di Viktor Shapinov
Le origini sociali e di classe della crisi ucraina non sono state indagate a fondo. L’attenzione si è concentrata principalmente sull’aspetto politico degli eventi e si è permesso che la loro base socioeconomica passasse in secondo piano. Quali sono state le forze di classe dietro il rovesciamento del regime di Yanukovich, l’insediamento di un nuovo regime a Kiev e l’ascesa degli anti-Maidan e del movimento nel sud-est?
La crisi del capitalismo ucraino
La crisi ucraina non è un fenomeno nazionale isolato. Per una serie di motivi, l’Ucraina è stata “l’anello debole” ed è diventata la prima vittima del crollo del modello economico basato sulla regola del dollaro come valuta di riserva mondiale e sull’uso della domanda di credito al consumo come meccanismo di crescita economica [1]. L’economia ucraina è stata tra le più vulnerabili nel contesto della crisi globale, questo ha portato a una frattura nella classe dominante ed a un’aspra lotta che è visibile da diversi mesi . L’economia del capitalismo ucraino ha preso forma dal collasso del complesso economico dell’Unione Sovietica, dalla privatizzazione della proprietà collettiva e dall’integrazione nel mercato globale. Questi processi hanno portato al degrado della struttura economica della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, che era al decimo posto nella classifica mondiale dello sviluppo economico. L’Ucraina in epoca sovietica aveva un’economia complessa e sviluppata in cui avevano un ruolo di primo piano l’industria metalmeccanica e la produzione di beni ad alto valore aggiunto.
L’integrazione nel mercato globale ha portato al crollo dei settori di alta tecnologia. Mentre l’economia dell’URSS era orientata alla soddisfazione dei bisogni di produzione e consumo personale interno e sviluppata in maniera più o meno rifinita, l’economia capitalistica ucraina è stata “formattata” in base alle richieste della divisione mondiale del lavoro. La vittima principale di questo processo è stata la produzione ad alta specializzazione – la costruzione di macchinari, l’industria leggera, la creazione di congegni meccanici, strumenti e radio-elettronica e la produzione di turbine, velivoli e automobili [2]. Dopo la distruzione della produzione complessa, il ruolo giocato dal settore delle materie prime destinate all’esportazione e da settori con un basso livello di valore aggiunto ha guadagnato un’importanza catastroficamente elevata. Gli imprenditori di questi settori hanno costituito un livello dell’oligarchia che ha controllato l’insieme dell’economia del paese attraverso quasi l’intero periodo dell’”indipendenza”. Questo livello, orientato verso la produzione di materie prime da esportare, ha sfruttato in maniera spietata il potenziale produttivo ereditato dall’URSS. Grazie alla sua posizione economica, l’oligarchia ucraina non solo non si è interessata allo sviluppo del mercato interno ma, in molti casi, ha anche avuto un atteggiamento predatorio nei confronti delle sue stesse attività produttive, preferendo esportare capitali verso i paradisi fiscali anziché usarli per sviluppare la produzione. Un totale di più di 165 miliardi di dollari è stato fatto uscire dall’Ucraina e investito offshore. [3]
Il modello economico di esportazione periferica ha una natura “cannibale” ed è basato sull’esaurimento di ciò che eè stato ereditato dall’Unione Sovietica. Anche prima dell’inizio della crisi globale, la metallurgia ferrosa – la “locomotiva” dell’economia periferica ucraina che costituiva il 40-50% delle esportazioni – ha mostrato evidenti fragilità strutturali: tecnologie obsolete, alta intensità di manodopera (produrre una tonnellata di acciaio in Ucraina richiedeva 52,8 ore lavorative, contro le 38.1 della Russia e le 16.8 della Germania), alto consumo energetico e dipendenza da fonti energetiche estere (soprattutto russe). Finché i prezzi erano alti queste debolezze non avevano un’importanza decisiva, ma il peggioramento della congiuntura le ha rese una seria minaccia. “Gli altri settori competitivi dell’economia Ucraina – la produzione agricola (in parte, colture ad uso industriale), l’industria chimica (principalmente la produzione di fertilizzanti minerali) e l’industria estrattiva (metalli ferrosi e carbone) – riguardavano principalmente i materiali grezzi ed erano diretti all’esportazione. A causa della limitatezza del mercato interno, i settori produttivi rimanenti (con l’eccezione dell’industria agroalimentare) si sono sviluppati solo ai fini di rifornire i settori volti all’esportazione. In linea di massima queste aree dell’economia erano quelle caratterizzate dai salari e dai saggi di profitto più bassi. [4]
Col declino della produzione nazionale nei comparti diversi da quello delle materie prime destinate all’esportazione, è cresciuta la dipendenza dall’importazione. La fetta rappresentata dai beni di produzione ucraina nella bilancia commerciale è crollata, mentre sono aumentate le importazioni. Dalla metà degli anni 2000 le importazioni hanno superato le esportazioni [5]. La differenza è stata compensata da una crescita del debito estero, sia pubblico che societario. [6] Con la crisi globale cominciata nel 2008 la domanda rispetto alle esportazioni ucraine è tendenzialmente caduta, mentre il prezzo delle importazioni è cresciuto contemporaneamente all’aumento della dipendenza dai beni importati. Il modello di capitalismo ucraino è crollato.
