martedì 24 luglio 2012

UN’ALTRA CRITICA Al “Cristianesimo” di Sivano Borruso



UN’ALTRA CRITICA
Al “Cristianesimo”

Comincio ringraziando Fabio Calabrese per la sua lunga critica al “cristianesimo”, senza la quale non sarei mai stato stimolato a scrivere quel che segue. Calabrese esordisce chiedendosi se è permesso servirsi di
“osservazioni, pensieri, critiche, argomenti provenienti da aree politico-culturali diverse o avversarie”.
Certo che è permesso. Quello che non è permesso è manipolare la verità: travisandola, mutilandola, o adornandola. “Criticare”, per esempio, vuol dire “passare al vaglio”, e per farlo bisogna che la materia passata lo sia nella sua interezza.
Dico ciò perchè Calabrese –con molti altri- riduce il “cristianesimo” ad elementi percepibili dai sensi: il Vaticano (papato e clero) e il laicato, soffermandosi su azioni che vanno da pecche minori a malefatte maggiori.
Non è che abbia(no) tutti i torti. Ma il grande assente, nella critica di Calabrese, è Gesù Cristo, sprezzantemente chiamato “fondatore della religione cristiana”. Altrettanto assente è la Chiesa, vista però non come gerarchia, ma come gregge di fedeli sotto la guida del buon pastore.
Chi ha fede sa non solo che Cristo vive, ma che è sempre lui a prendere l’iniziativa: irrompe in un mondo ostile, chiama alla sua fede, al suo sacerdozio, guida il suo gregge tra le nazioni del mondo, converte uomini di buona volontà anche dalle file dei suoi nemici, sempre proponendo, mai imponendo, la sua fede. Vediamone alcuni esempi.
Cristo vive, si rivela e parla a chi vuole. Ecco come lui stesso criticò il “cristianesimo” a Maria Valtorta (1897-1961):
“È vero che l’infallibilità papale su cose di spirito è verità definita esistere in qualunque mio Vicario a prescindere dalla sua forma di vita e possesso di virtù. Ma è anche vero che voi non potrete trovare un dogma definito e proclamato da Papi che siano, notoriamente o meno, privi della mia Grazia. Non può avere amico lo Spirito Santo l’anima in disgrazia. Questo pensare possibile una simile cosa sì che sarebbe pensiero eretico! E dato che Dio è giusto, come tratta il povero tratta il ricco, come [tratta] il laico tratta il Sacerdote Supremo. Purtroppo vi sono zone oscure nella storia della mia Chiesa. Volersi chiudere gli occhi per non vedere i punti oscuri vuol dire vivere nell’oscurità su tutto della Chiesa, anche sulle numerosissime e luminose, angelicamente, paradisiacamente luminose epoche gloriose della Chiesa mia. Perchè bisogna essere sinceri anche in queste cose, come lo ero Io su i miei apostoli, discepoli, e su coloro che mi seguivano. Turbe numerose, non fatte tutte di santi, non tutte di tiepidi, non tutte di malvagi. Riconoscevo ad ognuno il suo merito o demerito, davo ad ognuno quanto meritava, senza tenere presente speciali ragioni affettive. La verità è verità, in tutte le cose. E lo è anche nello studio della storia. E in quello della storia della mia Chiesa. La storia, per essere storia e non fola, deve essere imparziale. Le epoche oscure, del resto, sono quelle adombrate nelle allusioni profetiche del pastore-idolo [vedi Ezechiele 34; Geremia 23, 1-4; Zaccaria 11, 4-17] e di quel tale Sobna [vedi Isaia 22; 36, 1-37, 7 = IV Re 18,1-19, 7], prefetto del Tempio. Che ciò punga e bruci lo ammetto. Ma non è lecito dire “Anatema” ad una verità. Riposate dunque su questa certezza: che i dogmi sono veri, che l’infallibilità esiste, perchè Io non concedo dogmi a chi non lo meritasse. E questo era incluso nella frase che ha suscitato l’obbiezione. Sei accontentata. Va’ in pace. Ti ho dato questo chiarimento subito perchè risulti che Io sono l’Autore delle parole, e perciò le conosco e ricordo, anche se il dettato non è presente.” Il 30-6-45 ore 8 ant. [Corsivo nell’originale].[1]
Lo scritto non è canonico, quindi non c’è obbligo di crederlo. Ma che Cristo viva lo si vede ancora meglio nel linguaggio di coloro che lo odiano. Il Talmud (in questo momento tradotto in italiano alla bella tariffa di 10 milioni di Euro) lo condanna all’inferno, immerso per l’eternità in un miscuglio di escrementi e di seme bollenti. Orbene, non si odiano così i morti, ma i vivi.
