11
agosto 2006 – 11 agosto 2012
Sesto
anniversario della scomparsa
del
prof. Giacinto Auriti
di Antonio Pimpini
Il passare del tempo consolida il fondamento
scientifico dell’Idea auritiana e conferma la visione profetica della
sua
visione profetica della sottomissione alla grande usura bancaria e finanziaria
attraverso la grande truffa dell’emissione monetaria, nella quale il sistema
delle banche centrali si appropria del valore monetario. E’ come se la sua presenza
fosse sempre maggiore e i suoi insegnamenti attuali. Nel testo “Ordinamento
internazionale del sistema monetario” (Editore Marino Solfanelli) il prof. Giacinto Auriti individuava con la fine degli accordi di Bretton Woods la
dimostrazione della fondatezza del suo pensiero. Quel 15 agosto del 1971 la sua
teoria non solo era valida, ma anche terribilmente vera.
Nel testo richiamato l’Autore poneva le basi per una
corretta analisi della strategia culturale di dominazione attuata dagli Stati
Uniti attraverso la stampa di dollari in misura incontrollata. Ma andiamo per
ordine, nel trattato di Bretton Woods del 22 luglio 1944, quindi durante la
seconda guerra mondiale, 730
rappresentanti di 44 paesi "alleati", si riunirono dall'1 al 22
luglio 1944 in
un Hotel di Bretton Woods e firmarono, dopo non poche liti, un accordo
importantissimo e semplicissimo: Si noti, la guerra mondiale non era ancora
terminate, ma era necessario, visto che l’epilogo era ormai scontato,
individuare chi e come governare il mondo.
In quel contesto, il dollaro americano diventava la
valuta di riferimento di tutte le altre valute del mondo. Il suo valore veniva
ancorato all'oro nella misura di 35 dollari per oncia d'oro, in modo da creare
una sostanziale riserva garantita per ogni emissione. Non poteva,
sostanzialmente, procedersi alla stampa ed emissione di dollari se non si
creava una riserva corrispondente, nell’ammontare indicato, in oro. Ciò avrebbe
garantito la collettività interna-zionale da indebite azioni la Fed (Federal Reserve System, non
lo Stato americano) e, in particolare, da surrettizie emissione non garantite
da apposita e predeterminata riserva.
Nella predetta riunione, il dollaro ebbe la meglio
soppiantando tutte le altre monete (sterlina, franco francese ed altre minori)
ed il suo corrispettivo risiedeva nell'oro in cui, in via puramente ipotetica,
ognuno poteva tramutare i suoi dollari, tenuto conto appunto della riserva
aurea che doveva essere garantita.
La finalità dell’incontro di Bretton Woods fu
apparentemente quella di stabile ufficialmente la stabilità monetaria in un
sistema di cambi quasi fissi, ma, in realtà, era sin dall’inizio quella di
creare la FED a
capo del mondo, composto da debitori ineludibili. Le altre valute, secondo il
piano americano, potevano subire solo piccole oscillazioni sul dollaro, mentre
l’organo deputato a dirimere gli eventuali squilibri tra i vari paesi, veniva
individuato nel Fondo mone-tario internazionale (altra associazione
criminogena). Le due teorie che si contrastarono in quella fatidica riunione
furono quelle di John Maynard Keynes, rappresentante del governo inglese,
portatore di un progetto antagonista a quello americano caldeggiato dal White,
che ebbe la meglio.
La linea inglese prevedeva l'istituzione di una valuta
virtuale e supernazionale (il Bancor) nella quale le singole valute nazionali
entravano in percentuale pari alla quota del commercio
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di
quel paese negli ultimi tre anni. Era evidente che un diverso progetto che
individuasse in una valuta già esistente quella di riferimento anche per gli
altri stati significava regalare al relativo Paese e, quindi, come avverrà poi
agli Stati Uniti, un lucro immenso, senza giustifi-cazione, senza corrispettivo
e senza fornire alcuna garanzia anche in termini di controllo. In altri
termini, la più grande truffa internazionale, portata avanti dagli Stati Uniti
che ha consentito, in modo assolutamente maramaldo, a questo Paese di divenire
il più potente al mondo. Gli americani, come detto, prevalsero, il bancor andò nel cassetto dei ricordi mai
venuti alla luce ed il dollaro divenne la moneta regina.
Fu evidente, forse non da subito, che la condotta del
paese a stelle e strisce, ma è sempre bene precisare che il responsabile fu la FED che non coincide affatto
con il popolo americano, non si ispirò alla corretta applicazione del principio
della riserva aurea e, quindi, del bene comune e men che mai alla stabilità
monetaria, ma esclusivamente al tornaconto personale della stessa FED e della
greppia massonica che ne era a capo,
La stampa dei dollari fu – di fatto – anche nella
vigenza degli accordi di B. Woods, del tutto svincolata dal rapporto di cambio.
Dopo la guerra, gli americani attraverso la
mondializzazione del piano Marshall concessero prestiti rilevantissimi,
ovviamente in dollari, a tutti gli Stati (sia vincitori che vinti nell’ultimo
conflitto mondiale), stampandoli
liberamente, con l'unico vincolo (poi rivelatosi apparente) di convertirli in
oro a richiesta.
La risultante fu l’apertura di tutti i mercati agli
USA, la contestuale commercializzazione, in regime di sostanziale monopolio
impositivo, dei propri prodotti e l’indebitamento generalizzato di tutte le
economie post belliche, anche quelle in grande espansione e addirittura di
quelle che la guerra l’avevano vinta. Il motto era: con i dollari che ti presto
potrai fare grandi infrastrutture, ma sarai con me indebitato a vita.
