domenica 1 dicembre 2019
L’INIZIO DI UNA RIVOLTA GLOBALE?
Davvero strano, questo momento storico. Accanto alla magniloquente ed
ossessiva riaffermazione “urbi et orbi” dei principi base del “politically correct”,
consistenti in diritti, uguaglianza, solidarietà e libertà, uno strano ed
incontrollabile malessere sembra percorrere da est ad ovest, da nord a sud,
l’intero orbe terracqueo. Un incontrollabile succedersi di rivolte ed insurrezioni,
come uno strano libeccio di rivolta, soffia dall’America Latina all’Asia, sin dentro
alla vecchia ed apparentemente stabile, Europa. Un vento “strano”, perché mai
parte da premesse ideologiche, da precostituite visioni del mondo ma, per lo più,
da istanze primarie, che potremmo definire “di stomaco”, frutto di un istintivo
sentire.
Tanti casi e contesti differenti, questo è assolutamente vero. Non si può
paragonare quanto accaduto in Bolivia con Evo Morales, alla rivolta dei “gilè
gialli” d’Oltralpe, né la rivolta di Hong Kong, con quanto accaduto in Libano o in
Iraq. Non solo. Qualcuno potrebbe, giustamente, farci notare che, in taluni casi,
come in Bolivia o in quel di Hong Kong o per l’attuale contesto iraniano, si può
chiaramente avvertire l’influenza della politica statunitense, chiaramente
interessata alla destabilizzazione di certi contesti, che vorrebbe ricondurre sotto
la propria influenza. Influenza, non ispirazione e direzione, perché, come
abbiamo già accennato, tutte queste rivolte, sono frutto di un istintivo sentire
per lo più ispirato da bisogni primari, di natura meramente economica.
Tanto per fare un esempio calzante, l’attuale rivolta iraniana esplode con
l’aumento dei prezzi del carburante. A guidare le rivolte di Libano ed Iraq,
altrettante motivazioni di natura prettamente economica. Se la destituzione di
Evo Morales in Bolivia, è stata ufficialmente guidata da ragioni di ordine politico
(accuse di brogli, etc.), in Argentina e Cile, le rivolte sono apertamente ispirate
da ragioni economiche. Dobbiamo allora concludere di trovarci di fronte ad un
affastellato di episodi tra loro non connessi e per lo più ispirati da aride
motivazioni di ordine economico o cosa? Per cercare di darci una risposta che
vada oltre alle solite e superficiali analisi, dobbiamo partire da un rapido
risguardo allo scenario macro economico mondiale.
Le probabilità di una recessione negli USA, che andrebbe poi ad estendersi al
resto del mondo, sono più elevate degli ultimi dieci anni, almeno a detta
della Federal Reserve Bank di New York. E questo, senza voler considerare il
rischio di “default” del paese nordamericano, riaffacciatosi dopo quasi 40 anni.
Difatti, stando alle ricerche del Bipartisan Policy Center, a causa dell’ultra
elevato debito pubblico (22,4 miliardi di dollari) e di bassissime entrate del
bilancio, già a partire dal mese di settembre del 2019 il paese non si sarebbe più
potuto permettere di saldare i propri conti. Se, per ora, la catastrofe sembra
esser stata rinviata, grazie alla particolare condizione di paese-produttore di una
valuta, ad oggi ritenuta al pari di una qualsivoglia fondamentale materia-prima, i
problemi, comunque, permangono.
Ben peggiore è la situazione della Cina. La crescita del debito del gigante asiatico,
si avvicina al 300% del PIL, un dato questo, in grado di influenzare
negativamente, l’economia dei paesi del mondo intero. Il rischio di un drastico
rallentamento dell’economia, dato dal debito pubblico e da quello delle locali
aziende private, ha messo in allarme tutte le aziende straniere, pronte a lasciare
la Cina, contribuendo così a destabilizzare ulteriormente un quadro, già di per sé
intricato e confuso. L’economia tedesca, uno dei motori trainanti dell’economia
europea, è divenuta vulnerabile, e potrebbe, entrando in una ulteriore fase di
crisi, impedire il futuro sviluppo di tutto il Vecchio Mondo. A detta di molti
esperti, ciò sarebbe dovuto accadere già nel 2018, ma all’epoca mancavano
alcuni fattori, come per esempio, l’inasprimento dei controlli delle emissioni di
quest’anno.
Il tutto senza voler considerare il problema delle conseguenze di una “brexit”
condotta in modo incerto ed approssimativo, sull’intero assetto macro
economico europeo. In base a questi scenari, si paventa una pesante ondata
recessiva, a livello globale, già per l’anno venturo, senza tener conto del fatto
che, l’economia di paesi come l’Italia, si trova già, “de facto”, in uno stato
recessivo. Ad ora, i timori dei mercati sono tutti concentrati su un
appesantimento delle attuali guerre commerciali, con un calo della domanda e
con la riduzione dei prezzi.
