Di Francesco Mazzuoli
La sconfitta
di Marine Le Pen è arrivata, inevitabile. Partiva con un handicap molto
pesante, ma certamente hanno influito sul risultato una campagna elettorale mal
condotta e il disastroso faccia a faccia televisivo con l'avversario.
L'handicap,
il fardello storico, con cui è partita
La Le Pen – fin dal momento in cui ha
assunto le redini del partito - era (ed è) costituito dalla fortissima
connotazione politica legata alla figura e alle posizioni del focoso
Jean-Marie; e la grande sfida di marketing politico, che se fosse stata
vinta avrebbe avuto del miracoloso, quella di liberarsi di un'immagine così
polarizzata.
Con Marine al
comando, iniziò un'operazione intelligente - che ho seguito nel corso degli
anni con vivo interesse - di costruzione di nuova immagine, legata ad un nuovo
posizionamento capace di intercettare i bisognio sociali ed economici delle
fasce di popolazione tradizionalmente vicine
alla sinistra sorica (quella che ancora non pasteggiava al caviale) e
che ha trovato la sua consacrazione nel "Tour de France des oubliés"
("Giro della Francia dei dimenticati"), in cui la Le Pen ha
incontrato e stregato la Francia rimasta ai margini, quella periferica, rurale,
sconfitta dalla globalizzazione liberistica e appunto dimenticata, soprattutto
dalla sinistra.
Tale processo
(e progetto) di costruzione di una nuova immagine fu chiamato
dédiabolisation. Tuttavia, chi ha studiato marketing sa che un
atteggiamento così fortemente polarizzato (come quello della maggioranza dei
francesi per il Front National), molto difficilmente può
invertire il suo segno (e, questo, per inciso, è il problema della Lega Nord,
nel suo tentativo di posizionarsi come partito di interesse nazionale dopo aver
caratterizzato la sua identità in senso strettamente localistico). Ed è anche
ovvio che questo retaggio sia il maggior punto debole di Marine Le Pen,
sfruttato nei modi più vigliacchi dagli avversari.
C'era poi un
altro handicap terribile: avere contro la propaganda di praticamente
tutti i mezzi di comunicazione francesi ed europei. Ma questo è talmente
scontato, che non andrò nemmeno ad analizzarlo.
Ora passiamo
agli errori.
Da quanto filtra all'esterno, pare che gran parte del successo nella
strategia di de-diabolisation e di
virata sociale verso la protezione
economica dei dimenticati sia imputabile a Florian Philippot – mal
tollerato da alcune fila del partito – mentre la vecchia anima ha continuato a spingere per l'accentuazione
dei temi identitari, con alcune venature xenofobe, più tipici del Front.
Il progetto della Le Pen, inizialmente coerente, sembrava aver trovato
la quadratura del cerchio tra queste due istanze e la formula del patriottismo
economico e del protezionismo intelligente pareva anche verbalmente aver
indovinato una sintesi, seppure non troppo brillante (siamo lontani anni luce
dal potere seduttivo dello slogan "La forza tranquilla" che Jacques
Séguéla coniò per Mitterrand).
Tuttavia, l'ondata di attentati terroristici - certamente non casuali - ha spinto la Le Pen
e la suddetta anima del partito verso la rivendicazione come propria ed
esclusiva dell'istanza sociale della tutela della sicurezza, connotata però in un senso poliziesco, che ha rievocato i fantasmi
malevoli della destra retriva, che parla soprattutto attraverso il monopolio
della forza. Ciò – all'interno della guerra psicologica fra le due parti - ha indubbiamente favorito il discorso
dell'avversario di associare l'ascesa di Marine Le Pen ad una paventabile escalation dello scontro con il
terrorismo islamico, fino alla guerra civile (che invece, per esser disinnescato, secondo la retorica
europeistica che conosciamo, ha bisogno della politica dell'accoglienza).
Si è trattato di un grave errore, perché è stata la politica di
apertura verso i dimenticati e le loro rivendicazioni sociali ed economiche, a
portare Marine Le Pen verso la ribalta in questi anni e non la rivendicazione e
la sottolineatura del tema della sicurezza.
Il motivo della riscossa dei dimenticati e del rilancio dell'economia francese,
poi, era stato in questi anni legato
coerentemente e intelligentemente con il tema dell'abbandono dell'euro,
colpevole dell'arretramento economico del Paese e del livello di vita dei suoi
cittadini.
Ma anche qui, nelle ultime settimane è stato sbagliato lo
sbagliabile. Si è voluto andare incontro
ai pensionati terrorizzati dalla perdita dei risparmi paventata dalla
propaganda? Si è avuto paura di ritorsioni da parte del grande capitale
finanziario? Si è voluto, maldestramente rincorrere l'avversario sul suo stesso
terreno? Tant'è che si è cominciato a rinculare, a parlare di doppia moneta,
fino alla confusione e al disastro totali culminati nel dibattito con Macron.
Di come sia
stato amatorialmente condotto il faccia
a faccia con l'ex banchiere ho gia detto con dovizia
https://comedonchisciotte.org/marine-le-pen-dilettanti-allo-sbaraglio/ e i
lettori più curiosi potranno leggere le mie note.
Voglio
passare rapidamente alle conseguenze.
Anche agli
stessi militanti del FN il disastro è apparso chiaro. Ora quello che si prepara
è l'attaccco giudiziario che devasterà la Le Pen e l'annunciarsi di lotte
fratricide in ciò che resterà del Front National.
Ma, quello
che più rileva, è che distruggendo il
portatore – è la legge dell'associazione, forse la più potente in psicologia -
si distruggono anche le idee che esso porta
e ad essere ancora più screditate
saranno le idee di autonomia nazionale e di sovranità.
E pure le
titubanze e i ripensamenti sull'euro non gioveranno certamente alla causa.
Di
conseguenze ce ne saranno – ahimè- molte altre: mi riservo un prossimo articolo
per analizzarle al meglio.
Per ora,
mi congedo con un famoso passaggio di Bertold Brecht, su
cui riflettere tutti:
"Al
momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico".