martedì 27 febbraio 2018

LE VITTIME DEI VINCITORI/I CONTI DELLA STORIA

 In Italia è oramai divenuta prassi ordinaria, di fronte a tutte quelle tensioni e fibrillazioni politiche che rischiano di mettere in pericolo l’establishment, tirare fuori da un impolverato cilindro, lo spelacchiato coniglio di un vittimismo antifascista “ad usum delphini”. I coribanti del “politically correct” con il loro agitarsi e strillare, sembrano, però, essersi lasciati lungo la strada un qualcosa di macroscopico. Nel lungo fluire delle umane vicende, se qualcuno non se ne sia ancora accorto, a far la Storia non è mai, o quasi, un solo e monotematico attore, ma, più e più parti, contornate da una serie di elementi e contesti, di cui bisognerebbe ben tener conto, prima di vomitare banalità, falsità e distorsioni che, statene pur certi, oltre a non aiutare ad avere un quadro chiaro ed esauriente del tutto, finiscono, invece, con il fare il giuoco dell’establishment dei vari poteri costituiti, a cui tutto interessa, meno che vari popoli abbiano una chiara coscienza storica, in grado di fornir loro una guida per il presente ed il futuro. E così è con le vicende dell’ultimo conflitto mondiale. S. Anna di Stazzema ha sicuramente rappresentato un tremendo ed esecrabile episodio, al pari delle terribili vicissitudini di Auschwitz. Nessuno però, sembra volersi interessare alle “altre” vittime. A quelle, tanto per parlar chiaro, dei democraticissimi vincitori anglo americani e compagnia bella. Ora, a voler proprio essere fiscali, se è vero quel che i vari storici vanno affermando sul numero di sei e più milioni di morti, causati dal Nazismo, tra deportati di religione israelita ed altri gruppi, oltre alle vittime civili causate dalle azioni belliche, rappresagli e compagnia varia, è altrettanto vero, però, che, tanto per fare un piccolo esempio, Stalin di morti “civili” ne provocò approssimativamente una quarantina di milioni, deportando e sterminando amorevolmente i “kulaki” (ovverosia quei piccoli proprietari agrari che mal vedevano l’opera di collettivizzazione forzosa da quest’ultimo intrapresa a loro danno, senza se e senza ma…sic!), oltre a Cosacchi, Ucraini, Ceceni, Lituani, Estoni, Lettoni, Polacchi, Mongoli, senza poi contare la simpaticissima pratica delle periodiche “purghe” a cui il buon “Baffone” sottoponeva i propri sottoposti, oltre agli stessi militari dell’Armata Rossa, che in pieno conflitto, oltre a dover sopportare il tremendo urto delle truppe dell’Asse, tra purghe e purghette, finì con il ritrovarsi, varie volte, sull’orlo di una catastrofica sconfitta, proprio a causa del perseverare di questa pratica. Ma non è ancora finita. Il conteggio delle vittime del buon “Baffo”, andrebbe anche esteso a quelle popolazioni civili dell’Est Europa che, avevano avuto la mala sorte di trovarsi nello schieramento dell’Asse e che, per questo, al termine del conflitto, pagarono la propria collaborazione con un prezzo di sangue spaventoso, di cui, ad oggi ancora, è difficile calcolare l’esatta, tragica, entità. Paesi come Romania, Ungheria, Cecoslovacchia e Finlandia, tanto per fare un esempio, furono tra quelli che pagarono un conto molto salato, per tale collaborazione. Questi sono solo alcuni, limitati, esempi, a cui andrebbero aggiunte le popolazioni di lingua tedesca dei Sudeti, del corridoio di Danzica o del Volga e della stessa Germania, fatte oggetto di spaventose decimazioni, durante e dopo la guerra. E già, a fare i conti, con quanto da Stalin combinato, si andrebbe a superare con un buon distacco numerico, le vittime civili del nazismo. Ma, per una legge di “par condicio” e per evitare la solita, melensa giaculatoria sulla cattiveria dei Totalitarismi a fronte delle angeliche virtù delle liberal democrazie, non si può abbandonare il tragico scenario dell’ultimo conflitto mondiale, senza parlare dei nostri cari campioni di democrazia anglo americani. Dresda, al pari di Hiroshimka e Nagasaki, ci ricordano l’inferno di fuoco che, con tanta umanitaria sollecitudine, gli “Alleati” non esitarono a scaricare, dal cielo e dal mare sulle città di mezza Europa. L’Italia, con gli spaventosi bombardamenti di Napoli e di Bari, ma anche di Milano, Roma, Ferrara e tante altre città, assaggiò sulla propria pelle, quale genere di “democratico” trattamento fosse, dagli “alleati”, riservato