mercoledì 6 maggio 2015

La Corte Costituzionale non ha invaso il campo del Governo: è il contrario!



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COMUNICATO STAMPA


PENSIONI - La Corte Costituzionale non ha invaso il campo del Governo: è il contrario!


           Roma, 6 maggio 2015 – L’intervista sul Corriere della Sera, di ieri 5 maggio, rilasciata dal Vice Presidente del Senato la pidiessina On. Linda Lanzillotta, è sconcertante, fuorviante, priva di fondamento giuridico e per certi versi contraddittoria.
Infatti la Corte Costituzionale, ricordiamo, emette le proprie sentenze (che vanno applicate e non sono soggette a soluzioni pasticciate) in nome del popolo italiano.
           La stessa Corte Costituzionale, è bene ricordarlo, è stata “costretta” nuovamente a “sentenziare” poiché i Governi hanno reiteratamente tenuto in dispregio le varie sentenze della Consulta in materia di pensioni: un esempio per tutti è la sentenza n. 316 del 2010 con la quale la stessa Consulta aveva “soltanto” e in modo elegante, fatto presente ai Governi che non potevano inopinatamente battere cassa soltanto sulle pensioni.
           Il richiamo poi all’art. 81 della Costituzione da parte della Parlamentare per “un sano equilibrio di bilancio” è una affermazione a senso unico da parte di chi non può non sapere, per esperienza diretta, come stanno realmente le cose.
          A tale proposito siamo costretti a rammentare all’Onorevole che l’art. 36 della Costituzione (non a caso posto cronologicamente prima dell’art. 81) recita:
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
           Per essere più espliciti e rendere meglio l’idea non è tollerabile che la “quadratura del bilancio” dello Stato NON debba tenere conto della situazione esistente nel mondo del lavoro ove vi sono moltissimi e tantissimi casi (specialmente i nostri rappresentanti del popolo che già godono di un trattamento fiscale di favore sulle indennità parlamentari) che cumulino, pensioni, vitalizi, redditi di lavoro dipendente, indennità parlamentari e via dicendo, superiori anche a 400/500 mila euro all’anno, e nel coacervo reddituale familiare, superino anche il doppio tale cifra: è questo il vero scandalo a cui assiste la nazione.
           Una soluzione ci sarebbe e sarebbe quella equa (e non censurabile costituzionalmente), già maturata in passato negli ambienti vicini alla Presidenza della Repubblica.
           Presente sempre l’art. 36 della Costituzione e l’iniziativa del Governo (che ha posto il limite di 240.000 euro all’anno per l’appannaggio al Presidente della Repubblica), tutti i redditi oltre il predetto limite andrebbero sottoposti ad una più incisiva leva fiscale.
           Parliamo non a caso di redditi non solo di pensioni. 

                                              

                                                        UFFICIO STAMPA DIRSTAT