Paesi
mostruosamente indebitati
di:
Giorgio I
Maggio
2012
Il
mondo sprofonda nel debito, caracollando sull’orlo di un Armageddon
finanziario.
Questo
è il coro che si sente ripetere ovunque da mesi. Dopo la Grecia, anche Spagna,
Italia e Portogallo sono ad un passo dalla catastrofe a causa di ciclopici
fardelli di debiti che non potranno mai venire pagati. E i debiti dei PIIGS
(Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) sono nulla paragonati ai trilioni
di debito accumulati da Stati Uniti e Giappone. Anche Francia e Inghilterra
sono messe male e scavando scopriamo – sorpresa! Sorpresa! – che la stessa
virtuosissima Germania sarebbe a rischio stritolamento da debiti, tanto che le
famigerate agenzie di rating americane hanno ventilato anche per essa il
possibile declassamento.
Ma
come? Uno dei paesi che meglio funziona al mondo viene giudicato potenzialmente
insolvibile?
Sorge
a questo punto la domanda che tutti dovrebbero fare, ma che (quasi) nessuno osa
formulare:
Ma se tutti i paesi del mondo sono così mostruosamente indebitati… chi è il legittimo creditore? Chi cavolo è il legittimo creditore ultimo di tutto questo ben di dio, al cui paragone i fantastiliardi di zio Paperone paiono noccioline?
Ci
si aspetterebbe che al mondo ci siano nazioni debitrici e nazioni creditrici –
così ci è parso a lungo, il terzo mondo in debito ed il primo mondo in credito
– ma d’un tratto ci viene raccontato che tutto il mondo si sia improvvisamente
trasformato in terzo mondo indebitato – a parte la Cina oggi non se ne vedono
molti creditori in giro.
Anzi
no, neppure la Cina si salva: Moodys tiene a farci sapere che anche la Cina è
nella merda fino al collo con i debiti!
Tutti,
tutti debitori quindi, e debitori di cifre favolose, che sfidano l’umana
immaginazione.
Come
è possibile?
Se tutte le nazioni sono indebitate, i debitori ultimi sono tutti i cittadini che costituiscono le nazioni.
Esseri
umani, quindi.
Li
possiamo vedere, li possiamo contare.
In
effetti siamo noi, oppure persone come noi.
Siamo
tutti, tutti, tutti indebitati. Ma se noi tutti, tutti, tutti siamo indebitati,
chi diamine sono i creditori?
Altri
esseri umani?
Impossibile.
In
quanto cittadini gli esseri umani sono tutti indebitati.
Se
tutte le nazioni del mondo sono debitrici ne consegue logicamente che tutti gli
esseri umani del mondo sono indebitati.
Ma
il valore del mondo è generato proprio da tutti i miliardi di persone che nel
mondo lavorano, faticano e così facendo producono valore.
Come
possono tutte le persone del mondo essere indebitate quando tutto ciò che vale
è stato prodotto da esse?
Com’è
possibile che i debitori siano proprio quelli che il valore lo hanno creato?
Verrebbe
da dedurne che creditori non possono quindi essere umani.
Che
si tratti di extraterrestri?
Peggio, come ormai la gente sa, si tratta di banche.
Ma
cos’è in effetti una banca?
Nell’immaginario popolare, la banca è un posto dove ci si mettono i propri risparmi per scongiurare il rischio di perderli o che ci vengano rubati.
A
rigore di logica, le banche dovrebbero contenere solo i soldi che gli esseri
umani hanno loro affidato.
Quindi,
come è possibile che le banche siano riuscite ad indebitare ogni singolo essere
umano della terra usando i loro stessi soldi?
La riposta è complessa, ed è stata illustrata con dovizia di dettagli nei circuiti dell’informazione non controllati dalle banche stesse.
Il
succo è che le banche private hanno facoltà di creare denaro dal nulla, un
fenomeno curioso che in parecchi ancora ignorano, basato sul sistema della
riserva frazionaria.
E
le banche centrali lo possono creare ancora più facilmente, usando
l’equivalente moderno della bacchetta magica – nella fattispecie la tastiera di
un computer ove il semplice tocco di alcuni tasti può generare “denaro” a
volontà.
Creare
il denaro dovrebbe essere una prerogativa degli stati, formati dai cittadini
che in essi generano il valore che il denaro rappresenterà, ma nell’Occidente
democratico le banche centrali sono state quasi tutte “privatizzate” più o meno
di nascosto – che in parole povere vuol dire che i soldi che tu credi di avere
in linea di massima non sono più tuoi.
Te
li hanno prestati, anche se tu non lo sai.
In
rete fiocca il dibattito su questa tematica, irto di litigi a suon di
tecnicismi, ma il succo è più o meno questo.
La
cosiddetta “indipendenza” delle banche centrali dalle proprie nazioni è in
altre parole l’indipendenza delle banche centrali dai cittadini sovrani a cui i
soldi del paese in ultima istanza apparterrebbero.
Questo ovviamente implica che i governi dei paesi “democratici” si sono macchiati di alto tradimento – è difficile in effetti immaginare un tradimento più alto che abdicare alla propria sovranità monetaria, ovvero fare omaggio della gestione di tutto il valore prodotto dalla propria nazione a soggetti terzi.
Discorsi da “complottista”?
Ma
neanche per sogno!
Il
primo grande traditore del proprio popolo confessò esplicitamente il proprio
crimine – il che dovrebbe fugare i dubbi anche dei più increduli.
Si
tratta del presidente americano Woodrow Wilson, che nel 1913 permise la
creazione della Federal Reserve, un cartello di banche private che da quel
momento in poi avrebbe avuto il monopolio del denaro americano, creandolo dal
nulla per poi prestarlo allo Stato (quindi ai cittadini) ad interesse.
Cosa
c’è di male?
È
lo stesso Wilson che ce lo spiega, e chi meglio di lui può saperlo?
