RIFLESSIONI STORICO – IDEOLOGICHE
Stimolato da post, risposte e prese di posizione in Facebook, ho inteso esprimere alcune riflessioni, senza alcuna pretesa di “verità”, né storica, né ideologica.
Si è sviluppato un dibattito fatto da brevi prese di posizione, risposte e osservazioni che, ovviamente, dato l’ambito nel quale si esprimevano, più di tanto non potevano dare.
Il sito di sinistra Megachip, anche di Giulietto Chiesa, per esempio ha osservato che ci sono i cosiddetti “rossobruni” che sono violentemente contro l’imperialismo americano, a favore della Siria, ecc., ma sostanzialmente costoro, in genere ex fascisti, non sono contro l’Imperialismo, ma contro quello americano, sionista, ecc., perché costoro condividerebbero certamente una specie di Imperialismo italiano, mediterraneo o euro asiatico. L’osservazione non è del tutto sbagliata e vi ho riflettuto.
Vi rimetto le mie riflessioni. Chi volesse, come spesso dice Giorgio Vitali, sentirsi indotto ad indugiare, esprima pure le sue osservazioni.
L’IDEA DI IMPERO FASCISTA DI ROMA, QUELLA NAZIONALSOCIALISTA E QUELLA DEL DOMINIO EBRAICO
Postulato: la tendenza verso il dominio delle terre e delle genti, che possiamo chiamare in vari modi, ma il più significativo resta quello di “Impero”, è una caratteristica connaturata alla dimensione umana e una costante nella Storia dell’uomo.
Ogni visione difforme da questo archetipo, dal “o si domina o si è dominati”, ogni presupposto egualitario, è fuori della portata umana, configurandosi, sempre e comunque o in una idilliaca utopia o in un ipocrita mascheramento del dominio sotto altre denominazioni e forme il cui odierno esempio tipico lo vediamo nel dominio criminale dei democratici Stati Uniti d’America.
L’IMPERIALISMO FASCISTA
Partendo da questi presupposti il Fascismo ha espresso la sua visione imperiale nel solco delle tradizioni e della civiltà di Roma. Non a caso Berto Ricci diede il nome di “Universale” alla sua rivista e al fascismo stesso, mentre alcuni cultori della Sapienza antica ne hanno anche precisato determinati punti di riferimento nel solco di quella che possiamo definire la Tradizione..
In sostanza l’Impero a cui il fascismo tendeva era una visione organica e partecipativa di altre genti e popoli, tutti legati alla autorità e ai destini imperiali di Roma, laddove ognuno, secondo sua natura e funzioni partecipava all’opera comune. Questa visione trovò, in buona parte, affermazione nel colonialismo italiano che lasciò la sua impronta nelle colonie occupate, costruendo infrastrutture, scuole, ospedali e uffici, a cui anche le stesse popolazioni del luogo ne usufruivano e partecipavano, pur mantenendo le dovute differenziazioni etniche e accortezze eugenetiche.
In sostanza, non si tratta tanto di “buonismo”, ma di una tendenza verso l’elevazione, il “bello”, il “classico, la realizzazione materiale, spirituale e culturale, affinchè tutti vi rientrassero e partecipassero, sotto il segno di Roma, realizzando una analogia cosmica nell’idea Imperiale.
Data la natura umana è anche possibile che non sempre questa visione imperiale fascisa trovava, nella pratica attuazione, la sua dovuta realizzazione (oltretutto facevano da interferenza e devianza la presenza monarchia e la Chiesa), ma in ogni caso questa era la tendenza, questi erano i principi di fondo a cui ci si rifaceva.
IL “DOMINIO” NAZIONALSOCIALISTA
L’imperialismo tedesco (non indirizzatosi verso le colonie ma su base euro asiatica) come del resto quello inglese (su base coloniale), hanno invece sempre assunto la veste di un puro colonialismo, laddove nei territori occupati si aveva il solo e unico scopo di sfruttare le risorse locali, di costruire infrastrutture finalizzate unicamente a questo scopo, mentre la popolazione locale veniva semplicemente sottomessa.