La crisi e la frattura nella classe dominante
La crisi crescente ha creato una grave lotta interna alla classe dominante. In quel momento il gruppo di punta in quella classe – una dozzina di miliardari – era già pronto all’integrazione nelle élite mondiali e cercava un modo per “accreditare” i suoi capitali in Occidente. Tali miliardari avevano accumulato capitali sufficienti a essere trasformati in attività finanziarie e industriali in Occidente, mentre la crescente crisi sistemica in Ucraina aveva reso il paese non più attraente per i grandi affari. Il mezzo usato per legittimare questo passaggio è stata la cosiddetta “Eurointegrazione”, attraverso cui i miliardari ucraini, in cambio della fine del protezionismo interno e della resa ai monopoli internazionali, furono riconosciuti dall’Europa. Il fatto che il prezzo sarebbe stato la distruzione di vari settori produttivi e una nuova spirale di deindustrializzazione, con un’inevitabile crescita della disoccupazione e di altre problematiche sociali, non ha preoccupato minimamente questo gruppo di punta della classe dominante. [7]
Gli oligarchi di medio e basso livello, che vedevano ancora l’Ucraina come un’arena in cui poter fare affari e che non avevano capitali sufficienti all’integrazione nelle élite mondiali svilupparono una tiepida resistenza a questo processo. Costoro non avevano ancora sfruttato appieno tutte le opportunità offerte dall’Ucraina “indipendente” ai fini di essere promossi nella “serie a” dei miliardari; di conseguenza, erano riluttanti ad accettare una resa completa del mercato interno ai “partner” europei. [8]
Per un certo periodo la leadership del paese, nella persona di Victor Yanukovich, il presidente eletto nel 2010, ha oscillato tra il “partito dei miliardari” e il “partito dei milionari”, aspirando a una versione dell’”Eurointegrazione” che potesse soddisfare entrambi gli schieramenti. L’esito è stato che Yanukovich fu costretto a respingere la sottoscrizione già programmata a Vilnius a dicembre del 2013 di un accordo su una zona di libero scambio, poiché l’accordo minacciava gli interessi economici di un’importante parte della borghesia ed avrebbe avuto conseguenze sociali catastrofiche. Inoltre dietro il bisogno di un processo di “integrazione” c’era un’impellente necessità di crediti, i quali sarebbero potuti venire solo dalle organizzazioni finanziarie internazionali (il Fondo Monetario Internazionale) o dalla Federazione Russa. A differenza dell’FMI, la Russia non ha posto come condizione per fornire crediti l’attuazione di riforme antisociali. Questo ha fatto propendere Yanukovich per un rinvio della sottoscrizione di un accordo di associazione con l’Unione europea e dell’accordo sul libero scambio. La reazione del “partito dei miliardari”, che avevano scommesso sull’integrazione con l’Europa, è diventata Euromaidan.
