UNA SCAMPAGNATA AL LONDON BRIDGE.
A tutti voi sarà capitato di recarvi in quel di Londra; magari solo per un week
end o, invece, per un bel più lungo periodo, con l’occasione di un corso di lingua,
fermarsi là e rimediare qualche spicciolo con lavoretti saltuari, tra ristoranti,
consegne e quant’altro, magari praticando l’idioma con qualche bella ragazza
locale...Londra, così “swing”, così “fashion”, così “open”, così “politically correct”,
che, se per caso ti capita che un pazzo criminale si vada aggirando lungo il
London Bridge e vi prenda diritto diritto, con una bella coltellata, mentre voi
starete tra la vita e la morte, loro, gli anglo-buonisti, con quell’aplomb così
“british”, vi diranno che non bisogna approfittare del caso per gettar fango su
quella povera “risorsa” che, tutta infreddolita ed ancora in preda ai suoi
problemi di emerginazione sociale, altro non ha fatto che riscaldarsi un po’,
menando fendenti all’aria...
Per ironia di una tragica sorte, le due vittime del recentissimo attacco
terroristico di Londra, erano due giovani impegnati in un programma di
assistenza sociale per detenuti, anche per reati di terrorismo, da “recuperare”
alla società. Di fronte alla reazione del Primo Ministro, l’inossidabile Boris
Johnson, volta a revocare i provvedimenti in favore di questi poveri cocchi, il
padre di una delle vittime, in un attacco di furioso buonismo, ha affermato che
mai e poi mai, la tragica sorte del di lui figlio, avrebbe dovuto costituire la scusa,
per la revoca dei provvedimenti di clemenza di cui sopra. Ora, se ognuno deve
esser libero di dire ciò che vuole, anche se padre di una delle giovani vittime, noi
non ci possiamo esimere dal denotare, una volta di più, la gravità di un evento,
che sta lì a simboleggiare il completo e conclamato fallimento, dell’esperimento
multi culturale e multi etnico in Europa.
L’attacco del London Bridge ha colpito il cuore del buonismo imperante,
andando a stroncare senza pietà, proprio le giovani vite di chi si era voluto
mettere a disposizione generosamente e disinteressatamente, per recuperare le
esistenze di altri, nell’ingenuo e folle tentativo di recuperare ciò che,
recuperabile non è. Non c’è discorso, percorso comune, comprensione,
integrazione o solidarietà con chi sta a casa tua, da ospite, animato dal
conclamato intento di appropriarsene senza guardare in faccia a nessuno, anche
a costo di calpestare ed eliminare le vite altrui. Il demenziale buonismo, il
solidarismo d’accatto, messi a paravento di un disegno globale losco e crminale,
stanno ora dando i loro amari frutti. Miseria, incomprensione, violenza e
marginalità, aspettano le metropoli europee, inondate da una congerie di
variopinta umanità, a cui qualcuno è venuto a raccontare che l’Europa è una
specie di paradiso, in cui tutto si può avere, senza nulla dare.
Una congerie umana, illusa, cacciata e spremuta dei propri pochi averi, per far
spopolare e cadere le proprie terre in mano a multinazionali e fondi sovrani
franco-cinesi-americani, preme alle nostre porte. Per indebolire e cancellare
definitivamente dalla Storia, nazioni che, nella storia erano appena entrate con le
istanze di autodeterminazione, che accompagnarono urbi et orbi il processo di
decolonizzazione. Nazioni spesso grandi dieci o venti volte la nostra, ma,
assolutamente incapaci a tener testa alle pressioni di coloro che non vogliono
“competitors” . Nazioni le cui ricchezze facevano e tuttora fanno gola a
spregiudicate oligarchie finanziarie, che anelano a vasti spazi da sfruttare senza
ritegno, sino all’ultima risorsa. Nazioni che non hanno capito che, la soluzione ad
un problema del Terzo Mondo deve essere conforme alla struttura socio
economica di quel posto e non a quella di Europa o Stati Uniti.