L’iniziativa del Cristo non conosce tregua o ostacoli. Quanto più le conversioni vengono ostacolate, anche da ambienti clericali, tanto più esse avvengono. Dappertutto. Non passa anno in cui non si pubblichi per lo meno un libro di conversioni, difficile da smettere di leggere prima di averlo finito. Cristo chiama anche al sacerdozio, e chiama gli individui più disparati. Se no, come spiegare che giovani cinesi nati e cresciuti in regime di aperta persecuzione si sottomettano a una vita da braccati, senza fissa dimora, con metà dei vescovi in prigione, per dire Messa e amministrare i sacramenti nella clandestinità? Ma soprattutto, come spiegare il raddoppio dei fedeli in Cina dai nove milioni del 1949 ai 18-20 di oggi?
La Chiesa marcia, Cristo alla testa, Vaticano o no, per le nazioni del mondo. Calabrese dichiara che “in Giappone, nazione e cultura […] la penetrazione cristiana ha sostanzialmente fallito”, all’oscuro evidentemente della saga dei cattolici giapponesi tra il 1638, fine dell’assedio –e massacro- di Shimabara, fino al 1865, quando il missionario Abbé Petitjean venne avvicinato da 15 discendenti dei sopravvissuti ai massacri di 230 anni prima, diventati 50mila nel 1865. Ci si chieda: chi diede a costoro la forza di perseverare tagliati fuori da Roma, senza clero, senza sacramenti e senza chiese, tutte rase al suolo dagli eserciti Tokugawa?
Passiamo a un altro punto: Giacobbe “imbroglione”, Giosuè e altri sgradevoli caratteri biblici. Si rifletta: se invece di costoro Dio avesse scelto individui irreprensibili, con il passare dei secoli i meriti sarebbero stati accollati a loro, non a Lui, e gli insuccessi avrebbero minato pericolosamente la credibilità divina. Per cui Dio ha sempre scelto individui inadatti al compito. Diceva Chesterton (1874-1936):
“Quando Cristo, in un momento simbolico instaurò la Sua grande società, scelse come pietra angolare non il brillante Paolo o il mistico Giovanni, ma un indeciso, uno snob, un codardo – in una parola, un uomo. Pietro. E su questa roccia ha costruito la Sua Chiesa, e le porte dell’inferno non hanno prevalso. Tutti gli imperi e i regni sono falliti a causa di questa inerente, continua debolezza, l’essere stati fondati da e su uomini forti. Ma questa cosa sola, la Chiesa Cristiana storica, fu fondata su un uomo debole, ed ecco perchè è indistruttibile. Nessuna catena è più forte dell’anello più debole.”[2]
Chesterton scriveva così nel 1905, 17 anni prima di essere ricevuto nella Chiesa cattolica. Ma scriveva empaticamente, cioè dal di dentro, come dovrebbero fare tutti coloro che si interessano di fenomeni estranei alle loro esperienze.
Lo stesso criterio vale per gli stermini vicendevoli di nazioni, sia in tempi antichi che moderni. Il punto è che una nazione come tale non si può né salvare né dannare: solo le persone possono. Quindi le malefatte nazionali, cioè crimini ai quali tutto un popolo ha assentito, vanno punite hic anche se non nunc, cioè prima o poi; ma qui. E chi giudica, di codeste malefatte? Solo il diritto divino può. È temerario giudicare eventi del genere con criteri non solo umani ma anche temporali.
È venuto il momento di occuparci del “monoteismo abramico” come lo chiama Calabrese citando un certo Prof. Lorenzoni che lo bolla addirittura come “deviazione patologica”. Il discorso è lunghetto, ma facciamolo. Il testo chiave lo si legge nelle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe:
“[Abramo] fu il primo a dichiarare che vi è un solo Dio, creatore dell’universo; e che per quanto riguarda gli altri dei, ammesso che contribuiscano qualcosa all’umana felicità, lo fanno solo su appuntamento, non per potere proprio. Codesta opinione venne sviluppata a partire dai fenomeni irregolari che avvenivano a terra, a mare, e anche nel sole, la luna e gli altri corpi celesti. Disse Abramo:
“Se questi corpi avessero potere proprio, certamente regolebbero i loro movimenti; ma dato che non mantengono regolarità alcuna, è chiaro che se operano a vantaggio nostro in qualche maniera, lo fanno non di loro iniziativa, ma da servi di Chi dà loro ordini. A Cui dobbiamo onore e ringraziamento.”[3]
Giuseppe aggiunge che proprio per questo i Caldei espulsero Abramo dalla Mesopotamia da dove andò a vivere nella terra di Canaan, ma fermiamoci alla citazione. È chiaro che senza capire cosa fossero quei “movimenti irregolari” dei corpi celesti, non si viene a capo della questione.