Tuttavia, la nota scarsa lungimiranza americana in
politica, portò gli States alla guerra fredda e al conflitto vietnamita, i cui
costi furono enormi e la collettività nazionale li vedeva e li stimava ogni
giorno.
La bilancia dei pagamenti con l'estero ne risentì e
divenne passiva. Dovettero, quindi, importare di tutto e spendere dollari in
quantità incontrollabile per mantenere le loro basi militari.
Ma la loro ricchezza proveniva dalla truffa della
stampa incontrollata e senza limiti dei dollari che di lì a poco veniva
svelata.
Quindi, in quel preciso momento tutto il resto del
pianeta oltre al danno di aver dovuto subire il dollaro come moneta di
riferimento, ebbe modo di assaporare anche la beffa per non aver potuto - quanto
meno - ricevere il metallo aureo che garantiva i dollari in loro possesso. Le
note di banca della Fed erano, infatti, in circolazione in misura illimitata,
senza costi, riserva, garanzia e il signoraggio bancario, fino ad allora in
modo subdolo e truffaldino, ora trasformava la sua opera di devastazione
mondiale con il signoraggio dell’emissione monetaria (attribuendosene la proprietà
all’atto dell’emissione) e con l’indebitamento generale di tutte le economie
planetarie nei confronti di chi non aveva fatto altro che arricchirsi con la
stampa dei biglietti verdi, senza sostenere alcun costo.
Il prof. Auriti analizzò questo importantissimo
momento, evidenziandone la patologia (è un chiaro eufemismo), ma andò oltre,
giungendo a teorizzare la proprietà popolare della moneta, che sanciva il
principio assolutamente inderogabile secondo cui la moneta è di
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proprietà
dei cittadini e deve essere attribuita ai componenti la collettività nazionale
a titolo di reddito di cittadinanza, poiché il valore monetario deriva
dall’accettazione della collettività e dalla ricchezza che la stessa (ed unica)
collettività crea. Corollario: l’istituto di emissione non può vedersi
attribuito alcun valore monetario, in quanto la sua funzione di mera stampa non
gli consente di appropriarsi del valore monetario, al quale non partecipa in
alcun modo e di cui non ha titolo di godere neanche a livello marginale.
Quel ferragosto del 1971 fu un momento decisivo degli
studi auritiani sulla moneta, iniziati pochi anni prima. Da allora le idee e la
intuizioni in nuce si rilevarono verità e diedero lo spunto ad ulteriori
approfondimenti e studi (vedi la creazione del Centro Studi Politici e
Costituzionali), che poi con l’analisi della fattispecie giuridica monetaria,
con la scoperta del valore indotto della moneta, esitarono nel principio della
proprietà popolare della moneta.
Ed è da quel momento che l’insegnamento del prof.
Auriti ha via via ricevuto conferme di fondatezza e di scientificità. Più la
crisi si inasprisce, maggiormente appaiono chiare le varie fandonie che ci
vengono propinate per giustificare le lacrime e sangue richieste dai nostri
politici, asserviti alla grande finanzia.
Non è possibile, infatti, ritenere che la causa
dell’inasprimento delle tasse sia da ricercare nel deficit pubblico, senza
considerare, in questa sede, l’inesistenza del debito pubblico e la grande
truffa che vi è dietro, di cui parleremo in altra sede. L'Italia, infatti, a
voler seguire i dati diffusi proprio da chi vuole le lacrime e il sangue
altrui, ha un deficit del 2% calcolato sul Pil, mentre la Francia ha il 4.5%.. La
conseguenza, anche a voler seguire i meccanismi perversi di macroeconomia,
dovrebbe essere che i francesi dovrebbero pagare interessi più alti di noi. E
invece pagano poco più dei tassi tedeschi, mentre noi paghiamo uno sproposito
(480 punti) di più.
Vediamo allora se tale situazione drammatica possa
essere attribuita al deficit cd. primario, cioè depurato dagli interessi.
Sempre percorrendo il ragionamento utilizzato da coloro che ritengono
ineludibile la pressione fiscale e senza tener conto della grande truffa che si
cela dietro il debito pubblico, siamo addirittura virtuosi, avendo un
"attivo" del 3.4% del Pil, mentre la
Germania si attesta nell' 1.7%.. Lo spread invece ci
pone in una situazione di assurda ed assolutamente sottomissione.
Pertanto, le teorie convenzionalmente accettate sono
intrinsecamente mendaci, anche a volerle esaminare con i canoni interpretativo
propri e senza considerare l’insegnamento illuminante del prof. Auriti.
Tuttavia, grazie all’enorme coraggio e alla verità assoluta delle stesse, oggi
abbiamo la possibilità di reagire a questo etnocidio.
“Ogni limite ha la sua pazienza” diceva il grande Totò
e noi abbiamo superato limiti e pazienza, non vogliamo pagare un debito
inesistente e non siamo disposti a sacrifici per arricchire chi non ha titolo per
pretendere alcunché.
Ma noi, nostro malgrado, ora abbiamo Monti e allora, per rimanere nel
terreno del grande artista napoletano, siamo certi che il nostro primo
ministro, componente della trilaterale,
abbiamo in “cuor suo”, la celebre frase “Ti voglio ammazzare perché così ti
insegno a vivere”. Ciò nonostante resistiamo, grazie agli insegnamenti del
prof. Auriti e a quella chiave di lettura critica, un tempo ritenuta eretica,
oggi unica via di salvezza, nella certezza che, come per Totò, “i ministri passano,
gli uomini restano”.
Grazie ancora prof. Auriti
- Antonio Pimpini