lunedì 1 ottobre 2018

COMUNICATO STAMPA




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IL SEGRETARIO GENERALE               
                                                                                                                                Roma, 25 settembre 2018

                            COMUNICATO STAMPA                          
LA PAGLIACCIATA DELLE PENSIONI D’ORO
OSSERVAZIONI DELLA FEDERAZIONE DIRSTAT

ATTO CAMERA N. 1071                                                    presentato il 6.8.2018
D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI D’UVA, MOLINARI, GIACCONE, PALLINI, MURELLI, DAVIDE AIELLO, BUBISUTTI, AMITRANO, CAFFARATTO, BILOTTI, CAPARVI, CIPRINI, LEGNAIOLI, COSTANZO, EVA LORENZONI, CUBEDDU, MOSCHIONI, DE LORENZO, GIANNONE, INVIDIA, PERCONTI, SEGNERI, SIRAGUSA, TRIPIEDI, TUCCI, VIZZINI

Disposizioni per favorire l’equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo, secondo il metodo contributivo, dei trattamenti pensionistici
superiori a 4.500 euro mensili

1. L’atto Camera in oggetto, per i numerosi parlamentari firmatari, appartenenti a diversi gruppi politici, assume rilevanza particolare tra le tante proposte di legge.
La relazione, che doveva illustrare il provvedimento, si sofferma invece sulle varie decisioni della Corte Costituzionale in merito ai tagli delle cosiddette pensioni d’oro, omettendo di spiegare ciò che la stessa Corte ha sommessamente ma fermamente voluto, far conoscere alle varie forze politiche che la pensione è retribuzione differita e, come tale, andrebbe aggiornata annualmente perlomeno agli aumenti dell’indice ISTAT, cosa che non avviene da oltre 10 anni.
Il messaggio che i presentatori vorrebbero far passare, per coprire  l’incapacità della classe politica a governare questo Paese, mira a criminalizzare pensionati che hanno conseguito pensioni appena decenti, mentre affranca tutti i pensionati di “platino” di cui diremo appresso.
Entrando nel merito, il Prof. Alberto Brambilla, in TV e sui giornali, ha asserito: “sul taglio delle cosiddette pensioni d’oro si fa solo propaganda, perché il 50 per cento degli altri pensionati non raggiunge nemmeno lo standard minimo dei 15 anni di contributi”. E parlando di Di Maio aggiunge: “dire come fa lui (n.d.r. Di Maio) che ci sono in Italia 100 mila uomini e donne manager o appartenenti a Corpi dello Stato, ben retribuiti, con pensioni decenti, perché compiono il loro dovere ad alti livelli di responsabilità è un errore clamoroso e mi preoccupo perché rischia di minare la coesione sociale del Paese”.
Il Prof. Brambilla ha anche “certificato” che il contributo di solidarietà, a carico di queste pensioni, produrrebbe, al massimo, 180 milioni (nota bene: milioni) di euro all’anno che non servono a coprire, nemmeno minimamente, il costo delle cosiddette pensioni di cittadinanza, pari a 16 miliardi di euro.
La “pagliacciata” delle pensioni d’oro, imbastita da una parte di una sedicente destra è ricomparsa, nel tempo, anche nei discorsi di esponenti della sinistra fra i più squallidi.
Tanto per fare un esempio: una pensione di 10mila euro lordi al mese, paga una IRPEF mensile di 5.000 euro più addizionali varie. E’ logico che man mano che la pensione diminuisce anche l’IRPEF si riduce di molto fino ad azzerarsi.
Chi vuole confermare questo circolo vizioso della povertà di sovietica memoria?
E’ questo un Paese in cui (il 20 settembre scorso lo ricordava l’Europa!) l’evasione fiscale dell’IVA è pari a 37 miliardi di euro all’anno, primato europeo dell’Italia da sempre.
E’ un Paese in cui l’evasione fiscale IRPEF vede un primato dei lavoratori autonomi, circa 7 milioni e mezzo di cosiddetti contribuenti, di cui solo il 6,7% paga IRPEF sufficiente a coprire le spese sanitarie, individuali, pari a 1830 euro l’anno, che lo Stato anticipa.
Un Paese inoltre in cui la criminalità organizzata fattura 120 miliardi annui di euro, esentasse, e  l’agromafia 30 miliardi annui.
Ci sarebbe altro da dire, ma ci fermiamo qui.

2. OSSERVAZIONI SULLA PORTATA DEL PROVVEDIMENTO




Alla luce di questa tabella, che fissa l’uscita dei lavoratori anche a 65 o 67 anni, si rimane perplessi in quanto essa non è coerente con la tabella d’uscita dal lavoro predisposta dal Governo in questi giorni.
Dove sono finite la logica e la coerenza legislativa?
Questa tabella fa pagare “pedaggio” ai pensionati solo in base alla differenza fra gli anni dell’effettivo pensionamento e gli anni di ipotetica uscita indicati nella colonna b.  
Poniamo che un dirigente sia esodato entro il 2003 con 45 anni di servizio effettivo. Costui oltre ad essere già stato “derubato” di 5 anni di contributi, quelli oltre i 40 anni, si troverà a dover restituire, in soldi e mensilmente, per i due anni mancanti sino ai 65 anni.
Nessuno si è posto il problema che il dirigente pubblico o privato veniva collocato in quiescenza d’ufficio negli anni 1998 o 1999 al raggiungimento dei 40 anni contributivi, a meno che non avesse richiesto all’Amministrazione di essere trattenuto in servizio, il che non era “scontato”. 
Come la mettiamo con le donne, che a 60 anni venivano, per legge, esodate?
Lo stesso problema sorge per il personale militare, posto in quiescenza d’ufficio prima di 60 anni di età, come ha chiaramente illustrato quel Gen. di Corpo d’Armata sia sui giornali che in tv: andato in pensione prima dei 60 anni di età, avendo quasi 50 anni di contributi sarebbe penalizzato.
Con questa tabella devono stare tranquilli i pensionati di “platino” che percepiscono anche 30.000, 40.000 e finanche 70.000 euro mensili, quali conduttori TV, vari manager di Stato e privati, nonché i sindacalisti (ai quali la riforma fa finta di ridurre il trattamento pensionistico “spostando” dalla quota A alla quota B alcune voci retributive, come avviene per tutti gli altri pensionati).
L’unico parametro è, quindi, l’uscita dal servizio e le categorie adesso menzionate sono esodate sicuramente dopo i 67 anni di età, (ma sarebbero rimaste volentieri in servizio fino a 90 anni) categorie che pur avendo meno  di 40 anni di servizio non rischiano un bel niente: è la data di uscita quella che conta.
Sarebbe questo il Governo del “cambiamento”?

                                                                                   Dott. Arcangelo D’Ambrosio


P.S. Questo comunicato viene inviato anche ai nostri legali, che ci avevano chiesto un appunto sull’ Atto Camera in oggetto.
Potrebbe servire come spunto per ricorsi, ma siamo sicuri che verrà profondamente modificato.