200 anni di indottrinamento basato sulle frodi scientifiche di Hutton, Lyell e Darwin hanno bendato generazioni di studiosi sulla passata Era delle Catastrofi, rimessa però sul tappeto dal 1950 con la pubblicazione di Worlds in Collision di Immanuel Velikovsky (1895-1979). Eccone il succo in forma di dialogo:
Studioso: Cosa ha formato la superficie terrestre così come la vediamo?
Velikovsky: Catastrofi.
S. Causate da cosa?
V. Dagli dèi.
S. Che dèi?
V. I pianeti: Luna, Saturno, Giove, Venere e Marte, più un altro che si disintegrò in una collisione cosmica.
S. Come lo sappiamo?
V. Tutte le fonti storiche di tutte le culture ne parlano. Ci siamo abituati a chiamare codeste fonti “miti” per aver perduto la chiave che darebbe adito al loro significato.
S. Però, come è possibile che i pianeti abbiano potuto produrre catastrofi dalle distanze enormi che li separano dalla Terra?
V. Quelle distanze sono enormi oggi, però anticamente, prima che si stabilisse l’ordine cosmico odierno, le loro orbite si avvicinavano pericolosamente a quella della Terra, incenerendola e sconvolgendola non una ma diverse volte.
S. E da quando data l’ordine cosmico odierno?
V. Più o meno dalla fine dell’VIII ai primi del VII secolo a.C.
Non vado oltre per non uscire dal seminato. Faccio solo presente che il politeismo perdura ancora, da quei tempi, in India, dove però anche colà si è perduta la chiave dell’interpretazione. Il campo di ricerca è immenso per chi voglia perlustrarlo.[4]
Il punto, comunque, è un altro. Il ragionamento di Abramo non comporta alcun elemento religioso, e meno ancora “deviazioni patologiche”. È puramente induttivo, cioè scientifico, e per raggiungere la stessa conclusione abbiamo solo bisogno dell’informazione che aveva Abramo e non di elucubrazioni teologiche di alcun tipo.
Veniamo ora all’accusa dello “storico” D’Entreves citato da Calabrese:
“Il cristianesimo segna la definitiva proiezione dell’ideale morale fuori e al di là della via [sic: vorrebbe dire “vita”?] politica”
Questa è proprio buona. Ma la dottrina cattolica dice altro:
“Quanto più perfetta è la virtù di un essere, e quanto più in alto è l’essere nella scala del bene, tanto più si universalizza la sua tendenza al bene, e tanto più lo cerca e produce in altri esseri distanti da lui. Le cose imperfette, infatti, tendono solo al bene dell’individuo in quanto tale; quelle perfette, al bene della specie; quelle ancora più perfette, al bene del genere; Dio, che è bene assolutamente perfetto, tende al bene dell’essere nella sua totalità. Per cui non senza ragione si dice che il bene in quanto tale è diffusivo”[5].
Ancora: “Il bene proprio dell’uomo deve intendersi in maniere diverse. Quello dell’uomo in quanto tale è il bene razionale, dato che l’uomo come essere è essere razionale. Il bene dell’uomo come artefice, è il bene dell’arte; e come essere politico, il bene è quello comune, della città.[6]
Chi ha dimestichezza con i testi dell’Aquinate non ha difficoltà a riconoscerlo nei due paragrafi precedenti; la separazione ventilata dagli “storici” citati da Calabrese è quindi invenzione loro.
Cristo, non il “cristianesimo”, irruppe in un mondo ostile sovvertendo gli ordini giudaico e pagano. I messaggi furono:
·         Lo spaccarsi del velo del Tempio dall’alto in basso, come raccontano i Vangeli. Tre secoli e mezzo dopo furono le palle di fuoco sprigionatesi dalle fondamenta del Tempio, incenerendo i lavoratori che si accingevano a ricostruirlo su mandato di Giuliano. Questo ce lo racconta Ammiano Marcellino (pagano e quindi al di sopra di sospetti di parte);
·         L’imposizione del silenzio agli oracoli. Lo racconta Plutarco, il quale fu non solo pagano ma anche ierós, cioè addetto ai lavori. Come tale, capì subito che una forza superiore si era imposta alle voci sprigionantesi dalle profondità della terra. Chi romanticizza le espressioni culturali pagane, legga i testi degli autori cristiani dei primi secoli. Nessuno di costoro accusa i pagani di adorare “dèi falsi e bugiardi”. Il tasto su cui battono è sempre lo stesso: “Il Cristo è più potente dei vostri demoni.”