Non “cattedrali nel deserto”, né folli esperimenti neoliberisti, tutti accompagnati
da altrettanto folli indebitamenti, ma sviluppo ed incentivo della piccola
proprietà agricola e fondiaria, micro credito, attività di servizi (turismo in
primis). E poi stop ad elargizioni di denaro a ventaglio, destinate a finire,
immancabilmente, nelle tasche di spietati oligarchi terzomondisti e con le quali,
troppo spesso, vengono finanziati sanguinosi conflitti interetnici. Tutto questo,
non senza una radicale riforma del FMI e del meccanismo dei prestiti
internazionali che, accompagnati a disastrose ricette di neoliberismo, sono
assurti ad una vera e propria forma di usura praticata sulla pelle dei popoli del
mondo intero.
Il fenomeno della cosiddetta “immigrazione” dal Terzo al Primo Mondo, non è
frutto di una storica ed ineluttabile nemesi, né di epocali necessità dei popoli,
bensì di una accorta e criminale operazione volta ad indebolire ed infiacchire i
popoli europei, attraverso l’immissione di elementi allogeni, più disposti a
lavorare a costi esigui ed a far calpestare e vanificare diritti acquisiti, con
decenni e decenni di lotte e rivendicazioni. Nessuno ce lo dice, ma i costi della
cosiddetta “emergenza migranti”si aggira su cifre non proprio irrisorie, come
quella del solo 2017, sui circa 4,4 miliardi di euro. Un aumento molto
consistente, considerando che, prima dell’aumento delle ondate migratorie sul
nostro paese, la cifra era molto più bassa, come nel 2012, quando la spesa si
aggirava sui 920 milioni di euro.
Di quei 4,4 miliardi di euro , 781 milioni sono stati impiegati per missioni di
“ricerca” e “soccorso” nel Mediterraneo ed altri 590 milioni sono stati spesi per
garantire l’accesso all’istruzione ai minori e il costo sulle strutture sanitarie
nazionali. Infine, l’ “accoglienza” vera e propria, ci è costata circa 3 miliardi.
Oltrettutto, a render la cosa ancor più grave, il fatto che, l’Ue ci ha lasciati
soli: nel 2017 il contributo europeo per far fronte alle spese italiane sul fronte
accoglienza è stato di soli 77 milioni (meno del 2% delle spese totali, sic!),
mentre le promesse contenute nel piano di ricollocamento di emergenza dei
cosiddetti “richiedenti asilo” verso altri paesi europei sono state realizzate solo
in piccola parte, con il ricollocamento di meno di 13 mila migranti a fronte di 35
mila promessi.
Tutto questo, però, ci deve portare, in maniera ancor più pressante e diretta, ad
una conclusione di ordine meramente pragmatico. All’interno della piccola
Europa, per la ancor più piccola Italia, travagliata da endemici problemi di
burocrazia, malaffare, disoccupazione, quello di un società multientnica, è un
lusso che , ancor più di altri paesi europei, non ci si può assolutamente
permettere. E badate bene, non è una questione di razzismo o discriminazione
verso altri popoli, ma una considerazione fondata su elementi ben reali e
concreti, quali quelli che abbiamo su elencato. Se in paesi come la Francia e la
Gran Bretagna, eredi di veri e propri imperi coloniali che, in qualche modo,
potevano giustificare la presenza in casa propria, di cittadini delle proprie ex
dependance, l’esperimento multi etnico è clamorosamente fallito, con la nascita
di colossali ghetti metropolitani, violenze ed attentati, (tra l’altro compiuti dai
figli della prima ondata migratoria, vedi London Bridge, sic!), una cosa del
genere in un paese come l’Italia, va facendosi assolutamente proibitiva, in
termini di costi, umani, sociali ed economici. Pertanto, al di là di toni più o meno
accesi, o di più o meno condivisibili giustificazioni ideologiche, nel nome di un
buon senso e di un realismo fondato su concreti dati di fatto, l’intero circuito
“ricerca-soccorso-accoglienza” potrebbe esser tranquillamente smontato, senza
esitazione alcuna, lasciando le considerazioni ideologiche e le giaculatorie,
all’insegna di un ottuso ed irragionevole buonismo, a chi invece preferisce le
passeggiate lungo il London Bridge, con il brivido dell’accoltellamento finale.
UMBERTO BIANCHI