Hitler, che pur resta il più grande rivoluzionario della Storia, di una immensa genialità, ebbe a sostenere che nei confronti delle razze inferiori, che si sarebbero incontrate nell’estensione del dominio germanico, queste dovevano essere semplicemente sottomesse facendo attenzione a che non si apportasse cultura e insegnamento: era sufficiente che gli si insegnasse a leggere i cartelli stradali e a scrivere il proprio nome. Anche la loro superstizione verso le vaccinazioni, non doveva essere contraddetta in modo da lasciare alta, in questi “sub umani”, la mortalità.
Questa visione di dominio sic et simpliciter, con molti aspetti “darwiniani” (la selezione naturale biologica del “più forte”) non a caso, comportò gravissimi problemi in Russia, nelle terre che videro l’avanzata delle truppe tedesche. Le popolazioni locali, infatti, percepirono immediatamente che i tedeschi non erano venuti a liberarli dal comunismo, ma a dominarli con la forza bruta. Il risultato fu il regalo fatto a Stalin della “lotta di liberazione patriottica”.
Comunque sia e a differenza, per esempio, dell’attuale dominio imperialista americano, rientrando il dominio germanico in una prospettiva tradizionale di civiltà, possiamo considerarlo, nonostante tutto, positivamente per la civiltà europea e un baluardo delle genti ariane, ma non è la visione desiderata e prospettata dal Fascismo, anche perché, nonostante che Hitler, teoricamente, ebbe anche a riconoscere la superiorità di altre razze, si avrebbe che l’ultimo dei tedeschi, sarebbe sempre il primo tra gli altri europei, una concezione di “razzismo biologico”, errata, che non solo rispetta la scala dei valori, soprattutto spirituali, delle razze e quindi non condivisibile.
IL DOMINIO EBRAICO
A guardar bene il concetto di “dominio”, in questa visione pangermanica, simula , sia pure allo specchio, lo stesso dominio ebraico per la “razza eletta”. Un dominio di padroni su schiavi, a prescindere, anche se quello germanico, nonostante tutto, rappresenta la nostra civiltà, è interno alle nostre tradizioni, mentre quello ebraico rappresenta l’inversione di tutti i valori cioè l’anti civiltà.
Non si equivochi: il dominio germanico, nella visione nazionalsocialista (riferito ai tedeschi e non a caso considerata una ideologia non da esportazione) è l’esatto opposto del dominio ebraico vaticinato dai giudei, esclusivamente per gli ebrei, ma la similitudine di fondo, resta.
Come ebbe ad osservare il mai sufficientemente compianto camerata Mariantoni, si verifica di fatto una equazione tra Hitler/ Mein Kampf = Bibbia
Il Nazional-Socialismo, infatti – a differenza del Fascismo di Mussolini (che – nella sua rivoluzione – aveva chiaramente anteposto l’azione al pensiero, il fatto alla teoria, il pensiero pensante al pensiero pensato e che prima di ideare, elaborare e redigere la sua “Dottrina”, aveva fondato i Fasci di Combattimento, aveva realizzato la Marcia su Roma, preso il potere, lanciato ed attuato la riforma della Scuola e la riforma dello Stato) – prese per buono il medesimo ‘schema’ (io sono il capo; tu, il vice-capo; lui, il sotto-vice-capo, ecc.) che era stato tracciato dallo Zarathustra delle Gâthâ e successivamente ripreso e volgarizzato dall’ideologia politico-religiosa giudeo-cristiano-musulmana.