Gli Scribi e i Farisei rifiutarono al Cristo il titolo di Messia perchè Cristo aveva rifiutato il regno temporale che gli offrivano. L’idea era che il Messia dovesse liberare il popolo eletto da Roma, e condurlo alla guida delle nazioni sotto un potere salomonico a livello globale. 
Gesù non ne volle sapere, indicando per di più che la nazione giudaica non avrebbe goduto di privilegio alcuno nel suo regno, e che comunque questo non era “di questo mondo”.
E cominciarono le persecuzioni. Quella neroniana rimane un enigma. I cristiani erano così pochi da non giustificare quel bagno di sangue. Chi soffiò alle orecchie del giovane imperatore la loro presenza, suggerendogli di depistare su di essi l’ira popolare per l’incendio dell’Urbe appiccato da Nerone stesso?
“È possible stabilire che dietro la persecuzione neroniana dei cristiani vi fossero  stati membri della diaspora giudaica. Poppea Sabina, moglie dell’ Imperatore, era giudea della diaspora. Costei riuscì a persuadere l’Imperatore, con l’aiuto del suo cortigiano e attore favorito, un certo Alityrus, a sterminare i cristiani.[7]
Il punto storico è che né paganesimo né fariseismo si sono mai arresi. Lo studioso serio sa che averli silenziati non volle dire averli eliminati. Impotenti entrambi fino a quando Cristo venne innalzato, cominciarono a sferrare il contrattacco a partire dal XIV secolo, in un processo che mina la fede cristiana da allora.
Calabrese accusa Costantino di aver “tradito” lo spirito pagano, permettendo ai cristiani di arrivare al potere. Dimentica che l’editto di Milano (313) non fermò le persecuzioni (ad Oriente sotto Licinio i 40 martiri di Sebaste sono del 316), e che la presa di potere data dall’editto di Tessalonica del 380 ad opera di Teodosio.
Gli storici clericali considerano quell’editto come “trionfo” del Cristianesimo, senza riflettere su “Il mio regno non è di questo mondo”. Quella data, infatti, segna l’inizio di una retrogressione della quale siamo oggi al capolinea. Tre ne furono le conseguenze negative:
·         Sentendosi protetti dal potere imperiale, i cristiani abbassarono la guardia, perdendo così il mordente apostolico primitivo; la vita cristiana si rifugiò sempre di più in ridotti religiosi come conventi e monasteri;
·         Cominciarono a fioccare le donazioni di terre, imponendo al papa una corona che mai avrebbe dovuto cingere, e ciò per più di mille anni;[8]
·         Pagani e giudei, passati da oppressori ad oppressi, cominciarono a marcare il passo senza mai desistere da una rivincita quando fosse arrivato il momento opportuno.
Ciononostante, si formò una “Cristianità”. Questa fu un patto politico durato circa mille anni, dal secolo V al XV, in vigore tra quelle nazioni che avevano accettato il Vangelo come guida. Il potere regio era controllato dall’alto dal Decalogo, e dal basso da una fitta rete di corporazioni con le quali il sovrano doveva negoziare i termini della tassazione, obbligandosi ad osservare le libertà concrete di cui godevano.[9]
Il primo contrattacco del giudeo-paganesimo alla Cristianità fu intellettuale, a cominciare dal fascino esercitato dalla dottrina della doppia verità di Averroé (1126-1198), con la quale venne adescato perfino Dante.[10] Seguì a ruota William of Ockham (c.1300-1349), il cui nominalismo riuscì a detronizzare il realismo tomista.[11]
Presero la palla al balzo gli Umanisti, ognuno addestrato dal suo bravo rabbino che ti erudiva il pupo nei misteri della Cabbala e chissà che altro, scalzando naturalmente le fondamenta intellettuali cristiane, e giustificando la doppia vita che costoro desideravano fare.
Il secondo contrattacco venne sferrato alle volontà, con cinque pugnalate inferte alle spalle della Cristianità da:
Machiavelli (1469-1527), che separò la vita politica dalla morale.
