lunedì 1 aprile 2019

IL PENSIERO ANTAGONISTA



IL VIAGGIO ESOTERICO DI CRISTOFORO COLOMBO
Sotto il patrocinio del Comune di Fiano ed organizzato dall’Associazione Cultura in
Cammino, si è svolto Domenica 24 marzo, presso il Castello Orsini di Fiano Romano,
un incontro-presentazione su Ruggero Marino, giornalista di lungo corso presso “Il
Tempo”, saggista ed autore poliedrico, animato da una molteplicità di interessi,
dalla poesia sino alla ricerca storica. E’ su quest’ultima che l’incontro è andato ad

incentrarsi: difatti il Marino ha impostato nell’arco di un trentennio, la propria
ricerca storica sulla figura di Cristoforo Colombo, andandone a toccare e
sviscerandone gli aspetti più reconditi ed ai più sconosciuti.
Colombo non fu solo una figura di entusiasta navigatore e sagace organizzatore, un
avventuriero pronto a partire a qualunque costo. Egli fu anche e prima di tutto, una
figura di iniziato a qualche ordine cavalleresco, filiazione degli ormai scomparsi
Templari. Prova ne sia, lo stemma riportato sulle vele delle tre, arcinote caravelle, La
Nina, La Pinta e la Santa Maria. Senza contare quei misteriosi agganci che gli
avrebbero consentito di presentarsi davanti ai Reali di Portogallo prima e di Spagna,
poi, da solo, ricevendo da questi udienze ed attenzioni per altri, a quel tempo,

semplicemente inconcepibili. Il tutto senza contare l’appoggio di papa Cybo-
Innocenzo VIII, che ne avrebbe avallato ed appoggiato ad integrum, l’ambizioso

progetto.
Una figura, quella di Colombo, ancor oggi, soggetta ad una vera e propria
sottovalutazione sia in vita che post mortem, da parte di determinati esponenti di
un establishment globalista e buonista che, nella scoperta del grande navigatore
italiano, identificano sia la responsabilità per quanto successivamente accaduto alle
popolazione amerinde che, cosa ben più grave ed ai più occultata, l’insidia
rappresentata dal primato della cultura umanistica e rinascimentale che la figura di
Colombo rappresenta, su quella Tecno Economica che, invece, affonda le proprie
radici in quella Anglo Sassone, Protestante e Calvinista, rappresentata dal primato
del Mercantilismo e dalla supremazia delle varie Compagnie Commerciali (delle
Indie, Olandese, etc.) che, agli albori della Modernità, scalzarono e misero all’angolo
i vecchi Imperi, da quello di Spagna a quello Asburgico.
Ad onor del vero, però, quella dell’America, fu una scoperta nefasta, poiché spostò
d’improvviso, l’intero fulcro geopolitico e geoeconomico dal Mediterraneo e dalla
Penisola Italiana, con Venezia, Genova e la Firenze Medicea in testa, sull’Atlantico e
sugli Imperi marinari spagnolo in primis, britannico ed olandese, successivamente.
Un evento che, nella successiva Riforma Protestante di Lutero, avrebbe trovato il
proprio ulteriore avallo. Colombo fu uomo eclettico, animato da uno spirito di
conoscenza che ben si rifletteva nei suoi interessi rivolti a quelle forme di
conoscenza esoterica che, nella Rinascenza andavano per la maggiore. Si potrebbe
continuare, parlando del misterioso sodalizio che avrebbe legato il navigatore
genovese a Papa Innocenzo VIII/Cybo, il Pontefice della Rinascenza romana, figlio di

