giovedì 19 maggio 2016

NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE

Gabriele Rèpaci
10 ore fa
Durante il periodo della sua dittatura (49-44 a.c.) Giulio Cesare emise una serie di leggi contro gli usurai tagliando drasticamente capitale e interessi del prestito e rivalutando, in misura altrettanto drastica, il valore dei beni dati a pegno dai debitori.
Fra di esse annoveriamo la lex Iulia de pecuniis mutuis (49 a.c.), con cui Cesare ridusse notevolmente gli interessi abbonando ai debitori gli ultimi due anni, considerando gli interessi pagati in precedenza come pagamento in linea capitale e soprattutto, considerando il valore dei beni a pegno e da cedere per il soddisfacimento dei debiti, il valore che avevano all’inizio della guerra civile, valore che era ben più elevato di quello risultante dopo le devastazioni e l’abbandono causato dalla guerra.
Oltre a ciò con la lex Iulia de modo credendi possidendique intra Italiam del 46 a.c. obbligò i ricchi, ovvero chi avesse un patrimonio di almeno due milioni di sesterzi, ad investirli in Italia dismettendo i propri investimenti all’estero. Il termine per il rientro dei capitali era fissato ad un anno, pena la confisca.
Immaginate quali sentimenti doveva provare l’oligarchia senatoria che si trovava costretta a realizzare in breve tempo i propri lucrosi investimenti in Grecia, per andare prendere qualche decina di migliaia di ettari in Italia, da rimettere a posto comprando un gran numero di schiavi e con il rischio che l’investimento avrebbe reso qualcosa solo dopo diversi anni, date le condizioni pietose in cui versavano i terreni in quel periodo. Fu così che allora fu deciso di uccidere il “tiranno”.