Lutero (1483-1546) che ne spaccò in due l’unità religiosa. Si noti che la rivolta era cominciata cinque anni prima dell’affissione delle 95 tesi alla porta della cattedrale di Wittenberg. Fu la controversia tra il giudaizzante Reuchlin e il giudeo convertito Pfefferkorn. Il Vaticano (!) sostenne il primo e osteggiò il secondo.
Bodin (1530-1596) che si inventò “lo “Stato” che tanto ce la sta dando addosso oggi, con la sua brava “sovranità”, non facendo altro che diminuire, progressivamente e inesorabilmente, le libertà comunitarie e personali.
Grozio (1583-1645) fu l’autore del giuspositivismo, che oggi fa strame della virtù della giustizia.
Hobbes (1588-1679) fu l’inventore del cosiddetto “contratto sociale”, primo passo verso la perdita di solidarietà.
Chi legge Gesell (1862-1930)[12] ma ancora di più William Cobbett[13] è in grado di capire i veri termini delle carneficine che culminarono con la Pace di Westphalia, l’ultimo passo indietro dalla Cristianità verso quell’ibrido conosciuto come “Europa”, zeppa oggi di conglomerati umani che non promettono niente di buono. Solo le Spagne rimasero come “Christianitas minor”, per soccombere ai primi del XIX secolo.
Le eresie dei primi mille anni ebbero un’origine giudaica comune[14], ma a partire dal secolo X ecco un nuovo fenomeno: le società segrete, il cui Marranesimo rese necessaria l’inquisizione volta, come dice la parola stessa, ad inquisire, cioè interrogare per sapere chi realmente si nascondesse dietro la maschera del “cattolico praticante”. Costoro non andavano tanto per il sottile: Il delegato papale Pedro de Castelnau, inviato da Papa Innocenzo III a indagare i Catari di Albi, venne assassinato all’arrivo. Quattro anni dopo i mille cavalieri di Simon de Montfort sgominavano una forza cento volte maggiore, anche se male organizzata, a Muret, così salvando l’unità cristiana, o meglio rimandandone la distruzione di qualche secolo.
Abolita l’inquisizione nel 1820 o giù di lì, è impossibile sapere, da allora, quando un prete o vescovo comincia a sparare eresie, se si tratta di uno sprovveduto, di un ignorante o di un Marrano. Detto altrimenti, senza l’inquisizione ci saremmo trovati nel disordine odierno non oggi ma tre secoli fa.
L’ultimo contrattacco venne sferrato alle istituzioni, a cominciare dalle corporazioni. Non fu facile disfarsene: ci vollero due secoli e mezzo, a cominciare da Enrico VIII Tudor di Inghilterra e Francesco I Angoulême di Francia. Costoro si fecero convincere dal potere finanziario che le corporazioni fossero un ostacolo al potere regio. Era vero. Non notarono però, i due sprovveduti sovrani, che queste assolvevano anche un ruolo di sostegno di base per la monarchia, e che spazzate via quelle sarebbe stata solo questione di tempo prima che venisse scalzato un sovrano dopo l’altro, il che puntualmente avvenne dalla decapitazione di Carlo I d’Inghilterra all’ecatombe di monarchie dalla fine della Seconda Guerra (1945) in poi.
Dal 1789 si assiste allo smantellamento sistematico di tutte le istituzioni di ispirazione cristiana. Sarebbe troppo lungo anche l’elencarle. Tirando però le somme ai primi del terzo millennio, cosa si osserva?
Si osserva che un vuoto spirituale non si dà. Espulso il Cristo dalla vita pubblica, da quella istituzionale, e da quella privata, avviene una progressiva paganizzazione della Cristianità, nella quale gli spiriti maligni scorrazzano in vuoti sempre più ampi, farneticando per bocca di politicastri più o meno insatanassati, di clero miscredente, di femminismo come surrogato della femminilità, di compiute mattanze rituali, clonazioni contro natura, e scatenando guerre su guerre, per non parlare del disordine economico che ci attanaglia. Alla faccia de “lo spirito pagano dell'Europa antica”.
Gli elementi visibili della Cristianità vanno perdendo terreno su tutti i campi, come ben osserva Calabrese e i suoi storici. La veste talare sparita dai luoghi pubblici, l’economia fondata sul potere dell’usura invece che sul giusto prezzo e qualità delle prestazioni, il Vaticano inguaiato come non mai, la giustizia sparita dall’assetto giuridico, la menzogna assurta a “conquista sociale” (v. divorzio, aborto et al.) e un lungo eccetera di aberrazioni che conducono la società un tempo cristiana verso un baratro dal quale sembra non si esca più.