Tre
anni dopo Wilson infatti si pentì amaramente e dichiarò testualmente:
“Sono l’uomo più infelice. Ho inconsapevolmente rovinato il mio Paese. Una grande nazione industriale è controllata dal suo sistema di credito. Ora il nostro sistema di credito è concentrato. Perciò, la crescita della nazione e tutte le nostre attività è nelle mani di pochi uomini. Stiamo per diventare un Paese mal governato, completamente controllato e dominato del mondo civilizzato. Non più un governo in cui c’è libertà di opinione, non più un governo guidato dalla convinzione e dal voto della maggioranza, ma un governo pilotato dall’opinione e dalla prigionia voluta da un piccolo gruppo dominante di uomini”.
Quei lettori poco disposti per il quieto vivere a prestare ascolto a chi gentilmente tenta di avvertirli che glielo stanno mettendo in quel posto sono davvero così convinti di saperla più lunga di un Presidente degli Stati Uniti reo confesso?
Era stato Andrew Jackson, il settimo presidente degli Stati Uniti, a liberare il paese dal giogo dei banchieri negli anni 30 del diciannovesimo secolo, dopo una cruenta lotta con gli stessi.
Fu
un brutto colpo per i banchieri, che impiegarono un’ottantina d’anni per
riappropriarsi interamente dell’America.
Dopo
di che c’è voluto quasi un secolo prima che la stessa fregatura toccasse a
tutta l’Europa.
La
creazione dell’euro ha reso più agevoli gli ultimi passi in questa direzione.
Agli increduli a cui non piace rendersi conto del tutto di quanto corrotti siano i governanti che essi hanno fieramente eletto gioverà la lettura di qualche esempio pratico di cosa tipicamente accade a chi si ostina a perseguire gli interessi di chi lo ha votato contro le direttive dei grandi banchieri.
A giugno 1963 John. F. Kennedy osò restituire al governo americano il potere di stampare denaro, coperto dalle riserve nazionali di argento. Banconote denominate “United States Notes” presero a circolare, in concorrenza alle “Federal Reserve Notes”.
Cinque mesi dopo fu assassinato, forse non a caso nell’anniversario dell’incontro segreto del 1910 sull’isola Jekyll in cui i banchieri si accordarono per l’istituzione della Federal Reserve.
Le United States Notes smisero di venire emesse e quelle in circolazione vennero progressivamente ritirate.
Ogni
tanto tuttavia gli scheletri nell’armadio saltano fuori dove meno te l’aspetti
– per esempio alla frontiera fra Italia e Svizzera.
Qualcuno
ricorderà il clamoroso fermo nel 2009 di due cittadini giapponesi alla
frontiera di Chiasso, nella valigetta dei quali i finanzieri trovarono e
sequestrarono titoli americani per l’incredibile valore di 134,5 miliardi di
dollari, pari a circa 1% del Prodotto Nazionale lordo degli Stati Uniti di
quell’anno.
Uno
dei giapponesi pare fosse un tal Tuneo Yamauchi, cognato dell’ex governatore
della banca centrale del Giappone.
Prima
ancora di venire in Italia ad esaminare i titoli sequestrati, gli americani
dichiararono che si trattava di falsi – il che non ci deve stupire, poiché se
avessero riconosciuti come veri quei titoli di credito magari li avrebbero
anche dovuti onorare.
Una
parte dei titoli consisteva in Treasury Notes da un miliardo di dollari l’una
(sic!), che tutte le apparenze indicano fossero state emesse dal Tesoro
americano (non dalla Federal Reserve) nel 1998 proprio sulla base dell’ordine
esecutivo varato a suo tempo da Kennedy e mai abolito.
D’altra
parte, solo un deficiente completo falsificherebbe banconote da un miliardo di
dollari che nessuno neppure si immagina possano esistere – a chi si potrebbe
mai sperare di riuscire a smerciarle? Più facile, molto più facile vendere il
Colosseo o la Fontana di Trevi ad un turista di passaggio.
Ci
sarebbe stato di che riempire le pagine dei giornali per settimane (e magari le
casse del Tesoro per anni), ma non sorprendentemente la notizia scomparve
rapidamente dal proscenio, sintomo che si trattava di roba che scotta. I
giapponesi furono immediatamente rilasciati - evento curioso in un caso di
contrabbando di titoli di credito falsi per 134,5 miliardi di dollari, pari a
poco meno del Prodotto Interno lordo della Danimarca. Che fine abbia fatto
quell’anno di Danimarca in valigetta i giornali non lo hanno scritto. Voi lo
avreste buttato nella spazzatura?
Kennedy tuttavia non è che uno dei molti validi esempi che dissuadono i nostri politici ad andare contro le direttive dei grandi banchieri.
Cento
anni prima di Kennedy anche Abramo Lincoln pensò bene di crearsi il suo buon
denaro statale – le banconote si chiamavano greenbacks – fu un successo:
infatti poco dopo Lincoln fu ucciso ed i greenbacks magicamente sparirono.
Altri due presidenti americani, Garfield ed McKinley finirono ammazzati – sarebbe interessante ricercare se e quanto si fossero resi antipatici ai banchieri.
Il
candidato alla presidenza USA Ron Paul, che già si è espresso a favore della
abolizione della Federal Reserve, può farsi un’idea su cosa potrebbe attenderlo
nell’improbabile caso in cui mai venisse mai eletto.
Chi
non si fece bene questa idea è il politico austriaco Jörg Haider che qualche
anno fa minacciò pubblicamente le grandi banche.
Appena
vinse le elezioni, divenendo quindi un pericolo concreto per i poteri bancari,
ebbe immediatamente la sventura di morire in un incidente automobilistico
particolarmente improbabile.
Il giornalista tedesco indipendente Gerhard Wisnewsky ha investigato le circostanze surreali dell’incidente in un ottimo libro.
Il giornalista tedesco indipendente Gerhard Wisnewsky ha investigato le circostanze surreali dell’incidente in un ottimo libro.