Euromaidan: i fomentatori, il nucleo, la base sociale
Nella fase iniziale di Euromaidan, la partecipazione delle masse popolari era minima. I primi giorni erano presenti principalmente impiegati ed attivisti delle ONG filo-occidentali e membri di gruppi neonazisti (l’organizzazione Svoboda[“Libertà”] ed altre forze che in seguito avrebbero formato ilSettore Destro). Euromaidan ha assunto un carattere genuinamente di massa solo dopo che i dimostranti sono stati sgomberati da piazza Maidan la notte del 30 novembre 2013. L’assalto fu mostrato dal vivo su tutti i canali televisivi controllati dagli oligarchi. In seguito i loro telegiornali mostrarono video a ripetizione con persone picchiate, con le teste insanguinate e così via. Gli spettatori furono costretti a subirte un fuoco di fila propagandistico, con un’informazione finalizzata a indurre i cittadini a partecipare alle proteste. Un esempio fu la notizia che uno studente era stato ucciso dall’esercito durante lo sgombero della piazza il 30 novembre. Si scoprì più tardi che lo studente aveva semplicemente preso una pausa di qualche giorno in compagnia dei suoi amici nazionalisti e non si era messo in contatto con la famiglia.
Simili disinformazioni provocatorie sono state ripetutamente mandate in onda e sfruttate ogni volta dai media degli oligarchi. Non sono stati usati solo i canali televisivi controllati dagli oligarchi per mobilitare le masse di residenti a Kiev a partecipare alle adunate della domenica, chiamate “veglie”, a Maidan. È stata condotta una campagna ampia e ben finanziata di agitazione; ha incluso il volantinaggio con appelli a recarsi a Maidan in ogni buca delle lettere a Kiev, una città di 4 milioni di abitanti. La forza egemone di Maidan, presente costantemente e attiva negli scontri armati con le forze dell’ordine, era costituita da militanti neonazisti (provenienti soprattutto dalle curve degli stadi di calcio) e da gente senza arte né parte venuta dalle regioni centrali e occidentali del paese. Per diversi mesi queste persone hanno vissuto a Maidan, dove gli venivano forniti cibo e denaro. Questo testimonia il finanziamento ben organizzato di Maidan da parte dell’oligarchia ucraina. Questo finanziamento è stato dato attraverso i tre partiti parlamentari di opposizione e attraverso le ONG. È anche andato direttamente ai gruppi paramilitari neonazisti.
Già a dicembre la tendenza nazionalista e ideologica del movimento di Maidan era visibile chiaramente. Come ha fatto notare la coalizione di sinistra Borotba (“Lotta”): Un successo indubbio dei nazionalisti è stato il fatto che, grazie al loro alto livello di attività, sono riusciti a imporre la loro leadership ideologica sull’Euromaidan. Ne sono prova gli slogan che sono diventati parole d’ordine per le masse di gente che si aduna in piazza e per gli attivisti. Questi slogan includono il grido “Gloria all’Ucraina – gloria agli eroi”, che assieme al saluto romanocostituiva il saluto dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini nel 1941. Altri slogan simili sono “Gloria alla nazione – morte ai suoi nemici!” e “L’Ucraina sopra a tutto!” (traduzione del tedesco “Deutschland über alles”). Gli altri partiti d’opposizione semplicemente non sono stati capaci di avere una linea politica chiara e di avere slogan forti, così i settori liberali d’opposizione hanno accettato gli slogan nazionalisti e l’agenda politica nazionalista… Timidi tentativi da parte dell’ala liberale della protesta di sfuggire al controllo ideologico dei nazionalisti, per esempio urlando frasi più politicamente corrette al posto di “Morte ai nemici!” sono generalmente sfociati in un fallimento. Non solo perché le organizzazioni nazionaliste hanno una particolare capacità di attrarre un seguito di massa attivo e ideologicamente appassionato, ma anche perché la maggioranza liberale nelle proteste ha fallito nel proporre un qualsiasi piano d’azione chiaro. In una simile situazione i nazionalisti, essendo gli elementi più attivi e radicali, hanno incarnato l’immagine dell’avanguardia dell’intero movimento. [9]
Un ulteriore segno della posizione dominante dell’ultradestra è stato la distruzione da parte degli attivisti diEuromaidan del monumento a V.I. Lenin di Piazza Bessarabia. Quest’atto barbarico non è stato condannato dall’ala liberale di Maidan. Frammenti del monumento sono stati mostrati sul podio di Maidan, con le urla d’approvazione della folla. [10] La direzione anti-sinistra e anti-comunista del movimento Maidan è stata evidente nel pestaggio di due attivisti di Borotba, i fratelli Levin, che avevano tenuto un picchetto sindacale vicino Maidan. Pare che i due fratelli avessero una bandiera rossa. Dal podio è venuta la richiesta di fargliela pagare. [11] A dirigere la rappresaglia, il deputato di Svoboda Miroshnichenko.