alle popolazioni civili dei paesi belligeranti. Senza fare tante distinzioni tra nazioni nemiche o “alleate”, come nel caso della Normandia, tante città europee furono ridotte a cumuli di macerie dal fuoco “alleato”, facendo perdere la vita, a migliaia e migliaia di civili innocenti. Il tutto, senza voler conteggiare tutte quelle nazioni dell’Europa Occidentale che, sul finir della guerra, furono scosse da rappresaglie e vendette che costarono altre migliaia di vite innocenti, unicamente responsabili di essersi schierate, nel corso del conflitto, dalla parte dei perdenti. Anglo americani e francesi non furono da meno dei Tedeschi, quanto alla pratica dei campi di concentramento, in cui finirono militari e civili appartenenti alle nazionalità dei paesi nemici; sparsi “urbi et orbi”, dalle aride regioni del Texas e dell’Arizona, al Kenia e sino all’India ed oltre, seminarono vittime a iosa. Tra queste, probabilmente la maggior parte dei due milioni di Tedeschi che, si stima, a fine conflitto furono amorevolmente trucidati dalle truppe alleate. Un capitolo a parte merita, invece, la ex Jugoslavia ove, a pagare un prezzo veramente pesante, furono le popolazioni italiane di Istria e Dalmazia, abbandonate al loro destino di morte, per mano dei titini, da governi imbelli e da un Cln che, al momento della bisogna, quando c’era da difendere (per davvero!) l’integrità e l’italianità di quelle terre, tenne un atteggiamento di totale subalternità di fronte all’arroganza ed alla violenza delle truppe del Maresciallo Tito. Ma, a pagarla a Tito, non furono solo gli italiani. Un folto gruppo di nazionalisti croati (ustascia), si calcola approssimativamente in svariate decine di migliaia, famiglie incluse, rifugiatisi in Austria, vennero, a fine guerra, dai Britannici amorevolmente consegnati nelle mani dei titini che, senza tante esitazioni, li sterminarono tutti. Stesso destino, fu riservato alle migliaia di nazionalisti serbi di Draza Mihailovic, rei di aver collaborato con le truppe italiane. Senza voler contare, coloro che, fuori dall’Europa, avevano osato alzare la testa contro il colonialismo anglo francese, supportando l’Asse, dal Medio Oriente (Palestina ed Iraq…), al Nord Africa (Algeria, Marocco, Egitto, etc.) sino all’India e ad altre misconosciute realtà dell’Africa Sub Sahariana (Etiopia, Eritrea, Somalia, ed alcuni stati dell’Africa francofona…). Certo, con tutti questi begli episodi, di cui qui abbiamo solamente citato, a caso, alcuni tra gli esempi più e meno noti, il numero delle vittime dei “buoni”, va aumentando notevolmente, a discapito di quelle dei “cattivi”. Ma se, ad onor del vero, l’esatto bilancio delle vittime civili dell’ultimo conflitto mondiale, può sempre costituire motivo di dubbio o polemica, a causa dei numeri notevoli da ambo le parti, allora, per avere un’idea più chiara sull’ipocrisia di certe giaculatorie, i conti basterebbe andare a farli su quanto perpetrato sia prima, che dopo l’avvento di Fascismo e Nazismo. Potremmo cominciare, per esempio, con gli States, oggi tanto prodighi a distribuir pagelle di democrazia a mezzo mondo ma che, all’alba del secolo passato avevano già sulla coscienza, la morte e la deportazione di milioni di africani, in cattività trascinati, non già per motivi bellici, ma per semplici e disgustosi fini di sfruttamento commerciale. Oltre al sistematico sterminio delle oriunde popolazioni amerinde, compiuto tra il silenzio e la totale indifferenza di un mondo che già allora, si riteneva animato di buoni e caritatevoli sentimenti civilizzatori. Tanto per ricordare a chi strilla tanto di razzismo. Negli States, sino al 1964 (sic!) ed oltre, era presente una vergognosa discriminazione nei riguardi dei discendenti afro americani degli schiavi deportati. E senza voler sminuire il ruolo di nessuno, i vari Imperi coloniali occidentali, accanto all’ideologia liberal progressista, si ammantavano di giustificazioni di tipo suprematista tali, da far passare Fascismo e Nazismo, per delle efficienti, ma slavate social democrazie. A tal proposito, andrebbero letti gli scritti di Winston Churcill durante la guerra anglo boera e quelli di altri autori britannici del 19° secolo. Alle parole corrispondevano, però, anche i fatti. Re Leopoldo di Belgio governò il Congo belga con uno spietato ed efficiente pugno di