A fine dicembre 2011 il giovane viceministro alle finanze dell’Argentina Ivan Heyn, uno dei politici più amati in patria esce da una riunione con il Fondo Monetario Internazionale a Montevideo dichiarando: “Non posso fare quello che mi chiedono!” Come si sa l’Argentina nell’ultimo decennio si è svincolata niente male dal gioco dei grandi circoli bancari internazionali, mandando a quel paese pure l’FMI e compagnia bella. Un paio di ore dopo Ivan Heyn (foto) viene trovato impiccato nella sua camera d’albergo. Suicidio, scrivono subito tutti i giornali. Molto strano, un politico beneamato e con due palle così che si è fatto strada combattendo i poteri forti non si va a suicidare di corsa non appena in una riunione alcuni stranieri gli fanno “buh!”. La tesi del suicidio non è sufficientemente plausibile? Poco male. Il viceministro argentino si è strangolato da solo per aumentare il proprio piacere mentre si faceva una pippa, correggono ben presto i giornali. Ecco, ora sì che ci siamo. Dopotutto, se voi usciste da una stressante riunione con l’FMI non andreste subito anche voi in albergo a masturbarvi strangolandovi? Non farebbe così qualsiasi potente politico? Nessun giornale ha osato mettere seriamente in dubbio la spiegazione grottesca di questo decesso importante, con buona pace del rasoio di Occam.
Nel 1999, dopo quasi vent’anni di costante ribassi il prezzo dell’oro inaspettatamente smise di scendere. Pare che ciò all’epoca mise in seri guai Goldman Sachs, pesantemente sbilanciata su posizioni al ribasso (nell’ordine delle mille tonnellate). Un tal Gordon Brown, all’epoca Cancelliere dello Scacchiere (equivalente a Ministro dell’Economia) annunciò quindi l’8 maggio 1999 la decisione di vendere oltre il 50% delle riserve nazionali di oro. Furono infine 415 tonnellate d’oro – il 60% di tutto l’oro del Regno Unito – vendute al minimo assoluto di mercato, al prezzo medio di 275$ l’oncia (oggi, maggio 2012, veleggia intorno ai 1600$/oncia, e molti analisti concordano che nei prossimi anni salirà almeno fino a 4000$/oncia). Questo salvò Goldman Sachs.
Tradire
il proprio popolo paga assai di più che servirlo – infatti Gordon Brown ebbe a
godersi in seguito la poltrona di Primo Ministro. L’oro non c’è più, ma chi se
ne frega. I giornali non sono mica lì per ricordare queste quisquilie agli
elettori.
Mentre gli ignari e gli sciocchi vengono incoraggiati a cianciare di democrazia nei talk show, nei salotti e nei bar, è sempre più solo dietro le quinte che la reale storia del mondo si scrive. I vecchi paradigmi nei quali il potere andava ostentato per essere effettivo, non valgono più. Nel ricco mondo occidentale i governanti sono senza eccezione alcuna solo personaggi di una noiosa commedia dell’arte, nella quale hanno facoltà di improvvisare e recitare a braccio, purché non escano mai dal canovaccio stabilito dall’invisibile regista. L’attore che esce dal canovaccio viene licenziato in tronco, e ogni tanto ne muore anche qualcuno in modo pittoresco affinché valga da esempio per gli altri.
A metà febbraio 2012, dopo mesi di attacchi da parte del coro dei media il presidente tedesco Christian Wulff è stato costretto alle dimissioni per l’orribile colpa di avere in passato accettato inviti a cena ed alberghi pagati da parte di alcuni industriali. Una storiella risibile che in Italia si sono bevuta tutti. In Germania qualcuno (l’ottimo Wisnewski) è andato più a fondo nella faccenda. Un’analisi approfondita e più plausibile suggerisce che Wulff sia stato tolto di mezzo sull’onda di un eccesso di dichiarazioni che deviavano dal copione.
Wulff aveva espresso preoccupazione per la leggerezza con cui sempre più spesso i parlamenti approvino in fretta e senza battere ciglio ciò che viene deciso nei circoli elitari dei Poteri Forti, ammonendo dei pericoli che ciò comporta per la democrazia. Aveva inoltre usato parole pesanti contro le banche ed i folli “salvataggi” seriali di banche e nazioni, che avrebbero riversato il conto da pagare sui giovani. E peggio ancora, aveva lanciato strali contro l’intera classe politica tedesca, che svuotando d’importanza l’attività parlamentare perdeva le basi per la fiducia dei cittadini. Questi sono argomenti di cui un buon politico postmoderno – cioè un politico post-politico – deve accuratamente evitare di occuparsi.
Con le sue esternazioni fuori copione, Wulff era divenuto un possibile ostacolo alla ratifica del trattato ESM – il cosiddetto Meccanismo di Stabilità Europea, in realtà Cavallo di Troia della dittatura finanziaria che a grandi passi si sta pappando l’Europa. L’ESM è un mostro agghiacciante, sulla cui natura i media evitano accuratamente di approfondire, che i dittatori finanziari non sono riusciti ad imporre in America, ma ci stanno riuscendo in Europa.
L’ESM
permette ai Grandi Burattinai di imporre arbitrariamente a qualsiasi nazione
europea il pagamento di qualsiasi cifra nell’arco di soli sette giorni dalla
richiesta. Qualsiasi cifra! Per sempre! Non importa se una nazione in futuro va
alle elezioni ed il nuovo governo la pensa diversamente. L’obbligo è
incondizionato, definitivo ed irrevocabile per qualsiasi nazione europea che
ratifichi l’ESM.
In quanto presidente della nazione, Wulff avrebbe dovuto firmare la legge di ratifica, ed avrebbe quindi avuto il potere di bloccare tutto.
Wulff è uscito un attimo dal canovaccio e… voilà!, licenziato in tronco! Gli è andata bene. Al presidente polacco (nonché a mezzo governo della Polonia) di qualche anno fa andò decisamente peggio.
Nel 2011 il primo ministro ungherese Viktor Orbán modifica la costituzione del proprio paese per rimettere la Banca Centrale sotto proprio controllo sovrano e dieci minuti dopo viene tratteggiato da tutta la stampa occidentale in coro come il nuovo Milosevic da combattere, un nuovo mostro razzista ed autoritario nel cuore dell’Europa, mentre eurocrati ed FMI minacciano feroci rappresaglie e lanciano inappellabili ultimatum. Orbán è costretto a cedere – la banca centrale ungherese resta immune al controllo degli ungheresi, nelle salde mani chi meglio degli ungheresi sa quale debba essere la politica monetaria magiara.