E la Chiesa? Come definita poc’anzi, il gregge con il Cristo a capo procede imperterrito, ancora marciando per le nazioni del mondo nonostante il tributo di sangue elargito per tutto il secolo scorso, dai massacri del 1900 in Cina a quelli contemporanei nel Medio Oriente ancora in corso. I battezzati che rimangono fedeli non si fanno illusioni su “salvatori” di fortuna. Essi sanno che tutto quel che li circonda è fatto di apparenze, e che tocca oggi loro di ripetere la passione del Cristo prima di ripeterne la resurrezione. Continuano a credere, in attesa della Parousia o Seconda Venuta. Fola? Se sì, non avranno perduto molto. Se no, rideranno per ultimi al Dies Irae.
Questo un riassunto della storia degli ultimi 2000 anni in chiave fideo-realista. È ora possibile rispondere ad altre osservazioni di Calabrese in “Ereticamente”:
“Uomo indoeuropeo e uomo semita, in ultima analisi, due atteggiamenti verso la vita, due modi di essere fra i quali non è possibile alcuna mediazione.”
E il sino-tibetano, il turchico, il negroide, dove li mettiamo? Non è possibile alcuna mediazione per loro? Mediazione di chi? L’analisi a-cristica di Calabrese porta alla disperazione. Ma il Mediatore c’è, e ben lo sanno quei saggi di tutte le estrazioni etniche che hanno acquistato libertà interiore sottomettendovisi.  
“Quindi il colpo di genio di qualcuno, forse Saul (Paolo) di Tarso, che ha trasformato il messia della rivolta fallita in un redentore universale e il supplizio sulla croce in una gloriosa auto-immolazione per la salvezza dell'umanità.”
Questa la lessi per la prima volta in The Jews God and History di Max I. Dimont, trovato in una libreria di seconda mano negli anni 70. Non ci volle molto per farla risalire a una calunnia di conio giudaico che non ha mai perdonato la conversione di Saulo di Tarso in Paolo apostolo di Gesù.
“Questo spiegherebbe molte cose, a cominciare dal fatto che il cristianesimo e il mondo romano si confrontarono da subito come nemici mortali.”
Se così fosse stato, i 6600 legionari della Tebana si sarebbero rifiutati di rischiare la vita per il Cesare Massimino. Invece l’andarono a rischiare, dall’alto Egitto fino in Gallia. Fu il Cesare prima a decimarli (due volte) e poi annientarli per essersi rifiutati di dare onori divini allo stesso Cesare per cui erano disposti a dare la vita sul campo di battaglia. L’inimicizia non fu reciproca, ma unidirezionale.
“La secolarizzazione totale che viviamo [è] figlia della sovversione originaria operata dal Cristianesimo” […] Non è un concetto nuovo, è a un dipresso la tesi che i pensatori di indirizzo tradizionalista non cattolico, a cominciare da Julius Evola, avrebbero sempre sostenuto, ma di cui è possibile trovare qualche anticipazione anche in Nietzsche.”
Proprio così. E chi sono “i tradizionalisti non cattolici”? I nostalgici del paganesimo, del quale si fanno in quattro per esaltarne le imprese intellettuali, passando sotto silenzio la schiavitù, l’infanticidio, il cannibalismo, l’omicidio rituale, la pedofilia e tanti eccetera che ritornano oggi più o meno trionfalmente. E li addebitano al “cristianesimo”!
“Negli ultimi settant'anni la Chiesa ha creduto che il Nemico fosse il Comunismo. Non era sbagliato; il Comunismo ha scatenato, ha portato alle ultime conseguenze la volontà di potenza europea. Il Comunismo affermava: l'uomo si salva da sé, armato di economia e di estetica. La Chiesa, giustamente, l'ha sentito come una sfida mortale. Oggi che il Comunismo è caduto, però, contro la Chiesa si rizza il Nemico vero, il Nemico finale: un sistema estetico-economico totalmente secolarizzato” (...).
Il comunismo non è affatto “caduto”. È passato, come un testimone, dai criminali sionisti del Cremlino a quelli della Casa Bianca. Il comunismo fa da specchietto per allodole per adescare le masse. La massoneria fa da specchione per adescare le classi alte. Entrambi creazioni di Sion. E non ci si sorprenda che in entrambi militino elementi del clero, tanto alto che basso.
