e contorte quelle sulla antropogenesi. Peggio
ancora, va per la parte finale del testo steineriano, incentrato sulle prospettive
del genere umano, stavolta declinate all’insegna di uno strabordante sentimento
di “amore”, che tanto sembra possedere il dolciastro sapore di una sgangherata
utopia progressista o di una narrazione New Age “ante litteram”.
Il tutto, molto incerto e confusionario, visto che non si riesce a capire cosa per
“amore” il nostro voglia intendere. Steiner fu uomo sicuramente animato da
grandi intuizioni e da una forte carica visionaria. Nell’alveo culturale della
Teosofia, l’originalità della sua visione, sta proprio nella sua visione fortemente
“occidentocentrica” ed imperniata sulla figura del Cristo, la qual cosa lo porterà
alla rottura con la Teosofia di Madame Blavatskji e di Annie Besant che, anche se
animata dai medesimi presupposti culturali, guardava ad Oriente ed alla cultura
Hindu, sebbene interpretata e riletta ad “usum delphini”, secondo le suggestioni
blavatskjiane.
Steiner lascerà sicuramente influenze in vari esponenti del pensiero esoterico,
ma anche in quello più propriamente filosofico. Per quel che riguarda
l’esoterismo, basti ricordare due importanti esponenti del Gruppo di Ur:
Giovanni Colazza e Giovanni Antonio Colonna di Cesarò. Non senza voler
ricordare anche la figura di Massimo Scaligero. Per quanto concerne il pensiero
filosofico, la Jaspersiana teoria dell’Età Assiale dell’umanità, tutta incentrata su
una generale e qualitativa presa di coscienza del genere umano, in un
determinato arco di tempo della storia, sembra voler ricalcare delle mai sopite
suggestioni steineriane.
Il pensiero dello Steiner, sembra volerci prepotentemente riproporre
l’interrogativo, mai definitivamente risolto, sul senso della umana civiltà.
Ovverosia se, quel nostro progressivo “solidificarci”, quel nostro allontanarci da
un primigenio rapporto di osmosi ed immediatezza con l’Essere, abbia
rappresentato una reale e positiva “evoluzione” per il genere umano o, invece,

non sia stata la parabola di una caduta verso la dannazione della occidentale
schiavitù alla civiltà Tecno Economica. Una risposta che, neanche lo Steiner,
sembra riesca a darci, non riuscendo egli stesso a motivare e giustificare l’intero
processo antropogenetico, tanto minuziosamente descritto, con le future ed
“evoluzionistiche” prospettive del genere umano.
Ma forse, va bene così. Forse la non-risposta, la mancanza di certezza e
definizione, rientra in ambedue delle più pregnanti espressioni dell’umano
pensiero: quello filosofico e quello, più propriamente, esoterico. Nel primo, a
prevalere delle volte, non è tanto la ricerca di una soluzione alla ricerca del
senso della realtà, quanto il percorso indicato per cercare di pervenire al tanto
agognato fine. Nel secondo, invece, a sovrastare il tutto, un’immagine
direttamente mutuata dalla antica sapienza alchemica ed ermetica: quella di una
sostanza universale che, nel cambiar continuamente forma e stato, permane,
alfine, sempre la stessa.
E’ l’Azoth, o Azoto degli alchimisti, che va riaffacciandosi prepotentemente sulla
scena e non solo per quanto riguarda l’umana microfisica, attraverso la ricerca
della Pietra Filosofale, ma anche per quel che riguarda l’intero Ordine Universale
ed il Destino del genere umano, intesi alla stessa guisa di una sostanza che,
anche se in perenne mutamento, senza soluzione di continuità, resta nel proprio
fondo sempre identica. E forse, questa potrebbe essere la risposta più
appropriata a tutti quei tentativi che, nel cercare di trovare una soluzione a
problemi come quelli della genesi del genere umano, della sua civiltà e dello
stesso Universo, si infrangono costantemente sulla infinita complessità e
contraddittorietà delle risposte che incontrano sul cammino.
UMBERTO BIANCHI