“Indipendenza della Banca Centrale” è un’espressione molto in voga oggi, un piccolo capolavoro di pura neolingua orwelliana che per chi non lo avesse capito si traduce “Totale Dipendenza della Banca Centrale di Qualsiasi Paese dai Criptocrati Sovranazionali.” Orbán si consola lanciando strali in piazza contro i dittatori eurocrati, nello spirito di “sì, è vero, le ho prese, ma quante gliene ho dette!”
Le banche si stanno quindi appropriando del mondo intero dopo averlo abilmente convinto di essere in debito nei loro confronti. È un’operazione di straordinario ingegno, di magistrale illusionismo, fondata su di un’artefatta allucinazione condivisa chiamata “fiat money”, denaro creato dal nulla dalle banche stesse e alla cui realtà quasi tutti ancora credono, tanto da non rendersi conto che è completamente assurdo ed inverosimile che d’un tratto il mondo intero, senza eccezione alcuna, possa essere “indebitato” così mostruosamente e al di là di ogni senso comune.
È la paura – e l’incapacità – di svegliarsi da questa illusione collettiva ciò che ovviamente condanna i popoli alla sudditanza impotente verso l’abile illusionista.
Tuttavia ci viene anche raccontato da qualche anno che lo stesso sistema bancario è sull’orlo della catastrofe. Giganti come Lehman Brothers possono fallire da un giorno all’altro mentre immense quantità di nuovo denaro immaginario vengono a più riprese create dal nulla – e addebitate agli stati, cioè ai cittadini – per “salvare” banche “troppo grosse per lasciarle fallire”.
Durante
i picchi di crisi le banche a tal punto smettono di fidarsi le une delle altre
che cessano i prestiti interbancari, ovvero non si azzardano nemmeno più a
prestarsi l’un l’altra soldi per una manciata di ore.
Ma
se le banche stanno conquistando il mondo, come possono nel contempo essere
tutte sull’orlo del fallimento? Si intravede una certa dissonanza cognitiva in
tutto ciò.
Dobbiamo renderci conto che nel Nuovo Mondo delle Illusioni Collettive ciò che ci è dato vedere è essenzialmente solo il più fenomenale gioco di specchi mai imbastito.
Veniamo
frastornati su parecchi livelli da una miriade di false tesi e falsi antitesi
mirate a distogliere la nostra attenzione da ciò che non dobbiamo vedere – e
che infatti appunto non vediamo.
Quando
affermo che i vecchi paradigmi nei quali il potere andava ostentato per essere
effettivo non valgono più, intendo che il segreto più importante del potere di
oggi è l’invisibilità.
Mentre
gli ignari e gli sciocchi si fanno belli blaterando in pubblico di democrazia,
dietro le quinte i criptocrati se la ridono, probabilmente con smorfie di sommo
disprezzo per gli inutili blateranti.
Morte
e sepolte le vecchie ideologie, mentre le più recenti – democrazia e
capitalismo – sono ormai in stato terminale ed agonizzanti, la nuova forma di ordine
mondiale in via di affermazione si chiama criptocrazia, ovvero il governo degli
oscuri, invisibili ed indecifrabili.
Il che si può riassumere nel seguente elementare enunciato: se vedi chi comanda, vuol dire che a comandare non è lui.
Ragione per cui, inizio a dubitare della effettività di ogni nuovo “colpevole” che venga additato al pubblico ludibrio.
Mi
puzza di rito trito e ritrito.
Nella
hit-parade dei colpevoli di cui si parla è rapidamente salita in vetta la
famigerata banca d’investimenti Goldman Sachs.
Non
vi sarebbe quasi orrore finanziario al mondo nel quale in qualche modo non sia
riuscita a metterci il naso Goldman Sachs.
Un
milione di parole probabilmente non basterebbe ad illustrarli tutti e col
dovuto dettaglio.
Da
decenni Goldman Sachs notoriamente assume le menti più brillanti uscite dalle
università per escogitare meccanismi sempre più sofisticati per “fare denaro”,
che è un eufemismo per dire “portare via i soldi ad altri”.
È
facile fare questo nella legalità quando sei tu ad ordinare al legislatore che
cosa è legale e per chi esattamente lo è.
Oggi
i governi europei pseudo-democratici vengono uno dopo l’altro rimpiazzati da
cosiddetti “governi tecnici”, che tutto sono fuorché “tecnici”.
Di
tecnico hanno solo la natura golpistica, per il resto sono esecutivi che
prendono decisioni di estremo peso politico, spesso in palese contrasto con la
volontà e gli interessi popolari.
Ed in buona parte di questi governi tecnici c’è palesemente lo zampino di Goldman Sachs.
Per
non parlare di chi va a dirigere la Federal Reserve o le altre banche centrali.
Fino
a qui non dico nulla di nuovo.
Quello
che mi sorprende è la crescente disposizione della stampa – anche la grande
stampa corrotta che di questo sistema è parte integrale – di parlare di questo
stato delle cose, e di dire di Goldman Sachs cose che fino a qualche tempo fa
nessuno che facesse parte del sistema avrebbe mai osato pronunciare.
Un bel film documentario sulla genesi della crisi del 2008, Inside Job, mette sulla graticola senza tanti problemi la stessa Goldman Sachs.
Non
è un film dilettantesco, chi lo ha fatto disponeva delle leve necessarie per
intervistare elementi della crème de la crème della finanza americana, ai quali
né tu ne io arriveremmo mai, e metterne alcuni alle strette facendo ad essi
fare la classica figura di merda.
Di
questo film si parla ed esso vince dei premi, addirittura l’Oscar.
Cosa sta succedendo?
Credo poco ad una resipiscenza della stampa corrotta – e chi seriamente si mette ad accusare il sistema solitamente non vince dei premi importanti, piuttosto viene ignorato e scompare nel rumore di fondo (ne so qualcosa io con il mio libro sull’11 settembre, del quale pure certi siti italiani di sedicente controinformazione sono riusciti a tacere a tutt’oggi) – quindi ci deve essere sotto qualcos’altro.