Come è facile poterlo verificare, il suo principale leader (Hitler), per mettere in cantiere la sua ‘rivoluzione’ (ufficialmente antitetica a quel genere di ‘pensiero’), si adattò a seguire – magari senza volerlo o senza saperlo, e quasi sicuramente, senza nemmeno accorgersene… – il medesimo ‘schema’ che, prima di lui, avevano già praticato i diversi e variegati ideatori/redattori/editori del TaNaKh, i Paolo di Tarso, gli Evangelisti, i Mani, i Muhammad/Maometto, ecc.; oppure, i vari intellettuali dell’epoca dei “Lumi”, i teorizzatori della ‘Rivoluzione americana’ e della ‘Rivoluzione francese’; o ancora, gli Adamo Smith, i Karl Marx, i Lenin, ecc.
Come questi ultimi, infatti, anche Adolf Hitler (sicuramente in buona fede!), per ‘riflesso condizionato’, ideò e compose dapprima – con la collaborazione di Rudolf Hess e del gesuitaBernhard Stämpfle – il suo “testo sacro” (i due tomi del Mein kampf o ‘La mia battaglia’, pubblicati rispettivamente, nel 1925 e 1929); lo presentò come se fosse il compendio della “verità” assoluta ed indiscutibile; iniziò a propagandare le idee che vi erano contenute ed a fare dei proseliti; e dopo che ebbe ottenuto – democraticamente – la maggioranza dei consensi elettorali, si installò al potere e tentò, con tutti i mezzi a sua disposizione, di forzare la realtà ad adattarsi alle ‘teorie’ che egli stesso aveva enunciato e fissato nella sua “Bibbia”. Ironia della Storia: anche se Hitler avesse vinto la Seconda Guerra mondiale, avrebbe vinto lo ‘schema’ ideologico, politico e pratico che fino ad allora era stato propagandato e voluto dai suoi più acerrimi nemici. [en passant, aggiungiamo noi, non indifferente a questa visione geopolitica euro atlantica, furono certe massonerie essoteriche anglofile e con influssi anche ebraici, che pullulavano ad Alessandria d’Egitto, da dove proveniva Rudolf Hess, N.d.A.].
Julius Streicher (Leggi razziali nazional-socialiste) e Leggi razziali della Bibbia (libro di Esdra o Ezra). Nel 1945-46, al processo dei “criminali di guerra” a Norimberga, nel corso dell'interrogatorio al "teorico" della razza, Julius Streicher, la questione viene sollevata:
Domanda: <<”Nel 1935 al Congresso del Partito di Norimberga sono state promulgate le "leggi razziali". Al momento della preparazione di questo progetto di legge, siete stato interpellato e avete partecipato in qualche modo all'elaborazione di queste leggi?">>.
L'accusato Streicher risponde: <<"Sì io credo di avervi partecipato nel senso che da anni scrivevo che bisognava impedire in futuro ogni contaminazione del sangue tedesco con il sangue ebraico. Ho scritto degli articoli su questo argomento e ho sempre ripetuto che avremmo dovuto prendere a modello la razza ebraica o il popolo ebraico. Nei miei articoli ho sempre sostenuto che gli ebrei dovevano essere considerati come un modello per le altre razze, perché essi obbediscono a una legge razziale, la legge di Mosè, che dice: "Se andate in un paese straniero, non dovete prendere una donna straniera"; ciò, signori, è d'importanza fondamentale per giudicare le leggi di Norimberga. Sono queste leggi ebraiche che sono state prese a modello. Quando, secoli più tardi il legislatore ebreo, Esdra constatò che, nonostante ciò, molti ebrei avevano sposato delle donne non ebree, quelle unioni furono spezzate. Questa fu l'origine dell'ebraismo che, grazie alle sue leggi razziali, è sopravvissuto nei secoli, mentre tutte le altre razze e tutte le altre civiltà sono state annientate">>.