un ebreo e di una musulmana, quasi un simbolo vivente di quella sintesi tra le tre
fedi monoteiste che, mai come in quel momento, rappresentava l’istanza
rinascimentale di una più ampia ed utopistica rifondazione dello spirito religioso
occidentale, in assonanza con i desiderata utopisti di un Giovacchino da Fiore ma,
anche e specialmente, con le istanze trasmesse dalla rinascita del Neoplatonismo,
dell’Ermetismo, dell’Astrologia e della Cabala, alle quali cui Colombo fu in qualche
modo, legato e riportate nella nostra penisola dai vari Bessarione, grazie al
preventivo lavoro di un Giorgio Gemisto Pletone e poi, diffuse grazie all’opera delle
varie Accademie, tra cui in primis quella fiorentina, di Marsilio Ficino.
E proprio in connessione con il tema della rinascimentale riemersione di una cultura
sommersa che, a parere di chi scrive, dovrebbe esser vista la vicenda della scoperta
del Nuovo Mondo da parte di Cristoforo Colombo. Oltre alla storia delle misteriose
mappe del cartografo Piri Reis, è cosa abbastanza risaputa che il Nuovo Mondo fu, in
precedenza, fatto oggetto di sporadiche visite da parte di popolazioni Vichinghe
durante l’Evo Medio, non senza però, lasciare il sospetto che altri ancora, durante i
secoli, avessero toccato quelle remote terre, senza lasciar traccia alcuna. Qualcuno
dice gli Arabi, altri parlano di sparuti navigatori portoghesi o spagnoli, altri
azzardano i Fenici e i Greci, (il tutto, senza contare la massiccia emigrazione di
popolazioni mongoliche, millenni fa, in varie fasi, verso le Americhe attraverso lo
stretto di Bering, senza escludere la possibilità di un ritorno di piccoli gruppi di
queste ultime verso il Vecchio Mondo, con la conseguente narrazione dell’esistenza
di quelle terre..., sic!).
Fatto sta che, tanti, troppi, indizi depongono a favore del fatto che, con grande
probabilità, il Nuovo Mondo non fosse totalmente sconosciuto agli antichi. E certo,
sia le navi fenicie che, ancor più quelle greche o quelle romane, sicuramente più
attrezzate, sarebbero state in grado di varcare Gibilterra ed attraversare l’Atlantico. I
Romani conoscevano l’India e quella dello stretto di Malacca, tra Indonesia e
Malesia era una rotta praticata sporadicamente, anche da commercianti occidentali.
Vi sono tracce risalenti al principato di Marco Aurelio, di contatti ed ambascerie tra
questo ultimo ed il Celeste Impero Cinese. Ed allora, perchè non tentare la
traversata di quel mare che fronteggiava direttamente le estreme propaggini
occidentali dell’Europa e dell’Impero Romano?
Quello delle Colonne d’Ercole, quale invalicabile “limes”, posto a dare un freno
all’umana e profana curiosità, è un motivo mitico archetipico che riecheggerà

invariato, nel lungo corso dei secoli della storia occidentale, sino a Colombo. Un
limes, il sorpasso del quale, veniva considerato alla stregua di un atto di umana
“ubris/superbia” al cospetto degli Dei e, successivamente, della Divina Provvidenza.
Un “limes”, dietro al quale sembrava celarsi una ben più antica vicenda: quella della
mitica Atlantide, narrata con tanta dovizia nel Timeo di Platone, la cui scomparsa
avrebbe provocato il massiccio sciamare verso Oriente di ben più civilizzati popoli,
animati da una forma di superiore sapienza, che ben presto sarebbe andata perduta,
rimanendo quale oscuro retaggio, di piccoli gruppi di oscuri iniziati....
Quello del Continente sommerso, è un motivo mitologico che ricoorre in quasi tutte
le culture umane, a tutte le latitudini. Atlantide, Lemuria, Mu, altro non sono che i
vari aspetti connessi ad un comune motivo archetipico: quello dell’immersione e del
conseguente celarsi di una superiore forma sapienziale e la conseguente, affannosa
ricerca di quei residui, in grado di offrire, a chi avesse la fortuna di rintracciarli, delle
straordinarie conoscenze. Anche perché conoscenza è memoria, rammemorazione,
senza la quale l’uomo rimane senza orientamento e deve ricominciare
faticosamente da capo, il proprio lavoro di edificazione del proprio Tempio o della
propria Torre, da elevarsi in direzione del Cielo Onnipotente. E’ il mito della
dispersione della conoscenza, della perdita di memoria rappresentato dalla Torre di
Babele, senza le quali il cammino dell’uomo permane ancora una volta frustrato.
Ma quello di Atlantide è anche il simbolo di una conoscenza utopistica e perfetta,
che va facendosi “ubris/superbia” al cospetto delle forze numinose che, alfine, ne
decretano la tragica scomparsa. Gli stessi Campanella e Thomas Moore, agli albori
dell’Età Moderna, profetizzarono utopistiche Città del Sole, rette da impeccabili
ordinamenti, animate da una sincretica religiosità, in cui confluivano riverberi della
sapienza dell’antico Egitto, accanto a motivi di Gnosi, Ermetismo e Neoplatonismo,
riportandoci direttamente a quanto Giordano Bruno aveva animosamente
preconizzato nei suoi scritti, all’auspicio del superamento della ristretta gabbia
teologica monoteista, al tempo ingessata nelle maglie del Tomismo. Ma, a ben
vedere, tutti e tre fecero una gran brutta fine o, nel caso di Campanella, riuscirono a
sopravvivere solo a costo o di inauditi tormenti.
Tornando alla scoperta dell’America, quando Hernàn Cortès e Francisco Pizarro
giunsero in Messico e Perù, quali redivivi “Viracocha”, si trovarono di fronte ad
Imperi arrivati alla fase terminale della propria esistenza, tant’è che, sparuti
gruppetti di marinai e malconce soldataglie, riuscirono ad aver ragione di vere e