Cosa?
Non lo so. Ma qualcosa.
Pecco di paranoia? È inevitabile, in questa epoca di sofisticatissimi inganni, a partire dalla Madre di Tutte le Bufale, la narrativa ufficiale degli attentati dell’11 settembre. Ma, come disse quel tale ormai un po’ demodé, a pensare male si fa peccato – ma ci si azzecca.
Quindi non abbiatemene se anche un bel film come Inside Job a me puzza tanto di mera operazione psicologica, al pari dei film di Michael Moore.
È
l’ennesimo prodotto finalizzato alla rivalsa onirica del pubblico occidentale
contro i cattivoni di turno. Chi volesse approfondire il tema della
cinematografia hollywoodiana moderna come strumento catartico di giustizia
onirica si legga il saggio che nel 2010 scrissi a proposito del film Avatar.
Inside Job, che si presenta come un durissimo j’accuse al mondo della finanza di Wall Street, sotto sotto veicola fortemente la tesi che non vi sia alcun disegno, nessuna progettualità di ampio respiro dietro i disastri provocati dalla finanza, che essi siano semplicemente i sottoprodotti naturali dell’avidità estrema (di fatto caricaturale e fumettistica) degli speculatori. Una semplificazione che non regge. Il pubblico, a cui tutto sommato piace molto pensare che i pescecani di Wall Street siano più stupidi di lui, se la beve volentieri. Resta un bel film da vedere, tenendo però a mente la natura fuorviante dei meta-messaggi che esso contiene.
Lo
stato dell’arte della manipolazione delle masse si esercita oggi
nell’impossessarsi delle verità scomode per poterle adornare con le falsità
strategicamente più convenienti. Il film Inside Job è quindi grottescamente
esso stesso un “inside job”.
Un altro grande esempio di quanto appena detto si trova nel recente film “Thrive”, un documentario bello e molto ben fatto che denuncia il golpe finanziario globale in atto avventurandosi nelle sue accuse anche ai livelli superiori e più oscuri che sovrastano Goldman Sachs, Morgan Stanley e compagnia bella.
Tuttavia,
il film associa grandi verità perfettamente espresse a deliranti vaneggiamenti
sugli UFO ed altre speculazioni scientifiche altamente opinabili – una classica
formula di operazione psicologica già messa in atto in una miriade di casi.
“Thrive”
si propone di creare un movimento ove raccogliere il gregge sparso degli
indignati e portarli a perdere nelle lande iperspaziali dell’ennesima utopia.
E
non è un caso che il film tenga a sottolineare come la risposta al colpo di
stato globale finanziario di “noi che abbiamo capito” non debba in nessun caso
essere violenta.
Forse,
dopotutto, i criptocrati sotto sotto si cagano un po’ addosso (ma poco, eh!).
Questa improvvisa (e montante) campagna di denuncia delle malefatte di certi banchieri mi dà quindi parecchio da pensare.
Perché
ad esempio Goldman Sachs avrebbe tutti, ma proprio tutti i titoli per essere
additata a colpevole primo della crisi economica che sta flagellando il mondo,
tranne uno, a mio avviso fondamentale: non è invisibile.
E
visto che il segreto fondamentale del potere moderno è l’invisibilità, che ti
rende inattaccabile perché nessuno sa bene chi tu sia, a me i conti non tornano
del tutto.
Non
dico che ho delle chiare risposte – e chi le ha? – ma perdonatemi se insisto a
farmi delle domande. C’è chi ha nell’indole la spinta a farsi domande
impertinenti, così come il non volersi accontentare delle risposte
insoddisfacenti di cui troppa gente con leggerezza si appaga. Meglio, molto
meglio, infinitamente meglio le buone domande alle cattive risposte.
E se anche il maestro burattinaio alla fin della fiera potrebbe rivelarsi null’altro che un gran burattino, il Padre di Tutti i Burattini, eventualmente il pezzo supremo da sacrificare nella grande partita a scacchi per la conquista del mondo, chi è che allora esattamente tira le fila degli avvenimenti del mondo? Nomi e cognomi e indirizzi, s’intende, niente categorie astratte!
Per
quanto in parecchi si sbizzarriscono a tirare ad indovinare, la risposta è che
non lo sappiamo, né probabilmente con precisione lo sapremo mai. E non credo
che neppure qualche sguardo indiscreto alle riunioni segrete dei “Bilderberger”
ci direbbe tutto.
Dubito
fortemente che chi in segreto comanda davvero sia così sciocco da apparire
sulle liste di chi in segreto comanda davvero – liste che tutti gli anni
puntualmente possiamo leggere su Internet (i curiosi ignari cerchino su
internet “lista partecipanti bilderberg“).
Cerchiamo
di non renderci ridicoli confondendo i padroni di casa coi maggiordomi e i
fattorini. In qualsiasi direzione si guardi, il nostro sguardo è destinato ad
infrangersi contro una cortina fumogena o l’altra. Almeno sino a quando il
sistema collassasse per davvero, al di là delle rappresentazioni alle quali
stiamo assistendo ora.
Già perché nulla mi toglie dalla testa che la grande crisi economica a cui stiamo assistendo ora sia fondamentalmente solo una gran rappresentazione.
Il
mondo finanziario è in effetti sul serio ad un passo dal collasso sistemico, e
probabilmente davvero crollerà. Ma sebbene ciò sia probabilmente inevitabile,
non credo affatto che sia un processo casuale, né frutto della pur notevole
stupidità umana. Si scorgono riconoscibili elementi di regia nell’avvicendarsi
delle tappe della crisi, ben riconducibili al collaudato schema Problema-Reazione-Soluzione.
Si genera proditoriamente un problema che causi nel pubblico una reazione (il
pubblico chiede o comunque attende una soluzione) e quindi si fornisce la
“soluzione”, che altro non è che ciò che fin dal principio si voleva fare.
Il
“problema” è solo il pretesto necessario per implementare una “soluzione”
preordinata. Uno schema vecchio come il mondo.
Con
questo trucchetto hanno già rifilato un “governo tecnico” a noi e ad altri, ed
aspettate a vedere cosa ci sbologneranno quando il sistema verrà giù sul serio.
