martedì 30 ottobre 2018

LE GRANDI MANOVRE


Mai come stavolta, il Bel Paese si è trovato al centro delle attenzioni
mediatiche internazionali. Ma stavolta non per vicende mafiose o di corruttele
varie, né per strabilianti gesta calcistiche ma, guarda caso, per una certa
manovra economica che sta mettendo in agitazione i piani alti di Bruxelles ( e
non solo!). Appena si è parlato di fine dell’austerity, di politiche economiche
espansive, di differente ristrutturazione di aziende come Alitalia ( con un
aiutino pubblico attraverso la partnership con Ferrovie...), di freno
all’invasione migratoria, alto si è levato il coretto delle prefiche del politically
correct, stavolta supportato da un robusto apporto di coreuti, tutti, guarda un
po’, rappresentati dalle varie istituzioni economiche e finanziarie
internazionali.
A partire dalla scontata alzata di scudi della solita Commissione Europea con
i vari Juncker e Moscovici, passando attraverso alcune arcinote Agenzie di
rating, sino, manco a dirlo, al Fondo Monetario Internazionale e dalla sua
Lady di Ferro Christine Lagard, nessuno ha risparmiato serrate critiche e lazzi
all’italica manovra.
Il fatto è che, senza tante storie ed al di là delle varie sfumature ideologiche
dei protagonisti di questa nuova stagione di governo, questa è la prima
manovra economica “al rialzo”, almeno nelle intenzioni e nel suo presentarsi
alle Camere, dopo decenni di traballanti ammiccamenti, promesse non
mantenute e masochistici allineamenti alle disposizioni dei vari Poteri Forti. Il
tutto condito da, neanche tanto, velate minacce e pressioni psicologiche, per
cui il nostro governo vorrebbe portar fuori l’Italia dall’Euro e/o distruggere la
Comunità Europea (magari!), con tanto infinito nocumento e dolore per tutti i
poveri cittadini delle varie nazioni d’Europa. Se, da una parte, la cosa
dovrebbe esser interpretata quale comico e disperato tentativo di mantenere
in piedi una situazione che in piedi, oramai, non sta più, dall’altra, invece, è
sintomatica di uno stato di fatto molto più grave di quel che può sembrare e
su cui occorre, giuocoforza, appuntare la nostra riflessione.
Quello di democrazia, oggidì in Europa, sembra esser un concetto dotato di
una eccessiva elasticità. Si gode della patente di “democratico” o
“sinceramente” tale, solo a patto di condividere in toto i parametri ideologici
del “politically correct”. Non appena si professa qualcosa che esce dal
seminato, immediati scattano ostracismo ed interdizioni morali per coloro che
tanto hanno osato. Ostracismi ed interdizioni che, tanto per esser chiari, non

rimangono quasi mai confinati sul piano teorico, ma trovano, invece, concreta
attuazione in strategie volte a destabilizzare, sabotare ed isolare quei paesi
che in qualche modo,“sgarrano” dalle linee guida globaliste.
E, proprio tornando ai fatti di casa nostra, ecco che certe famigerate Agenzie
di “rating”, vengono a cianciare di “inaffidabilità” del debito italiano. Proprio
loro che, agli inizi della ultima, famigerata, crisi finanziaria globale,
garantivano ai quattro venti l’affidabilità di una J. P. Morgan, i cui dipendenti,
nel frattempo, si trovavano costretti a fare i bagagli a causa della crisi che
aveva investito la loro tanto decantata e blasonata azienda...Ricatti, minacce,
amplificazione mediatica di irrazionali paure ed insicurezze per mobilitare
l’opinione pubblica, in un crescendo che non esclude l’uso della forza, sia
tramite l’arma del ricatto giudiziario, sia arrivando a gesti eclatanti, come nell’
“affaire” Mattei.
Certo, l’attuale coalizione di governo, di sicuro non rappresenta la perfezione
in terra. Ancora si possono riscontrare posizioni ondivaghe, come la recente
vicenda della “manomissione” del testo sulla pace fiscale o le posizioni non
proprio collimanti su temi come l’immigrazione o i vaccini, ma, tant’è...In poco
tempo è già stato fatto moltissimo. In tema di economia decisivi segnali tutti in
controtendenza rispetto a quelle coordinate dettate dalla Ue ( e dai soliti,
immarcescenti, Poteri Forti, sic!) hanno gettato scompiglio e timore tra coloro
che hanno impunemente creduto di andare avanti con un andazzo, tutto a
detrimento dei cittadini italiani e della comunità europea.
Il fatto è che, sinora, nessuno sembra aver voluto prender atto di due decisivi
elementi,quasi sottaciuti nel nome di una forma di rancoroso e risentito
pudore. Il primo è l’innegabile constatazione del manifesto fallimento della
sinistra mondiale e dell’intero suo portato ideologico “progressista”, passato
da un codino asservimento al dogmatismo marxista-leninista, alla “doxa” di
un relativistico individualismo, tutto imperniato su quanto mai vaghi ed
aleatori “diritti”.
Dal pensiero “forte” al pensiero “debole” “liquido”, agganciato a tutto un
portato di scelte politiche che hanno via via, allontanato la sinistra dai reali
interessi della gente, tutte quelle istanze alla base della grande spinta
propulsiva del ’17, sono state contraddette, imbrigliate ed introiettate nel
paradosso ontologico della Modernità, andando a perdere di senso, con il
risultato di un clamoroso fallimento. In Italia in due decenni di di governi
“spot” a guida progressista (Prodi, D’alema, Prodi, Letta, Renzi, Gentiloni...)

