Carissimi Amici, a cinquant’anni comincio a comprendere il senso di quasi
tutte le cose. La differenza fra il mondo antico e quello di adesso. Dagiovane leggevo gli aforismi di Lao Tze, ne comprendevo il senso teorico,
ma non ne avevo conoscenza fisica, l’unica autentica. Sono occorsi molti
anni, un po’ di kung fu, di yoga, di zen, molte altre letture e soprattutto
molta vita, per capire, per sentire che “wei wu wei”, “agire senza agire” è
l’essenza stessa delle cose: agire in modo sottile, battito d’ali di
farfalla che genera uragani dall’altra parte del mondo, potere segreto di
una preghiera sussurrata. Niente televisione che confonde, ma ascolto
attento del silenzio e del rumore impercettibile di sfere che si muovono.
Non c’era molta differenza fra Oriente e Occidente: la visione tradizionale
delle cose, ossia quella vera, era uguale ovunque: così ad Atene si diceva
che i riti religiosi salvavano ogni giorno la città.
Concentriamoci. Il nostro coro di sentimenti sta per spazzare via il
nemico, che fino ad un attimo fa era convinto di poter eliminare con la
forza bruta la mirabile ed eterna delicatezza della perfezione,
dell’impalpabile, della natura: il suo destino si è già compiuto da tempo,
nel mondo metafisico, ma egli continua ad agitarsi come un moribondo che
non si rassegni alla propria fine: si ostina a dare strattoni, e più si
aggrappa con le unghie e con i denti alla materia, più l’anima delle cose
gli sfugge.
“Reset”, in antico egizio, vuol dire “risveglio”: il nostro. Un intero
mondo fasullo, un completo infingimento sulla realtà sta crollando per
sempre, e noi dobbiamo prepararci a rivedere le stelle. Mi sono a lungo
domandato quale senso potesse avere il mio vivere in quest’epoca, ma in
fondo era chiaro sin dall’inizio: mi è stato concesso il privilegio di
assistere alla fine della menzogna.
Al termine di un ciclo di storia, i Maestri che ci hanno a lungo preparato
ci lasciano, come Virgilio lascia Dante prima della sua salita verso
l’alto. Il grande Silvano ci ha trasmesso la sua conoscenza granitica del
pensiero aristotelico-tomistico, ha dato ordine al nostro sapere, ha
sfatato i luoghi comuni sulla medicina, ci ha mostrato Bechamp che ingoiava
una provetta col colera e non moriva, perché il virus non è niente e il
terreno è tutto, ci ha raccontato la verità sulle scoperte geografiche e
sulla storia dell’uomo, a partire dalle caverne: grazie a lui è come se i
grandi filosofi del passato, i giganti, avessero avuto uno sguardo più
lungo nel tempo.
Perdonate la mia sensibilità, Amici, ma sono ancora sgomento per il fatto
che Gigliola se ne sia andata, che una donna così bella dentro e fuori sia
andata via: mi manca e mi fa male, e da allora non son riuscito più a
scriverVi una sola riga. Questo, però, forse riguarda anche il mio rapporto
con la natura femminile, che ha qualcosa che io non ho, che io non sono e
di cui ho bisogno. Per Silvano è diverso; no, lui non mi manca, perché lui
c’è, è nel mio pensiero perché lui lo ha strutturato, è in tutto il
pensiero antico e ci sarà sempre, tutte le volte che penseremo in modo
equilibrato. Ma lo dico singhiozzando, per Dio.
Un abbraccio forte a tutti.
Giancarlo D’Addabbo
Cordiali saluti,
Giancarlo