Già, perché non si mette su tutto questo po’ po’ di casino per poi lasciare evaporare tutto senza capitalizzare con un Gran Finale e fuochi di artificio che dia i risultati per cui in effetti si è lavorato.
Un “11 settembre finanziario” che facesse saltare l’intero sistema finanziario mondiale fu apparentemente tentato già nel 2008, proprio nel solito giorno dell’11 settembre, quando ignote forze sottrassero nell’arco di un’ora 550 miliardi di dollari dal circuito bancario americano. Fu proprio questa deliberata operazione che scatenò la crisi che ci avrebbe impoveriti tutti. Ma l’obiettivo dell’azione andava assai al di là della crisi che poi ci è toccata, tutto suggerisce che il fine fosse la distruzione stessa del sistema finanziario mondiale.
Il
membro del congresso americano Paul Kanjorski della Pennsylvania ha rivelato in
diretta televisiva i retroscena dei drammatici eventi di quel giorno, mai resi
pubblici in altra sede, e mai smentiti dopo le dichiarazioni di Kanjorski. Ma
neppure in seguito approfonditi da altri giornalisti – ovvero il perfetto
marchio della roba che scotta.
Secondo il racconto di Kanjorski, alle ore 11 dell’11 Settembre 2008 (si noti la sovrabbondanza dei numeri 11 in tutte queste brutte storie moderne – alla lunga verrebbe il sospetto che l’11 porti sfiga - oppure fortuna, a seconda dei punti di vista) la Federal Reserve si accorge di un rapidissimo prosciugamento di liquidi dal sistema bancario americano. 550 miliardi di dollari vengono sottratti in un’ora soltanto. Si decide per un’immediata iniezione di liquidità di 105 miliardi di dollari, per tappare le falle. Ma ben presto ci si rende conto l’emorragia di denaro è troppo rapida e si calcola che alle due del pomeriggio essa avrebbe raggiunto i 5500 miliardi di dollari, il che avrebbe comportato l’immediata distruzione del sistema bancario americano, e nel giro di un giorno del resto del mondo. La crisi viene arginata in un modo che in seguito – se ho capito bene – avrebbe condotto al primo “salvataggio” da 700 miliardi di dollari, che poi i contribuenti americani avranno l’agio di pagare in comode rate.
Kanjorski
evita accuratamente di chiedersi di chi diamine fosse la mano invisibile in
grado di prelevare dal circuito bancario 500 miliardi di dollari (!!!) in
un’ora. Certe domande possono nuocere gravemente alla salute.
Potrebbe Paul Kanjorski essersi inventato tutto, come gli increduli di professione non mancano di insinuare? Difficile comprendere perché mai avrebbe fatto una cosa del genere.
La
registrazione video di un’audizione parlamentare del 24 settembre 2008 ci
toglie gli ultimi dubbi. Kanjorski chiede esplicitamente a Henry Paulson,
all’epoca Ministro del Tesoro (nonché ovviamente ex pezzo grosso di Goldman
Sachs come strettamente d’obbligo), di spiegare anche al pubblico gli
eccezionali avvenimenti della mattina dell’11 settembre 2008, nei quali Paulson
si trovava ovviamente in prima linea, menzionando gli oltre 500 miliardi
volatilizzatisi in pochi minuti.
Nella
sua risposta Paulson gira attorno alla questione, chiaramente cercando di
glissare sui dettagli, a tratti balbetta, ma non smentisce affatto le clamorose
asserzioni di Kanjorski, anzi riconosce e sottolinea la gravità di quei
momenti. Ognuno può trarre da questo quadretto le proprie conclusioni.
In parecchi si chiederanno: chi avrebbe però mai l’interesse di affossare il sistema finanziario mondiale? Non subirebbero ingenti perdite economiche anche costoro? Calma, calma, dobbiamo renderci conto che i criteri di giudizio che valgono per noi, ad altri livelli non hanno alcun valore.
La
risposta è che parliamo di forze che non ragionano in termini di denaro, bensì
in termini di quanta percentuale del tutto essi posseggano e controllino.
È
una visione del mondo molto differente dalla nostra. Le crisi artefatte
permettono a questi soggetti di incrementare detta percentuale.
E
tutto il resto è per loro coerentemente irrilevante.
Se nella catastrofe prossima ventura la maggior parte delle banche dovesse fallire, quelle che avanzeranno saranno più grandi e potenti di prima.
Mario Monti è probabilmente solo l’antipasto di ciò che ci aspetta in Italia. Il trasferimento di sovranità procede a rapidissimi passi e si spera che i nuovi sovrani ci trattino poi con maggior garbo di quello che l’Unione Sovietica riservò ai propri satelliti.
Già,
perché il mondo occidentale si sta rapidamente sovietizzando, come ha spiegato
efficacemente già fin dal 2007 il celebre dissidente sovietico Vladimir
Bukovski, nei suoi libri Eurss. Unione Europea delle Repubbliche Socialiste
Sovietiche e URSS-EURSS ovvero il complotto dei rossi. E se a non riconoscere
la puzza di Unione Sovietica non sono capaci i dissidenti sovietici, ditemi voi
chi mai potrebbe.
Molta gente non se ne rende conto poiché il processo viene attuato per gradi.
È
il modello della rana nell’acqua bollente.
Se
si getta una rana viva in una pentola piena di acqua bollente essa balza subito
fuori dalla pentola. Ma se si introduce la rana nell’acqua fredda e lentamente
la si porta ad ebollizione, la rana non si accorge di cosa sta accadendo e si
ritrova lessa.
L’erosione
di libertà in atto nell’occidente democratico segue lo stesso principio.
Quando
ti accorgi di quanto sta accadendo è ormai troppo tardi.
La
democrazia viene smantellata per gradi, sostituita dalla mera retorica
democratica, un mantra vacuo ed ipnotico che dai pulpiti televisivi e
giornalistici si riversa sul gregge dei lemming che inconsapevole si lascia
guidare verso il precipizio dal quale non vi è ritorno.
