mercoledì 10 settembre 2014

Un'analisi italiana sulle indagini della sciagura del boeing malese



Che cosa ci svela il rapporto preliminare sulla catastrofe del Boeing malese 777, pubblicato dall’Ufficio di sicurezza olandese il 9 settembre? Le sue 34 pagine lasciano aperte in realtà molte domande. Secondo il report ufficiale, l’aereo è stato colpito da “numerosi oggetti che l’hanno perforato ad alta velocità”. Di che oggetti si tratterebbe? Molti giornali hanno avanzato l’ipotesi dei proiettili. Cerchiamo di analizzare i dati a nostra disposizione.


Ci siamo rivolti per un commento a caldo a Gianandrea Gaiani, direttore di “Analisi Difesa”, corrispondente di guerra, che ha gentilmente rilasciato un’intervista a “La Voce della Russia” condividendo con noi le sue riflessioni.
- Il rapporto preliminare pubblicato dall’Ufficio di sicurezza olandese ci rivela qualcosa di nuovo?
- Nulla di rilevante rispetto quello che si era già detto. L’unica conferma è che l’aereo non è caduto per un incidente, un guasto tecnico o un errore del pilota. L’aereo è stato colpito da oggetti che ad altissima velocità hanno attraversato il velivolo e l’hanno fatto esplodere in aria. Lo conferma anche l’ampia aerea su cui erano dispersi i pezzi dell’aeroplano. Il rapporto ci dice chiaramente che l’aereo è stato abbattuto.
Questi oggetti sono quasi sicuramente le ogive d’acciaio contenute all’interno di missili antiaerei. Il rapporto non fa capire da dove provenisse il missile, se da terra o da un altro aeroplano. Il missile esplode in prossimità del bersaglio e semina ad altissima velocità queste biglie d’acciaio, che distruggono i motori, attraversano le ali e la carlinga. Dobbiamo quindi capire se questo missile sia un missile terra aria, o un missile lanciato da altri aerei. Non ci dimentichiamo che proprio la Russia aveva evidenziato la presenza vicino al velivolo della Malaysia Airlines di aerei da caccia ucraini.

- Secondo Lei si potrebbe trattare anche di proiettili o è da scartare come versione?
- Il rapporto non parla di proiettili, se avesse voluto farlo, credo l’avrebbe fatto. Se ci fosse stato uso di un cannone anti-aereo non poteva essere certamente un cannone che si trovava al suolo, cioè 10 mila metri più in basso. Sarebbe stato colpito da un cannoncino, come quelli imbarcati sugli aerei da caccia, si tratterebbe di un’arma con un calibro preciso i cui fori sarebbero riscontrabili e rilevabili. Non credo che il rapporto parli di proiettili, anzi di munizioni, questo è il termine più adatto. Non ci sono gli elementi per dire che il Boeing 777 sia stato colpito da raffiche di un cannoncino automatico. Gli oggetti in questione, possiamo affermarlo con tranquillità, sono quei pallettoni d’acciaio inseriti nella testata dei missili.

- Il rapporto finale è previsto per luglio 2015. Secondo Lei la stampa dovrebbe avere accesso a tutte le tappe delle indagini durante l’anno? Le indagini andrebbero rese pubbliche?
- Faccio il giornalista da 25 anni e ritengo che tutte le informazioni, soprattutto quelle ufficiali e assodate da rapporti tecnici, debbano essere rese note appena disponibili. Posso capire che ci sia una necessità politica, vista la delicatezza della situazione, di tenere riservate per un certo periodo alcune informazioni, soprattutto quelle relative alla responsabilità. C’è una disputa molto forte fra Kiev e i separatisti, si può comprendere se alcune informazioni per un certo periodo vengono mantenute riservate. Questo periodo deve essere breve, se no il rischio è la mancata trasparenza su un rapporto che deve essere chiaro ed esaustivo, perché in ballo ci sono molti aspetti di carattere politico.

- Senza attendere luglio 2015, le diverse tappe tecniche del rapporto dovrebbero essere rese pubbliche o no a suo avviso nell’ideale?
- L’ideale è che ogni dato, una volta confermato, venga reso pubblico. Questo anche per evitare pressioni indebite. Quando un dato è reso noto e tutti lo sanno, è più difficile che chi non ha nulla da guadagnare dalla notizia, possa esercitare pressioni sui tecnici del rapporto. Io credo che la trasparenza sia sempre l’arma migliore non solo a vantaggio dell’opinione pubblica internazionale, ma anche a vantaggio dei tecnici, che lavorano su una vicenda così delicata e tragica.
- Secondo Lei durante quest’anno in attesa del report finale, la stampa e in particolare i media italiani, dedicheranno il giusto spazio a questo caso o calerà il silenzio?
- È difficile fare l’indovino e anche stabilire lo spazio giusto. Magari ognuno di noi ha una valutazione diversa di quale sia lo spazio giusto per ogni singola notizia. Ritengo questa vicenda molto importante, sulla quale si sono fatte molte speculazioni in assenza di prove concrete. Credo che l’emergere di prove concrete e tecnicamente assodate debba avere la massima copertura da parte dei media.
Per quanto riguarda il mio lavoro, io farò di tutto, qualunque sia l’esito, perché i risultati della ricerca vengano resi noti.