“Per sradicare il Giappone dal proprio sacro nomos, non ci volle nulla di meno che l'olocausto nucleare.”
Guarda caso centrando la Cattedrale di Nagasaki durante la Messa. O portandosi dietro le cineprese di Hollywood per riprendere in diretta la distruzione di Montecassino…
“Migliaia di tonnellate di bombe furono necessarie per stroncare Fascismo e Nazismo, "forme di neopaganesimo che cercavano di ricollegare la società a un Ethos".
Già. E perchè si continuò a bombardare a fascismo “stroncato”? Per esempio a Gorla, Milano nel 1944? O le due bombe sganciate su Vicenza nel 1952? E dove mettiamo le stragi del biennio 1945-47, con le loro 300mila vittime, fascisti e non, tra i quali 160 preti?
“Da una parte la Chiesa e l'Islam, e dall'altra una "etica" laicista sempre più occasionale, e nello stesso tempo sempre più radicalmente universale, nella sua pretesa di essere l'unica valida”
Si dica “talmudista” invece di “laicista” e Cacciari avrà azzeccato.
“E in questa prospettiva anche l'alleanza con l'islam proposta da Cacciari diventa oltremodo sospetta. L'ho detto e ripetuto più di una volta: le nazioni islamiche che si oppongono al predominio mondiale giudeoamericano, a cominciare dall'Iran, meritano tutta la nostra considerazione e il nostro appoggio”.
Evidentemente Cacciari non ha mai sentito nominare i “donmeh”, criptogiudei falsamente convertiti all’Islam, dove non c’è inquisizione dato che della verità non importa a costoro un fico secco. E si chieda: quanti “donmeh” ci saranno tra gli “extracomunitari” ben pasciuti che circolano in Italia senza bisogno di lavorare?
“si è allentata la morsa del predominio ideologico cristiano-clericale, sono spariti l'inquisizione e i roghi degli eretici, si sono create possibilità che fino allora non esistevano, senza considerare che almeno per noi Italiani si è aperta la strada di quel riscatto nazionale che abbiamo dovuto attendere per così tanti secoli.”
Lo stiamo vedendo proprio, quel riscatto. La Rete ne è piena. Forse Cacciari voleva dire che era arrivato il conto, e con lui l’oste.
“La New Age è un fenomeno complesso e confuso, dove si sono stratificate e mescolate molte cose, da una ricerca spirituale al di fuori del cristianesimo (giustamente) sentito come una religione inadeguata e sclerotica, al fascino dei culti esotici (spesso con quel tanto di esotismo da cartolina illustrata), alla ricerca – per alcuni – delle radici spirituali dell'homo europeus che affondano oltre il cristianesimo.”
“Setta” (dal latino sequor) è uno stile di vita, secondo chi viene seguito da un adepto. New Age et al. sono virgulti di paganesimo antico, desideri di “theologia prisca” dei vari Ficino, Filelfo, Bruno eccetera, che si moltiplicano tanto più quanto più ci si allontana dal Cristo. Anche la Chiesa è una “setta”, ma che segue chi disse “Io sono la Via”.
“un seguito di circostanze storiche sfortunate portò alla vittoria del culto più deleterio di tutti, il più contrario allo spirito romano ed europeo, il cristianesimo, e la dissoluzione dell'impero romano ne fu l'inevitabile conseguenza.”
Calabrese deve aver letto il suo Gibbon. Espandendo la sua erudizione a Gesell, troverebbe un’altra ipotesi: l’Impero Romano cadde con la caduta della divisione del lavoro, dovuta a una moneta che spariva sempre di più verso l’Oriente. Non ripeterò il ragionamento qui, ma semplicemente consiglio di espandere i propri orizzonti culturali prima di asserire come certezze quello che non sono che ipotesi.
“Non abbiamo forse l'esempio di Pascal che riteneva la sua intelligenza corrotta dal peccato originale mentre, commentava il grande Nietzsche, essa era corrotta soltanto dal suo cristianesimo?”
Il peccato originale non “corrompe” l’intelligenza; la indebolisce, che è diverso. Il “grande” Nietzsche, che impazziva abbracciato al collo di un cavallo in una strada torinese, non è proprio un campione di intelligenza “incorrotta”.
“al punto che lo stesso pensare (o magari avere un sogno erotico) può essere peccaminoso, ragion per cui non c'è nessuno che non debba sentirsi in colpa, intimamente spregevole e bisognoso dell'assoluzione da parte della Chiesa stessa, e quindi dipendente da essa per la sua pace interiore.”