Il debito dell’Italia non potrà mai venire ripagato, così come non potranno mai venire ripagati i debiti di ciascuna delle altre nazioni.
Creati
a partire da denaro fittizio, questi debiti sono in effetti immaginari. Così
come sono immaginari i risparmi monetari che la gente crede di avere. Il mondo
finanziario di oggi è la più grande catena di San Antonio della storia (gli
americani lo chiamano Schema Ponzi), e si sa che le catene di San Antonio sono
inevitabilmente destinate ad infrangersi contro il muro della crescita
esponenziale.
In pochissimi anni il valore dei prodotti finanziari derivati in circolazione è salito a 707 migliaia di miliardi di dollari (Giugno 2011), pari ad oltre 10 volte il prodotto mondiale lordo, il 95% di cui nelle mani delle solite prime cinque banche d’affari statunitensi.
Tutta roba che non
esiste,
ma che si fa finta che ci sia e coerentemente ha quindi un impatto sulle cose
del mondo proporzionato alla propria smisurata mole. Quando il telegiornale ci
racconta che l’Italia è sotto attacco dai “mercati”, probabilmente si tratta di
quei cinque lì.
I
governi d’Europa vengono stravolti per calmare e assecondare “i mercati” – cioé
sempre quelle cinque banche lì. Esse oggi fanno e disfanno governi agitando lo
spauracchio di “mercati” che in realtà non esistono in unione alla minaccia
costituita da una mole titanica di valori derivati (definiti da Warren Buffet
vere e proprie “armi di distruzione di massa”) che in verità sono soltanto il
frutto di diabolici giochi di prestigio.
707 migliaia di
miliardi di dollari!
Per mettere da parte un valore del genere tutti i sette miliardi di persone del
mondo dovrebbero lavorare dieci anni senza mangiare, bere, cambiarsi d’abito né
mai spendere un centesimo.
È
quindi tutta una gigantesca bolla di illusione, destinata fatalmente a
scoppiare come tutte le bolle di irrealtà.
Debito?
Non esiste alcun
debito.
È
tutto solo nella vostra testa, perché siete stati ipnotizzati. Siamo tutti in
trance. Perduti in un mondo illusorio dove ci hanno convinto che stiamo
affogando.
Un
oceano di debiti che esiste solo nella nostra fantasia.
Vittime
della stregoneria finanziaria proprio come i popoli che chiamiamo primitivi si
lasciano schiavizzare dai rituali voodoo.
Dieci
volte il valore prodotto dal mondo è oggi nelle mani di cinque soggetti che di
concreto in questo mondo non hanno prodotto assolutamente nulla – se si
eccettua proprio questo fantasmagorico caleidoscopio di chimere finanziarie che
è reale solo perché tutti lo confondono con il vero.
Una ciclopica
illusione collettiva che è stata creata ad arte e viene mantenuta e
progressivamente ingigantita per forzare l’adozione di misure draconiane
destinate a dare una gran bella potatura alle classe medie delle ricche nazioni
occidentali.
Perché questo è probabilmente l’obiettivo finale.
A
cosa serve la conquista del mondo, senza un preciso disegno su cosa poi farne?
In un mondo occidentale che invecchia, che non fa figli, che si deindustrializza delegando la produzione dei beni alla Cina, con l’aggravante di un globo dalle risorse naturali limitate ed in progressivo e rapido esaurimento, il modello di una società con un’ampia e prospera classe media non è sostenibile nel lungo termine.
È
uno sciame di cavallette che non voterà mai democraticamente per darsi una
seria regolata.
Rinunciare
all’auto? Alle vacanze low cost? Allo shopping dei saldi?
Giammai.
(Per rendersi pienamente conto di come noi cavallette umane stiamo devastando
il pianeta consiglio a tutti la visione dello straordinario documentario Home,
denso di immagini di bellezza ineguagliabile.)
È quindi verosimile che le elite abbiano deciso per una drastica scrematura dei benestanti, e il teatro della crisi del debito a cui assistiamo ne costituisce eventualmente il prologo.
D’altra
parte, la storia dell’Uomo è per millenni segnata dalla divisione fra ricchi e
poveri e l’esperimento di qualche decennio di classe media benestante potrebbe
essere ad un passo dal capolinea. O comunque ad una sensibile riduzione del
benessere. O della classe media.
Ecco il potere del
debito, brandito come arma di distruzione di massa.
Il debito immaginario è il più potente e raffinato strumento di coercizione inventato dall’Uomo.
Non tutti sanno che uno dei trucchi delle mafie che controllano il racket della prostituzione è quella di creare un debito fittizio e mai ripagabile da affibbiare alle prostitute che essi controllano.
Tutte
le povere africane o ragazze dell’est che vediamo battere sulle strade italiane
hanno un debito da pagare a chi le ha portate in Italia, un debito strutturato
in modo da non estinguersi mai.
Ma la logica di un debito fittizio, di cui non si è responsabili e che non potrà venire saldato mai è antica come la nostra storia.
Non nasce forse ogni
cristiano con il suo bel Peccato Originale che lo accompagnerà per tutta la
vita qualsiasi cosa egli faccia?
Lo stesso Peccato
Originario è una forma di debito immaginario, che non a caso è sempre stato
usato dalla Chiesa per rafforzare la propria autorità ed imporre le proprie
direttive.
Finché non si prende coscienza dell’illusorietà del debito, comportandosi di conseguenza, si è destinati a rimanere schiavi.
L’Argentina nel 2002 fece qualche passo in tale direzione, e dopo un paio di anni di inevitabili difficoltà la sua economia è decollata e l’anno scorso è giunta a crescere dell’8%. A marzo 2012 si è anche riappropriata di una più piena sovranità monetaria, in controtendenza rispetto ad un Occidente sempre più risoluto a non avere alcun controllo sopra il proprio denaro.
Le scelte strategiche sane che l’Italia dovrebbe attuare per avere un futuro florido sono nella stessa direzione imboccata dall’Argentina, ovvero una forte ristrutturazione del debito – se non lo si potrà mai pagare è inutile fare finta del contrario e distruggere nel vano tentativo la capacità produttiva del paese – e soprattutto ritorno alla sovranità monetaria con eventuale rapida uscita dall’euro. Ciò sarebbe ovviamente un processo drammatico e dolorosissimo, ma l’alternativa si rivelerà probabilmente notevolmente peggiore, soprattutto nel lungo termine.