A gennaio, il contenuto ideologico e politico di Maidan sarebbe stato ovvio per qualsiasi osservatore senza pregiudizi. [12] All’epoca, abbiamo definito ciò che stava succedendo come “una rivolta liberal-nazionalista con visibile e crescente partecipazione da parte di elementi dichiaratamente nazisti del Settore Destro”. [13] Il nocciolo duro di Maidan era quindi costituito da neonazisti e attivisti dei partiti politici d’opposizione. Chi, allora, costituiva la “carne” di Euromaidan? Chi erano le migliaia di persone che supportavano il movimento? Dei partecipanti alle manifestazioni, circa la metà erano attivisti provenienti da altre regioni. Tra quelli che hanno risposto a un sondaggio, il 50% era di Kiev e il 50% era venuto a Maidan da altre regioni. Di questi ultimi, il 52% proveniva dall’Ucraina occidentale, il 31% dalle province centrali e solo il 17% dal sud-est. [14]. Di quelli che stavano costantemente in piazza il 17% era imprenditore, un numero esageratamente alto. Esageratamente pochi, invece, erano i russofoni, il 16%, rispetto al loro 40-50% nella società ucraina nel suo complesso. [15] Ci si può fare un’idea chiara della fisionomia sociale di Maidan guardando al fatto che tra i “cento del Paradiso” che sono mortinon c’è un singolo lavoratore. [16]
Euromaidan è quindi un movimento avviato e controllato dagli oligarchi di primo piano. La sua base politica è costituita da nazionalisti radicali ed in misura minore da liberali filo-occidentali, mentre la sua base sociale è formata da piccolo-borghesi ed elementi sottoproletari. Al contrario, il movimento di resistenza nel sud-est è più proletario nella sua composizione, come hanno notato osservatori indipendenti. Non è un caso che la resistenza alla junta di oligarchi e nazisti che ha preso il potere grazie a Maidan sia maturata nelle regioni più sviluppate dal punto di vista industriale, dove la maggioranza della popolazione è costituita dalla classe operaia.
NOTE:
[1] Per un’analisi più dettagliata, guarda il nostro documento “La crisi globale e il capitalismo periferico ucraino”, scritto prima degli eventi di Maidan
[2]Viktor Shapinov. Neoliberal’nyytupikdlyaUkrainy (“Un vicolo cieco neoliberale per l’Ucraina”)
[3] Circa il 90% degli investimenti esteri diretti dell’Ucraina è andato a Cipro. Questo paese è anche l’origine dell’80-90% degli investimenti esteri diretti che arrivano in Ucraina. Questo denaro non è, infatti, investimento estero, bensì semplicemente rappresenta i fondi che sono stati portati fuori dall’Ucraina ed in un secondo momento tornano indietro. Durante il decennio del 2000, gli investimento offshore a Cipro hanno fornito un modo comodo per l’oligarchia ucraina di evitare il pagamento delle tasse. Nel 2012 l’investimento estero diretto totale ammontava a 6 miliardi di dollari, mentre il totale dei trasferimenti di denaro da individui privati (principalmente trasferimenti di denaro da lavoratori migranti alle loro famiglie) arrivava a 7 miliardi e mezzo di dollari. I lavoratori dipendenti hanno quindi investito più soldi nell’economia del paese rispetto alla borghesia (vedi, qui per esempio)
[4] Viktor Shapinov. Neoliberal’nyytupikdlyaUkrainy (“Un vicolo cieco neoliberale per l’Ucraina” ).
[5] Ibid.