proprie potenze regionali, di città enormi e di inverosimili ricchezze. Ma entrarono
anche in contatto con una forma di religiosità, imperniata su un costante e massiccio
ricorso al sacrificio umano, per ingraziarsi quelle stesse forze che invece poi, per un
beffardo destino, li avrebbero abbandonati alla mercè di quattro, scalcagnati
europei.

Come per una stregata coincidenza, le nuova civiltà latino americana ed anglo-
sassone nord americana, nascono rispettivamente a seguito dell’umano sacrificio di

interi popoli, amerindi ed africani. Da uno di questi immani sacrifici, nasce un
Impero i cui simboli e valori di riferimento, sono capovolti rispetto a quelli che, sino
a quel momento avevano caratterizzato i precedenti Imperi: gli Stati Uniti
d’America, fondati sulla supremazia assoluta del mercantilismo protestante ed, in
seguito della finanza usuraia, produttrice di danaro dal nulla e strangolatrice dei
popoli del mondo intero. La sua capitale, Washington, viene fondata secondo precisi
orientamenti eliaci, caratteristica questa, di un orientamento massonico presente
anche nella scelta di suoi Presidenti che, dallo stesso George Washington in poi,
saranno tutti più o meno legati a certa massoneria.
Sì, probabilmente Colombo ha, inavvertitamente (?), scoperto un Vaso di Pandora:
la antica maledizione atlantica ha ripreso forza e vigore ed ora, rischia di travolgere il
mondo intero: l’immagine dell’America Latina vittima di narco- mafie che uccidono e
massacrano con la stessa disinvoltura, con cui si facevano una volta sacrifici agli Dei,
il continuo verificarsi di catastrofici eventi climatici, quel mix di instabilità e paura
che oggi più che mai, caratterizzano la vita dei popoli occidentali, sembrano
riportarci al problema della degradazione e del capovolgimento delle antiche forme
di conoscenza iniziatica.
Atlantide e la (ri) scoperta dell’America sembrano porci, ancora una volta, l’irrisolta
domanda sull’origine ed il senso dell’umana civiltà su questa terra. Le antiche
Tradizioni Indù, Iranica, Greco Romana, Germanica, Celtica ed altre ancora, ci
parlano di un continuo alternarsi di cicli di nascita vita e morte dell’umana civiltà ,
taluni esponenti delle rinnovate Scienze dello Spirito (Madame Blavatskij, Rudolf
Steiner ed altri ancora...), ci parlano addirittura del succedersi sulla terra di sei
differenti fasi della civiltà umana, tra cui quella atlantidea. Si va preconizzando
anche un nuovo modello umano, animato da un nuovo ciclo di pensiero sapienziale,
che forse prenderà spunto dall’attuale disagio, per inaugurare invece una Nuova
Era....Verità, illusioni, bugie o che? Resta il fatto che, quello di Colombo può anche

essere ben visto nell’ottica di un viaggio iniziatico, animato dalla ricerca di una
conoscenza celata dal, sino ad allora, invalicabile “limes” delle Colonne D’Ercole.
Colombo fu uomo eclettico: navigatore, iniziato, utopista e sognatore,
immeritatamente sfortunato. Tutti quei molteplici aspetti della sua rinascimentale
personalità, costituiscono altrettanti aspetti di una realtà che, in questo modo, non
ci offre una risposta univoca all’interrogativo su cosa siamo e da dove proveniamo,
lasciandoci a questo punto, con la considerazione che, la domanda delle domande
non può trovare una risposta definitiva. Pertanto, la vera ragion d’essere di quel
Logos che a tutto sovrintende, non sta in una sua monolitica ed unidirezionale
natura, ma nel suo manifestarsi in una Infinità e Molteplicità di aspetti che,
dell’intera realtà, costituiscono la vera essenza magica...
UMBERTO BIANCHI