venerdì 8 settembre 2017

COME USCIRE DA UNA CRISI CHE IMPOVERISCE IL 99% PER ARRICCHIRE L’1%?

Nando ioppolo


PRIMA PARTE: CAUSE DELLA CRISI, DISTRIBUZIONE DEI SUOI EFFETTI E VIE DI USCITA.

Tutti vediamo le risorse non rinnovabili in esaurimento, la preoccupante espansione demografica, la progressiva contrazione dei profitti mercantili e il montare delle legittime aspirazioni del terzo mondo, ma non dobbiamo confondere il “burrone” che ci troviamo davanti e nel quale non vogliamo né possiamo permetterci di precipitare con le precise e diverse cause delle ferite provocate dalla nostra caduta davanti a esso e non dentro di esso, che risiedono nelle opzioni economiche liberiste pesantemente recessive e regressive che ci ostiniamo a seguire da ormai 30 anni e che, per come sono strutturate, mentre hanno progressivamente triplicato la ricchezza dell’1% più ricco, hanno nel contempo già dimezzato quella del restante 99%, e, al suo interno, contratto di 2/3 quella del 50% più povero. Il doppio tragico equivoco sta cioè nel pensare, da un lato, che la cri che attraversiamo sia dovuta al pesante operare già nel presente di quelle gravi contraddizioni che bene davanti a noi (il "burrone"), mentre, dall'altro lato, che questa crisi sia certamente la crisi di tutti, laddove invece crisi solo per il 99% della popolazione, quella che lavora, produce e commercia, mentre è successo economico strepitoso per l'1% più ricco e che non produce, costituito dalla elite creditizio-finanziaria, dagli speculatori mobiliari e immobiliari, dai manager ormai autonomi dalla proprietà, dai ceti possidenti e dai privilegiati di ogni genere (complessivamente chiamati top incoming).
Nel concreto, accade infatti che le ricette liberiste comprimono retribuzioni e welfare mentre detassano i ceti possidenti al fine dichiarato di acquisire una sempre maggiore competitività grazie a costi sempre più bassi e capitali sempre più abbondanti e a buon mercato. Peccato, però, che sia assolutamente imbattibile sul fronte dei costi la concorrenza "sleale" delle imprese delocalizzate in aree del mondo dove producono sottocosto nel massimo dispregio della natura e dell'uomo, per cui, complice anche un cambio reso così sempre più "forte", le esportazioni non compensano la pesante compressione dei consumi interni così provocata ed avanzano la deindustrializzazione, il degrado e perfino la fame, mentre la iper-remunerazione e detassazione dei capitali più la bassa inflazione e il cambio "forte" fanno crescere ulteriormente la "fetta" di PIL che va al'1% più ricco e aumentare continuamente il valore speculativo dei suoi cespiti, iper-remunerati, detassati e/o al sicuro in paradisi fiscali.
E così, mentre il “vampiro” si ingrassa sempre di più del sangue del popolo vampirizzato, questo insiste a chiedere agli “esperti” del “vampiro” come curare la propria “anemia” ed accetta di curarla … intensificando il dissanguamento! E si oltrepassa ogni decenza quando si pretende di incentivare gli investimenti piuttosto che l'assunzione di giovani, donne o al Sud senza minimamente curarsi di finanziare consumi aggiuntivi, con il risultato di contribuire all'inutile finanziamento delle assunzioni e degli investimenti che sarebbero stati fatti comunque, poiché le imprese effettuano assunzioni e investimenti aggiuntivi solo per produrre una offerta aggiuntiva che soddisfa con profitto una domanda effettiva aggiuntiva, in assenza della quale ogni incentivo è inefficace e in presenza della quale semplicemente inutile, e magari assistendo così pure al parallelo paradossale licenziamento di corrispondente numero di non giovani, uomini e al Nord!
E tutto ciò è ancora più assurdo quando si considera che Non è nemmeno pensabile un sistema-mondo in cui alcuni paesi esportano stabilmente più di quanto importano e viceversa, laddove è già vergognoso in sé il proposito di esportare nei paesi “fratelli”, insieme ai propri beni e servizi, pure tanta disoccupazione e tanti fallimenti quanti ne comporta la mancata produzione nazionale che soppiantiamo con le nostre esportazioni, e laddove è comunque impossibile battere sul fronte dei costi la concorrenza “sleale” delle imprese delocalizzate, er cui dovremmo sapere bene che lo sviluppo di ogni area va necessariamente basato sul sostegno del suo mercato interno in regime di pareggio tendenziale dei rispettivi import-export, e, dunque, fare ... l'esatto contrario di quello che facciamo da ormai 30 anni, abbandonando il liberismo per il modello postkeynesiano!. There Is No Alternative.

SECONDA PARTE: LA SOLUZIONE POST-KEYNESIANA PER IL 99% CONTRO L'1%.