[6] Dinamiche della bilancia dei pagamenti dell’Ucraina: 1999: +$1.658 miliardi 2000: +$1.481 miliardi 2001: +$1.402 miliardi 2002: +$3.173 miliardi 2003: +$2.891 miliardi 2004: +$6.909 miliardi 2005: +$2.531 miliardi 2006: –$1.617 miliardi 2007: –$5.272 miliardi 2008: –$12.763 miliardi 2009: –$1.732 miliardi 2010: –$3.018 miliardi 2011: –$10.245 miliardi 2012: –$14.761 miliardi 2013 (primi sei mesi): –$3.742 miliardi
Dinamiche del debito estero lordo dell’Ucraina (statale e privato): 1 gennaio 2004: $23.811 miliardi 1 gennaio 2005: $30.647 miliardi 1 gennaio 2006: $38.633 miliardi 1 gennaio 2007: $54.512 miliardi 1 gennaio 2008: $82.663 miliardi 1 gennaio 2009: $101.654 miliardi 1 gennaio 2010: $103.396 miliardi 1 gennaio 2011: $117.345 miliardi 1 gennaio 2012: $126.236 miliardi 1 gennaio 2013: $135.065 miliardi 4 gennaio 2013: $136.277 miliardi
[7] Per le conseguenze dell’integrazione economica con l’Unione Europea, guarda il report “La crisi globale e il capitalismo periferico ucraino”, scritto prima degli eventi di Maidan.
[8] ”Per un lungo periodo gli oligarchi hanno determinato il carattere interno del sistema statale. Ma a un certo punto sono giunti alla conclusione di aver preso tutto ciò che si poteva prendere dall’Ucraina indipendente ed ormai erano tra i super-ricchi del mondo. Da questo punto in poi hanno affrontato la questione di come conservare ciò che avevano conquistato ‘attraverso un duro lavoro’. Gestire ciò nei confini del loro paese sembrava loro irrealistico, poiché in ogni momento un determinato, imprevedibile leader carismatico o partito avrebbe potuto prendere il potere e dichiarare una ripubblicizzazione. Per evitare un simile sviluppo, gli oligarchi hanno stretto un tacito accordo per ‘consegnare’ la sovranità dell’Ucraina per ‘stare al sicuro’ nelle strutture europee. In cambio, esse avrebbero assicurato l’applicazione sul territorio ucraino delle leggi di difesa economica e sociale che garantiscono l’inviolabilità della proprietà sul territorio europeo. Gli oligarchi hanno provato ad avviare questo processo con la sottoscrizione di un accordo di associazione con l’Unione Europea.” DmitriyVydrin Evromaydan – bunt milliarderovprotivmillionerov (“Euromaidan – una rivolta di miliardari contro i milionari”)
[9] Guarda Sergey Kirichuk. Aktivnoeuchastienatsionalistov – klyuchevoyfaktorpadeniyapopulyarnostiMaydana (“La partecipazione attiva dei nazionalisti- il fattore chiave nel declino della popolarità di Maidan”)
[10] La notizia della distruzione barbarica del monumento a V.I. Lenin non ha incontrato la condanna dei leader di Maidan”, ha scritto Borotba all’epoca. “Al contrario, gli oppositori liberali stanno sostenendo i loro fratelli adottivi neonazisti. Come è evidente, il volto ideologico di Maidan non è determinato dal settore liberale dell’opposizione, ma dalle forze di estrema destra, neonazioste” ). Dal podio, il deputato del partito di ultradestra Svoboda Andrey Ilenko ha mostrato frammenti del monumento.
[11] Guarda qui
[12] Guarda, per esempio, quest’articolo su The Nation
[14] Sondaggio condotto dalla fondazione Iniziativa Democratica il 6 febbraio
[15] Ibid
[16] ”Un’altra caratteristica importante della lista di vittime è che tra i morti, praticamente nessuno apparteneva alla classe lavoratrice o lavorava in grandi ditte industriali. Questo fatto, che la punta avanzata della violenza rivoluzionaria di Euromaidan sia formata da membri del sottoproletariato e dell’intellighenzia (la ‘classe creativa‘), assieme a persone di province remote che ad essi si sono uniti, riflette la differenza fondamentale tra le strutture sociali tra l’Ucraina orientale e quella occidentale, una differenza che si sovrappone alle differenze di mentalità tra le due parti del paese” (http://kavpolit.com/articles/litso_pogibshego_majdana-1526/).
Tradotto dal sito ucraino Liva (La sinistra), tradotto da Renfrey Clarke per Links International Journal of Socialist Renewal