In questa strana estate, sopraggiunta in ritardo, dopo una lunga e piovosa primavera, a farla da padrone sono i toni trionfalistici. L’Italia “sta uscendo” dalla crisi, i contagi calano, le catastrofiche cifre che parlavano di morti e ricoverati da pandemia, sono oramai ridotte a lumicino. Persino nelle strade, la gente si attarda, un clima di generale vivacità ed allegria sembra aver preso il posto alle tristezze ed ai terrori da medioevo di qualche settimana prima...E poi c’è chi ci dice, in tono trionfale, che “Il grande Reset” è fallito...Caspita! Una volta tanto, i Signori del vapore hanno dovuto far dietrofront: saranno stati i modi seriosi del premirer Draghi, sarà stato il duro cipiglio del Generale Figliolo, saranno state le parole dell’immarcescente Presidente Mattarella, ma fatto sta che, al di là di ogni rosea previsione, qua e là sempre più si sussurra di fallimento del “grande reset”, ovverosia di quel generale riordino del mondo, che l’occasione della pandemia avrebbe offerto a Lor Signori.
Ma, al di là di lazzi e battute o di facili trionfalismi, le cose non stanno per nulla così. Durante l’ultimo G7, il presidente Usa Joe Biden, senza tante storie, è tornato a rimarcare le vecchie linee guida della politica estera Usa; i buoni da una parte, i cattivi dall’altra. Senza se e senza ma. I buoni, manco a dirlo sono “loro”, gli Usa progressisti e buonisti a guida dem, il circo equestre di Bruxelles e tutta la sua corte di miracoli. I cattivi, invece, sono Cina, Russia ed Iran. Se la Cina, con la vicenda di Wuhan e della pandemia, ha offerto il fianco agli Usa che, non vedevano l’ora di trovare un qualsivoglia pretesto, per metterla all’angolo, in quanto assurta allo scomodo ruolo di diretto “competitor” economico degli Usa, per Federazione Russa ed Iran, invece, la cosa è un po’ differente. La Russia, in particolare, non ricopre solo il ruolo di competitor geoeconomico degli Usa ma, cosa di non secondaria importanza, rappresenta, ora più che mai, un valido e concreto contraltare al modello globalista Usa.
La Federazione Russa a guida Vladimir Putin, sempre più sta rimarcando il proprio ruolo guida di potenza capofila di quel sovranismo eurasiatico, in grado di rappresentare l’unica valida e reale alternativa, all’ordine circense di Bruxelles. Per questo, al di là di dialoghi e chiacchiere di disgelo tra le due potenze, ad oggi permangono le sanzioni a guida Usa contro la Federzione Russa. Punto secondo. Il peggioramento della crisi economica globale, ha innestato una corsa sfrenata alla speculazione finanziaria, tutta a danno di tutte quelle attività produttive, messe in ginocchio dalla crisi e che ora corrono il rischio di veder smembrate e depotenziate le proprie capacità produttive, in nome di vampireschi programmi di resettaggio aziendale.
Punto terzo. Al di là di quanto se ne possa dire, l’attuale Premier-non eletto Draghi, è un grande seguace della teoria della “Distruzione creativa” dell’economista austriaco Joseph Schumpeter. Questi, riprendendo il concetto marxista del continuo auto rinnovamento delle strutture portanti del capitalismo, attraverso un procedimento di loro costante eliminazione e sostituzione, sino a preconizzare la distruzione del capitalismo stesso, riformula questa teoria in chiave contemporanea.
In questo modo, però, offre il fianco al neoliberismo che fa di questa dottrina un vero e proprio “mantra”, atto a giustificare ideologicamente, la dismissione delle aziende, le privatizzazioni selvagge e chiaramente, le conseguenti perdite dei posti di lavoro, di cui, sempre più, viene ribadito il carattere di assoluta volatilità.
Il tanto declamato “quantitative easing” di Draghi, altro non è servito che a salvare istituti bancari ed affini, garantendo alla moneta-debito Euro, una sopravvivenza al di là di ogni ragionevole dubbio. Ed a dircela lunga, la tentazione ora sussurrata, ma sempre più forte e pressante, di prorogare ulteriormente lo stato di emergenza, per poter aver le mani libere nello scavalcare i normali canali istituzionali, per quanto riguarda le delibere più importanti. In tutto questo, il clima di bovino ottimismo che i media embedded trasudano da ogni poro, è giustificato dal successo della cosiddetta “campagna vaccinale”, con cui le industrie farmaceutiche hanno realizzato guadagni stratosferici, in questo supportati da governi totalmente proni ai loro interessi.
La campagna vaccinale ha costituito invece, il primo passo verso il resettaggio globale. Quella della pandemia è stata una vera e propria prova, atta a testare la capacità reattiva delle popolazioni europee, in particolare. Di fronte ad una continua campagna di terrore mediatico, di fronte a fragranti ed incostituzionali limitazioni delle libertà fondamentali, i cittadini di mezza Europa hanno avuto reazioni deboli, isolate, che ben fanno sperare, nella definitiva instaurazione di un nuovo ordine globale, sempre più caratterizzato, come abbiamo già accennato, da processi economici “a forbice”: decrescita e compressione delle attività produttive da un lato, crescita esponenziale ed incontrollata delle attività finanziarie, dall’altro.
Una crescita “asimmetrica”, quindi, accompagnata da una reinterpretazione in senso restrittivo delle fondamentali libertà dei cittadini. Questo, sia per quanto riguarda le libertà di movimento, espressione etc., che, per quanto riguarda quelle legate all’economia. Quest’ultima, sempre più ridotta ad attività di mera sussistenza, integrata da oboli simil-previdenziali, a loro volta frutto di esborsi accompagnati da obblighi di restituzione con interesse, come nel caso del cosiddetto “Recovery Fund”.
Come abbiamo avuto modo di vedere, lo spauracchio del “global reset” è tutt’altro che tramontato o come, alcuni fantasisti vanno narrando, fallito. Il processo è solo all’inizio, l’unica speranza che rimane, è quella di una graduale presa collettiva di coscienza, che torni sa far girare la ruota della Storia in favore dei popoli e non delle oligarchie finanziarie.
UMBERTO BIANCHI