Come uscire dalla crisi attuale? Essa è infatti davvero "strana" nel momento in cui è tale solo per il 99% della popolazione, la cui percentuale di PIL negli ultimi 30 anni è sempre calata fino a pian piano dimezzarsi, mentre nel frattempo si è invece avuta la pacchia per l'1% più ricco, data che la sua ricchezza negli stessi anni si invece pian piano ... triplicata?
Semplice: facendo l'esatto contrario di quello che facciamo da 30 anni:
a)abbandonare la triplice deregulation liberista (borsistica, valutaria e doganale) in favore di vincoli anti-speculazione borsistici e valutari che bloccano pure le esportazioni di capitali e le delocalizzazioni aziendali contrarie all’interesse nazionale.
b)varare al riparo di queste protezioni il sostegno keynesiano della domanda interna ridistribuendo più socialmente il PIL e praticando il deficit-spending con btp collocati a tassi netti negativi e senza spread. L'equo canone sulle grandi proprietà, il calmiere sugli interessi bancari e sui premi assicurativi, i trasferimenti dalle retribuzione pensioni alte verso quelle medio-basse pur lasciando invariato il "monte" retribuzioni e pensioni complessivo, trasferiscono infatti risorse dai ceti prettamente risparmiatori verso quelli più consumatori, con indubbi effetti moltiplicatori keynesiani. Il trattato di Lisbona consente peraltro alla BCE di prestare anche alle banche pubbliche gli euro che presta a tutte le banche private della eurozona e allo stesso basso taso (oggi, lo 050% nonostante l'inflazione effettiva oscilli nella UE tra l'1,0% e il 3,0%). Ne approfittano regolarmente i tedeschi per collocare i loro bund presso le loro banche pubbliche a tassi ridicoli, e potremmo farlo benissimo pure noi, risparmiando circa 80 dei 90 mld che criminalmente regaliamo ogni anno come interessi sui btp alla elite che li acquista sul mercato speculativo dei titoli. Una elite che finchè non riformeremo questo collocamento continuerà a intascare per sé lo spread rifiutandosi di utilizzare lo sconto ulteriore che concediamo sul prezzo dei btp onde munirsi di apposito certificato assicurativo contro il nostro default (i così detti Credit Default Swap) perché sa benissimo che possiamo fallire solo volontariamente, e che per giunta fanno aumentare questo margine proditorio speculando contro. Un debito pubblico che si paga da sé per semplice decorso del tempo al tasso annuo dettato dalla differenza tra interesse lordo e inflazione effettiva.
c)contenendo con il calmiere all’ingrosso e l’anti-trust la inflazione “da oligopolio” che abitualmente accompagna le fasi espansive e
d)neutralizzandola nei rapporti con l’estero svalutando periodicamente il cambio in misura pari all’eventuale differenziale di inflazione residuo (Es.: con una inflazione USA del 2% e ua uE del 5%, basta svalutare l'euro del 3% sul dollaro per mantenere inalterata la l competitività relativa del loro export-import al diverso variare delle rispettive inflazioni).
Una soluzione gradata consiste nel sospendere unilateramente e transitoriamente il demenziale vincolo UE del 3% tra deficit e PIL (uguale oer tutti anche se il rapporto debito/PIL varia invece dal 30% al 130% e passa!), o ricorrere a una o più moneta complementari in cui esprimere almeno parte del nostro debito pubblico, e quindi varare le manovre keynesiane sopra illustrate sub "b" con le accortezze sub "c", almeno sino a risanamento conseguito, nonché concertando nella UE i correttivi mercantili idonei a pareggiare gli import-export interni a fronte di inflazioni UE diverse tra loro. In mancanza, non resta che la secessione valutaria dei PIGSF).

TERZA PARTE: PER DIRLA TUTTA.

Dovremo altresì prima o poi rivelare con coraggio il segreto dei segreti del capitalismo, ovvero che, verificando le cndizioni di equilibrio della produzione/distribuzione capitalistica con i dati ISTAT in mano, constatiamo che mentre ammontano al 20% del PIL i risparmi che residuano abitualmente in sede distributiva, basta appena il 5% del PIL per gli investimenti produttivi che vengono effettuati per produrre l’offerta che soddisfa la domanda per consumi restante (80%). Per quanto il tema sia del tutto assente nella pubblicistica e nella coscienza collettiva, resta che questo “gap” (15% circa del PIL) va colmato, pena la impansione progressiva del sistema al ritmo dettato dal gap residuale. Storicamente, esso viene colmato, lateralmente al deficit-spending statale, dalla elite creditizio-finanziaria che governa la moneta:
a)in parte ridotta e solo episodica, premendo politicamente sugli stati perché utilizzino la moneta circolante da loro creabile "allo scoperto" grazie alla sovranità monetaria,
b)in parte decisamente molto maggiore, ricorrendo alla gigantesca moneta bancaria da lei creabile "allo scoperto" grazie alla "riserva frazionaria".
In entrami i casi vengono così finanziate "allo scoperto" spese private e pubbliche aggiuntive e autonome dalla distribuzione, e lo stesso viene fatto pure
c)ricorrendo anche a parte della moneta cartolare con valore superiore o anche multiplo di quello reale che viene prodotta dalla finanza "creativa" accreditata.
Questo modo così inaspettato di "colmare il gap" finanziando con una moneta "allo scoperto" una domanda aggiuntiva e autonoma rispetto alla distribuzione funziona perché basta il requisito della "accettazione" perché ogni moneta, anche quella puramente e semplicemente falsa, possa nell'immediato finanziarla. La "magia" si compie infatti poco dopo, poiché la "copertura" inizialmente assente viene necessariamente recuperata in automatico man mano che viene concretamente prodotta la maggiore offerta che così ha reso profittevole produrre e che mai sarebbe stata altrimenti prodotta!
Tutto questo, però, accade nella sola misura in cui questa elite decide di farlo, decidendo in definitiva, così, se, quanta e dove si debba avere espansione o recessione, e comunque a totale insaputa della opinione pubblica cui si racconta la favoletta edificante del risparmio quale motore del capitalismo e del rigore quale regola-base del buon governo. Solo svelando questo incredibile segreto dei segreti sarà finalmente possibile ai popoli sottrarre questa sovranità alla elite e sottoporre la moneta circolante, creditizia e finanziaria al proprio controllo democratico trasformando l’attuale versione degenerata di capitalismo finanziarizzato in un capitalismo misto di programmazione democratica certamente più vivibile, almeno per il 99% delle popolazioni. Una lotta epocale per ora timidamente combattuta nella disputa tra pensiero liberista e post-keynesiano.