martedì 3 gennaio 2017

UNA RIFLESSIONE SULL’OCCIDENTE TRA SOLSTIZIO E ANNO NUOVO.

Nel periodo di tempo compreso tra il 21 ed il 25 di Dicembre, il Sole, nel suo moto annuo lungo l’eclittica, viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell’orizzonte Est della Terra, che culmina a mezzogiorno alla sua altezza minima (a quell’ora, cioè, è allo Zenit del tropico del Capricorno) e manifesta la sua durata minima di luci. Pertanto,dopo averraggiunto il punto più meridionale della sua orbita e aver fatto registrare il giorno più corto dell’anno, riprende il suo cammino ascendente. Questo periodo coincide, con il Solstizio d’Inverno ed il Dies Natalis Solis Invicti, ovverosia la festa della rinascita del Sole e, pertanto, della vita e della speranza. Abbiamo traccia di questa ricorrenza già a partire dall’epoca protostorica dei siti di Stonehenge e della Val Camonica. In epoca storica, nell’antico Egitto si festeggiava la nascita di Horus, figlio della dea Iside e di Osiride, nel contesto mesopotamico ricorreva invece la nascita di Tammuz ritratto tra le braccia della dea Ishtar, circondata da una corona di dodici stellene. L’India dei Veda festeggia invece la nascita del dio Krishna, mentre in Cina si ricorda Scing-Shin.Tra le popolazioni scandinave ad esser festeggiata, è la nascita di Freyr, figlio del padre degli dei, Odino, e di Freya. Nel contesto dell’America pre-colombiana, se in Messico nasceva il dio Quetzalcoath e l’azteco Huitzilopochtli, in Perù era festeggiata la nascita del dio solare Viracocha. Il contesto della civiltà classica, vede nascere in questa stessa data Zeus/Giove, Bacco/Dioniso, Ercole e Adone. A Roma, la rinascita del Sole,veniva celebrata come Dies Natalis Solis Invicti, il giorno del Natale del Sole Invitto, con una particolare enfasi, dopo l’introduzione e la diffusione nella fase tarda dell’impero, del culto a carattere misterico del dio indo-iranico Mithra, di cui proprio il 25 dicembre, ricorreva la nascita. Lo stesso Cristo, infine, viene definito e rappresentato quale sole, circondato da raggi, proprio in virtù di quell’appropriazione di simboli e festività pagane, da parte della nascente fede cristianaUna festività che da millenni, come possiamo ben vedere, accomuna popoli, culture e tradizioni apparentemente differenti e che, in questo preciso momento storico, però, ci deve riportare ad una serie di riflessioni. Mai, come quest’anno, difatti, le ricorrenze Solstiziali legate alle Festività del Natale, dell’Anno Nuovo e della stessa Epifania, dovrebbero farsi occasione per meditare sui disastri e le tragedie innescate dalle distorsioni di un Monoteismo assurto a paradigma di Pensiero Totalitario ed onnicomprensivo, soffocante di qualunque diversità, e perciò stesso castrante ed alienante la stessa anima di un mondo che, in quanto tale è sintesi ed espressione di complessità e molteplicità. Il capitalismo globalista con le sue politiche genocide e razziste contro i popoli del Medio Oriente, ha prodotto un mostro che si fa scudo della religiosità islamica e tutto attorno a sé distrugge. Stupra, massacra, violenta, esseri umani ma anche, cosa di non poco conto, le vestigia del glorioso passato politeista mesopotamico, perché il mondo non può e non deve avere radici, origini, archetipi, rimandi a quell’infinito mistero che è la natura dell’Essere, fatto di un’infinità di sfumature e volti, al pari di un multicolorato caleidoscopio. No. Tutto deve essere spietatamente conformato ad una Legge fatta di parole ripetute a memoria, fini a sé stesse. Una Legge chiusa a qualunque diversità e varietà e che, non per nulla, pretende di rinchiudere la bellezza femminile, luce e sole del mondo, dietro ad un velo nero e puzzolente. E’ lo stesso velo lugubre delle nostrane monache e che ci riporta agli antichi terrori ed orrori dell’Evo Medio