Il peccato non sussiste senza piena avvertenza e deliberato consenso. Quello che cancella il senso di colpa non è l’assoluzione per se, ma la grazia, cioè la presenza trinitaria nell’anima, acquisita col battesimo e perduta con il peccato. Ma si sa, un tale ragionamento non può avere significato alcuno visto dal di fuori…
“Aspramente rimproverati da “san” Pietro, sarebbero morti all'istante. Possiamo davvero credere che non si sia trattato di un omicidio per imporre “il diritto” della setta cristiana a incamerare i beni degli adepti?”
Lo si pensi pure. Di giudizi temerari c’è solo l’imbarazzo della scelta.
“Della crudeltà bestiale dimostrata dai cristiani verso i loro avversari una volta preso il potere, non sarebbe neppure il caso di parlare; ricordiamo per tutti il caso di Ipazia, uccisa anzi macellata in maniera atroce, fatta squartare viva da “san” Cirillo vescovo di Alessandria, colpevole di essere una donna che osava insegnare filosofia, quando i cristiani, non diversamente dagli islamici di oggi, le donne le volevano chiuse in casa e analfabete.”
Calomniez, calomniez, diceva Voltaire, qualcosa rimarrà. Cirillo era vescovo di Alessandria nel 415, ma dov’è l’evidenza a) che fosse stato lui a ordinare l’uccisione di Ipazia, e b) che il capo d’accusa era di insegnare filosofia? Che poi le donne fossero volute in casa e analfabete, lo smentisce questo testo di Agostino del 386:
“Alcuni [filosofi], credimi (parla a Monica sua madre), troverebbero il mio dialogo con te più piacevole che ascoltare banalità o altezzosità. Molte donne si occuparono di filosofia nei tempi andati, e la tua filosofia a me piace molto.”[15]
Calabrese finisce in bellezza:
“c’è un’altra parte molto più oscura rappresentata dalle complicità che le vicende Sindona e Calvi hanno fatto emergere tra lo IOR, la banca vaticana, e le associazioni mafiose, oppure l’inquietante impero economico creato da quella sorta di massoneria cattolica che è l’Opus Dei.”
Quell’ “oppure” non accomuna l’Opus Dei ai vari intrallazzi, ma tuttavia preoccupa Calabrese. Un giorno si imbatterà in un qualche tassista, pescivendola o capo tribale Maori tutti dell’Opus Dei. Gli faranno passare la preoccupazione.
Termino accorgendomi di aver oltrepassato la metà dello scritto di Calabrese. Rimango a disposizione  per qualsiasi chiarimento.
Silvano Borruso
5 luglio 2012


[1] Poema dell’Uomo Dio Libro III p. 266 nota a piè di pagina.
[2] Heretics, 1905
[3] I VII 1
[4] Si cominci con www.thunderbolts.info.
[5] III Contra Gentes c. 24
[6] Q. D. de Carit., a.2 c.
[7] Louis Marschalko, The World Conquerors, 1958, cap. II. Ritornando all’assedio di Shimabara già considerato, chiediamoci: chi calunniò all’imperatore nipponico i cattolici come potenziali nemici dell’Impero? I libri tacciono, vagamente accennando a “inglesi” e “olandesi”; chi conosce la storia di quel secolo in quei due disgraziati paesi non ha difficoltà a fare la stessa illazione.
[8] Sugli effetti negativi della questione fondiaria nella vita della Chiesa, il primo a scriverne fu Antonio Rosmini 180 anni fa, nel suo magistrale “Cinque Piaghe”, che raccomando a chi voglia capire quegli stessi fenomeni con empatia, cioè dal di dentro.

[9] In piazza Bologna, a Palermo, c’è una statua di Carlo V nell’atto di prestare quel giuramento.
[10] Il quale piazza il “Commentatore” nel Limbo. Chi vuol saperne di più, inserisca “Dante eretico” in un motore di ricerca.
[11] Chi ne ha analizzato le conseguenze, recentemente, è stato Richard Weaver (1910-1963) nel suo Ideas Have Consequences del 1948. Ignoro se ne esiste una traduzione italiana. Varrebbe la pena averla.
[12] Ordine Economico Naturale Parte I
[13] The History of the Reformation in England and Ireland, 1825.
[14] Si legga Complotto contro la Chiesa di Maurice Pinay, scaricabile dalla Rete.
[15] De Ordine Libro I cap. 11