ECCO UN ESEMPIO DI IMPERIALISMO ITALIANO
(Grazie a M. Murelli che ha postato i dati in facebook)
Nel 1934 venne proclamato il Governatorato Generale della Libia (coll'unione della Tripolitania e della Cirenaica) e successivamente i cittadini africani potettero godere dello status di "cittadini italiani libici" con tutti i diritti che ne conseguirono. Mussolini dopo il 1934 iniziò una politica favorevole agli Arabi libici, chiamandoli "Musulmani Italiani della Quarta Sponda d'Italia" e costruendo villaggi (con moschee, scuole ed ospedali) ad essi destinati.
Il primo governatore fu Italo Balbo che divise nel 1937 la Libia italiana in quattro province (nel 1939 annesse al Regno d'Italia) ed un territorio sahariano:
• Provincia di Tripoli, capoluogo Tripoli.
• Provincia di Bengasi, capoluogo Bengasi.
• Provincia di Derna, capoluogo Derna.
• Provincia di Misurata, capoluogo Misurata.
• Territorio Militare del Sud, capoluogo Hun (sede di un comando militare che aveva il compito di governare il Sahara libico).
Nel 1938 il governatore Italo Balbo portò 20.000 coloni italiani in Libia e fondò per loro ventisei nuovi villaggi, principalmente in Cirenaica. Inoltre cercò di assimilare i musulmani libici con una politica amichevole, fondando nel 1939 dieci villaggi per gli Arabi e i Berberi libici:
"El Fager" (al-Fajr, "Alba"), "Nahima" (Deliziosa), "Azizia" (‘Aziziyya, "Meravigliosa"), "Nahiba" (Risorta), "Mansura" (Vittoriosa), "Chadra" (khadra, "Verde"), "Zahara" (Zahra, "Fiorita"), "Gedida" (Jadida, "Nuova"), "Mamhura" (Fiorente), "Beida" (al-Bayda', "La Bianca").
Tutti questi villaggi avevano la loro moschea, scuola, centro sociale (con ginnasio e cinema) ed un piccolo ospedale, rappresentando una novità assoluta per il mondo arabo del Nord Africa.
Dopo l' eventuale vittoria contro gli Alleati, la Libia doveva essere parte del progetto fascista di una Grande Italia nella sua sezione costiera, mentre l'interno sahariano doveva fare parte dell'Impero Italiano
Anche il Turismo venne curato con la istituzione dell'ETAL, Ente turistico alberghiero della Libia, il quale gestiva alberghi, linee di autobus di gran turismo, spettacoli teatrali e musicali nel teatro romano di Sabratha, il Gran Premio automobilistico della Mellaha (detto internazionalmente "Tripoli Grand Prix" e disputato dal 1925 al 1940), una località entro le oasi tripoline ed altre iniziative.
All'inizio della seconda guerra mondiale vi erano circa 120.000 Italiani in Libia, ma Balbo aveva in progetto di raggiungere il mezzo milione di coloni italiani negli anni sessanta. Del resto Tripoli aveva già nel 1939 una popolazione di 111.124 abitanti, dei quali 41.304 (37%) erano italiani. Italo Balbo nel 1940 aveva costruito 4.000 km di nuove strade (la più nota era la Via Balbia col suo nome, che andava lungo la costa da Tripoli a Tobruk); analoga crescita invece non ebbero le ferrovie, la cui rete raggiunse la massima espansione (circa 400 km) nel 1926, a parte alcuni tentativi effettuati tra il 1941 e il 1942, poco prima della perdita della colonia.
A partire dal 1937, il governo italiano aveva avviato un processo di integrazione completa della Libia nel Regno: la Libia si avviava infatti a trasformarsi da colonia a regione geografica italiana parificata alle altre. Questo processo iniziò con la proclamazione delle 4 province di Tripoli (TL), Bengasi (BE), Misurata (MU), Derna (DE). La parte meridionale della Libia (territorio del deserto, con capoluoghi Murzuch e El Giof) fu invece organizzato come distretto autonomo gestito direttamente dal Governo centrale.
Anche la cittadinanza fu parzialmente equiparata a quella delle Province europee del Regno.