e delle sue molteplici persecuzioni contro Catari, Templari, Bogomili, streghe e tanti troppi altri, al pari dei bei raccontini biblici sulle imprese sterminazioniste agli esordi della vicenda del “popolo eletto”, compiute proprio nel nome di quella conversione forzosa che, nell’antico e sicuramente più tollerante, mondo politeista, fu l’esclusivo appannaggio della (allora minoritaria) cultura monoteista. L’orrore di un modello cieco e sordo di fronte alla bellezza del Mondo, il tentativo di omologare, ingrigire, snaturare qualunque cosa nel nome di una unica asfissiante onnipervasività, ci riporta giuocoforza all’idea di bellezza, a quell’immagine di armonia che trovò il proprio inveramento nei canoni della bellezza classica che poneva al proprio centro l’uomo, visto come misura ed armonia del mondo. Un mondo di cui ognuno dei molteplici aspetti che ne costituivano la trama infinita, era divinizzato, esaltato, posto in rilievo. La materia era cosa sacra, non arida e vile. Alberi, fiumi, ruscelli, animali parlavano ed interagivano con l’uomo che, a sua volta, manteneva un rappporto continuo e vitale con l’intero Cosmos di cui era parte integrante e protagonista. La realtà ed i suoi molteplici aspetti erano oggetto di una adorazione ed un rispetto tali che, in Roma antica furono oggetto di un culto talmente particolareggiato da portare alla nascita dell’idea di un così minuzioso attaccamento a quel Nomos/Diritto, che di Roma fece poi un faro indiscusso della civiltà mondiale. Roma che, al pari di altre città dell’epoca, si diceva fosse stata fondata da un figlio di Dei, quale Romolo, appunto, figlio di Marte e di Rea Silvia. Atene fondata ed ispirata alla onnisciente sapienza guerriera della bella Athena/Minerva e così via…se le città, le “poleis” erano divine, sacre, altrettanto divine e sacre erano le leggi e lo stato che se ne faceva garante e che, pertanto, finiva con l’assumere quel ruolo primario di basale ethos e formazione dell’individuo. Allo stesso tempo, la “religio” venendo a far parte dello “ius publicum”, non contastava con gli interessi della classe politica/della poleis, che qui costituiva il baricentro della vita dell’individuo. L’Aldilà era luogo oscuro e lontano, da cui ogni tanto, per occasioni speciali, fuoruscivano le anime dei defunti per quanto mai rapide ricognizioni nel mondo dei vivi, o, all’interno di cui, a volte, eroi e personaggi semi divini, come nel caso di Ulisse ed Orfeo, potevano miracolosamente accedere per incontrare l’anima di un particolare defunto. Lo Stato o “Polis” in quanto “ethos”, ricopre il ruolo di educatore del cives/cittadino,all’interno del quale la casta dei legislatori, (quale diretta filiazione dell’antica casta guerriero-nobiliare), mantiene un ruolo di diretta supremazia sulla casta sacerdotale, contrariamente a quanto, invece, generalmente accade nel Vicino Oriente Mediterraneo e non, in cui la casta sacerdotale mantiene una posizione di preminenza, che sovente si traduce in una assoluta supremazia, come nel caso delle civiltà egizia, mesopotamica (a seconda dei vari contesti) e indù (tanto per fare alcuni esempi…). Nel caso della “ecclesia” cattolica, poi, questa impostazione si tradurrà, dall’Evo Medio in poi, in una vera e propria plurisecolare competizione con Stati ed Imperi per la detenzione di un potere esteso a livello globale. Una lotta che, senza vincitori né vinti, spalancherà invece la strada, ad una Modernità impostata sulla predominanza a livello mondiale, dei ceti mercantili e, successivamente, di quelli detentori del potere finanziario. Ecco, questa è la “lectio” che si dovrebbe, anzitutto, ricavare dal guardare alle religioni tradizionali ed al contesto greco romano, come in questo specifico caso. Al tempo d’oggi, l’avere come punto di riferimento spirituale una sola o più entità divine, può