lunedì 25 aprile 2016

Non per me. Io ho vergogna di festeggiare sconfitta e tradimento. Non per me, non in mio nome. Fabrizio Belloni

VENTICINQUE APRILE, FESTA NAZIONALE

L’Italia, Repubblica “democratica” nata dalla resistenza (tassativamente minuscolo), é l’unico Stato al mondo che festeggia contemporaneamente una sconfitta ed un tradimento.
La Grande Germania non ricorda né l’ammiraglio Doenitz, ultimo responsabile demandato a firmare la resa, né la data della resa.
Il Giappone ricorda con molta più enfasi i martiri dell’olocausto nucleare, piuttosto che la firma di resa a bordo della corazzata Missouri, dopo  Hiròshima e Nagasaki. E lo avevano detto chiaramente, i Giapponesi: “Se non lasciate l’Imperatore sul trono, siamo pronti a combattere casa per casa”. Hiroito era l’ultimo figlio della Dea del sole, della Madre del Giappone. Dio in terra.
In questo miserabile, sfilacciato, prostituto Stivale invece si glorificano i massacratori di civili, i bombardieri angloamericani, che rasero al suolo le città; si chiamano “occupanti” gli alleati Tedeschi venuti a difendere con unghie e con denti la “fortezza Europa”, ultimo tentativo eroico della salvaguardia di una speranza. Meglio le truppe marocchine francesi, che non facevano molta differenza se la persona stuprata fosse maschio o femmina. O anche pecora.
Dimentichi di Roma, quella vera; immemori della rivoluzione culturale chiamata rinascimento; sprezzanti dei valori comunemente chiamati onore, fedeltà, parola data; tesi unicamente alla gratificazione dell’ego personale, dell’epa e della verga; schiavi dell’apparire, dell’oro, del possedere,gli abitanti di questo squinternato, dannato,  hanno un solo dio da servire fedelmente: il motto << O Franza o Spagna, purché se magna>>.
Squallore infinito.
La semita subdola e viscida volontà di gratificare una parte, per far dimenticare il tutto.
Ci fu una pausa, il secolo scorso. E la piccola, miserabile medievale Italietta savoiarda divenne potenza mondiale. Non la maggiore, naturalmente, ma da tener in considerazione ed in parte temuta. E corteggiata da tutti, copiata da molti, rispettata a destra e a sinistra. Marina forte, almeno sulla carta: otto navi di linea (si chiamano corazzate) di cui quattro nuovissime,  ed il maggior numero di sommergibili al mondo, dopo l’Unione Sovietica. Aviazione in parte obsoleta, tenuta in aria da piloti che non temevano rivali. E i nuovi velivoli da caccia erano migliori dei caccia avversari; unico difetto: avevano solo due mitragliatrici, contro le otto degli sputafuoco albionici (spitfire). Il caccia bombardiere S 79 (il gobbo maledetto) era un incubo per i nemici. E nessuno, o pochissimi sanno che avevamo dei quadrimotori da bombardamento, i Piaggio P 08, con otto membri di equipaggio che erano in anticipo di anni nei confronti delle “fortezze volanti” yankee. Partirono da Foggia ed andarono a bombardare i depositi di petrolio inglese ad Acqaba, in Arabia Saudita. Panico nella City di Londra. Il problema era la quantità: in tutta la guerra costruimmo diecimila aerei contro i 150 mila inglesi ed i 160 mila tedeschi. Media potenza, appunto, anche se il primo volo di congiunzione di due metropoli, Milano – Roma con un aereo a reazione fu effettuato da un Campanini-Caproni, con i Fasci Littori sulle ali.
In più, a chiusura, l’Italia usciva da due guerre vittoriose: la conquista dell’Etiopia e la Guerra di Spagna, ove i rossi erano stati sculacciati a dovere e ripetutamente, checché dicano i film e la propaganda. Due guerre che avevano prosciugato gli arsenali e le scorte.
Ma sia Hitler che Mussolini sapevano che l’immane crogiuolo, lo scontro micidiale necessitava di tutte le loro forze sia fisiche che psichiche che morali. Gli anni passano per tutti, anche per i giganti. Aspettare cinque o dieci anni ed iniziare nel 1950 a costruire la nuova Europa sarebbe stato forse più prudente, ma entrambi (assolutamente consci della durata: almeno cinque anni, come confidò il Duce a Claretta) sapevano che necessitavano di energie sovra umane. Oggi si direbbe che era l’ultima “finestra” temporale utile.
E scoppiò la Seconda Guerra Mondiale. Per inciso furono le logge inglesi ad obbligare il governo di sua Maestà balbuziente a dichiarare guerra al Terzo Reich, seguite a ruota dalle servette francesi, e non viceversa. Hitler anzi tentò di fermare il tutto. Il volo di Hess in Scozia aveva una missione precisa: accordo con gli Inglesi. A loro i mari e l’Impero. Alla Germania il Vecchio Continente. All’Italia il Mediterraneo ed il Nord Africa. Scudo anti comunista,
I giudei, i banchieri inglesi, i massoni inglesi non vollero: troppo pericoloso l’esempio nazi-fascista. Troppo vittorioso il Sangue europeo contro l’oro giudaico. Troppo contagioso il Socialismo Nazionale.
Poi, dopo aver rifornito la casa madre di tutto e di più, anche i cow boys scesero in campo. E ci si misero in tanti: cinquantaquattro Paesi, tutto il mondo che conta.
L’Europa, quella vera, combattè oltre l’umano. Ma i numeri sono numeri, anche per i giganti ariani.
Fummo sconfitti. (Anche se una parte d’Italia, quella serva e prostituita, si affrettò a cambiare bandiera e campo, suscitando il disprezzo del mondo). Ma cademmo in piedi.
Tanto è vero che il sogno non è morto,
E torna nonostante settanta anni di menzogne e di propaganda. Menzogne e propaganda che vengono sbugiardate del fallimento del loro sistema democratico e reazionario.
E torna il sogno, fatto realtà in giro per l’Europa: la visione dei due giganti si avvera, visto che le due sorelle, la Storia e la Realtà, sono ragazze per bene, ed il loro fratello, il Tempo, sta mettendo le cose a posto.
Il sogno non è morto.
Gli zombie festeggiano la loro messa nera sulle tombe dei loro cimiteri ove sono sepolte bugie democratiche marcite e verminose, sistemi falliti, civiltà drogate in disfacimento, nebbia morale, vuoto di idee. La democrazia ha dato il meglio di sé.
Il sogno sta tornando.
I democratici festeggiano il 25 aprile, lutto per l’Europa.
Noi festeggiamo la rinascita, il ritorno.
Gott mit uns!
Hann till ragnarok!
Fabrizio Belloni
25 aprile 2016