giovedì 3 novembre 2016

viadotti italiani e Cartagine


Viadotti, Italia e Cartagine

Ieri in provincia di Lecco, un tir carico di rotoli di acciaio, passando sopra un ponte, un viadotto o che diavolo, è sprofondato nel vuoto, per cedimento dell’arcata del ponte stesso. Ferito il rumeno alla guida. Un’auto è rimasta in bilico, come nei film. Un anziano italiano è morto.
Immediatamente è cominciata la pantomima delle responsabilità. More italico. La strada è una “provinciale”, e la manutenzione è affidata all’Anas.
Colpa della Provincia (per altro renzianamente moribonda, a parole), dice l’Anas.
No, bercia l’ente pubblico (?), colpa vostra che ne avete per appalto la manutenzione.
Col cavolo, ribatte l’Anas, noi siamo responsabili solo del manto d’asfalto, voi della struttura. Mica vero, biascica la Provincia.
Bravi! Andate a raccontarlo alla famiglia del morto.
A parte la pazzia demenziale della responsabilità a strati, a parte la montagna di burocrazia che taglia verticalmente ed orizzontalmente a fette le strade (ricordate per esempio lo scandalo delle fibre ottiche lungo le autostrade, scandalo ben presto dimenticato, ovviamente), a parte lo stantio gioco infantile, vile, maleodorante dello scarico di responsabilità, sempre e comunque (hanno costruito un sistema perfetto di irresponsabilità codificata, quei parassiti che ci governano da settanta e più anni), quello che mi dà il voltastomaco è l’animo, lo spirito della classe che ci domina. Non esiste il dovere. Non esiste la responsabilità. Non esiste l’obbligo di rendicontazione. Non esiste il bene comune come stella polare……
Esiste solo l’io, avido, spocchioso, arrogante, falso, corrotto, corruttore, incapace.
Le battaglie sociali, una volta feroci ma umane, violente ma piene di speranza, erano supportate da un cuore generoso, sia a destra che a sinistra. Le battaglie politiche erano permeate da un giusto (guai se non ci fosse) grado di ambizione personale, inferiore però al disegno proposto e fatto bandiera di una visione statuale chiara, di un progetto politico di facile e non equivoca interpretazione. Rossi, neri, bianchi con cespugli annessi avevano del patto sociale una visione diversa ma intelligibile.
Oddio, a dirla proprio tutta la nostra Costituzione, contrabbandata come la migliore, è il frutto dei voleri e dei compromessi di tre potenze straniere: gli USA, tuttora presenti ed occupanti, l’URSS, attraverso i trinariciuti del pci (la terza narice serviva, secondo il suo inventore, l’immenso Guareschi, a far uscire i fumi dal cervello), e il Vaticano attraverso la DC.
Con tutto ciò la trimellenaria natura italiota è riuscita a ovattare la Costituzione, ignorandone allegramente gli articoli poco simpatici (12, 39, 40 ad es; o le ignobili disposizioni…. “transitorie”) e vivendo il patto sociale secondo desideri e volontà della classe parassita al governo.
Ma ora siamo arrivati al dunque. La crisi economica sia del defunto socialismo che del suo fratello capitalista, la scomparsa di ideologie e proposte, la bassezza della classe politica incapace e proterva, ha portato la situazione al limita della guerra civile, dietro la porta. Nel mondo si avverano rivolgimenti epocali, sia in Europa che più lontano.
I nostri parassiti al governo ed all’opposizione(?) invece ricordano tanto i sacerdoti di Cartagine che si rifiutavano spudoratamente di prendere atto della realtà, e facevano baruffa per la precedenza nel corteo che si recava al tempio, e che ne determinava l’importanza socio politica.  Fuori le mura c’erano le Legioni di Scipione, le panzer divisionen romane che avrebbero raso al suolo la Città nemica.
Come vorrei ci fosse uno Scipite ora qui e subito! Ma come disse Facta, nutro fiducia. La Storia ha ricominciato il suo ciclo: le prime avvisaglie della rivolta le abbiamo viste: le barricate anticlandestini sono i prodromi.
Il bello deve arrivare.
E arriverà presto.
Sabato 29 ottobre 2016.
Fabrizio Belloni