avere ben poco senso, se non accompagnata ad una riflessione di ordine più generale, come quella testè condotta. Il sostituire una ritualità ad un’altra rischia di divenire uno sterile esercizio di successione di gestualità e giaculatorie che, in certi casi, sa molto di slavata e confusionaria “New Age”, o, ancor peggio, di pseudo-occultismo da strapazzo, o, ancor peggio, di forme di piscosi che degenerano in deliri satanisti, che portano tutti, diritto diritto, al plurisecolare progetto globalista, volto ad ottenere la totale perdita di valori, significati e punti di riferimento superiori, sostituiti dalla assoluta priorità dell’ economia sulla Vita. E’ una vecchia storia quella delle suggestioni paganeggianti, impiegate “ad usum delphini” come nel caso di quelle usate ed abusate dai vari Robespierre durante la Rivoluzione Francese e da altri suoi illustri predecessori illuministi, o da certi circoli e società di impostazione massonica che, proprio attraverso l’uso improprio di certe immagini, hanno buttato il fumo negli occhi dei vari gonzi del momento, riuscendo a perseguire con successo i loro scopi di segno opposto a quello che determinati simboli ed immagini archetipiche, invece, evocano. La supremazia etica dello Stato-Comunità, visto quale educatore e (per usare un termine tratto dal gergo manageriale) “motivatore” del “cives”, scopo questo perseguito attraverso la mitizzazione di quello stesso Stato, le cui origini fondative sono direttamente fatte risalire a personaggi leggendari o addirittura alle divinità stesse. L’idea di società ordinate secondo gerarchie non determinate da motivazioni prettamente economicistiche, è un qualcosa che contrasta in modo stridente con chi, invece, crede nella supremazia di una dimensione scientista, razionalista, Tecno-Economica e pertanto in un ordine politico imperniato su un livellamento egualitario, che finisce per tradursi in una forma totalizzante di omologazione e castrazione delle energie individuali, sottoposte al diktat delle oligarchie finanziarie. E pertanto, il richiamo, al giorno d’oggi, a determinate immagini ed archetipi, acquista il valore di vera e propria provocazione/”pro-vocatio” nei rispetti di un ordine costituito i cui parametri di lettura della realtà, sono palesemente all’opposto di quelli a cui l’ “evocatio” di certi simboli richiama. E qui si riaffaccia, in modo inaspettato ed inquietante, la sfida rappresentata da un’altra modalità di concepire ed agire sulla realtà nel suo complesso che, partendo da un criterio di circolare pensiero analogico, in un continuo rimando di immagini e concetti, anziché dall’utilizzo lineare delle griglie di pensiero razionale di matrice Enciclopedico-Illuminista, può arrivare alla modifica di quella medesima realtà, ponendo l’individuo in uno stretto rapporto di stretta connessione e di mutua interazione con l’Essere. Possiamo parlare di “Idealismo magico”, di richiamo archetipico o di qualunque altra similare modalità imperniata su una modalità non razionale di inquadrare la realtà, restando palese la constatazione sull’insufficienza del modello occidentale, così come, al dì d’oggi, concepito nelle sue fondamenta etico-politiche. Queste ultime vanno, di pari passo, affiancandosi a forme di religiosità individualizzate e standardizzate ad un incipiente vuoto di contenuti, che non siano i richiami ad un putrido e degenerescente solidarismo da quattro soldi o, di controparte, ad un letteralismo bigotto ed altrettanto svuotato da contenuti superiori. Resta pertanto, forte, il richiamo ad un pensiero “altro” che, qui e là, facendo capolino tra le pieghe di un Occidente omologato e secolarizzato, ne rivela un lato inaspettato, lasciando aperta la porta a prospettive del tutto impreviste ed inusitate.
 
                                                   UMBERTO BIANCHI