martedì 30 maggio 2017

LA STORIA MAI RACCONTATA DEL 25 LUGLIO 1943



<< All’ombra del Vaticano Ciano e Grandi, agendo a nome di re Vittorio Emanuele III e col tacito consenso di Mussolini, erano giunti a un’intesa con gli Alleati per fare uscire l’Italia dalla guerra. Ora toccava a Mussolini lo sgradevole compito di comunicare a Hitler la decisione già presa, cosa che sarebbe dovuta avvenire durante il summit italo-tedesco di Feltre. Il Duce, però, non trovò il coraggio di compiere quell’atto: a quel punto re Vittorio Emanuele ritirò quella delega in bianco che nel 1922 gli aveva concesso.
<< Come si ricorderà Mussolini era stato affiliato alla comunione massonica di Piazza del Gesù, di cui re Vittorio Emanuele III era stato il capo segreto. Quando il re prese la sua decisione, i confratelli ferani ai vertici del Regime furono risvegliati dal sonno e ciò determinò le azioni successive dei gerarchi come pure la stupefacente remissività di Mussolini.
<< Il più alto consesso del Regime era il Gran Consiglio del Fascismo, che era stato creato all’indomani della marcia su Roma su imitazione dei supremi consigli massonici allora esistenti. Fu quest’organo a trasformare le direttive del sovrano in un atto politico nella notte tra il 24 e il 25 luglio. In quella storica riunione vennero discusse e messe ai voti due risoluzioni, ispirate entrambe agli ordini del re: quella del “fratello” Farinacci, più favorevole a Mussolini, fu bocciata, mentre la risoluzione del “fratello” Grandi, appoggiata dal “fratello” De Bono e da Ciano, raccolse la maggioranza dei consensi. Questa risoluzione rimetteva nelle mani di Vittorio Emanuele III, capo segreto della Gran Loggia d’Italia, i pieni poteri. A quel punto Mussolini, essendo anch’egli vincolato all’obbedienza massonica, non potè far altro che rassegnare le dimissioni al Quirinale.
<< Alla vigilia del 25 luglio era già pronta una diarchia Ciano – Grandi pronta a dar seguito agli impegni concordati con gli Alleati. Fu a quel punto che il capo della massoneria castrense, Pietro Badoglio, riuscì a sfruttare il vuoto di potere che si era creato facendo intervenire l’esercito. La mossa colse di sorpresa anche Carboni, che era la mente di tutti i piani golpisti, e Cambareri, che era l’agente di collegamento con i Servizi anglo-americani. Avvertito appena in tempo, re Vittorio Emanuele III accettò obtorto collo quell’azione e la legittimò, riuscendo almeno a salvare il trono vacillante.
<< In questo modo la soluzione di continuità portata avanti dai “fratelli” in camicia nera di Piazza del Gesù fu spazzata via dal ritorno dei rivali di Palazzo Giustiniani, che erano ai vertici dell’esercito sabaudo. Alla dittatura fascista si sostituì la dittatura militare. Sfortunatamente per gli italiani Badoglio, a differenza dei rivali ferani, non aveva in tasca alcun accordo con gli Alleati, che a quel punto si irrigidirono sulla formula della resa incondizionata. L’8 settembre, dopo un’ulteriore e inutile bagno di sangue, quell’umiliante imposizione fu finalmente accettata da Badoglio. Nel frattempo, però, i tedeschi avevano avuto 6 settimane di tempo per preparare la vendetta contro il tradimento italiano, che infatti scattò implacabile. Il resto, purtroppo, è storia nota
Enrico Montermini, Mussolini e gli Illuminati, Edizioni Si, Nota 294 pp. 156-157