Mario Monti ovviamente non farà nulla di tutto ciò – è lì per compiere l’esatto contrario di ciò che dovrebbe – né c’è molto da sperare in una classe politica che in fila per quattro col ritorno di due ha abdicato alle proprie responsabilità e consegnato le chiavi del paese agli stessi banchieri attivi nel generare la crisi che ora fingono di medicare.
Una classe politica
che accetta di buon grado di non governare purché i nuovi padroni mantengano
sostanzialmente immutati i loro stipendi dorati, diritti di saccheggio nei
rispettivi feudi e naturalmente i sacrosanti privilegi di casta.
E così Monti ha potuto impunemente varare la sua manovra affonda-Italia, orwellianamente chiamata salva-Italia. Il 10% per cento di tutto il maltolto del primo anno, due miliardi e mezzo di euro – pari allo 0,5 % del prodotto nazionale lordo – è stato da Monti immediatamente devoluto alla banca d’affari americana Morgan Stanley a copertura di una oscura, molto oscura operazione di derivati avviata da Mario Draghi anni fa. A casa di Morgan Stanley si è subito stappato champagne, con duemilacinquecento milioni di euro in più in cassa ce lo si può ben permettere. La quasi totalità della grande stampa italiana ha intensamente taciuto su dove siano finiti cotanti soldini degli italiani. Il finanziamento dell’editoria serve a ben questo.
Monti come Schettino, quindi, manovra elegante (i giornali applaudono) con inchino (ai banchieri) e tuttavia completamente sbagliata – seguirà inevitabile sciagura con pittoresco naufragio mentre sui ponti e nei bei saloni gli ignari ancora danzano nei festeggiamenti per la fine del ventennio berlusconiano. Cornuti, mazziati, stavolta vieppiù inculati e pur tuttavia contenti – de gustibus non est disputandum.
A questa sodomizzazione di massa avrebbe ben pensato di dare un sostanziale contributo anche Draghi che con la BCE in due rate ha prestato un trilione di euro (nostri) alle banche al tasso dell’1%, così che esse potessero riprestarci i nostri soldi al 5-8% comprando alcuni rinnovi del nostro debito. Per le banche un guadagno mostruoso a suon di denari palesemente rubati dalle nostre tasche, un carry trade di rara ignominia che nessuno ha il potere o il coraggio di impedire.
Un’ultima vestigia di vagheggiata opposizione a questo colpo di stato è stata tenuemente paventata dalla Lega, e come volevasi dimostrare è subito giunta implacabile, puntuale, la mannaia di uno scandalo a mettere il servo recalcitrante in castigo.
La blogosfera italiana si eccita alla notizia della denuncia penale depositata da un avvocato contro Napolitano e Monti, ma l’azione – ancorché nobile – è debole poiché soprattutto imperniata su violazioni della Costituzione, un pezzo di carta che da tempo ormai nessuno rispetta. “L’Italia ripudia la guerra” ecc. – ma davvero? Spiegatelo ai libici, ai serbi, agli iracheni, agli afgani.
Qui
siamo di fronte a comportamenti nella magnitudo dell’alto tradimento, qui non
si tradisce solo un pezzo di carta, bensì l’intero popolo che si finge di
rappresentare, questa è roba da tribunali speciali. Che fecero i francesi
nell’immediato dopoguerra ai loro politici collaborazionisti con gli invasori
nazisti? Una denuncia penale? Osserva correttamente Pino Cabras che la
decapitazione di un sistema politico non può che essere azione pienamente
politica. Pecca egli tuttavia di eccessivo ottimismo quando auspica che ciò si
attui mediante azioni penali. Dato che tutti i poteri dello stato sono ormai
irrimediabilmente avariati, sperare che una parte dello stato possa ripararne
un’altra è ciò che gli anglosassoni chiamerebbero wishful thinking, che in
italiano mal si traduce con pii desideri.
Le rivoluzioni sono un’altra cosa. Ma nessuno sa più come si fanno. A parte forse i franchiser delle rivoluzioni colorate, che però non ci daranno in concessione il format. E senza un format – il libretto d’istruzioni dei tempi moderni – chi mai riesce a fare più qualcosa di originale in questo nostro paese segnato da decenni di progressivo rincoglionimento televisivo? Chi ha mai visto dei cittadini scendere spontaneamente in piazza a ribellarsi, senza essere stati chiamati a farlo da qualche soggetto autorevole (partiti, sindacati ecc.)?
In
Islanda lo hanno fatto, ma da noi… Esiste in Italia ancora qualche soggetto
autorevole che non sia stato cooptato dai burattinai? L’umore sociale per una
rivoluzione si sta formando – un recente sondaggio (realizzato da IPR Marketing
per le ACLI) rivela che un terzo degli italiani pensa che l’unica cosa che può
cambiare le cose in Italia sia una rivoluzione.
La
via penale potrebbe avere qualche effetto se a presentare una denuncia contro
Napolitano e Monti si aggiungessero migliaia di cittadini, ognuno con una
denuncia propria. Uno tsunami di denunce costituirebbe un pesante fatto
politico e potrebbe forse muovere le acque. Altrimenti…
Les jeux sont faits. Rien ne va plus.
Les jeux sont faits. Rien ne va plus.
I grandi banchieri, giunti al giro finale nella loro conquista del mondo, sono quindi davvero così cattivi?
Naturalmente, è tutta una questione di punti di vista. Il punto di vista di un tiranno non è mai quello che immagina il tiranneggiato.
Naturalmente
il tiranno non si guarda ogni giorno allo specchio, chiedendo specchio specchio
delle mie brame chi è il più crudele del reame.
Lasciamo
a Disney e a Hollywood queste sciocche rappresentazioni della realtà.
Il
tiranno non pensa mai in termini di tirannìa, bensì di ordine, e naturalmente
considera se stesso il soggetto ideale ad istituirlo e mantenerlo.