lunedì 17 dicembre 2018

UN’ANALISI STRATEGICA SUL POPULISMO.


Sono tra quelli che, senza remore di sorta, considera quella del Ministro
dell’Interno Salvini, durante il suo ultimo viaggio nel Vicino Oriente, in visita alle
nostrane truppe inquadrate nella locale missione Unifil, al confine tra Israele e
Libano, una uscita sicuramente poco felice. Il dire che quella degli Hizbollah sia
una formazione terroristica, ci pare una forzatura ed una inesattezza
macroscopica, non confortata, tra l’altro, da alcun fatto che possa orientarci in
tale direzione.
Anzi. In tempi recentissimi Hizbollah si è attivamente impegnato a contrastare il
terrorismo stragista qaedista, sponsorizzato ed appoggiato a fasi alterne,
proprio da quell’ambiguo “fronte occidentale” (Usa, Gran Bretagna, Francia,
Israele...sic!) tanto lesto nell’additare quali terroristi agli occhi del mondo,
coloro che non si allineano ai loro desiderata strategici, quanto altrettanto lesto
nell’abbandonare certo bon ton, per imporre “manu militari” le proprie scelte
strategiche, con tutti i disastrosi annessi politico-militari, come nel caso delle
“primavere arabe” e del conflitto siriano.
Non solo. In quell’intricato puzzle di confessioni religiose e politiche che è ed è
sempre stato il Libano, Hizbollah è riuscito ad attrarre attorno a sé una serie di
attori politici e di consensi provenienti dai più disparati settori politici e

religiosi, incluso quello cristiano. Questo, grazie ad una solida struttura politico-
militare che, oltre a riuscire a tener testa e ad infliggere delle sonore lezioni sul

campo a quello che, sino a poco tempo fa, sembrava un esercito invincibile,
ovverosia lo Tsahal Israeliano, è divenuto con il tempo, una garanzia di ordine e
stabilità anche nel vespaio libanese. E questo ha probabilmente infastidito chi
avrebbe voluto lasciare il Libano, in uno stato di semi perenne caos e pertanto
facilmente manovrabile ed indirizzabile, a seconda delle occasioni del momento.
Senza ulteriormente addentrarci in analisi che ci porterebbero molto lontano,
permane il fatto di un’uscita sicuramente poco attenta al locale contesto
geopolitico e che sembra esser stata fatta, con il preciso intento di elargire un
contentino mediatico ai “soliti noti”. Quale che sia la motivazione che sta alla
base di questa ed altre simili dichiarazioni, da parte di ambienti e personaggi
riconducibili ad aree antagoniste, si è scatenata una ridda di polemiche sul
personaggio Salvini, più o meno accusato, a vario titolo, di essere filo questo,
piuttosto che filo quello, oppure di non esser stato coerente con determinati

canoni di pensiero identitario e via dicendo e già qualcuno parla di “delusione” e
così via...
Arrivati a questo punto, però, andrebbe chiarito in modo esaustivo e senza
riserve, quello che rappresenta il punto nodale dell’intera “vexata quaestio”.
Pensare che un personaggio come Matteo Salvini possa essere associato ad un
qualsivoglia parametro ideologico, nel nome di una di quelle classiche
operazioni copia-incolla, con le quali, sino a poco tempo fa, si cercavano di
incasellare e delimitare situazioni e personaggi, è follia pura e dimostra
solamente che, poco o nulla si è capito della vera essenza del Populismo.
Come abbiamo già avuto modo di illustrare, il termine “Populismo” non è
indicativo di una specifica costruzione ideologica, bensì di uno stato d’animo, di
una modalità di azione politica, che fa unicamente leva sul malcontento delle
masse verso le elites economiche e politiche di un dato paese. Rappresentando
tutte e nessuna ideologia in particolare, il Populismo può essere di essere di
destra o di sinistra, di matrice liberista o socialista, o tutte le cose assieme. Esso
è liquido, come la odierna società Post Moderna. Sa interpretare, adeguare e
piegare il cieco risentimento delle masse a quelle che possono essere le
opportunità di quel momento ed, in quanto “liquido”, superare e vanificare
qualsiasi linea guida, senza temere di ricevere accuse di revisionistica
incoerenza da chicchessia.
Cercare, pertanto, di collocare un Salvini o un Di Maio in un ambito ideologico di

“destra” o di “sinistra” è una operazione che non ha alcun senso politico-
ideologico. Ne ha, invece, quando all’indomani di determinate scelte, si possano

andare a palesare conseguenze tali da incidere sugli equilibri interni di un paese,
senza che si riesca a compensare adeguatamente, quanto poco prima provocato.
Il Populismo può allora rivelare tutta la sua inaspettata fragilità, vanificando la
sua azione politica, sino a scomparire. Ed è un po’ quello che è accaduto con la
storia di tutti i Populismi...
Il rischio è sempre alle porte, la vicenda dell’Uomo Qualunque di Giannini o del
Poujadismo francese dovrebbero esser di monito. Ed allora, il compito del
presente e del futuro per tutti gli uomini “di buona volontà”, animati da una
visione completa ed organica del mondo, è quella di cercare di penetrare,
contaminare di sé e delle proprie idee, con certosina pazienza, i nuovi contesti
politici che ora vanno affermandosi. Senza dimenticare, però, i limiti ed i rischi
che una simile operazione può comportare, determinati dalla costitutiva fragilità

politico-ideologica di certi contesti e dalla ancora insuperata capacità di
reazione del Globalismo e dei suoi vari emissari.
D’altronde, stavolta, la sfida va facendosi via via, sempre più chiara e netta. Il
Globalismo da una parte, con tutti i suoi infiniti ed infidi tentacoli, il Fronte delle
coscienze Identitarie e Sovraniste dall’altra, che va muovendo i suoi primi
confusi passi, in direzione di una sua più completa e comprensiva presa di
coscienza e strutturazione...una ineludibile sfida per chiunque sia animato da
senso di giustizia e da volontà di ribellione. Una sfida che, come tutte le sfide,
vista la posta stavolta in giuoco, presenta i propri inevitabili rischi, di cui bisogna
prender coscienza sin dall’inizio, proprio per evitare di incorrere in confusioni e
sviste che, altro non fanno che allontanarci dallo scopo primario di questa nostra
azione politica, rappresentato dalla lotta e dalla definitiva sconfitta del mostro
Globalista.
UMBERTO BIANCHI