la sinistra ha portato il nostro Paese sull’orlo della bancarotta economica e
morale. Fiscalismo, burocratismo, asservimento totale ai desiderata dell’Alta
Finanza, apertura senza limiti all’ingresso di turme di allogeni e di sradicati
provenienti da ogni parte del mondo, con un disastroso impatto sul benessere
e sicurezza degli italiani, costretti a pagare di tasca propria il mantenimento di
questo sistema.
La sinistra occidentale si è oramai fatta portabandiera di un’elitaria utopia,
che vede nella realizzazione di una società burocratica, turbocapitalista e
multirazziale, il cui perfetto paradigma ideologico è perfettamente
rappresentato da quel tanto auspicato “Impero” di negriana memoria, la
perfetta realizzazione di quella Gerusalemme in terra, la tappa finale di un
lungo percorso ideologico fatto di speranze, aspirazioni ed utopie che
andrebbero a coniugarsi ed integrarsi perfettamente con quel neoliberismo
conservatore che, della sinistra progressista rappresenta la logica e
funzionale controparte interlocutoria.
E qui veniamo al secondo assunto, rappresentato dal fallimento del liberismo.
Gli anni ’90, con la dissoluzione del blocco sovietico marxista, avevano
assistito al sorgere a quella vera e propria “distopia” rappresentata dagli scritti
di Francis Fukuyama. Fine della Storia, come fine della politica e del divenire
storico, sostituito dalle interazioni competitive tra blocchi economici,
realizzantisi al fine di soddisfare le materialistiche istanze di un individuo ed
una società sempre più atomizzati e, perciò stesso, condizionati da
un’economia volubile ed eterea come i desideri di quelle masse
individualizzate che ad essa aspirano...
Ma dietro a tale idilliaco quadretto sta l’incontrollato ed illimitato desiderio di
umana sopraffazione. Forti contro deboli. Grandi holding contro piccole
imprese. Finanza contro produzione. Banche contro consumatori. Valuta
virtuale contro umano manufatto. Pochi ricchi e molti, troppi poveri, sfruttati.
La reazione oligarchica e turbo capitalista che si incarna nella Sinistra
progressista e le aspirazioni alla difesa dei più deboli ed alla soddisfazione
delle esigenze materiali di una collettività che si incarnano nella Destra.
Ed ecco il Populismo. Una fase di transizione che, come la Storia ci ha
insegnato, precede o succede a grandi narrazioni ideologiche delle quali
raccoglie l’eredità o alle quali spiana la strada. Ma che sia giallo-verde o
rosso-bruna o di qualsiasi altra tipologia, quella di adesso, non è solamente
una fase di transizione fine a sé stessa, ma il chiaro, ineludibile segnale, che

qualcosa è cambiato e sta cambiando nelle menti degli italiani e degli
europei. Non capire o far finta di non capire, è stupido e dannoso. Sinistra e
Destra, utopia progressista e liberismo conservatore, hanno perduto la loro
grande scommessa. La loro tanto agognata Gerusalemme Celeste, la loro
Utopia in terra, è fallita. In Europa e nel mondo, è tutto un risorgere di istanze
(confuse ed ondivaghe quanto si vuole...sic!) volte a dar corpo al senso di
rivalsa delle genti contro le prepotenze e le sopraffazioni delle oligarchie
finanziarie e dei loro scherani. Inutile negarlo, inutile finger di nulla: stanno
perdendo terreno di fronte alla Storia ed ai popoli che si sono rimessi in moto,
con buona pace per chi vorrebbe, invece, dietro il dolciastro sapore del
solidarismo e dei “diritti”, propinarci una cimiteriale “fine della Storia”.
UMBERTO BIANCHI