Tecnicismi economici a parte, quel che rimane di tutti dati e gli scenari che
abbiamo sinora descritto, è la crescente volatilità ed incertezza dello scenario
economico mondiale, che trova la sua precisa origine nella crisi del modello
neoliberista, arrivata alla fase finale del suo ciclo vitale, caratterizzata da sempre
più brevi momenti di euforia dei mercati e sempre più lunghi e profondi
momenti di crisi. Il neoliberismo, anziché benessere ed aumento del tenore di
vita a livello globale, ha arrecato miseria e sperequazione “urbi et orbi”. Sotto le
spoglie di proteste dalla valenza politica, si cela, invece, il generale malcontento
contro un modello che, da qualunque parte adottato, ha comunque portato e sta
portando a risultati che lasciano i vari popoli con l’amaro in bocca.
E questo vale dall’Egitto al Libano, dall’Iraq all’Iran, da Hong Kong all’Indonesia,
dal Cile all’Argentina sino alla Bolivia, non senza passare per il Vecchio
Continente, con i suoi maggiori e più evidenti sommovimenti, in Francia , ma
anche in Grecia e Spagna. A ben guardare, però, l’odierna fase del capitalismo è
ben peggiore di quelle che l’hanno preceduta nel tempo. Dal Capitalismo della
Rivoluzione Industriale, siamo passati al Produzionismo Taylorista e Fordista,
sino ad arrivare all’attuale cosiddetta “Post-Modernità”, imperniata su quello
che potremmo definire un modello di Capitalismo “Illusionista”, ovverosia, in
grado di determinare nelle masse l’impressione di poter pervenire ad uno stato
di benessere economico, grazie alla possibilità offerta a tutti di poter reperire
beni di consumo, quali prodotti tecnologici vari (telefonia mobile, connessioni in
Rete, etc.) o altri beni di consumo più o meno duraturi, che danno l’illusione di
sostituire quelle gravi carenze economiche, quali precarietà lavorativa, bassi
redditi etc., che caratterizzano questa fase.
Tant’è che la ultima e più micidiale crisi finanziaria mondiale è stata proprio
causata dalla massiccia ed incontrollata immissione sul mercato di quei titoli
“subprime” alla base della bolla speculativa che ha proprio avuto per oggetto
l’acquisto di immobili da parte di milioni di risparmiatori Usa. Punto secondo.
Oggi, tutto sembra essere acquistabile con maggior facilità, grazie allo sviluppo
di strumenti creditizi prima non concepibili che, con l’illusione di alleviare il
costo dell’acquisto di un determinato bene, caricano invece di costi aggiuntivi lo
sfortunato consumatore che, in tal modo andrà a sborsare, vita natural durante,
cifre esorbitanti rispetto a quanto prospettato. Il nostro consumatore ideale
vivrà, pertanto, gravato da tante situazioni debitorie, che andranno intaccando,
irrimediabilmente, le sue, già precarie, risorse finanziarie.
“Homo pagans”, questo è l’esatto termine tassonomico, con cui definire l’alienato
individuo odierno, costretto a vivere pagando in continuazione, per nulla
ricevere in cambio, se non illusioni che, al primo batter d’ali, si dissolveranno
come neve al sole. E la gente sta cominciando a non poterne più. In tutto il
mondo. Ci si rivolta nel nome di bisogni elementari, si sentono sempre più
attaccati i propri esigui spazi vitali ed un fatto come questo, è molto più
pericoloso di una rivolta, all’insegna di una qualsivoglia utopia o narrazione
ideologica. Una rivolta che si è andata propagando come un incendio in tutti i
continenti e che potrebbe gettar le basi per nuovi, imprevedibili, sviluppi. A
differenza di un a volta, oggi sempre più, i popoli quando si sentono
direttamente toccati in quello che è il proprio “particulare”, reagiscono,
chiedendo di poter partecipare direttamente a quelle grandi decisioni, da altri
prese in loro vece.
Una prospettiva, questa, che potrebbe far saltare tutti i bei piani di certi signori.
La tanta profetizzata “liquidità” di Zigmunt Baumann, sta invece trasformandosi
in una molto più pericolosa “volubilità”, che potrebbe portare il povero, alienato,
“homo pagans”, ad una nuova ed inedita trasformazione antropologica, da
elemento passivo a soggetto attivo, nel nome di un’inedito recupero della
propria sovranità spirituale, politica ed economica. E’ inutile che Lor Signori si
nascondano dietro a certe foglie di fico: le loro uguaglianza, solidarietà e libertà
fanno il paio con omologazione, standardizzazione ed indiscriminato
sfruttamento, all’insegna del liberismo economico. I popoli stanno
incominciando a capire, cercare di modificare il corso della Storia con parole
d’ordine buoniste e facendo orecchie da mercante, come se nulla fosse, non
salverà questo Sistema dalla sua prossima, ventura, fine.
UMBERTO BIANCHI