ferro. Rivolte o altro erano ovunque schiacciate senza troppe storie….E tornando agli States. A solo voler fare il conto delle centinaia di interventi nei paesi dell’America Latina ( il cosiddetto “cortile di casa”) ed il Terzo Mondo in genere, a partire da Filippine, Indonesia, Viet Nam, Africa tutta e via discorrendo, tra interventi militari, bombardamenti, golpe e contro golpe con annesse stragi e “desaparecidos” vari, si arriverebbe ad un numero di vittime innocenti, da capogiro. E’ vero, i Totalitarismi, anche marxisti, da Stalin a Mao e Pol Pot, hanno fatto vittime a bizzeffe, ma c’è una sostanziale differenza tra le vittime dei primi e quelle delle nostre amate liberal democrazie. Volendo usare un gergo moderno, di taglio per così dire “finanziario”, i Totalitarismi il conto lo hanno quasi sempre presentato in una “soluzione unica”, senza nemmeno potersi ammantare di troppi fronzoli morali, spesso neutralizzati e ridicolizzati da un’evidente preponderanza della dimensione ideologica. Le liberal democrazie, di converso, il conto ce lo presentano in una soluzione “rateizzata”. I fatti sono, troppo spesso, coperti da giustificazioni moraleggianti. Alle altisonanti politiche espansive totalitarie, si preferisce una linea più discreta, fatta di tanti piccoli, ma decisivi colpi di assestamento. Le vicissitudini dei Totalitarismi, sono tutte motivate da un perenne stato di emergenza e di mobilitazione rivoluzionaria, che giustificano scelte spesso giuocoforza radicali e violente, mentre quelle delle liberal democrazie, sono vissute all’insegna di uno Status Quo, ammantato di una “normalità” che porta ad una conseguenziale e forzosa “normalizzazione”. In Iraq si calcola siano stati uccisi due milioni e più di iracheni, durante la guerra a conduzione Usa, falsamente motivata dal finto pericolo rappresentato dal regime baathista. In Palestina, lo Stato israeliano, con la scusa della propria “sicurezza” ha potuto tranquillamente potuto perpetrare abusi e rappresaglie oltre i limiti sulla popolazione palestinese, come nel caso dei tremila e passa morti civili in quel di Gaza durante l’operazione “Piombo fuso”, a fronte della morte di neanche una decina di israeliani. Il numero delle vittime civili della strana guerra “a geometria variabile”, del “tutti contro tutti”, in Afghanistan, ci è tuttora ignota. In Serbia, stante il silenzio dei media occidentali sono stati effettuati bombardamenti con bombe all’uranio arricchito, alcune delle quali, guarda un po’, sono state frettolosamente scaricate dagli aerei Usa in quel del mar Adriatico. In Siria ed in Yemen si combatte, oramai, una silenziosa guerra sponsorizzata da Usa ed alleatini vari, in funzione anti iraniana ed anti russa, arrivando a sponsorizzare milizie integraliste e stati islamici vari, con il solito corollario di vittime civili innocenti a bizzeffe. Senza voler contare le vittime civili degli integralismi terroristici, “made in Usa”. Dopo tutti questi bei fatti, qui elencati, tra l’altro in modo frettoloso e superficiale e solo per dare un esempio, il conteggio delle vittime dei “buoni” schizza vertiginosamente in alto, lasciando i “cattivi”, perdenti dell’ultimo conflitto mondiale, in una posizione oramai surclassata da ben altri fattacci del genere. La Storia ci lascia, a questo punto, con l’amaro in bocca, per la disgustosa e spregiudicata ipocrisia con le quali, ad oggi, si parla ancora con tanta enfasi, di vittime del nazi-fascismo ed annessi pericoli di “rigurgito”, mantenendo il più totale silenzio sulle altrui porcate, ad oggi, ancora perpetrate in spregio ai più elementari diritti umani. Ed allora, ancora una volta, il Globalismo liberal democratico ha gettato la sua maschera, rivelando il suo volto prevaricatore, violento e repressivo, condito dalla tragica illusione di un consenso e di una libertà, invece rigidamente condizionati da gruppi di potere occulti. Ed ancor più, hanno gettato la maschera coloro che, per puro fine elettoralistico e politica spicciola, hanno ancora il coraggio della iene, di speculare sui poveri morti dell’ultimo conflitto mondiale, anziché rispettarne le tragiche vicissitudini, con il coraggio di una riflessione tutta incentrata sulle contraddizioni e le ingiustizie della democrazia occidentale e delle sue appendici progressiste e buoniste.
UMBERTO BIANCHI